Pino Pascali

Gentile @mmt, senza vena polemica o aggressività (specifico perché spesso i post in contradditorio possono risultare ambigui) ti segnalo come non mi risultino esistenti serie di disegni di spot o comunque animazioni "complete".
Ritengo che l'opera grafica di Pascali, così come quella di moltissimi artisti, sia variegata e come tale ogni opera (o ogni grafica o disegno) debba essere considerata a se, o ricondotta a macro categorie.
Cercando di spiegare il mio punto di vista, porto un paio di esempi:
esistono disegni della serie gangsters che chiaramente sono bozzetti per il noto spot Algida, e su quello sono abbastanza d'accordo con te che abbiano per certi versi poco a che fare con la poetica di Pascali anche nel distinguo fatto da Calvesi (ragionamento "Pascali artista=Pascali nelle gallerie o nelle mostre, ma opera grafica ha una sua dignità perché comunque molto caratteristica, di sperimentazione e oggettivamente parte importante della vita dell'artista);
esistono però anche disegni o assemblaggi che non sono connessi direttamente con il lavoro presso Lodolo, anche se magari realizzati lì, che certamente invece hanno valore artistico trattandosi di bozzetti per opere, disegni di animali estemporanei, opere grafiche insomma che a mio avviso andrebbero considerate come tali.
Mi trovo invece d'accordo sul fatto che il distinguo tra le varie categorie di opere spesso non venga fatto, o meglio spesso venga unicamente affidato al mercato, ma non mi sento di criticare l'archivio, che in questi anni mi pare si sia mosso in maniera piuttosto seria, anche rispetto al passato.
 
Infatti i bozzetti di animali, sculture, armi sono opere d'arte, perché lui si esprime liberamente.
Il resto lo hai spiegato già tu e siamo d'accordo.
Non vedo altro, la situazione è chiara.
Circa l'archivio, recita così:

Schermata 2023-05-03 alle 12.37.35.png
 
ognuno tragga le proprie considerazioni.
Soprattutto se si hanno avuto esperienze dirette con loro.
 
Io penso che come spesso accade la verità stia nel mezzo. Da un lato il valore collezionistico, e storico, di quelle opere grafiche è testimoniato dal fatto che hanno un mercato e un interesse espositivo, dall'altro che esso è relativo, visti gli importi molto distanti dalla sua vera produzione artistica. Sul fatto che siano anche definibili come opera d'arte personalmente valuto che da una parte manca l'intenzione di esserlo, perché non sono state realizzate con quello scopo, ma d'altro canto può restarmi il dubbio se Pascali possa avere individuato anche nella comunicazione pubblicitaria di quel tempo un possibile mezzo espressivo "artistico".
In questo senso mi vien da pensare a due casi di artisti applicati alla pubblicità, evidentemente molto diversi, per contesto e epoca storica, ovvero Depero e Toulouse-Lautrec. Nel primo caso c'era l'idea dell'arte totale, che invade ogni contesto della vita dell'uomo, nel secondo il fatto che il manifesto, per quanto commissionato con scopo pubblicitario, è un'opera fatta e finita, cosa che non si può dire per molti dei disegni di Pascali che passano nel mercato.
Il tuo intervento mi consente di chiarire che il problema non è il mezzo pubblicitario.

Ancora una volta, forse è meglio spostarsi sul cinema, così evitiamo l’interesse mercantile che inquina il discorso. Quando Federico Fellini realizza lo spot della Campari o della Barilla, lo fa quando non riusciva più a farsi finanziare i film e ci mette tutto l’impegno e l’ingegno delle opere maggiori, anche per dimostrare di essere in grado di realizzare lavori “commerciali”. Gli spot che ne risultano sono opere minori di Fellini, perché di brevissima durata, ma “sue” a tutti gli effetti.

Viceversa, quando Orson Welles realizzava spot pubblicitari (famoso quello di un whiskey), era esclusivamente per ottenere i soldi per finanziarsi i suoi lavori artistici. Anche se decideva magari lui dove piazzare la telecamera o cosa dire, nessuno spot è considerato tra le sue opere (anche se vengono studiati, ovviamente).

Addirittura, John Huston realizzava interi film, che chiamava “alimentari”, che le Major gli chiedevano, per poter girare i film che gli interessava davvero fare. Gli studiosi si occupano anche dei “film alimentari”, ma non hanno l’impronta autoriale e stilistica delle opere significative.

Quando non ci sono di mezzo i soldi sembra più facile distinguere le opere d’arte da quelle realizzate “per motivi alimentari”.

Secondo me, le opere pubblicitarie di Pascali sono, di regola, “opere alimentari”. Ciò non toglie che alcuni disegni siano molto belli, che sia giusto che abbiano un mercato e che possano perfino essere un buon investimento.
 
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Il tuo intervento mi consente di chiarire che il problema non è il mezzo pubblicitario.

Ancora una volta, forse è meglio spostarsi sul cinema, così evitiamo l’interesse mercantile che inquina il discorso. Quando Federico Fellini realizza lo spot della Campari o della Barilla, lo fa quando non riusciva più a farsi finanziare i film e ci mette tutto l’impegno e l’ingegno delle opere maggiori, anche per dimostrare di essere in grado di realizzare lavori “commerciali”. Gli spot che ne risultano sono opere minori di Fellini, perché di brevissima durata, ma “sue” a tutti gli effetti.

Viceversa, quando Orson Welles realizzava spot pubblicitari (famoso quello di un whiskey), era esclusivamente per ottenere i soldi per finanziarsi i suoi lavori artistici. Anche se decideva magari lui dove piazzare la telecamera o cosa dire, nessuno spot è considerato tra le sue opere (anche se vengono studiati, ovviamente).

Addirittura, John Huston realizzava interi film, che chiamava “alimentari”, che le Major gli chiedevano, per poter girare i film che gli interessava davvero fare. Gli studiosi si occupano anche dei “film alimentari”, ma non hanno l’impronta autoriale e stilistica delle opere significative.

Quando non ci sono di mezzo i soldi sembra più facile distinguere le opere d’arte da quelle realizzate “per motivi alimentari”.

Secondo me, le opere pubblicitarie di Pascali sono, di regola, “opere alimentari”. Ciò non toglie che alcuni disegni siano molto belli, che sia giusto che abbiano un mercato e che possano perfino essere un buon investimento.
Volevo mettere un like, ma non so come si faccia :-)

Riguardo all'archivio dell'opera grafica, invece, per esperienza diretta ritengo siano piuttosto seri. Non mi sento di muovere critiche perché archiviano i disegni per la pubblicità, anzi ritengo sia comunque tutelante per l'artista (e per i collezionisti che intendono investirci denaro). Nonostante le probabili cointeressenze con una galleria non ho riscontrato difficoltà anche con opere di diversa provenienza.

A Miart qualcosa di Pascali c'era (un'opera realizzata nell'ambito della televisione era davvero interessante) ed ho notato tante persone avvicinarsi ed informarsi circa i disegni, segno che probabilmente è un artista seguito anche in prospettiva.
 
Non so se possa aiutare a mettere ordine, ma esiste un bel libro-catalogo a cura di Bonito Oliva dedicato al Pascali grafico, dal titolo IL DISEGNO DEL MONDO. Ho regalato di recente la mia copia e devo ancora sostituirla, ho ragione di credere che ulteriori spunti vi siano contenuti.
 
ma come Pascali Grafico? Non era un artista?
 
Molto attuale

Si legge che le armi perdono la loro funzione originaria per acquisire un valore d’uso ludico, fondamentale per l’artista il quale dichiara: “non si vuole parlare di gioco in senso di “puro divertimento”, bensì inteso come attività normale dell’uomo. E il gioco, anche per i bambini, è una cosa seria, è un modo per conoscere”.

Anche Achille Bonito Oliva disse nel compito dell’arte per Pascali sembra consistere nel “disarmare la guerra” accrescendo l’arsenale della nostra sensibilità estetica.
 
Pascali mise così in crisi anche il linguaggio della scultura e vi introdusse il concetto dell’ambiguità: chi vede per la prima volta le sue creazioni è impaurito, non sapendo se possano far del male o se siano finte. La costruzione è certamente falsata in tutto: nell’estrema cura dei dettagli (improbabile caratteristica di armi reali), nelle dimensioni (il cannone è grande ma non a grandezza naturale), nella struttura, che sembra vera, ma in cui vi sono anche cartoni, metalli, pezzi di scarto e rifiuti. La guerra viene reinventata come a sottolineare che tutto è finto, tutto è un gioco, anche nell’arte.

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ho avuto la possibilità di vistare la mostra ieri pomeriggio.
Mi è piaciuto molto l'allestimento e la scelta delle opere d'arte, non dei lavori che faceva in Rai.
Purtroppo l'esposizione, con una partecipazione nutrita, era partecipata da un pubblico che ricordava di più un aperitivo
in strada a Milano. Una chicca il gallerista milanese con i suoi clienti che spiegava l'opera di Pascali a voce alta, nel casino generale.
 
Anche io l’ho visitata pochi giorni fa, ma l’ho trovata troppo seriosa e algida rispetto ai contenuti irriverenti e giocosi. Pessima poi la comunicazione e la divulgazione per il pubblico generalista che non ci capiva niente di niente, peccato perché resterà una mostra storica
 

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Ottimo risultato per Pino Pascali da Martini che per questo bel galeone in tecnica mista fa quasi 73 mila euro diritti inclusi.
 
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