usucapione o no?

anto.88

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è possibile perdere una proprietà?

Tizio e Caio più di 22 anni fa hanno stipulato un contratto preliminare con il quale Tizio vendeva a Caio un terreno al costo di 50.000.000 di lire e Caio versava al momento della stipula la somma di 15.000.000 di lire; inoltre al momento della stipula Tizio, in buna fede, cedeva il terreno a Caio. Le parti convenivano allora che nel 1996 avrebbero stipulato il contratto definitivo, ma tale contratto tuttavia non è stato più stipulato. Dopo 20 anni Caio notifica a Tizio un atto di citazione chiedendo che venga dichiarato a suo favore l'acquisto a titolo originario per usucapione essendosi occupato per 20 anni del terreno? è possibile riconoscere in queste circostanze l'usucapione? Se si, Tizio perde tutto, sia il terreno che i soldi oppure ha la possibilità di far valere i suoi diritti, sia di creditore che si proprietario? Cioè con un preliminare l'acquisto si può considerare perfezionato?
 
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Tizio e Caio più di 22 anni fa hanno stipulato un contratto preliminare con il quale Tizio vendeva a Caio un terreno al costo di 50.000.000 di lire e Caio versava al momento della stipula la somma di 15.000.000 di lire; inoltre al momento della stipula Tizio, in buna fede, cedeva il terreno a Caio. Le parti convenivano allora che nel 1996 avrebbero stipulato il contratto definitivo, ma tale contratto tuttavia non è stato più stipulato. Dopo 20 anni Caio notifica a Tizio un atto di citazione chiedendo che venga dichiarato a suo favore l'acquisto a titolo originario per usucapione essendosi occupato per 20 anni del terreno? è possibile riconoscere in queste circostanze l'usucapione? Se si, Tizio perde tutto, sia il terreno che i soldi oppure ha la possibilità di far valere i suoi diritti, sia di creditore che si proprietario? Cioè con un preliminare l'acquisto si può considerare perfezionato?
Anzitutto, mi pare di capire che il preliminare di compravendita risalga al 1996 o forse anche prima; se così è, nè Tizio, nè Caio possono pretendere che sia stipulato il contratto di vendita definitivo (rogito), perchè i loro reciproci diritti ed obblighi contenuti nel preliminare (diritto a / obbligo di vendere, quanto a Tizio; diritto / obbligo di comprare, quanto a Caio) si sono prescritti per il decorso del termine ordinario previsto dalle lagge (10 anni).
In merito allo specifico quesito, sono dell'avviso che Tizio abbia buone possibilità (ed anche chances di successo) di resistere alla domanda di usucapione proposta da Caio.
Se è vero che dopo il preliminare Caio ha avuto la disponibilità del terreno, ciò può valere ai fini di una sua "detenzione qualificata" del bene, ma non è tecnicamente corretto ritenere tout court che egli ne abbia ricevuto ed esercitato il "possesso" (= potere di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà), presupposto necessario affinchè si perfezioni l'acquisto della proprietà per usucapione (ai sensi dell'art. 1158 cod. civ., per l'usucapione della proprietà di un bene immobile occorre il possesso pacifico, ininterotto e non clandestino del terreno per la durata di 20 anni).
I principi generali in materia di "possesso" non consentono la trasmissione del possesso per patto negoziale indipendente e anteriormente alla trasmissione del diritto di proprietà o di altro diritto reale di cui esso costituisca esercizio.
In buona sostanza, l'immissione nel possesso all'atto del preliminare di vendita di immobile (immobile, la cui proprietà ed il connesso pieno possesso si trasferisce compiutamente solo con l'atto definitivo traslativo) non può costituire titolo idoneo abilitativo di un'eventuale usucapione del bene.
Con sentenza n. 23673 del 19 novembre 2015, la Cassazione ha affermato il principio di diritto che ho appena esposto, a definizione di una causa simile a quella che interessa Tizio/Caio. (Purtroppo non riesco a caricare la sentenza integrale in word).
Un'ultima considerazione, non già in relazione alla questione della proprietà del bene, ma alle "sorti" della somma che Tizio ha ricevuto nel 1996 a titolo di acconto da parte di Caio.
Come accennavo, nessuna delle parti può più azionare il preliminare per pretenderne l'adempimento (= ottenere una sentenza ai sensi dell'art. 2932 cod.civ. che trasferisca la proprietà del terreno in luogo del contratto definitivo non concluso), in quanto i relativi diritti si sono prescritti.
Ebbene, sono del parere che si sia prescritto anche il diritto di Caio ad ottenere la restituzione da parte di Tizio di quanto versatogli nel 1996 a titolo di acconto: è vero che, non essendo stato e non potendo più essere perfezionato il rogito,quella somma pagata a titolo di acconto dovrebbe essere restituita a Caio, perchè si tratta di un indebito oggettivo: ma anche l'azione per la restituzione dell'indebito oggettivo, prevista dall'art. 2033 cod civ., è soggetta all'ordinario termine decennale di prescrizione.
In buona sostanza, tenuto conto che nessuna delle due parti dovrebbe sottovalutare il proprio rischio di una soccombenza nel giudizio di accertamento dell'usucapione, suggerirei vivamente a Tizio e a Caio di trovare una soluzione amichevole (= stipulare una transazione).
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo - Presidente -
Dott. MANNA Felice - Consigliere -
Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere -
Dott. ORICCHIO Antonio - rel. Consigliere -
Dott. PICARONI Elisa - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1894-2010 proposto da:
ANNA SOCIETA' SEMPLICE, IN PERSONA DELL'AMM.RE E LEGALE RAPP.TE T.F. C.F.(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 162, presso lo studio dell'avvocato MEINERI GIOVANNI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MOISO GIANLUIGI;
- ricorrente -
contro
A.S. (OMISSIS), A.M.G. (OMISSIS), PER LORO E QUALI LEGITTIMI COEREDI DI B. P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell'avvocato PAOLO PANARITI, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato TREVIA ROBERTO;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 887/2009 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 16/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/09/2015 dal Consigliere Dott. ORICCHIO ANTONIO;
udito l'Avvocato TREVIA Roberto difensore dei controricorrenti che ha chiesto l'accoglimento delle difese esposte ed in atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 23 gennaio 2003 i coniugi B.P. e A.S. convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Torino la società semplice Anna per sentir dichiarare l'avvenuto acquisto per usucapione di un appartamento e di una cantina ubicati nell'edificio sito in (OMISSIS).
Gli attori esponevano di aver sottoscritto, in data 23 febbraio 1970, scrittura privata, di poi registrata il successivo 28 febbraio 1974, avente ad oggetto preliminare di vendita degli immobili innanzi detti ; esponevano, inoltre, che il rogito definitivo non era mai stato stipulato e che - citata in giudizio la medesima società convenuta - avevano ottenuto sentenza del Tribunale di Torino di condanna della controparte al trasferimento con rogito dei beni contestualmente al pagamento del residuo prezzo dovuto, ma tale decisione non era stata data esecuzione e le relative obbligazioni si erano prescritte per decorso del tempo.
Tanto esposto parti attrici asserivano di aver, comunque, sempre posseduto, fin dal 1970, gli immobili di cui chiedevano la declaratoria di intervenuto acquisto per usucapione.
Costituitasi in giudizio, in persona del legale rappresentante T. F., la convenuta società semplice contestava l'avversa proposta domanda e formulava domanda riconvenzionale per la condanna degli attori alla restituzione dei beni immobili. L'adito Tribunale di Torino, con sentenza n. 5109/2005, rigettava la domanda degli attori, condannandoli -in accoglimento della spiegata riconvenzionale - alla restituzione, con rimborso delle spese di lite in favore della parte convenuta.
Avverso la succitata decisione interponevano appello coniugi A.S. e B.P. in A. chiedendo la riforma dell'impugnata sentenza. Resisteva al proposto gravame la società semplice chiedendo il rigetto dell'appello e di ogni altra istanza.
Previa sospensione della provvisoria esecuzione dell'impugnata sentenza, l'adita Corte di Appello di Torino - con sentenza n. 887/2009, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava gli appellanti proprietari per intervenuta usucapione dei citati cespiti immobiliari, rigettava la domanda di restituzione della società appellata, che condannava alla refusione delle spese del doppio grado del giudizio.
Per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale ricorre la società semplice "Anna" con atto affidato a cinque ordini di motivi.
Resistono con controricorso le parti intimate. Nell'approssimarsi dell'udienza hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
A.S. e A.M.G. in proprio e quali eredi della defunta B.P..
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce la "violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 2697 c.c. e art. 115 c.p.c. e dell'art. 228 c.p.c. e artt. 2730 e segg. c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso (la materiale disponibilità e il relativo tempus) e decisivo per il giudizio".
In sostanza parte ricorrente adduce, per sua stessa espressa ammissione nel motivo, una "carenza di prova del corpus possessionis".
Il motivo è assistito dalla formulazione del seguente testuale quesito formulato ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c:
"dica l'Ecc.ma Corte di cassazione se:
al fine del raggiungimento della prova nel giudizio di usucapione è necessario fornire la prova completa e puntuale della detenzione materiale del bene" ed, ancora ed in sintesi, se "il giudice deve motivare circa le eccezioni di inattendibilità sollevate" e se "non può ritenersi provata la domanda di usucapione retta sulla testimonianza di un testimone (del quale si sia contestata l'attendibilità)".
2.- Con il secondo motivo del ricorso si prospetta il vizio di "violazione e falsa applicazione dell'art. 1158 c.c. , art. 345 c.p.c. , comma 3, art. 111 Cost. , violazione e falsa applicazione dell'art. 2704 c.c. , nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un fatto controverso (indispensabilità dei documento nuovi) e decisivo per il giudizio".
In particolare, col motivo in esame, si deduce una "carenza di prova del corpus possessionis (in relazione) alle prove offerte in appello".
Il motivo è corredato dalla formulazione, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. del seguente testuale quesito di diritto:
"dica l'Ecc.ma Corte se l'indispensabilità di cui all'art. 345 c.p.c. , comma 3, non può servire a superare la preclusione nella quale sia incorsa la parte nel primo grado di giudizio".
3.- Con il terzo motivo parte ricorrente censura la gravata decisione lamentando la "violazione e falsa applicazione dell'art. 1167 c.c. e art. 115 c.p.c. , comma 1, (nonchè) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso (l'interruzione del possesso) e decisivo per il giudizio".
Con il quesito annesso al motivo si chiede di conoscere se "il giudice non può applicare le presunzioni di cui agli artt. 1142 e 1143 c.c. nel caso in cui si sia verificata una interruzione del possesso ai sensi dell'art. 1167 c.c".
4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di "violazione e falsa applicazione dell'art. 1140 e 1141 c.c. , comma 2, nonchè dell'art. 228 c.p.c. e, in particolare, violazione dei principi enucleati nella decisione n. 7930/2009 della SS.UU.".
5.- Con il quinto ed ultimo motivo del ricorso si deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 1803 c.c. e dell'art. 948 per non aver disposto la restituzione dell'immobile " 6.- La Corte procede direttamente allo scrutinio del quarto motivo del ricorso innanzi esposto.
Tanto in dipendenza del carattere dirimente che l'esame di tale motivo, rispetto a tutti gli agli, assume ed il rilievo decisorio dallo stesso rivestito.
Con l'impugnata sentenza la Corte territoriale ha riconosciuto il compiersi, nella fattispecie, dell'invoca usucapione acquisitiva in ordine all'immobile per cui è causa.
A tale conclusione (ed a prescindere, per quanto qui interessa, dagli ulteriori profili relativi all'intervenuta usucapione e di cui agli altri motivi del ricorso in esame) la decisione gravata è pervenuta sul presupposto che, quanto alla "possibilità di usucapire" questa Corte aveva statuito che " ai fini dell'usucapione l'anumus rem sibi habendi non deve necessariamente consistere nella convinzione di esercitare un potere di fatto in quanto titolare del relativo diritto, essendo sufficiente che tale potere venga esercitato come se si fosse titolari del corrispondente diritto, indipendentemente dalla consapevolezza che invece questo appartenga ad altri" (Cass. 9 febbraio 2006 n. 2857 e, in precedenza, Cass. n. 8422/2003 e 5964/1996).
Senonchè Corte distrettuale fonda, quanto all'ipotesi dedotta in giudizio, il possesso utile al fine dell'usucapione su una detenzione successiva cronologicamente e logicamente al preliminare, che -come innanzi esposto in narrativa- aveva avuto ad oggetto l'immobile per cui è causa ed al quale mai era seguita, anche a seguito dell'apposita sentenza resa con accoglimento di domanda ex art. 2932 c.c. , dalla definitiva traslazione del diritto di proprietà.
Orbene, secondo pertinente e più recente insegnamento di questa Corte nella fattispecie andava, viceversa applicato il noto principio già affermato con sentenza delle S.U. n. 7930/2008.
Con quest'ultima pronuncia è stato, come già evidenziato in altre occasioni, chiarito - "richiamando anche accreditata dottrina, per la quale "ciò che si trasferisce è solo l'oggetto del possesso, il quale, invece, non si compra e non si vende, non si cede e non si riceve per effetto di un negozio" - che "l'acquisto a titolo derivativo del possesso è una espressione da usarsi solo in senso empirico e traslato" di guisa che "dalla stessa nozione di possesso, definito dall'art. 1140 c.c. , come il potere sulla cosa che si manifesta in una attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale, si evince che esso non può essere trasferito per contratto separatamente dal diritto del quale esso costituisca l'esercizio".
In altre parole la cosiddetta "immissione in possesso" all'atto del preliminare di vendita di immobile (immobile, la cui proprietà ed il connesso pieno possesso si trasferisce compiutamente solo con l'atto definitivo traslativo) non può costituire - di per sè - titolo idoneo abilitativo al fine di una eventuale usucapione del bene. Tale principio enunciato dalla SS.UU. deve essere ribadito in questa sede affermando che l'art. 1140 c.c. , ed i principi generali in materia di possesso non consentano la trasmissione del possesso per patto negoziale indipendentemente ed anteriormente alla trasmissione del diritto di proprietà o di altro diritto reale di cui esso costituisca esercizio.
Il motivo del ricorso in esame deve, pertanto, essere accolto.
7.- L'accoglimento del predetto motivo comporta l'assorbimento dei rimanenti motivi del ricorso e la cassazione dell'impugnata sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino affinchè la stessa decida la controversia uniformandosi al principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2015


Sentenza richiamata nell'intervento precedente.
 
Grazie mille per il chiarimento e per la sentenza.
 
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