Mi permetto una digressione di carattere tecnico circa Bitcoin, al netto di qualsiasi considerazione circa il prezzo in questa occasione.
Chi sia interessato esclusivamente a considerazioni di mercato ignori pure quanto segue.
In questi ultimi giorni infuria tra i "tecnici" un dibattito alquanto acceso circa il cosiddetto "
Ordinals protocol".
Si tratta, in estrema sintesi, di un protocollo applicato a Bitcoin che renderebbe possibile implementare "digital artifacts", "iscrivendo" on-chain dati arbitrari. Tali dati resterebbero indissolubilmente associati ad un Satoshi, l'unità di conto ad oggi considerato per definizione fungibile. Che in questo specifico caso diverrebbe non-fungibile (!).
E' facile cogliere la similitudine con il concetto degli NFT su Ethereum (ed altrove), al netto della differenza chiave costituita da smart contract e token. Si potrebbe scherzosamente storpiare il nome in NF
S, non-fungible-satoshi.
Il dibattito sin qui si è accompagnato a posizioni accalorate di alcuni padri nobili di Bitcoin.
Sui media di tutto questo filtra ancora relativamente poco, per ora balbettano cose in attesa di mettere pienamente a fuoco la questione.
A mio avviso non tarderà a formarsi una vulgata, perchè l'intera questione tocca un
nervo scoperto che va ben al di là del merito.
Mi aspetto a tendere una certa strumentalizzazione della questione, con forte arroccamento su posizioni opposte tra fautori e contrari (i massimalisti) di questa sorta di NFT. Non appena la cifra tecnica verrà stemperata e banalizzata in modo da renderla più digeribile per gli appetiti della massa credo si accenderanno alquanto gli animi. Penso rivivremo certe fasi del 2016/2017.
Prima che una tale banalizzazione prenda corpo, mi permetto di richiamare l'attenzione sulla portata e sulle sfaccettature della questione. Senza esprimere giudizi, in modo che ciascuno possa semplicemente formarsi a priori una opinione informata prima di essere investito da tesi fondate su delle mezze verità.
1) Di per sè il tema stesso dell'adozione in Bitcoin di qualcosa di simile agli NFT, avulso dalla natura transazionale, è da sempre divisivo. Comprensibilmente i massimalisti vedevano, vedono e vedranno rosso, al riguardo.
Nakamoto stesso si espresse indirettamente (es. in merito a BitDNS)
contro l'utilizzo dello spazio di blocco per ospitare informazioni estranee. Per quanto
lui stesso abbia fondamentalmente fatto proprio questo nel contesto del genesis block, via l'escamotage di OP_RETURN.
Vedi l'allegato 2875636
In fondo il tema in discussione è
duplice e cruciale: se la definizione originale di Bitcoin quale "Peer-to-Peer Electronic Cash System" possa considerarsi a tutt'oggi calzante e se quella finanziaria si debba considerare una ricetta esclusiva per il futuro.
Sono due domande di notevole portata, che a mio avviso occorre tenere bene a mente senza avere la fretta di concedersi una risposta.
2) Fattivamente Taproot e Segwit permettono di iscrivere nella porzione "witness" del blocco di Bitcoin varie informazioni.
Questo è noto e non è certo questa la novità del momento.
La vera novità del "Ordinals protocol" è l'idea di fare assurgere un dato Satoshi, mera unità di conto, ad un elemento
non fungibile cui associare permanentemente informazioni di vario genere.
E' essenziale a mio avviso tenere a mente la portata di questa idea di fondo, non entro nel merito tecnico. Un tale idea suona "eretica" e rivoluzionaria in quanto tende a ridimensionare il concetto consolidato di un Bitcoin-moneta, incardinato sulla fungibilità.
Il che solleva la questione se Bitcoin possa vigere anche al di fuori della sua nicchia finanziaria.
Cosa di non poco conto, tanto in termini di benefici, quanto di rischi.
Secondo me oggi già solo il semplice annuncio di questo ipotetico protocollo ha aperto il vaso il Pandora.
Richiuderlo, nel dibattito e poi nei fatti, non sarà affatto un esercizio agevole.
3) Il protocollo in oggetto permetterebbe di consolidare on-chain dati arbitrari ed estranei rispetto alla natura transazionale.
Non farebbe differenza se si tratti di puntatori esterni come URL o link ad IPFS, o di immagini/media sottesi a quelli che chiamiamo altrove NFT. O altro.
Esattamente come nel caso di Ethereum, nell'alveo del protocollo si potrebbe scegliere a propria discrezione cosa memorizzare on-chain od off-chain.
Qui precisando che al netto dell'invasione di campo Ethereum resta un caso diverso, in quanto offre gli smart contract e l'astrazione del concetto di token. Il che permette controllo ad automazione on-chain dei processi, non solo una mera associazione di dati.
4) Memorizzare on-chain immagini od altro ha un prezzo: il fee.
Tanto su Ethereum quanto -in nuce- su Bitcoin.
Su Ethereum tale prezzo non è considerato sostenibile ad oggi.
Infatti gli NFT si appoggiano di norma ad IPFS o cloud per lo storage dei cosiddetti "metadati", ivi incluse le immagini.
Nel caso di Bitcoin l'incorporazione recente di Taproot ha lasciato incidentalmente aperto uno spiraglio dell'uscio dello spazio "witness" del blocco. Tale spazio viene pagato "a sconto" in termini di fee, il che lascia potenziale margine per un abuso dello spazio di blocco a condizioni economiche relativamente favorevoli.
In ragione di ciò -pro-tempore e sulla carta- memorizzare delle immagini on-chain su Bitcoin rischierebbe di costare
meno che su Ethereum. Il che rappresenta una sorta di paradosso, benchè si tratti in ambo i casi di opzioni alquanto anti-economiche rispetto allo storage off-chain.
La preoccupazione di alcuni padri "nobili" di Bitcoin, tra cui Adam Back, è che un potenziale travaso ed abuso ricreazionale/futile/non finanziario dello spazio di blocco limitato di Bitcoin, perpetrato da questo od altri successivi protocolli, ingeneri congestione e concorra all'esplosione dei fee. Mettendo
nuovamente in crisi il modello dei fee di Bitcoin.
E' una preoccupazione più che fondata: a produrre una delle prime serie crisi di Ethereum PoW, allora modellato in gran parte sull'architettura di fondo di Bitcoin, furono banalmente i "CryptoKitties". Pareva uno scherzo.
5) Memorizzare on-chain immagini od altro ha sempre un costo reale ed esplicito, in termini di hardware, rete e scalabilità.
Per tali ragione una dimensione di blocco "unbound", ossia illimitata come nel caso di Bitcoin SV, rischia a tendere di indebolire la rete e condurla al collasso. Di converso pretendere di ingessare la dimensione del blocco di Bitcoin, come è dal 2017 con Segwit, non era nell'orizzonte di Nakamoto e per certo non può essere una soluzione definitiva.
Iscrivere informazioni varie e per natura "non-prunable" in una blockchain rappresenta un problema di non poco conto, in termini di scalabilità. Questo problema sta bussando alla porta e non credo sarà possibile fare orecchie da mercante.
Rovescio della medaglia, buffo per certi versi, è che un tale protocollo può anche essere una opportunità.
L'utilizzo del block space per iscrivere informazioni "altre" potrebbe essere una ricetta valida ed efficace per garantire la sostenibilità del "security budget" di Bitcoin in una fase matura, all'assottigliarsi dell'incidenza del block reward rispetto ai fee transazionali.
Si tratterebbe di use-case addizionale, ulteriore domanda L1 di carattere non strettamente finanziario che permetterebbe di contare meno sull'esito di side-projects quali LN. Un tale genere di domanda applicativa sarebbe tecnicamente funzionale a monetizzare al meglio uno spazio witness che resterebbe altrimenti largamente inutilizzato (perchè sovradimensionato).
Ciò fermo restando la necessità di applicare correttivi in termini di declinazione dei fee e limite della dimensione di blocco.
In definitiva
Un nuovo use case sta bussando alla porta.
Varcherà l'uscio comunque, perchè l'utilizzo che fa del protocollo non è impedibile nè censurabile se non per via di consenso.
Si tratta di misurarne l'esito, consci del fatto che l'uscio di Taproot potrà essere richiuso solo con una
prova di forza.
Francamente credo che convenga affrontare la questione.
Cercare e trovare un compromesso, sfruttando l'occasione.
E' tempo.
Che si tratti di utilizzo transazionale o ricreativo, lo spazio di blocco diventerà (nuovamente) un corsetto troppo stretto.
E' solo questione di tempo. Si presta bene allo hodling, non si presta all'adozione. Questione di numeri.
Questo protocollo in fondo non fa altro che riportare d'attualità un tema di scalabilità noto ed oggi semplicemente latente, sollevandone un altro nuovo. Quello della fungibilità di fondo di Bitcoin, che poi è anche il presupposto dell'assioma di incensurabilità, per intenderci.
Sono due temi molto
tosti,
guai a banalizzarli.
Occorre accettare la sfida.
Urgono un nuovo dibattito serio, misura, consapevolezza e buon senso delle parti coinvolte.
Serve evitare un dialogo tra sordi, il lancio di invettive o l'invocazione di censure.
Purtroppo questo è precisamente ciò che succede in questi giorni, il che è male.
Se questo sarà il messaggio che passerà alla massa si ingenereranno solo rumore e confusione, alimentando faziosità ottuse. Così indebolendo la credibilità di Bitcoin ed agevolando l'opera di chi vi sia ostile.
Confido, nel mio piccolo, che il quadro non esaustivo sommariamente tratteggiato aiuti a districarsi in futuro rispetto alla questione.
Perchè credo che il fallout sarà esteso, protratto ed importante, anche se oggi ancora non ce n'è alcun sentore.