In equilibrio tra regola e caso
Munari osserva che la ripetizione compositiva, carente di originalità e fantasia, può condurre la pittura, di formazione costruttivista e concretista, verso una strada senza uscita, in un vicolo cieco. Per questo egli non si irrigidisce mai sulle posizioni teoriche di un astrattismo puro, tutt'altro, egli si preoccupa di sfruttare la casualità che, analogamente a quanto avviene in natura, viene impiegata per demolire un rigore talvolta troppo razionale. Lo storico Enrico Crispolti ci ricorda le finalità più recondite di Munari: “voglio andare a vedere che cosa c'è oltre l'arte astratta, non crediate che queste esperienze si superino tornando indietro”.
Munari sintetizza in uno slogan - la regola e il caso - la formula necessaria ad allontanare l'arte astratta da un rigore algoritmico che induce tanti artisti, anche molti dei compagni di viaggio del Movimento Arte Concreta, a ripetersi con pitture destinate ad un inutile decorativismo.
Munari si serve frequentemente dello schema duale del contrasto tra opposti. Egli utilizza questo paradosso persino nella denominazione stessa delle opere: si pensi ai negativi/positivi, al concavo/convesso, ai libri/illeggibili, alle xero-copie/originali, alle macchine/inutili o aritmiche.
L'idea è in realtà molto semplice, nasce dalla comprensione teorica che solo dall'equilibrio tra l'evento casuale – o in altri contesti intellettuali, dallo stimolo della fantasia - e la programmazione - la razionalità del pensiero - si può ottenere il massimo di espressività, attraverso un dinamismo di forze opposte che è forse la costante di maggior rilievo in tutta l'opera dell'autore, fin dai tempi della sua appartenenza al movimento futurista.
[dal testo in catalogo di Luca Zaffarano]
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