China's giant step: Red moon rising

No limits: l'era della competizione

Cina: Xi, leadership senza limiti?

Concentrandoci sulle sfide politiche del suo terzo mandato, Xi dovrà inevitabilmente affrontare il tema dell'apertura. Infatti, i preesistenti timori per la stabilità politica uniti alle misure di controllo della pandemia hanno causato un isolamento della Cina che tra pochi mesi compirà tre anni. Allo stesso modo, anche la mobilità interna è influenzata dall’adozione imprevedibile di misure per arginare il virus. Inoltre, l'obiettivo della stabilità politica viene perseguito anche attraverso un rigido controllo dell'imprenditoria privata che, invece, aveva rappresentato una delle ricette per il successo dell'economia cinese negli ultimi quattro decenni. Tali scelte hanno avuto un impatto molto negativo sulla crescita economica, tanto che, per la prima volta, la Cina non raggiungerà l’obiettivo di crescita del Pil – fissato al 5,5% soltanto lo scorso marzo – e sarà molto più vicina al 2,5%, un valore simile a quello del 2020, l’anno della pandemia.

Allo stesso tempo Xi dovrà ricercare un nuovo posto nel mondo per la Cina, dal momento che il suo obiettivo dichiarato di raggiungere il “ringiovanimento nazionale” insieme alla sempre maggiore caratterizzazione autocratica della sua leadership ha portato gli Stati Uniti a contrastare direttamente l'ascesa della Cina. Non a caso, la strategia di sicurezza nazionale statunitense, pubblicata il 12 ottobre, descrive i prossimi decenni come "l'era della competizione".


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E' una trappola! (cit.)

La linea zero covid continua a stravolgere la vita della Cina

Molti cinesi speravano che in occasione del ventesimo congresso del Partito comunista il leader Xi Jinping annunciasse un allentamento delle regole per la lotta contro il covid-19. Ma non è stato così. Al contrario, la pandemia è stata liquidata in una sola frase nel rapporto introduttivo del segretario generale, e questo nonostante la vita di decine di milioni di cinesi sia stata stravolta dalla ricerca spesso disumana dell’obiettivo “zero covid”.

Il governo cinese si è arroccato su una strategia che in passato ha funzionato, ma che è stata sbaragliata dalla variante omicron. Il risultato è che nella provincia di Henan, dove vivono cento milioni di persone, poche decine di casi hanno comportato l’isolamento di intere città. Il lockdown a cui sono stati sottoposti i 25 milioni di abitanti di Shanghai in primavera aveva scatenato la collera della popolazione: alcuni non avevano cibo a sufficienza e l’applicazione ossessiva e a volte brutale delle norme aveva superato il limite.


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Absolute Power

Yuan in crollo sul dollaro, cosa sta succedendo in Cina

A portare a questo subbuglio generale della valuta cinese è stato il Congresso del Partito Comunista, che ha visto il presidente Xi Jinping consolidare il suo potere in una mossa che gli analisti hanno interpretato come la continuazione della politica Covid-zero, che sta pesando sull’economia e sui mercati in seguito ai continui lockdown in corso su diverse megalopoli. Una volta appresa la situazione, secondo calcoli di Bloomberg lunedì 24 ottobre gli investitori stranieri hanno venduto un record netto di 17,9 miliardi di yuan (2,5 miliardi di dollari circa) di azioni in Cina tramite il trading link con Hong Kong.

Mentre le altre banche centrali stanno inasprendo i tassi per combattere l’aumento dell’inflazione, la politica economica di Xi Jinping si allontana nettamente e si fa più accomodante, con la banca cinese che negli ultimi giorni ha venduto dollari su dollari sul mercato dei cambi onshore per cercare di stabilizzare la valuta locale. Un tentativo fallito miseramente che, indebolendo lo yuan, potrebbe costringere il presidente cinese a rivedere la sua posizione. Contro la politica dei rialzi, Xi potrebbe comunque presto incontrare Biden e dal colloquio tra i due potrebbe arrivare una boccata d’ossigeno per la valuta cinese in forte svalutazione nell’ultimo periodo.


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In the middle of the night: fare scorta di provviste

I spent 10 days in a secret Chinese Covid detention centre

November 3 2022

What I learnt when I was ‘taken away’ to an island quarantine facility in the middle of the night

The call came from a number I did not recognise. “You need to quarantine,” a man on the other end of the line said in Mandarin. He was calling from the Shanghai Municipal Center for Disease Control and Prevention. “I’ll come and get you in about four or five hours.” I dashed out of my hotel to stock up on crucial supplies. Based on advice from colleagues and my previous experience of quarantine in China, these included: tinned tuna, tea, biscuits, three types of vitamin, four varieties of Haribo sweets, Tupperware, a yoga mat, a towel, cleaning equipment, an extension cable, a large number of books, eye drops, a tray, a mug and a coaster with a painting of the countryside surrounding Bolton Abbey in North Yorkshire.

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Washington ha “suggerito con forza”

L’affare Amburgo-Cosco è ormai parte della guerra per procura tra Usa e Cina

Washigton avvisa Berlino, Pechino risponde facendo leva su un editoriale di Scholz pubblicato prima che partisse per andare a trovare Xi. Ma la reazione alimenta i dubbi: l’operazione soddisfa le esigenze commerciali della società o quelle dello Stato?

Nei giorni scorsi, proprio prima della partenza di Scholz per Pechino, un alto funzionario del dipartimento di Stato americano ha dichiarato ai giornalisti che Washington ha “suggerito con forza” che la Cina non detenesse una partecipazione di controllo in un terminal portuale di Amburgo. La reazione di Pechino non si è fatta attendere. Gli Stati Uniti “non hanno il diritto” di interferire nella cooperazione tra Cina e Germania, ha dichiarato in conferenza stampa, Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri cinese. “Forse gli Stati Uniti vedono tutti i loro alleati come il cortile di casa”, ha commentato Wang Lutong. “Sono d’accordo con il cancelliere Scholz che in un articolo ha scritto che nessun Paese è il cortile di casa di un altro”.

Le parole che giungono da Pechino sembrano essere un tentativo di portare Berlino più vicina. Ma non solo. Una simile presa di posizione rischia di alimentare i sospetti chi è convinto che l’operazione soddisfi le esigenze dello Stato cinese piuttosto che le esigenze commerciali di Cosco. La guerra per procura tra Stati Uniti e Cina continua.

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Un breve momento drammatico

Samarani, ‘La Cina, nuovo ago della bilancia politica mondiale?’

Alcune settimane fa si è svolto il XX congresso del Pcc, che ha incoronato segretario per la terza volta consecutiva Xi Jinping. Ma più che per il trionfo annunciato del Principe Rosso, esso passerà alla storia per un breve momento drammatico – e insieme emblematico – che ha fatto il giro del mondo: l’espulsione di Hu Jintao, predecessore di Xi alla guida del partito, nel bel mezzo della seduta conclusiva. Hu era seduto proprio di fianco a Xi, che non ha battuto ciglio mentre il collega veniva portato fuori di forza dalla sala dell’assemblea (la Grande Sala del Popolo di Pechino). Testimoni affermano che Hu abbia avuto il tempo di dire qualcosa all’indirizzo del successore prima di essere allontanato: forse, qualche accenno di dissenso prontamente censurato. Cosa ci dicono scene come queste? Che a 46 anni dalla morte di Mao certe dinamiche di potere all’ombra del Grande Dragone Marxista si mantengono immutate? Di sicuro è un fatto che, dopo essere stata l’impero più longevo tra quelli nati nell’antichità, la Cina è oggi il più longevo regime comunista. Logica, quindi, una sua fondamentale tendenza a essere sempre uguale a se stessa; eppure il Paese ha anche cercato di migliorare la sua immagine agli occhi della comunità internazionale, e ha fatto degli sforzi notevoli per modernizzarsi. Della Cina del dopo Mao parliamo con il professor Guido Samarani dell’università di Venezia, grande esperto della storia cinese post-imperiale.

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A domanda rispondi: un'ipotesi piuttosto remota

L’economia cinese è ancora destinata a sorpassare quella americana?

Esperti, opinionisti e istituzioni internazionali ritengono da tempo che l’economia cinese sia destinata a sorpassare nel giro di qualche decennio quella statunitense, diventando così la prima al mondo. Il sorpasso è considerato praticamente da tutti un dato di fatto e solo questione di tempo. Tuttavia, la pandemia da coronavirus e le distorsioni che ha fatto emergere nell’economia cinese, soprattutto nel mercato immobiliare, negli ultimi tempi hanno allontanato la Cina da questo ambito traguardo: e alcuni analisti hanno cominciato a ipotizzare che non ci arriverà mai, e che non sia destinata a diventare la prima economia del mondo.

È ancora un’ipotesi piuttosto remota, ma è stata esposta già da alcuni esperti, che notano come alcune tendenze economiche di lungo periodo potrebbero essere sfavorevoli per l’economia cinese.

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Ultima tappa del declino dell’Occidente

Due poli e una serie di satelliti. Un nuovo ordine mondiale

16 Novembre 2022

Dopo anni di caos, il mondo sembra avviarsi verso un nuovo ordine. Le elezioni di midterm che hanno rafforzato Joe Biden negli Stati Uniti, il ritorno del Brasile tra i protagonisti globali, lo stallo del conflitto ucraino-russo e la continuità al potere di Xi Jinping in Cina lasciano intuire che sta iniziando una nuova fase nel tormentato scenario internazionale, messo a dura prova dalla pandemia e dal ritorno dei conflitti che coinvolgono potenze nucleari.

Il tutto si può sintetizzare nel discorso che Biden ha pronunciato davanti al leader cinese a margine del G20 di Bali, quando ha affermato che “come leader delle principali economie del mondo,dobbiamo gestire la competizione dei due nostri Paesi”. Da un lato, si è appellato alla Cina perché cessi la competizione, ormai arrivata sull’orlo della guerra commerciale, che in realtà è stata iniziata da Donald Trump. Dall’altro, ha riconosciuto a Pechino lo status di unica potenza mondiale con la quale gli Stati Uniti si devono misurare.

Il nuovo ordine internazionale che potrebbe nascere dall’indiscutibile supremazia di Stati Uniti e Cina nega, per la prima volta, un ruolo da protagonista all’Europa, aggrovigliata nei suoi problemi, mentre è destinato ad accrescere il peso di alcune potenze regionali come Turchia, Indonesia, Brasile e, malgrado il conflitto, Russia. Quello che si stabilirà sarà infatti un equilibrio con due poli centrali, Cina e Stati Uniti, e una serie di satelliti, i Paesi del G20. Sarà l’ultima tappa del declino dell’Occidente, al quale resteranno solo gli Stati Uniti come simbolo, in un contesto globale più plurale da tutti i punti di vista: la pretesa superiorità di una parte del mondo rispetto all’altra sarà una questione del passato, relegata nei manuali di storia.

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Controllo sempre più rigido

Il ritorno del marxismo nella Cina di Xi

Finita l’epoca del pragmatismo, regna di nuovo, sotto mentite spoglie, l’ideologia comunista. L’analisi dell’ex premier australiano Kevin Rudd

I predecessori di Xi credevano che “la pace, lo sviluppo”, e il mantenimento dei buoni rapporti con il resto del mondo fossero le vie maestre. I vertici del partito credevano che questo fosse il pretesto per sviluppare l’economia cinese. Ma oggi non è più così, Questa svolta si manifesta in diversi modi: nella repressione del dissenso, nel controllo del partito sulla vita privata dei cinesi, nell’approccio statalista all’economia e in una politica estera sempre più assertiva. Al giorno d’oggi la “sicurezza nazionale” viene descritta come la base del “ringiovanimento nazionale”. Il messaggio di Xi è che il partito deve essere pronto a combattere una guerra; e questo attivismo in politica estera va di pari passo a un controllo sempre più rigido sul popolo cinese.

Il ventesimo congresso del partito passerà alla storia per avere incoronato Xi come “leader del Comitato centrale” e dichiarato che il socialismo cinese è “il nuovo marxismo del Ventunesimo secolo”. Il presidente cinese ha epurato gli ultimi esponenti riformisti, incluso il suo predecessore Hu Jintao – usando come pretesto il fatto che avessero raggiunto l’età per andare in pensione – e promosso gli uomini a lui più vicini, anche se più anziani. Questa ossessione per la centralizzazione si riflette anche nelle politiche economiche, nel suo ripudio per l’economia di mercato e nella svolta statalista.

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Ruolo decisivo

La rivista britannica “The Spectator”: ruolo decisivo della Cina nella crisi ucraina

25 Novembre 2022

La Cina ha svolto un ruolo decisivo, sebbene pubblicamente di basso profilo, nella crisi in Ucraina. E’ quanto riporta la rivista britannica “The Spectator”, secondo cui la diplomazia “dietro le quinte” di Pechino è riuscita a far fallire l’invio di una fornitura di MiG-29, aerei di fabbricazione sovietica, dalla Polonia all’aeronautica ucraina. Inoltre, da settembre grazie ai contatti fra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e rappresentanti della Nato e degli Stati Uniti si è raggiunto un punto d’intesa comune fra Washington e Pechino, culminato nell’incontro a margine del G20 di Bali, in Indonesia, fra i presidenti Joe Biden e Xi Jinping. In quell’occasione, infatti, il capo dello Stato cinese ha affermato che il mondo “ha bisogno di prevenire una crisi nucleare nel continente eurasiatico”. Secondo le rivelazioni riportate da “The Spectator”, quindi, sarebbero stati i cinesi ha lavorare sotto traccia per impedire che l’intera flotta di caccia MiG-29 in dotazione alla Polonia venisse inviata alle forze ucraine, e ciò per tentare di evitare un’ulteriore escalation del conflitto.

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Senza la Cina non c’è futuro per l’economia europea

Il modello economico della Germania ha deciso di andare in direzione opposta a Usa e Ue continuando ad annodare legami con la Cina. Un’opzione alternativa al decoupling che tuttavia in Italia non sembra trovare seguaci. Eppure la nostra economia è strettamente correlata a quella tedesca…

La risposta tedesca all’attuale confusione del mondo sembra andare in direzione opposta a quella degli Usa e dell’Ue, legandosi anche di più e non meno alla Cina.

Ma perché i grandi produttori tedeschi vogliono continuare a fare affari in Cina? La risposta comincia dalla specializzazione produttiva dell’economia tedesca: l’auto, la chimica, la meccanica.

D’altro canto, la Cina fornisce alla Germania molte materie prime critiche come le terre rare, poi degli input intermedi e semilavorati, componentistica per la e-mobility e per l’energia rinnovabile; una recente inchiesta dell’istituto Ifo ha riscontrato che il 46% delle imprese industriali tedesche si basano su degli input produttivi intermedi di origine cinese.

E se avessero ragione a Berlino? La realtà dei fatti, soprattutto per la grande impresa europea è quella che apparentemente non ci sono grandi prospettive se non si è presenti in forze nel paese asiatico. E, come si legge nel titolo di un articolo apparso di recente sul Financial Times, “prendersela con la Cina non porterà l’Europa da nessuna parte”. Al contrario, Berlino punta sul pragmatismo e applica la regola della discoteca alla politica mondiale: “Bisogna ballare con quelli che ci sono nella stanza”, ha spiegato Scholz. Come dargli torto.


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Cina: la protesta mette alla prova il potere di Xi?

Per quanto repressiva fosse anche prima dell’avvento di Xi, grazie al periodo di riforme e apertura la Repubblica Popolare si era trasformata in un paese relativamente più libero di oggi, dove esisteva uno spazio per le organizzazioni autonome della società civile, dove c’era una generica comprensione per alcune forme di rivendicazione e dove la stampa non era ancora stata soffocata. Non è da escludere che una parte della protesta auspichi il ritorno alla mentalità che aveva reso possibili quei tempi.


Dove porteranno queste proteste non è ancora chiaro, anche perché non è ancora chiaro quale sia il substrato politico dominante da cui vengono alimentate. Certo è che l’opposizione alla strategia zero-Covid ha creato un’ampia coalizione degli scontenti, che parte dai distretti industriali per arrivare alle megalopoli della Cina passando per le numerose città di provincia dove si sono registrate altre proteste. Solidarizzando su scala nazionale senza una rete organizzativa alle spalle, i dimostranti hanno dato vita a qualcosa che nella Repubblica Popolare non si vedeva da veramente tanto tempo.

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Xi Jinping «non è disposto a prendere un vaccino migliore dall'Occidente»

04 dic 2022 - 09:45

Il presidente cinese Xi Jinping «non è disposto a prendere un vaccino migliore dall'Occidente, e si affida invece a un preparato cinese che non è proprio altrettanto efficace contro Omicron». Lo ha dichiarato Avril Haines, direttore della National Intelligence statunitense.

La Cina sta vivendo i giorni più difficili dallo scoppio della pandemia di coronavirus dall'inizio del 2020. Il boom dei contagi e l'insofferenza per le dure misure di contenimento della pandemia - sempre nell'ottica della politica "zero-Covid" - hanno portato a insolite proteste di piazza. Una crisi che sembra essere rientrata, ma che potrebbe lasciare degli strascichi sul consenso personale del leader cinese, ha dichiarato Haines nel corso di un intervento al Reagan National Defense Forum in California.

Le manifestazioni (e la dura risposta delle autorità) «contrastano con la narrazione che gli piace proporre, ovvero che il modo di governare della Cina è molto più efficace» ha aggiunto. Nulla di quello che è accaduto nelle scorse settimane è in grado di compromettere la stabilità del Partito Comunista, sottolinea Haines, ma si tratta di qualcosa da non prendere alla leggera: «Il modo in cui si svilupperà sarà importante per la posizione di Xi».
Pechino continuerà a combattere le sottovarianti del Sars-CoV-2 con i ritrovati prodotti in patria. «Sembra abbastanza inverosimile che la Cina dia il via libera ai vaccini occidentali a questo punto. È una questione di orgoglio nazionale» ha dichiarato negli scorsi giorni un funzionario della Casa Bianca.

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