Negli ultimi anni abbiamo assistito alle situazioni più paradossali.
Siamo passati dalla preuccupazione per una bassa inflazione o addirittura deflazione combattuta con taglio dei tassi, fino a portarli in territorio negativo. Facendo naturalmente crescere molto le quotazioni dei bond con diminuzione dei rendimenti, anche su scadenze lunghe e lunghissime.
Nel giro di pochissimo, complice naturalmente lil conflitto in Ucraina ed altro, siamo arrivati alla situazione opposta. Inflazione salita alle stelle, aumenti progressivi del costo del denaro, corsi delle obbligazioni sprofondati e rendimenti di conseguenza saliti moltissimo. Differenza di rendimento fra titoli corti e lunghi non elevata. Riscoperta da òparte degli investitori dei Bot o altri strumenti a breve che al tempo della Prima Repubblica e della ballerina "liretta" erano lo strumento preferito dai ns. connazionali.
Ritengo che queste due situazioni siano state e sono comunque da ritenere contingenti e transitorie. L' obiettivo della Bce è quello, più volte ripetuto, di riportare l'inflazione nell'area di un ottimale 2%.
Guardando quindi in prospettiva, la stretta monetaria, a meno di altri "cigni neri" che naturalmente sono sempre possibili, dovrebbe fra un po' di tempo, allentare la sua presa, con l'inflazione che, magari gradualmente, dovrebbe cominciare a scendere.
Scritto tutto ciò, oltre alla destinazione di una parte del patrimonio disponibile, in prodotti corti e facilmente liquidabili, non credo sia sbagliato, inserire nei portafogli anche titoli con scadenze medie e lunghe, sia a tasso fisso che indicizzati, compatibilmente con il proprio orizzonte temporale.
Traducendo in percentuali, ecco quelle di un possibile asset: 30% breve termine - 30% medio - 30% lungo - 10% lunghissimo.
Opinioni strettamente personali.