Re: Media e dintorni

"""TAV o no TAV? questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli, Morire, dormire, sognare forse: ma qui é l'ostacolo. Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell'uomo borioso, gli indugi della legge, la tracotanza dei grandi, i calci in faccia che il merito paziente riceve dai mediocri, Chi vorrebbe caricarsi di grossi fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita stracca, se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore, a sgomentare la nostra volontà e a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che correre in cerca d'altri che non conosciamo? Così ci fa vigliacchi la coscienza; così l'incarnato naturale della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. E così imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso……."""

Ai posteri l'ardua sentenza!!!....
 
Chiunque frequenti questi ambienti virtuali riconoscerà qualcosa di sé e degli altri
La personalità di chi partecipa ai forum su Internet


Quello che una volta era chiamato linguaggio da scaricatore di porto e si poteva spiegare con il basso livello di istruzione di quei poveri lavoratori costretti a una vita grama e faticosa, oggi è il disinvolto appannaggio di politici, professori, attori, giornalisti, divi TV e forumisti. Per non parlare di ciò che avviene in rete su Facebook.Nei forum poi, non si crede di riuscire a ottenere il progettato effetto comico se non si usano parolacce. I genitori non esitano a usare parolacce davanti ai loro figli, i quali le ripetono tranquillamente davanti a loro e davanti agli insegnanti, molti dei quali (ho sentito dire anche questo) ci passano sopra perché le ritengono espressione di fantasia immaginifica. L’esempio che viene elargito alle giovani generazioni è deleterio La volgarità del linguaggio è madre dell’ignoranza e la parolaccia è parente stretta della bestemmia e già ne abbiamo avuto la riprova in alcuni show televisivi nei quali si è arrivati anche a questo.
- C'è chi è convinto di sapere tutto e chi non può fare a meno di litigare, c'è il saccente della situazione e chi fa polemica a tutti i costi. Ma non solo. Il mondo dei forum online è popolato da persone che sanno discutere e argomentare in modo pacato e intelligente, ma è anche affollato di perditempo incalliti, provocatori e sapientini: la webzine PCWorld traccia il profilo dei forumisti-tipo in cui tutti ci siamo imbattuti almeno una volta.

MR. ARRIVO PER PRIMO – E’ il tipico frequentatore che posta sempre per primo il proprio commento. Il primo a lanciare un tema caldo, il primo a rispondere e dire la propria riguardo ogni sorta di tema. Sembra essersi interrogato un po’ su tutto e mostra idee chiare a proposito delle questioni più disparate. Intelligente? Non particolarmente. Ironico? Proprio per nulla. Questa tipologia di frequentatore si distingue soprattutto per una certa puerilità e il suo arrivare per primo ricorda vagamente i tempi della scuola. Vuole dare la propria impronta alle discussioni sul nascere, ma in realtà dimostra di essere molto infantile.

IL PROMOTORE DI SE STESSO – Può essere più o meno abile nell’infilare nei propri messaggi, con apparente non-curanza, riferimenti a se stesso, al proprio operato, alle proprie iniziative. Ma in tutti i casi si tratta di un forumista il cui scopo principale è fondamentalmente auto-promuoversi. Un incorreggibile narciso, che usa i forum semplicemente come vetrina per mostrarsi.

IL PREDICATORE – Lo dice la parola stessa: è la coscienza morale della community. Guida sapientemente i dialoghi online verso le questioni etiche a lui più care. E ne approfitta per elargire lezioni morali un po’ a tutti.

MR. CREDENZIALI – Guarda caso ogni intervento di questo tipo di visitatore è supportato da link, riferimenti, titoli e documenti. Ha bisogno di avvallare le proprie tesi condendole con citazioni altrui. Ogni occasione è buona per citare Wikipedia. In realtà, come chiunque ricorra con troppa facilità alle insegne, è molto insicuro.

L’ANTAGONISTA – Profilo ricorrente tra i forumisti: cerca la dialettica a tutti i costi, ma alla fine sembra felice di poter polemizzare e arrabbiarsi, litigare e insultare. Più che il punto di vista differente sembra puntare semplicemente alla lite e all’attacco personale, per sfogare piccole e grandi insoddisfazioni accumulate nella realtà off-line.

IL DIPLOMATICO – In un certo senso trova nell’antagonista il suo migliore alleato. Egli è felice quando c’è aria di tempesta perché in questo modo può dirimere i conflitti, mettendo in mostra tutte le sue abilità diplomatiche e la sua superiorità. Ma se non ci fossero i polemici che ne sarebbe dei moderatori?

IL PACIFISTA – Ama la quiete e la civiltà e le intenzioni sono sicuramente buone: è il buonista, il politicamente corretto, l’equilibrato. Ma a volte (spesso per la verità) finisce per essere leggermente noioso.

IL SACCENTE – Borioso, colto, serio e pedante: trattasi di un frequentatore generalmente informato e preparato sulle questioni sulle quali interviene, ma quando si imbatte in inesattezze o in veri e propri strafalcioni si illumina di gioia e non gli pare vero di poter correggere con la propria penna rossa gli errori altrui.

IL FAN – E’ il tipico forumista che posta i propri commenti su prodotti o iniziative che ammira. Si tratta di un fan sfegatato: o sei pro o sei contro. E se sei contro sei un nemico. Il fan pecca talvolta di obbiettività.

IL COMPLOTTISTA – Vede cospirazioni ovunque e in ogni cosa che legge intravede congiure e intrighi. Ha la capacità di interpretare qualsiasi fatto come una dimostrazione di macchinose congiure. E se fosse un po’ proiettivo nel vedere sempre la malafede?

QUELLI DALLA FIRMA PROLISSA – Sono quelli che nei propri interventi si dilungano più sul titolo, la firma e le immagini che nel contenuto: lasciano post molto ricchi. Peccato che, a fronte di titoli e firme molto dettagliati e fantasiosi, i pareri espressi (che dovrebbero costituire l’elemento più importante) siano generalmente poverissimi.


CHI DISPREZZA COMPRA – Trattasi di un visitatore che tende a lasciare commenti molto secchi, negativi e coincisi, rivelando un’accesa propensione a demolire gli altrui messaggi. In realtà è una persona sola e insoddisfatta, che trova nel virtuale una consolazione alla propria condizione e che, nel mostrare il proprio dissenso, rivela tutta la propria insoddisfazione. Alla fine questo profilo socio-psicologico ricorda vagamente la favola della volpe e l’uva.

IL VOLGARE DA OSTERIA:si compiace di dire parolacce dalla sua bocca viene fuori ogni tre parole un’oscenità o una parolavolgare, è compiaciuto nel praticare un linguaggio scurrile e violento che un tempo sarebbe stato di casa solo nelle caserme o nelle bettole più malfamate”.

S.D.A
 
Altro che retorica , è razionalità umanità e saggezza


(..) Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore. So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un’altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza.
Certo, la sicurezza è condizione di un’esistenza serena. Ma la sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune.(..)

Sergio Mattarella
 
Ci sono poche nascite e in più una buona parte dei giovani delle ultime generazioni sono dipendenti dalle droghe .Numeri spaventosi che rivelano una realtà sommersa di cui si parla troppo poco purtroppo.


FIGLI E DROGA
I GENITORI LASCIATI SOLI

Di Antonio Polito

Le storie di chi non ce l’ha fatta, ed è morto nei bagni di una stazione a Udine o sulla barella di un ospedale
dismesso a Roma, non si possono più ascoltare da chi le ha vissute. Di loro resta solo lo strazio dei parenti. Ma ogni tanto dal bosco spunta una voce che può ancora narrarsi in prima persona, perché ne è uscita, come la ragazza milanese che si è confessata l’altro giorno sul Corriere. E allora, da questi rari documenti provenienti dal dal fronte, capisci che il problema fondamentale è il tempo: quanto ce n’è tra quando un ragazzo prova la droga per la prima volta e quando non c’è più niente da fare?
Lasciamo stare tutto quello che viene prima e dopo, e la solita sterile polemica tra chi vuole reprimere di più e chi vuole permettere di più. Tanto ormai nei fatti seguiamo tutti la stessa politica: quella dello struzzo, che insegna a mettere la testa sotto la sabbia e a non guardare, quasi come se ci fossimo rassegnati a questa tragedia generazionale, che suscita ormai meno allarme del bullismo sui social e delle slot machine, e convive con i negozi che vendono marjuana light agli angoli delle strade come fossero sigarette aromatiche. Proviamo invece a concentrarci su quell’attimo cruciale tra il primo buco e l’ultimo libero arbitrio, quando “hai ancora un piede dentro la realta”, come dice la ragazza del bosco, e puoi ancora ascoltare, se ti parlano. “Avrei voluto qualcuno che mi entrava in testa…Nessuno ci riusciva, da sola non potevo uscirne, però”. Lei alla fine l’ha trovato un angelo che le ha parlato. Un “operatore di strada” che non si è limitato a fornire siringhe sterili, che lavora in una comunità, conosce il cuore degli adolescenti e si è aperto una piccola breccia nella sua mente semplicemente con la parola. Ma quanti giovani hanno questa fortuna?e, se non ce l’hanno, cosa possono fare i genitori in quell’attimo fuggente, tra quando sospettano che il figlio si droghi e quando è troppo tardi?

[..]””Se aiutassimo i genitori ad agire prima, anche con i tribunali minorili, prendendo direttamente l’iniziativa di portare questi ragazzi nella comunità che dà loro più affidamento, saltando il filtro della burocrazia, forse qualche vita la salveremmo”” dice Giuseppe Mammana, psichiatra e presidente di Acudipa, una associazione per la cura delle dipendenze patologiche.
C’è insomma chi vorrebbe liberalizzare le droghe e chi vorrebbe liberalizzare le cure. Forse varrebbe la pena di discuterne. Ma dove? La conferenza nazionale sulle droghe, che una legge del ’90 stabiliva si dovesse tenere ogni tre anni per verificare l’efficacia delle norme ed eventualmente correggerle, non si riunisce da dieci anni. Importa ancora a qualcuno quel che succede nel bosco?
 
Meditate gente , meditate!
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ll linguaggio “da scaricatore di porto”: segno evidente del degrado in cui viviamo –

di Carla D’Agostino Ungaretti


In una società caratterizzata da un grande pluralismo di sistemi valoriali come l’attuale, i valori della buona educazione, del rispetto reciproco e della proprietà del linguaggio non sono più facilmente percepibili, se non è più percepibile neppure quello (molto più importante a livello esistenziale) dell’unica Verità della fede

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Nel libro, bello ma poco noto, “La carrozza di tutti” pubblicato nel 1899, Edmondo De Amicis descrisse la commedia umana che si svolgeva ogni giorno davanti ai suoi occhi sui tram a cavalli che trasportavano lavoratori e varia umanità attraverso la Torino dell’epoca, che stava diventando la prima città industriale d’Italia. Avrebbe mai immaginato il buon De Amicis – lui, cantore entusiasta dell’Italia unita scaturita dal Risorgimento – che, più di cento anni dopo, due episodi verificatisi su pubblici mezzi di trasporto avrebbero pienamente rispecchiato il basso livello di civiltà ed educazione in cui sarebbero caduti tanti suoi connazionali? Lui, che in “Cuore” aveva tanto esaltato il valore dell’educazione dei giovani, dei sani principi da instillare nelle giovani menti in formazione, avrebbe mai immaginato che nei travagliati tempi che sarebbero sopravvenuti, l’argomento “educazione” si sarebbe trasformato, come è stato detto, nell’ “allarme educazione“?
Recentemente ho sperimentato di persona in due occasioni la fondatezza di quell’“allarme” e, per non dilungarmi troppo, oggi parlerò della prima, rimandando la seconda ad altra occasione. Qualche tempo fa ero appena salita su un autobus, quando ho sentito alle mie spalle due giovani voci femminili discutere di esami universitari, sostenuti e da sostenere, della loro difficoltà e della severità dei relativi professori. Ebbene: nei dieci minuti all’incirca in cui è durata quella conversazione prima che le due ragazze arrivassero a destinazione, esse hanno pronunciato almeno una decina di volgarissime parolacce, soprattutto all’indirizzo dei “crudeli” docenti (tacciati di epiteti degni della romana Cloaca Massima che non potrei mai ripetere) tanto che, incuriosita, non ho potuto fare a meno, io cattolica “bambina e parruccona” (mai definizione mi è sembrata più adatta a me, che nel caso specifico) di voltarmi con aria indifferente per capire che tipi fossero quelle due “campionesse” di signorilità e di grazia femminile. Mi ha stupito constatare che erano due belle ragazze, vestite con una certa eleganza e sicure di sé, il cui aspetto accurato e certamente non volgare contrastava inesplicabilmente con il linguaggio scurrile adoperato senza alcun riguardo per le altre persone che, viaggiando accanto a loro sullo stesso autobus, non potevano fare a meno di sentire. “Se due ragazze come queste parlano in questo modo” ho pensato “è evidente che ormai il linguaggio scurrile è entrato a far parte a pieno titolo della comunicazione interpersonale senza alcuna differenza tra persone colte e ignoranti, tra uomini e donne”.
Questo episodio mi ha dato molto da pensare perché mi è sembrato emblematico del clima culturale, umano e sociale che stiamo vivendo, senza tuttavia voler fare di ogni erba un fascio né, tanto meno, generalizzare. Non sono nonna, ma quelle due ragazze avrebbero potuto, per età, essere mie nipoti e allora mi sono domandata: come è possibile che si sia verificato un gap culturale, antropologico e sociale di simile portata tra la mia generazione e la loro? Un linguaggio simile in pubblico appena 40 anni fa sarebbe stato inconcepibile e difficilmente sarebbe stato accettato anche in privato.. Nonostante che le persone prepotenti e maleducate siano sempre esistite, come sono sempre esistite le parole volgari (basti pensare ai sonetti romaneschi di Giuseppe Gioacchino Belli, considerato il “cantore” della plebe romana del XIX secolo) fino a pochi decenni fa certe manifestazioni deteriori venivano risparmiate al prossimo da quel sensus di pudore e di buona creanza che successivamente è crollato. Allora chi o che cosa lo ha fatto crollare?
Sul CORRIERE DELLA SERA Riccardo Puglisi[1] ha parlato di “gerontocrazia sessantottina” per designare quella notevole parte dell’attuale classe dirigente politica e mediatica che, cresciuta nel clima sessantottino, è riuscita 30 anni dopo ad andare al potere uccidendo freudianamente il “padre”, ossia il principio di autorità precedentemente riconosciuto e accettato, comprendente il bagaglio educativo che quell’autorità era riuscita a trasmettere a chi era venuto dopo. Ma quell’autorità è stata sostituita con una diversa autorità, stavolta inneggiante alla “fantasia al potere“. Questa classe politica, ora anch’essa invecchiata come è legge di natura, ha però ottenuto diritti e tutele che in realtà oggi sono negati ai più giovani – come vediamo, per esempio, dalla disoccupazione che affligge l’Italia di questi anni – ma non può più invitare i giovani a ribellarsi al “padre” commettendo un “sano parricidio“, come a suo tempo fecero loro, perché farlo significherebbe obbedire a un ordine del “padre”, ripristinando il tanto esecrato principio di autorità.
Il risultato di questa nefasta contraddizione l’abbiamo sotto gli occhi ogni giorno ed io stessa ci sono incappata con l’episodio che ho riferito poc’anzi, sintomatico del clima che viviamo. I giovani da un lato, sono stati privati della speranza, quella terza, umanissima, virtù teologale che avrebbe permesso loro di guardare al futuro con fiducia e maggiore intraprendenza; dall’altro, hanno ricevuto dalla generazione che li ha preceduti esempi carenti quando non decisamente negativi. Chi ne ha fatto le spese è stato il principio educativo, perché la “fantasia al potere” ha fomentato in ogni ambito della vita l’egocentrismo, l’opportunismo, l’indifferenza per la sensibilità altrui, il perseguimento del proprio interesse qui e ora.
E come meravigliarcene se pensiamo che tutto ciò deriva esclusivamente da quella dittatura del relativismo, dilagata negli ultimi decenni del ‘900 e così puntualmente denunciata da Benedetto XVI quando molti di noi ancora non avevano ben chiaro in mente quello che stava succedendo? In una società caratterizzata da un grande pluralismo di sistemi valoriali come l’attuale, i valori della buona educazione, del rispetto reciproco e della proprietà del linguaggio non sono più facilmente percepibili, se non è più percepibile neppure quello (molto più importante a livello esistenziale) dell’unica Verità della fede. Va tutto male in questo nostro mondo? E allora sfoghiamo pure la nostra rabbia, la nostra scontentezza, la nostra delusione, tanto non esistono più principi assoluti e condivisi di buona creanza e di rispetto umano, a cominciare dai quotidiani rapporti interpersonali, cui uniformare ogni giorno il nostro comportamento. E allora chi ci impedisce di dare sfogo alle più segrete frustrazioni, amarezze, delusioni, di cui purtroppo è costellata la vita di tutti noi, nelle forme più immediate che spesso esorbitano dai loro argini e diventano violente e volgari?
Molti dicono che tutto questo è lecito, che esistono problemi più seri delle parolacce e che il contrario è ipocrisia. Ricordo che alcuni anni fa in TV Marco Pannella tenne una delle sue accese concioni radicali infarcendola di espressioni triviali. Accusato di usare davanti a milioni di telespettatori un linguaggio violento e volgare che poteva offendere l’uditorio, il buon Giacinto, detto Marco, reagì da par suo gridando con tribunizia veemenza: “L’unica violenza è la menzogna!” Non si può negare, in buona sostanza, che questo sia vero: la menzogna è la più subdola forma di violenza perché inganna il prossimo in buona fede, ma chi è sicuro delle proprie idee e vuole difenderle deve proprio servirsi del turpiloquio per convincere gli altri? Non è piuttosto segno di debolezza dei propri argomenti e delle proprie convinzioni voler ricorrere a quei meschini espedienti che hanno lo scopo di fare colpo sull’uditorio umiliando, per di più, la lingua italiana? Del resto l’uso del turpiloquio, così diffuso nel mondo giovanile, è un fenomeno inversamente proporzionale alla padronanza della buona lingua; è noto che anche nelle attuali scuole superiori si riscontra una povertà del lessico sconcertante, un abbandono della grammatica di base, della sintassi e persino molti test di ammissione a certe facoltà universitarie hanno rivelato, da parte degli studenti, l’incapacità di una corretta ortografia.
Quello che una volta era chiamato linguaggio da scaricatore di porto e si poteva spiegare con il basso livello di istruzione di quei poveri lavoratori costretti a una vita grama e faticosa, oggi è il disinvolto appannaggio di politici, professori, attori, giornalisti, divi TV. Basta pensare a Vittorio Sgarbi, intellettuale intelligente e spiritoso che però umilia le sue doti con espressioni indegne di lui; basta assistere ad alcuni dibattiti parlamentari tra forze politiche avversarie, o ad alcuni talk-show televisivi, nei quali i conduttori sembrano divertirsi un mondo nel tentativo di far cadere i freni inibitori nel linguaggio dei politici partecipanti, perché sanno che tutto ciò fa “audience“. Per non parlare di ciò che avviene in rete su Facebook. Negli spettacoli, poi, non si crede di riuscire a ottenere il progettato effetto comico se non si usano parolacce. I genitori non esitano a usare parolacce davanti ai loro figli, i quali le ripetono tranquillamente davanti a loro e davanti agli insegnanti, molti dei quali (ho sentito dire anche questo) ci passano sopra perché le ritengono espressione di fantasia immaginifica. L’esempio che viene elargito alle giovani generazioni è deleterio, come mi hanno dimostrato le due belle studentesse universitarie di cui parlavo, che hanno umiliato la loro grazia di “fanciulle in fiore” con un linguaggio che contraddiceva in pieno la loro bellezza e la loro eleganza. La volgarità del linguaggio è madre dell’ignoranza e la parolaccia è parente stretta della bestemmia e già ne abbiamo avuto la riprova in alcuni show televisivi nei quali si è arrivati anche a questo.
Si dice che l’obesità stia diventando in Italia una malattia sociale: gli italiani stanno diventando sempre più grassi con grave pericolo per la loro salute. Io aggiungerei anche che stanno diventando sempre più maleducati e violenti verbalmente con grave pericolo per i futuri rapporti interpersonali e anche per la democrazia. Ma non solo l’uso delle parole volgari è pericoloso: anche la violenza comportamentale di tanti giovani, il cosiddetto bullismo rappresentato dal secondo episodio cui ho accennato all’inizio deve preoccuparci. Ma di questo parlerò un’altra volta.
 
Siamo in una repubblica democratica una sola persona per quanto brillante e capace può fare ben poco.
Articolo condivisibile.
Qua va fatto un reset totale delle regole.
 
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