Meditiamo....questi hanno tanti, tandi nodi da sciogliere...che verranno tutti al pettine fra non molto.
Io non penso all'equazione ECONOMIA FIORENTE=RIMBORSO BOND DECENTE. Anzi, penso il contrario: solo se avranno difficoltà, e quindi il bisogno di supporto esterno, saranno costretti a trattare. E poi....siamo sicuri che se andrà al governo qualcuno dell'opposizione sarà meglio disposto a trattare?
http://www.lanacion.com.ar/edicionimpresa/economia/Nota.asp?nota_id=868309
http://www.lanacion.com.ar/edicionimpresa/economia/Nota.asp?nota_id=868308
.......Il terzo incomincia col primo anno di crescita del modello produttivo (2003) ed arriva fino al presente. Durante questo periodo, l'Argentina viene crescendo ad una media del 8,9 percento annuale, quasi il doppio del tasso mondiale: 4,8 percento, a sua volta, tra i registri più alti della storia. Inoltre, in 2002, la svalutazione reale del peso arrivò al 65 percento ed oggi, quattro anni dopo, ancora supera il 50 percento. E stiamo godendo di una porti su record nei nostri termini dello scambio che arriva già al 24 percento.
Per massimizzare le esportazioni in quantità tra 2003 e 2006, di più non poteva chiedersi: i prezzi internazionali del nostro prodotti record negli ultimi 25 anni, un peso a buon mercato ed il mondo che ci segue tirando fuori dalle mani quello che produciamo relativamente più efficientemente, alimenti.
Tuttavia, il tasso di crescita fu il più basso dei tre periodi analizzati, coprono 30 anni, ed un punto percentuale meno che nel mondo: 8,2 percento contro il 9,3 percento annuale. E per gran frustrazione degli spiriti industrialisti dei ragazzi K, le MOI, che col ritardo cambiario menemista crebbe ad un tasso record del 20,2 percento annuale, oggi lo fanno al 10.6 percento annuale.
Da dove tira fuori allora il Governo tanta euforia per la performance dalle esportazioni fino all'estremo di inviare il martedì scorso al suo ministro di Relazioni Esterne, Jorge Taiana, a darci una supposta buona notizia?
La Casa Rosata parlò delle esportazioni in dollari che, nel 2006, aumentano del 79 percento dagli US $25.600 milioni di 2002 ad oltre 45.000 milioni. Ma quello che non dice è che di quelli più di US $20.000 milioni addizionali, il 45 percento è per l'effetto del prezzo, 9 percento del PBI, e solo il restante 55 percento è per aumento nelle quantità esportate. È più, ancora in valore, l'aumento medio annuale del 15,6 percento, tra il 2003 e 2006, è solo due punti percentuale superiore a quello del periodo 1993-1998, 13,4 percento, e moltissimo più basso del 27,4 percento annuale del lasso 1976-1979. Freddo, molto freddo.
La mediocre performance delle quantità esportate da 2003, nonostante un dollaro caro, prezzi internazionale record delle nostre commodities di esportazione ed una spettacolare crescita economico mondiale, è una conseguenza diretta della posizione contraria al libero commercio della nostra società, della quale il Governo è un fedele rappresentante.
Commercio libero
Per esportare bisogna importare. Non c'è un'altra. Nessuno apre se noi non caliamo i dazi all'importazione. Ma chiaro, andare al commercio libero con bassi dazi sbatte con l'obiettivo ridistributivo di breve termine: ci sono industrie che nonostante il dollaro caro ed aggregati come la manodopera schiava boliviana, alcuni tessili, forse non resisterebbero la competenza importata (Cina).
In parallelo, e con lo stesso argomento della ridistribuzione, gli alimenti devono essere economici per gli argentini. Per quel motivo, le ritenzioni, le proibizioni per esportare, l'eliminazione delle reintegrazioni di imposte, l'intervento della Segreteria di Commercio nel Mercato Centrale di Buenos Aires, quello sale e scende dal peso minimo di lavoro manuale, prezzi massimi nel Mercato del Fisco di Liniers, le chiusure per tempo indeterminato dei registri di esportazione di grani, eccetera.
Se un'efficiente assegnazione di risorse non esiste come priorità per il Governo e la cosa unica che considera rilevante è ridistribuire bene entrate dentro un capitalismo truccato, i guadagni dei produttori agropecuari argentini devono essere il minimo necessario affinché producano alimenti ben economici e non dovere importarli. Il progressismo risentito K farà la cosa impossibile per evitare di riconoscere un straniero i prezzi internazionali che nega oggi ai locali, potrà? Sarebbe troppo doloroso per il suo stomaco.
Ora, se i settori protetti dal Governo, costruzione e molte industrie, hanno prezzi con tanta "crema" che li denunciò fino all'ex ministro Roberto Lavagna quando ancora godeva dei mieli del potere, non importa: generano impieghi e voti per perpetuarsi nel potere. Molto triste.
L'autore è economista e direttore della consultivo Espert e Soci.