manx
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Il sito di analisi politica ed economica Makroskop, curato da Heiner Flassbeck e Paul Steinhardt, passa al vaglio in questo documentato articolo il mito neoliberista secondo cui il libero mercato sarebbe sinonimo di crescita e benessere per tutti, mentre il protezionismo foriero di povertà e disastri. Giungendo alla conclusione che un’analisi senza pregiudizi della storia economica degli ultimi due secoli permette di affermare l’opposto: il libero mercato non porta affatto vantaggi a tutti e un certo protezionismo può giovare allo sviluppo economico di un paese, come risulta in particolare se si esamina il periodo precedente alla Prima guerra mondiale, proprio quello solitamente usato come prova a sostegno delle tesi neoliberiste.
Patrick Kaczmarczyk, recupera i risultati economici di alcune economie occidentali nel XIX e XX secolo per comprendere se sia poi così vero che il protezionismo coincide sempre con un regresso economico e ad un inferiore livello degli scambi internazionali. Perché serve andare così indietro nel tempo? Perché molti economisti e storici collegano proprio al periodo antecedente alla Prima Guerra Mondiale l’esperimento originario di economia globalizzata (e pacifica).
Vocidallestero >> Il mito della crescita attraverso il libero scambio
articolo lungo e corredato di tabelle
..........Come risposta alla crescente guerra dei prezzi e alla incombente depressione del 1870, i proprietari terrieri insieme a nuovi imprenditori emergenti dell’industria riuscirono a far accettare in vaste aree dell’Europa un più forte protezionismo, che è rimasto in vigore fino all’inizio della Prima guerra mondiale. L’impero austro-ungarico innalzò le tariffe doganali nel 1876, l’Italia seguì nel 1878 e la Germania si unì al trend nel 1879.
Anche dall’altra parte dell’Atlantico il forte sviluppo economico degli USA ebbe poco a che fare con il libero commercio , Negli anni dal 1866 al 1883 gli USA si trincerarono dietro a dazi doganali mediamente del 45% per l’importazione di prodotti industriali (i dazi inferiori furono del 25%, i superiori del 60%) e ottennero nonostante – o grazie a? – questa politica economica una crescita notevole e progressi tecnologici.
Sarebbe stato logico aspettarsi, nel periodo successivo, una riduzione degli scambi internazionali e dell’output in tali economie, ma ciò non avvenne. “Nel periodo dal 1860 al 1879, quando il commercio era fortemente liberalizzato, sia la crescita della produzione sia l’export furono molto deboli. Invece durante la fase protezionistica immediatamente successiva il tasso di crescita della produzione aumentò di più del 100% e l’export aumentò del 35%”. ...........
Patrick Kaczmarczyk, recupera i risultati economici di alcune economie occidentali nel XIX e XX secolo per comprendere se sia poi così vero che il protezionismo coincide sempre con un regresso economico e ad un inferiore livello degli scambi internazionali. Perché serve andare così indietro nel tempo? Perché molti economisti e storici collegano proprio al periodo antecedente alla Prima Guerra Mondiale l’esperimento originario di economia globalizzata (e pacifica).
Vocidallestero >> Il mito della crescita attraverso il libero scambio
articolo lungo e corredato di tabelle
..........Come risposta alla crescente guerra dei prezzi e alla incombente depressione del 1870, i proprietari terrieri insieme a nuovi imprenditori emergenti dell’industria riuscirono a far accettare in vaste aree dell’Europa un più forte protezionismo, che è rimasto in vigore fino all’inizio della Prima guerra mondiale. L’impero austro-ungarico innalzò le tariffe doganali nel 1876, l’Italia seguì nel 1878 e la Germania si unì al trend nel 1879.
Anche dall’altra parte dell’Atlantico il forte sviluppo economico degli USA ebbe poco a che fare con il libero commercio , Negli anni dal 1866 al 1883 gli USA si trincerarono dietro a dazi doganali mediamente del 45% per l’importazione di prodotti industriali (i dazi inferiori furono del 25%, i superiori del 60%) e ottennero nonostante – o grazie a? – questa politica economica una crescita notevole e progressi tecnologici.
Sarebbe stato logico aspettarsi, nel periodo successivo, una riduzione degli scambi internazionali e dell’output in tali economie, ma ciò non avvenne. “Nel periodo dal 1860 al 1879, quando il commercio era fortemente liberalizzato, sia la crescita della produzione sia l’export furono molto deboli. Invece durante la fase protezionistica immediatamente successiva il tasso di crescita della produzione aumentò di più del 100% e l’export aumentò del 35%”. ...........