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boom di licenziamenti e cassintegrati
Aumenta il ricorso alla cassa integrazione a Milano e in Lombardia. L’aumento è da record: +241 per cento. Crescono anche il ricorso alla cassa straordinaria, rispetto a quella ordinaria, e i licenziamenti. Per l’occupazione, insomma, la crisi è ben lontana dall’essere passata. Anzi, avverte la Cgil, potrebbe protrarsi fino al primo semestre del prossimo anno
di Stefano Rossi
È boom della cassa integrazione, secondo uno schema che procede con esattezza geometrica. Prima la cassa ordinaria, ora quella straordinaria in misura sempre più massiccia, mentre già si registra un’impennata dei licenziamenti. Prima gli operai, ora gli impiegati. Le cifre dei primi due mesi del 2010 sono pessime e la Lombardia fa peggio del resto del Paese. A gennaio e febbraio l’I nps ha registrato a livello nazionale, rispetto allo stesso periodo del 2009, un +149 per cento di cassa integrazione ordinaria e straordinaria fra industria ed edilizia. La Lombardia esibisce un ancor più sconfortante +241 per cento, e solo per l’industria.
A Milano e provincia le ore di cassa integrazione nei primi due mesi del 2009 erano state 2,8 milioni. Fra gennaio e febbraio del 2010 abbiamo superato i 15,8 milioni. Inoltre, la cassa straordinaria (cigs) supera l’ordinaria (cigo) di 2,6 milioni di ore, a dimostrazione dell’aggravarsi dell’incertezza occupazionale. Le aziende stanno esaurendo le 52 settimane concesse di cigo per congiunture sfavorevoli ma transitorie e chiedono la cigs, prevista per le crisi più gravi o le ristrutturazioni.
«Il prossimo passo — spiega Claudio nero, della segreteria milanese Uil — sarà fare ricorso agli otto mesi in più della cassa in deroga». La cassa in deroga viene riconosciuta con un accordo regionale sia alle imprese escluse dalla cig, di solito perché hanno meno di 15 dipendenti, sia a quelle che hanno sfruttato tutta la cassa straordinaria: al massimo due anni (il doppio per le ristrutturazioni). Poi rimarranno solo i licenziamenti. Solo a gennaio, fra Milano e provincia, hanno perso il posto 1.900 lavoratori, 400 in più del dicembre 2009.
Infine, se a pagare il prezzo per primi sono stati i lavoratori a tempo determinato, con il mancato rinnovo dei contratti e se poi è toccato, nell’area più tutelata, agli operai, adesso vengono coinvolti gli impiegati. A febbraio, in Lombardia, la cigs per i colletti bianchi è cresciuta del 1.070 per cento rispetto al febbraio del 2009. «Fino al settembre 2010 non mi aspetto miglioramenti», aggiunge nero. Per la Uil si rischia che i 45mila licenziati del 2009, che già erano il doppio del 2008, raddoppino di nuovo, arrivando a 90-100mila.
«È come se dovessimo ricostruire un’economia devastata dalla guerra — avverte Paolo Galassi presidente delle 120mila piccole e medie imprese di Confapi — perciò dobbiamo rilanciare chi produce, l’i mpresa manifatturiera». Renato Zambelli della Cisl invita a ripartire «dalle politiche attive», corsi di formazione e ricollocazione. Ma soprattutto serve una ripresa economica i cui segnali, per ora, sono deboli. Sapendo che, nel normale ciclo economico, alle aziende serviranno poi altri sei mesi per ricominciare ad assumere. (09 marzo 2010)
Aumenta il ricorso alla cassa integrazione a Milano e in Lombardia. L’aumento è da record: +241 per cento. Crescono anche il ricorso alla cassa straordinaria, rispetto a quella ordinaria, e i licenziamenti. Per l’occupazione, insomma, la crisi è ben lontana dall’essere passata. Anzi, avverte la Cgil, potrebbe protrarsi fino al primo semestre del prossimo anno
di Stefano Rossi
È boom della cassa integrazione, secondo uno schema che procede con esattezza geometrica. Prima la cassa ordinaria, ora quella straordinaria in misura sempre più massiccia, mentre già si registra un’impennata dei licenziamenti. Prima gli operai, ora gli impiegati. Le cifre dei primi due mesi del 2010 sono pessime e la Lombardia fa peggio del resto del Paese. A gennaio e febbraio l’I nps ha registrato a livello nazionale, rispetto allo stesso periodo del 2009, un +149 per cento di cassa integrazione ordinaria e straordinaria fra industria ed edilizia. La Lombardia esibisce un ancor più sconfortante +241 per cento, e solo per l’industria.
A Milano e provincia le ore di cassa integrazione nei primi due mesi del 2009 erano state 2,8 milioni. Fra gennaio e febbraio del 2010 abbiamo superato i 15,8 milioni. Inoltre, la cassa straordinaria (cigs) supera l’ordinaria (cigo) di 2,6 milioni di ore, a dimostrazione dell’aggravarsi dell’incertezza occupazionale. Le aziende stanno esaurendo le 52 settimane concesse di cigo per congiunture sfavorevoli ma transitorie e chiedono la cigs, prevista per le crisi più gravi o le ristrutturazioni.
«Il prossimo passo — spiega Claudio nero, della segreteria milanese Uil — sarà fare ricorso agli otto mesi in più della cassa in deroga». La cassa in deroga viene riconosciuta con un accordo regionale sia alle imprese escluse dalla cig, di solito perché hanno meno di 15 dipendenti, sia a quelle che hanno sfruttato tutta la cassa straordinaria: al massimo due anni (il doppio per le ristrutturazioni). Poi rimarranno solo i licenziamenti. Solo a gennaio, fra Milano e provincia, hanno perso il posto 1.900 lavoratori, 400 in più del dicembre 2009.
Infine, se a pagare il prezzo per primi sono stati i lavoratori a tempo determinato, con il mancato rinnovo dei contratti e se poi è toccato, nell’area più tutelata, agli operai, adesso vengono coinvolti gli impiegati. A febbraio, in Lombardia, la cigs per i colletti bianchi è cresciuta del 1.070 per cento rispetto al febbraio del 2009. «Fino al settembre 2010 non mi aspetto miglioramenti», aggiunge nero. Per la Uil si rischia che i 45mila licenziati del 2009, che già erano il doppio del 2008, raddoppino di nuovo, arrivando a 90-100mila.
«È come se dovessimo ricostruire un’economia devastata dalla guerra — avverte Paolo Galassi presidente delle 120mila piccole e medie imprese di Confapi — perciò dobbiamo rilanciare chi produce, l’i mpresa manifatturiera». Renato Zambelli della Cisl invita a ripartire «dalle politiche attive», corsi di formazione e ricollocazione. Ma soprattutto serve una ripresa economica i cui segnali, per ora, sono deboli. Sapendo che, nel normale ciclo economico, alle aziende serviranno poi altri sei mesi per ricominciare ad assumere. (09 marzo 2010)