Petrolio, l’Aie vede frenare la produzione all’esterno dell’Opec - Il Sole 24 ORE
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17 gennaio 2015
Petrolio, l’Aie vede frenare la produzione all’esterno dell’Opec
di Sissi Bellomo
Sissi Bellomo
Di fronte al crollo del petrolio l’Opec non intende piegarsi. In compenso sono gli altri produttori che stanno cominciando a cedere. Almeno secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), che ha tagliato le previsioni di crescita per il greggio non Opec, anticipando un graduale riequilibrio del mercato nella seconda metà dell’anno, che potrebbe rilanciare le quotazioni del barile. «Le liquidazioni stanno avendo un impatto - spiega l’organismo dell’Ocse - Un recupero del prezzo forse non è imminente, ma ci sono crescenti segnali che la tendenza si invertirà». Affermazioni alle quali gli investitori sembrano aver prestato orecchio e che si sono tradotte in rialzi superiori al 3% per il Wti. La seduta è stata positiva anche per il Brent, benché l’Opec abbia fatto da contrappeso all’Aie ribadendo la promessa di non modificare almeno fino a giugno il tetto produttivo di 30 milioni di barili al giorno.
Il messaggio è stato affidato a un editoriale senza firma, pubblicato sull’Opec Bulletin: un mensile su carta patinata che spesso indulge a toni autocelebrativi e comunque di solito non veicola opinioni su temi scottanti. Stavolta l’approccio è ben diverso. Alla vigilia del vertice del 27 novembre, afferma l’anonimo autore, c’erano grandi aspettative di un taglio di produzione da parte dell’Opec. «Si tratta di un sacrificio che l’Organizzazione in passato ha compiuto in diverse occasioni. Non stavolta, tuttavia». Poiché il gruppo ha sempre estratto 30 mbg negli ultimi anni, prosegue l’editorialista, sono altri ad essere responsabili dell’attuale sovrapproduzione di greggio. «Da chi ci dovremmo aspettare allora un taglio per mettere fine alla discesa dei prezzi?». L’Opec «non può risolvere da sola i problemi sul mercato e non ci si dovrebbe aspettare che lo faccia», anche se è pronta a fare la sua parte. «In un mondo sempre più multilaterale, in particolare in questa difficile congiuntura, c’è la crescente necessità di un approccio combinato e coordinato se si vogliono superare le sfide attuali».
I paesi esterni all’Opec (Russia compresa) la collaborazione finora l’hanno rifiutata. Ma un contributo a riequilibrare il mercato del petrolio, obtorto collo, stanno iniziando a darlo. L’Aie sostiene che la produzione non Opec sta rallentando per effetto della cancellazione o del rinvio di investimenti e ha dunque tagliato di 350mila bg la previsione di crescita, portandola a +950mila bg, la metà rispetto all’anno scorso. La revisione è legata soprattutto alle aspettative sulla Colombia (-175mila bg) e sul Canada (-95mila bg), ma si abbassano anche le stime per gli Stati Uniti, sia pure solo di 80mila bg, perché - dice l’Aie - molti produttori hanno in piedi solide operazioni di hedging, che li schermano dal ribasso dei prezzi. Del resto proprio ieri Backer Hughes ha registrato un ulteriore declino delle trivelle attive negli Usa: nell’ultima settimana se ne sono fermate altre 55, portando il conto a 1.366, il minimo da oltre un anno.
Quanto alla domanda petrolifera, l’Aie afferma che «per ora non sembra stimolata dai prezzi bassi, tranne che in pochi casi, come negli Usa», perché l’economia resta debole. Ma il passo indietro dei produttori non Opec lascerà maggiori spazi al greggio dell’Organizzazione: la richiesta salirà a 29,8 mbg nell’ultimo trimestre dell’anno, «appena sotto» il suo tetto ufficiale. Chi la dura la vince?
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17 gennaio 2015
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