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Esprinet. Oyster lima sotto il 2%

venerdì 11 maggio 2007 - 17:20

Oyster sicav è scesa sotto il 2% in Esprinet dal precedente 2,059%. Lo ha reso noto la Consob, precisando che l’operazione è datata 9 maggio.


Ci risiamo un'altra che lima sotto il 2% che palle!
 
Chi Copia Chi?

Quanto hai postato è curiosamente molto simile a questo...

La Cina verso il suo ‘29?
Maurizio Blondet
05/05/2007

«Tutte le persone che conosco in Cina stanno giocando in Borsa. Ho sentito da un TG cinese che a Shanghai, su 16 milioni di abitanti, quasi 11 milioni hanno messo soldi nel mercato azionario: taxisti, fruttivendoli, pensionati, studenti»: così un lettore cinese del sito «Goldseek» qualche giorno fa.
E’ esattamente quel che successe in USA nel 1928: dattilografe, portinai, taxisti, camerieri del Waldorf si facevano prestare i soldi dalle banche per gettarli nella Borsa di New York, le cui azioni salivano ad un ritmo trionfale: tanto che, rivendendo le azioni, si poteva restituire il prestito e tenersi ancora parecchi dollari.
Fino al giorno fatale del crack.
Accadrà lo stesso in Cina?
Il «valore» nominale delle azioni cinesi è salito del 75% nell’ultimo anno.
E’ il segno della prosperosa salute dell’economia cinese, grande esportatrice, grandissima produttrice?
Andy Xie, che è stato l’investitore sui mercati asiatici per Morgan Stanley, ha un’altra opinione. Dice alla Reuters: «Ritengo che il crollo avverrà prestissimo. La gente sarà colta di sorpresa. Quando arriva la fine, sarà brutta».
L’esperto indica i motivi del rialzo trionfale: eccesso di liquidità e inflazione che portano a valutazioni irreali dei titoli.
L’industria cinese produce moltissimo, ma con margini bassissimi, quasi a profitto zero: ciò dà lavoro alle decine di milioni che entrano nel mercato del lavoro ogni anno, ma può durare solo finchè dura il credito abbondante e l’indebitamento a basso costo.
Sotto i «successi» cinesi ci sono diseconomie e indebitamenti colossali, frodi da imitazione, costi sociali ed ecologici occultati.
Un esempio è venuto alla luce per caso: decine di migliaia di cani e gatti americani morti avvelenati da cibo per animali, che conteneva glutine, importato dalla Cina.
Il glutine è risultato mescolato a melamina, una pseudo-proteina usata per fare plastiche, che è stata introdotta per aumentare truffaldinamente il tasso proteico dell’alimento, almeno alle analisi di controllo.
Pechino ha negato con sdegno l’accusa, per riflesso comunista, ma poi ha dovuto ammettere.
Le aziende USA hanno dovuto ritirare milioni di scatolette di cibo per cani, e ammazzare migliaia di maiali alimentati con melamina cinese, che rischiavano di finire sulle tavole degli americani.
E’ il pretesto ideale per sanzioni contro l’eccesso esportativo cinese, già invocato a gran voce da sindacati e congressisti statunitensi.

Ma anche in USA accade lo stesso: l’indice Dow Jones continua astronomicamente a salire, ha raggiunto la trionfale vetta di 13.500.
Ciò è inspiegabile, dati i segni della crisi già evidenti: lo scoppio della bolla immobiliare, il calo del valore delle case (- 8% in certe città), i fallimenti degli indebitati che avevano sottoscritto mutui che non possono pagare ed ora, in numeri crescenti sbattuti fuori di casa, dormono nelle auto e per farsi la doccia si iscrivono alle palestre di body-building.
Come mai la Borsa sale?
La sola risposta è nella «liquidità» (non la chiamano nemmeno più moneta, perché non lo è) che la Federal Reserve pompa nel sistema per tenerlo a galla: al ritmo dell’11,8% annuo, il che segnala un’inflazione di pari importo.
Del resto, da quando Bush jr. è alla Casa Bianca, il dollaro ha perso il 60% del valore sull’euro.
La «liquidità» viene dai debiti.
I trionfi dell’immobiliare venivano da questo: i debiti dei poveracci che avevano ottenuto dai «subprime lenders» (gli enti usurari che prestano a chi non può pagare, un grosso affare americano) un mutuo che non potevano permettersi, al 7%, sono stati confezionati da Wall Street in speciali «pacchetti» e rivenduti agli speculatori, essenzialmente hedge funds, manco fossero gioielli. Perbacco, i gioielli rendono il 7%!
Certo, finchè i poveracci da 800 dollari al mese pagano i ratei.
Ed ora non riescono a pagare, come prevedibile.
E’ come se un americano qualunque potesse vendere il debito che ha sulle sue carte di credito (35 mila dollari) come un «attivo»: chi sarebbe così stupido da comprargliele?
Ma a Wall Street tutti comprano proprio quelle cose, come fossero lingotti d’oro fino.
Tutto il miracolo di Wall Street sta nello spaccio di questi «attivi», che sono cambiali, promesse di pagamento per di più di probabili insolventi.
Anzi, montagne di debiti accumulate l’una sull’altra.
Esempi: un Hedge Fund dispone di 10 milioni di dollari, e ne raccoglie altri 50 milioni con credito a basso prezzo.
Con questo denaro «leveraged» (su cui deve pagare interessi) compra azioni di aziende che anch’esse sono «leveraged» al 300%, ossia per ogni dollaro di capitale ne hanno tre in prestito, su cui pagano interessi; e compra anche «attivi» che sono i pacchetti di debito emessi dai «subprime lenders», confezionati con le promesse di pagamento degli individui che hanno contratto mutui impagabili, e con questa roba, il nostro hedge fund si forma un portafoglio che «vale» sulla carta 160 milioni (avendo di suo 10 milioni).
Non basta: ci sono poi i «fondi dei fondi», che comprano le quote degli hedge funds, e anch’essi sono esposti con debiti.
Alla base di tutto c’è il consumatore americano, notoriamente stra-indebitato, diciamo al 200%.

Risultato: l’economia americana è «leveraged», cumulativamente, al 3.600%, secondo un calcolo dell’analista Steven McIntyre di www.texashedge.com.
Ciò significa che, su un capitale investito di 100 dollari, se la Borsa cala del 3%, l’azienda indebitata perde 9 dollari, il fondo speculativo 27 (su cento dollari, ricordate), il fondo dei fondi perde 54 dollari, e il consumatore individuale perde tutti i suoi cento dollari, anzi di più: viene spazzato via.
Per questo, c’è in America chi ha paragonato gli hedge funds (una «industria» calcolata a 1600 miliardi di dollari nominali) a terroristi che circolano nel mercato con la cintura esplosiva, pronti a saltare seminando strage.
Per questo, nonostante l’aumento trionfale del Dow Jones, i profitti reali della speculazione finanziaria non superano il 2%: il resto va in interessi da restituire e in inflazione.
E il lieve profitto risulta zero se si aggiunge la svalutazione incredibile del dollaro. (1)
Ciò lega tragicamente Cina e USA, come Achab a Moby Dick nel gorgo finale.
Come si sa, la Banca Centrale di Pechino ha un’enorme riserva in dollari, forse già mille miliardi. Una splendida ricchezza che ha perso il 60% rispetto all’euro.
Oltre l’80% del deficit di bilancio USA è finanziato da stranieri, e gran parte dai cinesi, che con quei dollari comprano Buoni del Tesoro americani ed altre azioni e obbligazioni USA.
Pechino non può liberarsi dei dollari calanti cambiandoli in euro in dosi massicce, perchè precipiterebbe il crollo dell’America, ossia l’insolvenza del suo massimo debitore e cliente.
Non può rivalutare lo yuan, perché ridurrebbe le proprie esportazioni, innescando un rallentamento o recessione all’interno.
Avrebbe dovuto farlo prima, come avrebbe dovuto usare il suo benessere economico per aumentare i salari cinesi, in modo da accrescere la domanda interna, ma non l’ha fatto per mantenere «competitiva» l’economia, che è tutta fondata sui salari bassissimi.
Dunque ora la nomenklatura si trova priva di opzioni.
Non riesce a raffreddare l’economia surriscaldata, né la speculazione borsistica drogata dal credito facile, che ha creato tutta una serie di «bolle».
Né può augurarsi un rallentamento mondiale, perchè centinaia di milioni di cinesi contano sulla crescita continua per finalmente star meglio: le decine di milioni di licenziati dalle imprese di Stato in perdita, i lavoratori e i contadini che hanno perso la «sicurezza sociale» collegata alla vecchia e comunista «unità di lavoro» (danwei), gli studenti che pagano corsi costosi sperando di inserirsi poi ai piani alti del miracolo economico… tutta una serie di aspettative sono state create dalla crescita, e una riduzione di essa rischia di avere contraccolpi sociali violenti.

Tutta la giostra gira finchè dura il flusso del debito a basso costo, e affluisce la cyber-liquidità che sostiene Wall Street e le numerose bolle.
E i cyber-speculatori giurano che durerà.
Ma ciò non tiene conto della dura realtà dell’economia detta, non a caso, «reale».
Un esempio: il lavoratore americano che, prima della globalizzazione, guadagnava 50-60 mila dollari l’anno come operaio specializzato o tecnico di software o hardware, perde il posto: il suo posto di lavoro è andato in Cina e India.
Ma l’America è grande.
Il nostro disoccupato trova subito un altro lavoro, nel settore dei servizi, visto che gli USA sono una grande società che non produce più merci, ma servizi: finanziari per i pochi fortunati, servizi di lavanderia, ristorazione, alberghieri, infermieristici per i più.
Ora, il nostro lavoratore guadagna 25-30 mila dollari l’anno.
Nulla di male, dicono gli ideologi del liberismo: le merci (cinesi) costano meno di prima, e Bush ha ridotto l’esazione fiscale.
Già: ma il lavoratore americano si è indebitato a lungo termine sulla base del suo salario di «prima» della globalizzazione, e sta pagando interessi di «prima» coi soldi che sta guadagnando «dopo» la globalizzazione.
Ciò che poteva permettersi quando prendeva 60 mila dollari, non se lo può più permettere ora che ne prende 30 mila.
La prima cosa che non si può permettere è il «servizio del debito», i ratei di restituzione del capitale più gli interessi.
E se questo «servizio» serve per pagare il mutuo della casa, sono guai.
E’ il suo principale «attivo», un «attivo» «reale», solido, ma lo sta pagando a credito.
Nel disperato tentativo di mantenere il suo livello di «prima», il lavoratore dovrà sub-ipotecare la casa, oppure dovrà venderla.
Troppe case sul mercato - che in USA è libero, non bloccato come in Italia - hanno l’ovvio effetto di quando l’offerta supera la domanda: fa cadere il valore degli immobili.
E’ ciò che sta avvenendo in modo esplosivo, per l’insolvenza degli indebitati dai «subprime lenders»; ma avverrebbe, più lentamente ma inesorabilmente, in ogni caso.
Perché il dato di fondo è questo: quando un lavoratore che guadagna 60 mila l’anno ne guadagna 30 mila, non è solo il suo salario che si deprezza, ma anche tutti gli «attivi» che detiene.
La casa, come le azioni detenute dal suo fondo pensione. (2)
Questo fenomeno è ineluttabile.
La casa si deprezza perché gli aspiranti compratori hanno meno soldi di prima.
Le azioni seguiranno per lo stesso motivo.
E questo, attenzione, non tocca solo gli americani: riguarda anche noi italiani.

No, direte: le case italiane costano moltissimo e non fanno che salire, la media è 3.500 euro al metro quadro a Milano.
Al punto che i giovani, per lo più precari, non possono permettersi un bilocale.
E’ vero, il mercato immobiliare italiano è atrocemente paralitico e bloccato, non è «mercato» per scarsità estrema di offerta e inefficienza edilizia.
Ma questo non cambia il dato di fondo, la tendenza storica.
Anche i nostri salari tendono, storicamente, a raggiungere quelli cinesi (che intanto salgono, ma poco).
Per le case in Italia, la tendenza storica sarà contrastata, ma alla lunga è ineluttabile.
Non solo i «compratori» aspiranti sono i giovani da mille euro al mese: la «domanda» che incontra una «offerta» da 300 mila euro per un trilocale modesto.
C’è anche il fatto che l’Italia invecchia: i vecchi muoiono e liberano l’appartamento, o lo mettono sul mercato per stabilirsi in campagna o ridursi, vista la miseria delle pensioni.
Poiché ci sono più vecchi che giovani, la «offerta» finirà storicamente per prevalere sulla domanda, deprimendo i prezzi.
Ciò significa tante conseguenze gravi.
Ne citiamo solo una: i giovani che oggi si svenano per comprare un bilocale carissimo, con mutuo di 35 anni, alla fine dei 35 anni avranno una casa vecchia che varrà molto meno di oggi, non fosse per il solo fatto che gli aspiranti compratori saranno di meno per cause demografiche.
Un «attivo» deprezzato, appunto, che non vale il sudore, il tirar di cinghia e la miseria di una generazione intera.
Lo stesso per le azioni: i vecchi le vendono per consumarsi i risparmi e pagarsi la badante, ma i compratori - figli e nipoti - sono in numero minore dei vecchi, saranno sempre meno, e avranno salari più bassi.
Le compreranno gli extracomunitari?
Forse, a voler essere ottimisti.
Ma non al prezzo del boom borsistico di oggi.
E’ la rivincita dell’economia reale sui trionfi cartacei della finanza.
E’ il risultato finale della globalizzazione nei Paesi (ex) sviluppati, (ex) industriali.
La «corsa verso il basso», come diceva quel sant’uomo di Ross Perot.
Gli americani non lo vollero come presidente, gli pareva un matto.
Ora hanno Bush.

Maurizio Blondet

Note
1) Mike Whitney, «A stock market post-mortem», Counterpunch, 3 maggio 2007. Whitney pone ad exergo della sua analisi una frase di Warren Buffett, il miliardario intellettualmente onesto: «La lotta di classe è in corso, è vero. Ma è la ‘mia’ classe che la sta vincendo». In Italia, il detto andrebbe parafrasato: la lotta di classe la stanno vincendo le burocrazie pubbliche indipendenti. La moglie di Follini ha avuto la riconferma triennale del suo incarico come direttrice del Demanio, altri 300 mila euro annui. Il salvataggio di Prodi operato da Follini è stato compensato.
2) Thomas Paine, «Racing to the bottom», Thomas Paine’s Corner, 3 maggio 2007.
 
Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché il dividendo invece di crescere come il valore del titolo nel lungo degli anni, anzi....


Dividendi staccati
Data Tipologia Valore
07/05/2007 Ordinario 0.1400
08/05/2006 Ordinario 0.1100
02/05/2005 Ordinario 1.0000
10/05/2004 Ordinario 0.6100
05/05/2003 Ordinario 0.5500
29/04/2002 Ordinario 0.5000
 
luca1770 ha scritto:
Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché il dividendo invece di crescere come il valore del titolo nel lungo degli anni, anzi....

Dividendi staccati
Data Tipologia Valore
07/05/2007 Ordinario 0.1400
08/05/2006 Ordinario 0.1100
02/05/2005 Ordinario 1.0000
10/05/2004 Ordinario 0.6100
05/05/2003 Ordinario 0.5500
29/04/2002 Ordinario 0.5000

Ah beh, se non consideri lo split... Due anni fa ogni vecchia azione dal valore nominale di 1,5 euro è stata sostituita con 10 dal valore nominale di 15 centesimi. :)
 
luca1770 ha scritto:
Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché il dividendo invece di crescere come il valore del titolo nel lungo degli anni, anzi....


Dividendi staccati
Data Tipologia Valore
07/05/2007 Ordinario 0.1400
08/05/2006 Ordinario 0.1100
02/05/2005 Ordinario 1.0000
10/05/2004 Ordinario 0.6100
05/05/2003 Ordinario 0.5500
29/04/2002 Ordinario 0.5000
semplice, se non consideriamo lo split,oggi il titolo varrebbe 153,00 euro con un dividendo di 1,40 euro.....
 
La trimestrale dovrebbe uscire oggi?
 
Genoa ha scritto:
Esprinet. Oyster lima sotto il 2%

venerdì 11 maggio 2007 - 17:20

Oyster sicav è scesa sotto il 2% in Esprinet dal precedente 2,059%. Lo ha reso noto la Consob, precisando che l’operazione è datata 9 maggio.


Ci risiamo un'altra che lima sotto il 2% che palle!



Oyster sta riducendo le partecipazioni un pò ovunque. Ha limato sotto il 2% anche in Montefibre, dove però il titolo aveva ultimamente corso veramente molto. Sinceramente non capisco perché uscire da Espri poco prima dei numeri della trimestrale.
Sappiamo che nei mesi scorsi Espri ha fatto qualche ottima acquisizione che le permette una leadership europea ancor più marcata. Non vi sono avvisaglie di flessione a mio parere, anzi, quindi veramente non capisco e spero di non capire anche dopo i numeri.
Ma forse è stata solo un semplice gioco in concomitanza ad un mese per tradizione non positivo delle borse. Magari dal 2,059 è scesa all'1,99 e tutti a preoccuparsi per un niente.
Biesse altro titolo che ritengo ottimo mi continua a salire e fino a poco tempo fa quotava come l'attuale Espri. E' vero che biesse ha raddoppiato ancora gli utili, am anche Espri non mi sembra stia facendo molto peggio.
Stiamo a vedere.
 
normalmente in attesa di una trimestrale l'indice è fermo a meno che qualcuno non sappia qualcosa
 
ma che stanno aspettando... ormai tutti hanno reso noti i risultati!
 
secondo me è peggiore delle attese......
 
hai hai......... :wall: :wall: :wall:
prepariamoci a vederla a 14,50...... :wall: :wall:
 
Ma cosa dici?
E' un'ottima trimestrale, quel -2% è irrisorio, i margini sono in crescita e la posizione finanziaria netta è migliorata notavolmente
 
Il bilancio va visto nel complesso:
Ricavi consolidati: € 656,5 milioni, +12%
Margine commerciale lordo: € 45,4 milioni, +10%
Risultato operativo (EBIT): € 23,7 milioni, +1%
Utile netto: € 12,2 milioni, -2%
Debiti finanziari netti al 31 dicembre 2006: € 119,5 milioni, con una riduzione di 33,6
milioni di euro (-22%) rispetto al 31 dicembre 2006
 
e in previsone futura

Evoluzione prevedibile della gestione
Le aspettative per il 2007 permangono positive in particolare alla luce del buon andamento delle attività
italiane nel mese di aprile, che ha segnato una crescita del +21%, e dei primi segnali di stabilizzazione delle
condizioni di gestione provenienti da Esprinet Iberica.
Il mercato sta mostrando segni di risveglio rispetto alla sostanziale stasi del primo trimestre in Italia, in
particolare nel comparto PMI, il che sembra costituire un elemento fluidificante delle performance di crescita
ed anche un elemento di sostegno della marginalità lorda.
Anche le tensioni concorrenziali acuitesi nella prima parte dell’anno stanno progressivamente allentandosi.
Per quanto attiene alle attività spagnole si ritiene che le turbolenze originatesi nel processo di integrazione
delle società acquisite siano in fase di riassorbimento e che dal mese di giugno si possano iniziare a
sprigionare le prime sinergie di costo e di processo derivanti dal presentarsi sul mercato con un’unica entità
societaria e organizzativa.
Alla luce dei previsti trend, se questi verranno confermati e salvo eventi sfavorevoli al momento non
prevedibili, il Gruppo ritiene di poter chiudere l’esercizio con un recupero rispetto ai risultati finora
consuntivati, la cui portata dipenderà molto dalla efficacia con cui saranno conclusi i processi di
riorganizzazione residuali in Italia e Spagna nonché dai rispettivi costi.
Il prossimo 29 maggio Esprinet presenterà il nuovo Piano Strategico 2007-09 corredato delle previsioni
economico-finanziarie per il periodo 2007-09.
In tale occasione verrà meglio dettagliata la “guidance” per l’esercizio corrente e saranno altresì forniti
ulteriori elementi in ordine alla sostenilbità degli obiettivi previsionali.
 
pep1930 ha scritto:
Ma cosa dici?
E' un'ottima trimestrale, quel -2% è irrisorio, i margini sono in crescita e la posizione finanziaria netta è migliorata notavolmente
l andamento dell azione da un po di mesi mi da ragione.....
buoni ma sotto le attese.....
2 fondi hanno ridotto......
e secondo te è ottima????
confontriamo il primo trimestre 2006 con quello del 2005??? e vediamo la differenza???? KO! KO! KO!
 
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