leggete il libro sulla produzione di Schifano 1959-anni 80
La produzione per TM al confronto è d'oro in quanto a controlli, e a asseverazione di Mario Schifano per l'OK iniziale e finale delle opere: le ha decise lui una per una,. non parlo di qualità.
https://www.accademiadellarcadia.it/wp-content/uploads/2022/05/Conte_Schifano_web.pdf
leggete tutto il capitolo V (5)
La cautela è d’obbligo, quando si discute dell’autenticità della produzione relativa agli anni dal 1975 al 1981. Marcello Gianvenuti ricorda:
Era il ’79, un periodo in cui stava molto male. […] Nell’estate del ’79
Mario venne sfrattato da palazzo Primoli. Prima rimase ospite da amici
in via Frattina, poi da una fotografa vicino a ponte Milvio. A un certo
punto venne preso in consegna, qualcuno dice addirittura “rapito”, da
un gruppo di persone che lo portò ad Arcinazzo (e anche alla villa della morte a 100 km di distanza...Governatori-Marieni nome da ragazza e da sposata), un posto di montagna
in Abruzzo [in realtà, è in Lazio ai confini con l’Abruzzo]. Ci rimase per
circa tre mesi. [I delinquenti legati all’ambiente dello spaccio di eroina,
in parte afferenti alla banda della Magliana] gli davano un po’ di eroina
[…], lo hanno costretto a fare una sessantina di quadri, […] poi hanno
cominciato a farli loro, costringendo Mario a firmarli. E quando se ne è
andato, e non ha avuto più alcun rapporto con loro, hanno continuato
a farli. Futuristi, Alberi e Palme: erano orribili. Non sapevano neanche
disegnare una stella. Ne hanno fatti migliaia
Ronchi, p. 215; pp. 211-214 per le interviste a Emilio Mazzoli e a Rinaldo
Rossi. Il trimestre è stato raccontato anche, con dettagli non verificabili e spesso in
contraddizione con quelli riferiti dalle fonti provenienti dall’ambiente di collaboratori
e amici di Schifano, da Anna Maria Governatori-Marieni, “Caro Mario”, Roma,
Silvia Editrice, 2003, pp. 30-37, 76-79, 84, che avrebbe assistito per tre mesi circa l’artista
nella «“villa della morte” di Capena [sic; Capena è una località laziale distinta
da Arcinazzo, da cui dista circa 100 km. in auto]. Da tempo la chiamavo così. Venni a
conoscenza poi che questa era stata tolta ad un antiquario con un figlio drogato il quale,
per il vizio, aveva contratto grossi debiti con gli spacciatori» (ivi, p. 33). Secondo
la donna, Schifano sarebbe stato trattenuto a Capena dagli spacciatori con cui era in
debito. Governatori-Marieni è stata protagonista di fatti giudiziari per l’autenticazione
di dipinti da lei attribuiti a Schifano, dopo il 1982 e il 1986, come appartenenti alla
produzione degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta.
Marcello Gianvenuti ha raccontato che alla fine del
1969 Schifano rifaceva «per soldi […] quadri vecchi, monocromi degli
anni sessanta»; contemporaneamente lo stesso Gianvenuti sperimenta
con l’artista la tecnica per ottenere le prime tele emulsionate. Con
la collaborazione di Memmo Mancini e fino all’arresto al Circeo del
24 settembre 1971, Schifano continua a realizzare quadri che devono
sembrare dei primi anni Sessanta per consegnarli ai mercanti Emilio
Mazzoli e Gian Enzo Sperone; Mancini è stato preciso su questa fase:
«Al Circeo abbiamo rifatto i monocromi. Sì, quando venne Mazzoli
abbiamo rifatto i quadri degli anni sessanta e ti devo dire con grande
onestà che ci ho messo le mani pure io. Però non li ho mai firmati.
Abbiamo rifatto i monocromi e i Segni d’energia, Esso e Coca-Cola. Io
queste cose le so» 157. Dell’estate 1971 ancora Gianvenuti ricorda: «Fotografai
tutta una serie di monocromi rifatti, diciamo rivisitati, fatti da
lui al Circeo per Sperone, per Mazzoli e per altri».
Quando Fantauzzo viene sostituito da Renzo Colombo, questi rammenta:
Fantauzzo mi odiava […]. Mario in passato gli aveva affidato l’amministrazione,
la compravendita dei quadri, le fatturazioni, le tasse, insomma
tutto. […] Mario era infastidito e scocciato dal fatto che quando
qualcuno voleva un quadro Fantauzzo non faceva da tramite con l’artista:
se lo comprava lui e poi lo rivendeva 135.
All’inizio della relazione con Monica De Bei, il rapporto di Schifano
con il tuttofare si incrina definitivamente: «A un certo punto scomparve,
sostituito da Renzo. Qualche anno dopo ci arrivò un catalogo
di una sua mostra, si faceva chiamare James Fantauzzo. Anche lui era
diventato pittore!» 136.
Esistono anche falsi nati in casa dell’artista, su sua richiesta esplicita,
a discapito dei mercanti ignoranti, ai quali Schifano a palazzo
Primoli propone dei quadri dipinti in breve tempo addirittura dal
suo cameriere:
Quando Mario riceveva i mercanti, che spesso non erano proprio i migliori
[…], convinceva Aldo, il suo cameriere, a mettersi a dipingere.
Ecco, li riceveva con un quadro di Aldo (Nicolini) vicino e loro ci cascavano regolarmente.
Dicevano: «Che quadro bellissimo, maestro!». E Mario:
«Le piace? Aldo vieni subito, c’è un cliente per te!» 137
Nel 1984 Schifano si trasferisce con Monica ad Ansedonia; lì, in casa
dell’artista, torna a lavorare «Aldo (Nicolini), il cameriere di Bologna», che a
questo punto, verosimilmente, va annoverato tra i collaboratori vari
(il cui numero e la cui identità è impossibile individuare), che furono
anche autori di falsi, prima autorizzati e poi
Infine, riporto un bel passaggio del libro su De Chirico (attenzione a chi ha opere troppo belle ancora archiviate solo Fondazione MS....a questo punto potrebbe essere meglio tenerle così come sono .archiviate Fondazione MS...)
Il caso è noto:
nell’estate 1933, in occasione di una mostra alla Kunsthaus a Zurigo
in cui il direttore intendeva esporre opere del primo periodo metafisico,
de Chirico
si ritirò a Parigi e produsse tre opere retrodatate che finse di aver ritrovato
sul mercato francese. Da allora il suo cruccio più segreto, origine
di tanti problemi successivi, fu quello di dovere la sua lenta ma costante
ripresa di quota nel mercato alla vittoria del teorema surrealista [e fu co-
stretto a] campare sulla riproduzione con false date delle opere esaltate
dai suoi nemici e che avrebbe volentieri ripudiato perché non ne era più
il proprietario. Molte successive dichiarazioni di falsità [da parte dello
stesso artista negli anni Settanta] relative a quadri importanti di provenienza
surrealista nacquero come postume vendette di chi si sentiva
defraudato della propria opera, senza rendersi conto di esserne il primo
responsabile. […]