Mamma.....

  • Ecco la 67° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Nell’ultima settimana borsistica, i principali indici globali hanno messo a segno performance positive. In assenza di dati macro di rilievo, gli operatori si sono focalizzati sugli utili societari e sulle banche centrali. La stagione delle trimestrali è infatti entrata nel vivo in Europa e a Piazza Affari con oltre la metà dei 40 titoli che compongono il Ftse Mib ad alzare il velo sui conti. Per quanto riguarda le banche centrali, la Reserve Bank of Australia ha lasciato i tassi di interesse invariati, come previsto. Anche la Bank of England ha lasciato fermi i tassi, con due voti a favore di un taglio immediato sui nove totali. La Riksbank svedese ha invece tagliato i tassi per la prima volta in otto anni, riducendo il costo del denaro di 25 punti base al 3,75%, evidenziando la divergenza dell’Europa dalla linea dura della Fed. Per continuare a leggere visita il link




Nè Joni Mitchell, ne' il suo compagno dell'epoca, il fotografo Brad McMath,
avevano piu' saputo niente della ragazza dal '65.
" La studentessa Joni Mitchell si rese conto che non sarebbe riuscita ad
allevare la sua bambina Kilauren, e la diede in adozione a una coppia
più matura.
Le due donne si sono riunite faticosamente nel 1998, per iniziativa di Joni,
che ha superato gli ostacoli delle severe norme relative alla privacy
dell'adozione.

Al legame riallacciato, aveva dedicato anche una canzone, Little Green.
 

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"Non poteva essere una favola: la vita è molto complicata!"
Dopo qualche mese di "studio" reciproco, il rapporto fra la cantautrice canadese e la figlia ritrovata è precipitato. Joni ha affermato:
«Sta vivendo un periodo di cambiamenti, e mi sta ostracizzando.
Ci sono così tante cose che non abbiamo risolto... Ero preparata a questo
, naturalmente, ma mi ha sorpreso il fatto che abbia reagito dopo molto
tempo all'impatto. Non poteva essere una favola: la vita è molto complicata».
 

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Mother è una canzone dei Pink Floyd

Mother è contenuta nell’album The Wall, pubblicato nel 1979.
Come le altre canzoni dell’album, Mother narra una parte della storia di Pink, il protagonista.

La canzone narra dei rapporti fra l’ancora giovane Pink (Roger Waters) e sua madre, che è una donna iperprotettiva nei confronti del figlio e contribuirà in modo fondamentale alla costruzione del “muro”, nel tentativo di proteggerlo dalla crudeltà e dal cinismo della società. Ciò è confermato dal verso “Of course mama’s gonna help build the wall”, cioè “Naturalmente mamma aiuterà a costruire il muro”. La madre che compare in questa canzone è molto diversa dalla visione tradizionale: il suo amore eccessivo e ossessivo ha conseguenze nefaste sulla psicologia di Pink ("Mother's gonna make all of your nightmares come true", cioè "La mamma farà avverare tutti i tuoi incubi"). Dal testo della canzone si capisce anche che alla donna non piace l’idea che Pink stia crescendo e stia acquisendo consapevolezza su ciò che accade nel mondo che lo circonda.

Nel film la chitarra acustica fu sostituita con una celesta, che fa sembrare la canzone una ninna nanna.
Nella scena che apre il filmato viene mostrata un'istantanea, posata sulla scrivania di una camera d'albergo, di Pink con la moglie, mentre lui, steso sul letto, tenta inutilmente di telefonare a qualcuno. Non appena posa il ricevitore la scena cambia per pochi secondi, mostrando Pink che si bacia con la moglie, il che suggerisce che stesse chiamando proprio lei.





Dato che è inutile telefonare, perché nessuno gli risponde, Pink stacca il filo del telefono, abbraccia un cuscino e ricorda quando da bambino dormiva con la testa appoggiata sul petto della madre. Da questo punto in poi inizia un lungo flashback del protagonista: le scene, che cambiano ogni pochi secondi, mostrano vari momenti della sua infanzia alternati a scene di lui con la moglie.

Al termine della canzone, nel film, Pink tenta un'ultima volta di chiamare la moglie da un telefono pubblico, ma quando risponde una voce maschile, lascia cadere la cornetta e scivola contro il muro alle sue spalle, capendo di esser stato tradito (le frasi della centralinista suggeriscono l'idea del tradimento a distanza: "Pronto?" "Pronto, telefonata da Mr Floyd per Mrs Floyd, accetta la chiamata proveniente dagli Stati Uniti di America?" "Ha riagganciato signore, non so perché, c'è un altro uomo accanto a sua moglie in questo momento?" "Pronto, telefonata dagli Stati Uniti di America, stiamo cercando di metterci in contatto con..." "Continua a riagganciare, ed è sempre una voce maschile che risponde").
 

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Quell'anno mi resi conto che la vita faceva il suo decorso, mia madre aveva
l'ossessione dell'educazione e l'idea dell'infanzia e dell'adoloscenza e così
via... erano periodi in cui ti saresti preparato ad una vita più tardi.
Un tratto mi resi conto che la vita non inizia più tardi, ma da zero e fa il suo
decorso da sempre. In ogni momento puoi prendere in mano le tue briglie
e dirigere la tua sorte, questo fu una rivelazione, un grande shock per me.
Preparati ad alzarti in piedi e vivi la vita con autenticità.
GEORGE ROGER WATERS
(dal Dvd The Anniversary 30° The Dark Side of the moon del 2002)





George Roger Waters, cantautore, polistrumentista, compositore britannico è stato bassista e cantante dei Pink Floyd dal 1965 fino al 1985, anno in cui lasciò il gruppo e proseguì come solista. È, più di ogni altro, il volto serio, intellettuale ed engagé del rock britannico.
Nativo di Great Bookham, cittadina del placido Surrey, cresce a pane e disciplina con la madre vedova, severa insegnante di fede laburista che per motivi di lavoro porta presto i suoi due figli a Cambridge, centro universitario ed enclave di giovani di buone letture.
Non poteva esserci posto più stimolante per Roger che, brillante e curioso in fatto di arte, ai tempi del liceo lega con il ragazzo più sveglio in circolazione: tale Syd Barrett. Per completare gli studi si sposta a Londra, dove tra i banchi del Politecnico di Regent Street fa amicizia con altri due giovani artistoidi aspiranti rivoluzionari: Nick Mason e Richard Wright.
È, più di ogni altro, il volto serio, intellettuale ed engagé del rock britannico.
Sono i primi anni Sessanta e in Inghilterra, sull'onda lunga della Beatlemania, chi ambisce a fare la rivoluzione va a finire che fonda una band. Syd suona la chitarra, scrive canzoni, sa cantare ed è pure bello e maledetto. Si tira dietro Roger, Nick e Rick in un progetto musicale che deve partire blues ma arriva psichedelico: the Pink Floyd
Il grande salto arriva nel 1973 con «The Dark Side of the Moon»: per la band è il passaggio dal circuito off al mainstream con 50 milioni di copie vendute, per Roger il riconoscimento definitivo del proprio talento di songwriter. Con brani come «Money» e «Brain Damage» nel curriculum pretenderà di strafare e potrà pure permetterselo. In «Whish you were here», poema epico sul tema dell'assenza in forma di musica, darà i compiti ai tre sodali come sua madre faceva con gli alunni. «Animals» e «The Wall» sono concept frutto esclusivo del suo genio
 

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Agli inizi del 1962 casa Barrett in Hills Road diventò per Syd e i suoi amici il punto di ritrovo fisso della domenica pomeriggio. La madre di Syd, la signora Barrett, era una donna di larghe vedute rimasta vedova prematuramente (il padre di Syd era morto da poco) e accoglieva perciò di buon grado in casa la banda di ragazzi.
La grande casa aveva un locale, sul retro, dove i ragazzi accordavano i loro strumenti improvvisati - quelli fortunati avevano le prime chitarre acustiche - e strimpellavano le canzoni più in voga fra la cerchia, in particolare singoli di rock'n'roll americano.

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Syd era il minore di quattro fratelli e l'unico a vivere ancora in famiglia. Gli incontri della domenica rappresentarono una fucina di esperienze musicali per almeno una trentina di teenager alla volta. Tra gli assidui frequentatori di Hills Road, Geoff Mott, Clive Welham (sedicente batterista che picchiava con forchetta e coltello su scatole di latta per biscotti) e Tony Sainty. Un giorno, dopo una delle solite "riunioni", alcuni dei più appassionati fra i giovani musicisti decisero di formare un gruppo.

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Era l'avvio dell'albero genealogico dei Pink Floyd.
La band si chiamava Geoff Mott and the Mottoes. Mott poteva vantare una certa reputazione fra i compagni essendo stato espulso da scuola per il suo comportamento stravagante. La sua sfrontata arroganza e l'alta statura gli valsero il ruolo di front man del gruppo, anche se in realtà le occasioni per esibirsi in pubblico furono ben poche. "Lavoravamo parecchio per feste private", ha raccontato Barrett in seguito, "avevamo qualche pezzo nostro ma facevamo soprattutto strumentali degli Shadows e qualche canzone americana". Stranamente, anche Roger Waters ha citato degli episodi risalenti a questa fase iniziale.
 

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E’ il 1970.
SYD BARRETT – Barrett (Harvest)

Syd giace sfatto e folle sul suo materasso, gli occhi straniti, le mani appiccicose.

E’ una camera da ospedale psichiatrico oltre la quale, bussando, Syd può sentire la mamma accorrere in suo aiuto mentre lui dipinge di elefanti effervescenti, di topi sdraiati sul pavimento, di zie gigolò, di branchi di lupi in agguato, di infinite ed interminabili partite al domino, di bambine che profumano di limonata.

Schizzi infantili, ancora una volta. Quadri da aggiungere alla galleria affollata dai ritratti di Arnold Layne, Lucy Leave, Vegetable Man, See Emily Play, Scarecrow, Matilda Mother, Lucifer Sam, Apples and oranges, The Gnome, Candy and a current bun, Octopus.

Ma Syd sente i colori scivolargli dalle dita. Non riesce a dar luce a quell’ arcobaleno tossico che gli si scioglie davanti. Il suo rifugio è pieno di ombre e di paure.

Sono tele senza cornice. Appese storte. Appiccicate al muro su qualche chiodo appuntato al muro con le ciabatte, per non svegliare mamma. Per evitare di svegliarsi egli stesso da quel torpore mesto che sembra averlo imprigionato.

Sono i vecchi amici Gilmour e Wright a dare un contesto più dignitoso, una parvenza di organizzazione a quelle tele appese un po’ a casaccio. Una spruzzata cremisi di organo, un rintocco violaceo di basso, qualche piccolo tocco di batteria a simboleggiare un cuore che dovrebbe battere dentro un petto che non riesce più neppure a tenere il tempo, ad accorgersi del suo fluire, in una atrofia cardiaca che è destinata a prendersi tutto il Barrett migliore.

Malinconia e dolcezza.

E un senso di abbandono che è il trionfo onirico della poesia barrettiana. Senza più gnomi, senza più folletti, senza più i vestiti sgargianti di una fanciullezza bruciata mentre si cercava il buco che doveva condurre al di là delle nuvole.

Alla mamma che bussa alla sua porta muta, Barrett risponde che sta dipingendo.

“Come quando ero bambino, mamma”.

Poi apre la porta e le mostra una tela bianca con dodici insetti.

Come in quel già lontano 1965 dove tutto era iniziato: I ‘m a king bee, Butterfly.

Insetti.

Syd la tranquillizza. “Visto? Va tutto bene mamma, il tuo figlio disegna gli apostoli, come quando era al catechismo. Hai ancora di quella marmellata di arance che mi davi da bambino?”


https://reverendolys.wordpress.com/2013/05/14/syd-barrett-barrett-harvest/
 

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"“Nella canzoni country è facile parlare della mamma,
in quelle rock un po’ meno”
(The Boss)





La signora Adele, più che novantenne, è la madre di Springsteen: sostenne il suo sogno di diventare musicista al quale era invece fortemente contrario papà Douglas (detto Dutch).
Springsteen racconta spesso dell’importanza di sua madre nella sua carriera.
Springsteen rappresenta un significativo esempio di uomo carismatico che non ha paura di apparire mammone: alla madre Adele ha anche dedicato una delle sue canzoni più emozionanti, “The Wish”, che si apre con l’immagine di Bruce bambino davanti a un negozio di strumenti musicali
(“Una strada vecchia e sporca, con la neve che si scioglie nella pioggia / Un bambino e la sua mamma fuori da un negozio di strumenti musicali male in arnese / In cima all’albero di Natale una bella stella / E sotto, una chitarra giapponese nuova di zecca”), il ricordo della sua prima chitarra comprata a rate con i risparmi di Adele, di nascosto da papà Dutch (morto nel 1998).
 

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“Ricordo le umiliazioni subite da mio padre quando non riusciva a
trovare lavoro, costretto a dipendere da mia madre. Ricordo la sua rabbia,
la sua autostima in frantumi. È il mio imprinting”

BRUCE SPRINGSTEEN
 

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La mamma è quella persona che vedendo che i pezzi di torta sono quattro
e le persone sono cinque, dice che i dolci non le sono mai piaciuti.
(Tenneva Jordan)
 

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@ Mafalda

Adoro Tamara de Lempicka

Dolcissima in tutte le sue tele :yes:

E quelle donne sempre al top in ogni occasione. La femminilità e la cura di sè stesse nella massima esaltazione
 
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Tamara de Lempicka, icona degli anni 20, raffinata, sensuale e scandalosa ha sempre affascinato anche me con le sue opere.
Come madre un po' meno....


1898
Il primo mistero di Tamara Rosalia Gurwik-Gorska riguarda data e luogo di nascita: non era certo nata nel 1902 come dichiarava, perché nei documenti è riportata la data 1898. Per quanto riguarda il luogo, ha sempre dichiarato di essere polacca nata a Varsavia, mentre – secondo recenti ricerche - il certificato di matrimonio e quello di morte la dicono nata a Mosca.
La madre, Malvina Decler (o Dekler), era polacca di origine francese: la famiglia paterna si era trasferita prima in Olanda e poi in Polonia durante le guerre napoleoniche. Il padre, Boris Gurwik-Gorski, era un ricco ebreo russo. Malvina e Boris hanno tre figli: Stanislaw, Tamara e Adrienne, nata a Mosca nel 1899. Il padre scompare presto, all’incirca quando Tamara ha cinque anni, e non si sa se in seguito al divorzio (come dichiarava l’artista) o, secondo alcune ipotesi, suicidatosi. Di fatto, Malvina e i figli sono sostenuti economicamente dai suoi genitori. Tamara assimila la forte identità polacca della famiglia materna e il culto della nobiltà. La nonna Clementine la alleva convincendola di essere straordinaria.

 

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1911
A San Pietroburgo, a una festa in maschera organizzata dagli Stifter,
Tamara si presenta vestita da contadina polacca con un’oca al guinzaglio.
In questa occasione incontra Tadeusz Lempicki, nobile avvocato polacco
di ventidue anni, corteggiato dalle più belle donne di San Pietroburgo

1916 Il matrimonio con Tadeusz . In occasione del matrimonio, così racconta,
conosce un diplomatico siamese (o principe: le versioni variavano), di cui
si invaghisce e con cui ha una storia appena tornata dal viaggio di nozze.
Forse, Tamara era già in attesa di un figlio, perché l’unica cosa certa è che
il 16 settembre nasce Marie Christine, detta Kizette.
 

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Tamara de Lempicka ebbe una turbolenta relazione con la figlia Kizette,
colma di soprusi. La pittrice si dimostrò arrogante e manipolatrice
.

"Qualsiasi cosa non piacesse a Tamara, lei doveva cambiarla. Anche sua
figlia. "Non mi piacciono i tuoi capelli. Pettinati così. Devi indossare questo.
Se non lo fai non ti porto fuori con me".
Non permetteva a nessuno di essere se stesso".
Poco animata da sentimenti materni, allontanò sempre la figlia affidandone
la cura agli istituti scolastici e manifestò interesse nei suoi confronti soltanto
quando, ancora bambina, la usava come modella per certi quadri ambigui
come Kizette in rosa del 1926, Kizette sul balcone del 1927, oppure pallido
e falsamente devoto La Prima Comunione del 1929.
 

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Racconto di Rita Quintavalle


Mia madre è morta a 28 anni dopo 4 lunghi anni di malattia. Noi, sue figlie avevamo 4 e 5 anni. E' stata un'esperienza dura, soprattutto molto dolorosa; crescere senza la mamma. E' stato come avere sempre l'acqua alla gola e non trovare mai né una boa per sostenerti, né una mèta dove approdare, dove poter sostare tranquillamente.
Per quanto amate, perché abbiamo avuto un padre che ci ha molto amato, la vita non risparmia mai niente a nessuno e i dardi che ti colpiscono senza corazza oltre aferirti ti penetrano in fondo, ti fanno sanguinare.
Un padre anche il più amoroso, come forse è stato il nostro, non è una corazza, perché un uomo non è una donna, perché un uomo corre verso l' estero pensa a riportare il cibo ai suoi piccoli, pensa alla loro casa, a proteggerli dal freddo. Quando è generoso, può pensare a farli divertire, ma non può per tutto questo,curare anche il cuore dei suo figli, dividere minuto dopo minuto la loro vita, seguime tutte le loro esperienze come un' ombra e stendere la mano solo al momento del bisogno. E questo che ci è mancato, perché eravamo ancora tanto piccole, perché avevamo ancora tanto bisogno della nostra mamma. E certo, non si può che ripetere che di mamma ce n'è una sola! Nessuno meglio di chi non ce l 'ha avuta può dirlo, e non tanto perché gli è mancata questa figura, ma perché ha senz' altro provato ad investire di questo ruolo figure vicine, qualche zia, qualche amica cara, e per altrettante volte ne è rimasta delusa. Tante volte ci hanno detto "sei come mia figlia" o "potrei essere tua madre".
Ma non è mai stato vero, perché poi, tutte le volte, non che queste persone non ci volessero bene, ma la presenza e l'affetto magari per i propri figli, era senz' altro maggiore a quello per noi. Queste verifiche hanno sempre creato ulteriori delusioni. Anche perché fino a 25 anni non l'ho persa la speranza di poter rimpiazzare questo vuoto, ed ero disposta a scendere anche a compromessi, ma questo non è mai potuto succedere perché "di mamma ce n'è una sola!".

 
Anche in seguito in età matura, sembra che Tamara trattasse la figlia come un essere fastidioso.
Quando Kizette si recò in visita da lei a New York, fu presentata come sorella.
In certe occasioni, sempre a quanto risulta dalle testimonianze , Tamara manifestò il suo pessimo carattere anche come nonna.
Vi è un aneddoto sul suo cattivo comportamento veramente significativo.
.
Kizette aveva disposto accuratamente un antico servizio da tavola e l'argenteria per il rinfresco il giorno delle nozze, quando bussò alla porta la moglie del direttore del Museo della Rice University con numerosi carrelli.
La pittrice aveva donato al Museo l'argenteria e il servizio da tavola, con la condizione che il prelievo fosse quella mattina e non oltre.
Kizette fu costretta a procurarsi altra apparecchiatura urgentemente!




In seguito Kizette fu costretta, ad Houston, a dover assistere il marito malato terminale di cancro, ma la madre,che abitava in Messico con uno scultore di quarant'anni più giovane, in modo crudele e irragionevole, non sopportava che la figlia avesse più attenzioni per il marito che per lei, e cambiava continuamente il testamento per costringerla a trasferirsi da lei in Messico, minacciando di diseredarla se non fosse stata con lei al momento del decesso.
Per far dispetto alla figlia regalò la sua casa messicana a Victor Contreras, il suo compagno messicano.
 

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«Ho scelto questo mestiere perché volevo essere amata, per ricevere
quell'amore sempre mendicato....Avevo solo deciso di diventarlo nella culla,
tra una lacrima di troppo e una carezza di meno». (Anna Magnani)

Lacrime e carezze hanno scandito l' esistenza tempestosa di Anna Magnani, sempre sopra le righe.
La bambina nata senza amore, da madre nubile, troppo
giovane e troppo bella per curarsi di lei. Che difatti l'abbandona alla nonna e
se ne va in Egitto con un uomo ricco
.
 

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Anna Magnani nasce a Roma (e non ad Alessandria d'Egitto, diversamente
da come scrivono alcune biografia), il 7 marzo 1908, da Marina Magnani,
una sarta originaria di Fano e da padre ignoto
(si dice un uomo originario
della Calabria).
Dopo la nascita della bambina, la madre si trasferisce ad Alessandria d'Egitto
(deriva da qui la favola della sua nascita) col nuovo compagno, un austriaco
molto facoltoso. La piccola Anna rimane così affidata alle cure della nonna
materna e delle cinque zie, Dora, Maria, Rina, Olga e Italia. L'unica presenza
maschile nella casa è quella dello zio Romano
.
 

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Marina, la mamma di Anna, ritorna a Roma, ma solo per un breve periodo, alla fine della guerra e iscrive Anna in un collegio di suore francesi, dove però la bambina vi rimane solo per pochi mesi.
Spinta dall'amore per la musica, trasmessole dalla nonna, che amava cullarla cantandole la canzone 'Reginella', si dedica allo studio del pianoforte e frequenta per due anni il liceo.




Anna scrive lettere affettuose alla mamma e attende il giorno che verrà a prenderla, ma questo non accade e Anna vivrà con lei solamente per un anno quando si recherà a trovarla ad Alessandria d'Egitto durante gli anni del liceo. Questa esperienza la fa soffrire ancora di più, perché si rende conto che la mamma non la ama e che ormai non può più farci nulla.
Ferita indelebile che spingerà Anna a compensare quell'affetto negato con gli applausi. Più che una vocazione, un risarcimento. Più che spavalderia, fragilità. Non una lupa, ma una gattina randagia in cerca di una cuccia calda.
 

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Anna sta sempre con la nonna, una donna minuta con la quale si diverte a
cantare, almeno fino a quando per il volere di sua madre viene mandata
in un collegio di suore, lontana dagli affetti della famiglia.
Ma ci rimane solamente per qualche mese.

Per scoprire le sue origini da ragazza fa delle ricerche sull'identità del padre,
ma quando scopre che è calabrese e che di cognome fa Del Duce le
abbandona: "Mica volevo passa' pe' la figlia del Duce!?" dirà con la sua solita
grande ironia
.Fin da bambina Anna impara a suonare il pianoforte e
così dopo qualche mese passato in collegio si iscrive al conservatorio
dell'Accademia di Santa Cecilia. Ma un giorno il suo mondo noioso fatto
di solfeggi e ripetizioni viene disturbato dal chiasso giocoso di alcuni
ragazzi della scuola di recitazione Eleonora Duse
.




Proprio perché Anna ha vissuto fino ai 16 anni in un mondo di donne sole
e indipendenti che hanno sempre lavorato, vuole lavorare (e quindi avere
indipendenza) e trovare un marito che le dia stabilità. Ciò che più la porta
ad agire è la ricerca di una rivincita su sua madre e sul patrigno
.

 

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