Il bello della scienza è che non necessita di spiegare tutti i perché di un fenomeno, per la scienza è sufficiente la riproducibilità matematico/statistica.
Ad esempio, quando si verifica l'efficacia e gli eventuali effetti collaterali di un farmico (o di un vaccino
), la scienza non è in grado di prevedere tutto, cosicché si usa una campione numerico statisticamente valido di persone sottoposte al trattamento e un campione di persone sottoposte al placebo, e poi si confrontano i risultati numerici.
L'approccio scientificamente valido dovrebbe valere anche in finanza!
Per quanto riguarda l'Analisi Fondamentale, potremmo stabilire che si tratta di una metodologia scientificamente valida anche solo se fornisse risultati statisticamente positivi:
Ad esempio, se esistesse un metodo di Analisi Tecnica che, se applicato su un numero elevato di diversi periodi campione della quotazione passata di un certo titolo, restituisse un risultato statisticamente positivo, allora potremmo dire che suddetto metodo è scientificamente valido.
Invece per quanto riguarda l'Analisi Fondamentale, possiamo stabilire che si tratta di una metodologia scientificamente valida perché fornisce alcune certezze matematiche, anche non necessariamente statistiche:
Ad esempio, se determinassi che acquistando e vendendo diverse opzioni, alle attuali rispettive quotazioni, con un guadagno comunque positivo per qualsiasi quotazione avrà il sottostante a scadenza (operazione generalmente possibile solo in caso di gravi inefficienze di mercato), realizzerei un guadagno scientificamente certo.
Ad esempio, se dovessi scegliere quale bond acquistare tra due dello stesso emittente e stessa data di scadenza, alle attuali rispettive quotazioni, sarei scientificamente certo di poter scegliere il titolo più redditizio a scadenza.
Ciao Enca, premesso che tra l'analisi fondamentale e l’analisi tecnica, preferisco gli oscillatori contrarienne
,concordo sulla validità del metodo scientifico,
anke se non è il migliore, ma…il meno peggio;
a proposito di analisi tecnica/grafica, ti allego quanto segue, consapevole, che anche l’analisi tecnica/ grafica…ha i suoi limiti.
Le insidie dei grafici.
Può essere molto utile, quando è ben fatto, spiegare dati e statistiche con grafici che danno una percezione immediata di ciò che significano i dati. Ma qui si nasconde un’altra trappola. Ci sono molti modi per deformare il senso dei numeri quando si traducono in immagini. E, anche in questo caso, si può trattare di involontari errori o di intenzionali manipolazioni.
Il problema c’è sempre stato, ma si è aggravato con l’elettronica. Con vari software è facile trasformare i numeri in istogrammi o altre sintesi visive. Fin che si usano le funzioni più semplici il risultato può essere corretto ed efficace. Ma è forte la tentazione di “abbellire” con effetti decorativi che, se non sono usati con estrema cura nel rappresentare correttamente ciò che significano, possono deformare la percezione e il significato dei dati.
Nel 2004 , Giancarlo Livraghi aveva scritto un breve articolo intitolato Il morbo di powerpoint – in cui, fra l’altro, si parla delle insidie dei grafici. Ha fatto il giro del mondo, con poche polemiche e molti consensi.
Le tecniche di presentazione visiva non sono necessariamente diaboliche (come diceva un’efficace vignetta di Alex Gregory pubblicata dal New Yorker il 29 settembre 2003). Ma sono spesso usate male, con il risultato di addormentare gli astanti o ingannarli con mirabolanti travestimenti di affermazioni prive di sostanza.
Alla fine dell’articolo su powerpoint
c’è anche la vignetta “demoniaca” del New Yorker.
Il problema dei grafici è più ampiamente descritto,
con vari esempi, nel capitolo 5 di Mentire con le statistiche.
I trucchi sono tanti. Uno dei più semplici è giocare con la “scala dei valori”. Per trasformare una modesta crescita in un esaltante sviluppo – o viceversa. È quello che Darrell Huff chiama the gee-whiz graph – “il grafico fantasmagorico”.
Effetti deformanti sono provocati anche dall’uso di disegni invece di istogrammi. Un’immagine si forma nella nostra mente a due dimensioni. Perciò le differenze sembrano “al quadrato” – se una cosa è tre volte più grande (o più piccola) di un’altra, l’impressione è che lo sia nove volte. Se è aumentata di un terzo, sembra che sia quasi raddoppiata.
È ancora peggio quando si rappresentano oggetti o persone. Così la percezione è tridimensionale – e la deformazione del dato non è al quadrato, è al cubo. (Darrell Huff cita due esempi: una grande mucca, accanto a una piccola, che ingigantisce la crescita della produzione di latte – e un minuscolo rinoceronte, confrontato con uno enorme, che esagera la diminuzione della specie in Africa).
Sarebbe lungo descrivere le varie possibilità di deformazione nei grafici o in altre rappresentazioni visive. Spero che pochi esempi bastino a chiarire il problema.
…aè esempio, se allarghiamo la visuale sul btp 67, come da grafo allegato, il trend, alla luce dei minimi e massimi crescenti, il trend resta rialzista
, malgrado il rintraccio da settembre.