China's giant step: Red moon rising

Cina, la guerra di chip con gli Usa rischia di provocare danni enormi, avverte il colosso Nvidia. Asia in rosso - MilanoFinanza News

L'amministratore delegato di Nvidia, il maggiore gruppo dei semiconduttori al mondo, ha avvertito che l'industria tecnologica statunitense è a rischio di «enormi danni» dall'escalation della battaglia sui chip tra Washington e Pechino.

In un’intervista al Financial Times, Jensen Huang ha detto che i controlli sulle esportazioni statunitensi introdotti dall'amministrazione Biden per rallentare la produzione cinese di semiconduttori hanno lasciato il gruppo della Silicon Valley con «le mani legate dietro la schiena» e impossibilitati a vendere chip avanzati in uno dei mercati più grandi al mondo.

Allo stesso tempo, ha aggiunto il ceo Huang, le aziende cinesi stanno iniziando a costruire i propri chip per competere con i processori leader di mercato di Nvidia su giochi, grafica e intelligenza artificiale. «Quindi gli Stati Uniti devono stare attenti. La Cina è un mercato molto importante per l'industria tecnologica», ha aggiunto.

Gli sforzi degli Stati Uniti per impedire alla Cina di acquistare o sviluppare chip avanzati sono diventati il fronte più aggressivo in una nuova guerra fredda tra le due potenze.


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Il «vecchio amico» Bill Gates da Xi, dopo Musk e Cook

L'arrivo di Gates segue quello di altri pezzi da novanta dell'economia americana. A fine maggio era sbarcato il patron di Tesla, Elon Musk, osservando che «gli interessi degli Stati Uniti e della Cina sono strettamente legati, come gemelli inseparabili».

In marzo era stato il turno del ceo di Apple, Tim Cook, il quale aveva sottolineato che la sua società ha una relazione «simbiotica» con il Dragone, dove c'è la più grande fabbrica al mondo di iPhone. Nelle scorse settimane aveva fatto capolino anche Jamie Dimon, il ceo di JPMorgan. Nessuno di loro è stato ricevuto da Xi ma tutti hanno dichiarato il loro ottimismo nel vasto mercato cinese.

Le grandi imprese americane, soprattutto quelle hi-tech, temono un rallentamento delle esportazioni verso Pechino, che resta pur sempre il terzo partner commerciale degli Stati Uniti. Colpa del giro di vite legato alla sicurezza nazionale, che ha portato a bloccare la vendita alla Cina dei semi-conduttori più avanzati e delle attrezzature per produrli.

La spinta delle aziende statunitensi contrasta con la linea politica della Casa Bianca – condivisa ampiamente in modo bipartisan dal Congresso – di limitare una Cina sempre più autoritaria e minacciosa dall'arrivo al potere di Xi, mantenendo però canali di dialogo diretti e una collaborazione su alcuni terreni, dall'Ucraina al clima e alla regolamentazione dell'intelligenza artificiale.


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Si accende la “chip war” tra Cina e Usa. Come investire

Ma come si investe sulle terre rare? Partiamo da una definizione. Con “terre rare” si intende un gruppo di 17 elementi metallici pesanti necessari per la produzione di dispositivi elettronici di ultima generazione ma anche per la transizione verde, per esempio per generatori di energia eolica o motori di veicoli elettrici. Le modalità per inserirle in portafoglio, racconta Calef, sono tre. “O si va ad acquistare i singoli titoli che sono tuttavia abbastanza volatili, quindi potrebbe non essere la modalità migliore per il cliente retail. Un’altra modalità è quella dei certificati sulle aziende che estraggono quei minerali necessari alla transizione energetica e digitale (come Cameco Corp, Freeport-McMoRan, First Quantum Minerals, Pilbara Minerals e Allkem). E infine inizia a spuntare qualche Etf, che in genere puntano ancora una volta sulle aziende e non sulle materie prime”, conclude Calef.

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Gli Stati Uniti non possono fermare il boom high-tech cinese

Jensen Huang, presidente di Nvidia, il principale produttore statunitense di semiconduttori (“chip”), ha testimoniato davanti al Congresso a Washington che qualsiasi tentativo di imporre maggiori controlli sulla produzione di “chips” della Repubblica popolare danneggerebbe fondamentalmente la stessa industria manifatturiera dei semiconduttori statunitense.

Il motivo di questa affermazione è che – secondo Huang – l’integrazione che esiste tra i settori trainanti dei 2 paesi più avanzati del mondo è inscindibile.

È possibile, tuttavia, che l’ironia della situazione nasca da un livello ancora più profondo rispetto al modo paradossale in cui viene attualmente rivelata.

Riguarda la natura stessa della tecnologia avanzata che per necessità richiede il libero scambio e l’accesso illimitato alla conoscenza del mondo.

Ora prevale la globalizzazione che è un flusso costante di conoscenza radicata nella tecnologia, che richiede necessariamente una fase continua di cooperazione, qualunque sia l’opinione del Pentagono, del Congresso di Washington o dell’amministrazione democratica.

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Biden impone una stretta sugli investimenti in Cina: cosa cambia per noi

10 agosto 2023 15:17

La mossa di Washington appare destinata a riaccendere le tensioni tra Cina e Stati Uniti, nonostante i deboli tentativi di dialogo tra le due superpotenze nelle settimane scorse. È lecito credere che questo scontro tecnologico, iniziato con la guerra commerciale lanciata nel 2018 dall'ex presidente Donald Trump, sia destinato a intensificarsi.

La Cina, con ogni probabilità, adotterà delle contromisure, come già fatto di recente quando ha introdotto una serie di restrizioni sulle esportazioni di gallio, germanio e i rispettivi composti chimici, utili per la lavorazione e produzione dei semiconduttori, ma anche per applicazioni fondamentali nel settore delle telecomunicazioni, nella costruzione di veicoli elettrici e dei pannelli solari.


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Pomodoro, perché l'Italia teme l'invasione di quello cinese

03 ago 2023 - 12:14

Alle frontiere nazionali aumentano del 50% le importazioni di concentrato di pomodoro cinese che costa la metà di quello tricolore. Secondo i dati del World Processing Tomato Council la Cina, con una produzione da 7,3 miliardi di chili nel 2023, sorpassa l'Italia nella classifica mondiale dei produttori di pomodoro da industria.

"Sempre più in Europa le multinazionali e i grandi gruppi di acquisto stanno aumentando l'importazione di pomodoro cinese, ingolositi da un prezzo che alla fonte è quasi la metà di quello italiano", ribadisce Scordamaglia chiedendo che "il mondo produttivo del pomodoro italiano si muova compatto a difesa della propria filiera, chiedendo una limitazione o addirittura il blocco dell'import cinese, così come hanno fatto Usa, Inghilterra e Canada".


:rolleyes: KO!

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BYD: la sfida cinese per il dominio delle auto elettriche in Europa - Mobilità Sostenibile: significato, progetti, notizie

Nel primo semestre del 2023, BYD da sola ha venduto quasi 1,2 milioni di veicoli elettrici (incluse le ibride plug-in), praticamente il doppio del totale combinato di BMW, Volkswagen e Mercedes. Questo dato mette ulteriormente in difficoltà i pesi massimi dell’industria automobilistica tedesca e altri produttori europei.

L’azienda che ha recentemente sorpassato Volkswagen come il marchio automobilistico numero 1 in Cina ora punta l’Europa. Lunedì, BYD ha presentato sei modelli per il mercato europeo a Monaco di Baviera, dimostrando di prendere sul serio il mercato europeo in cui è entrata meno di un anno fa. Tra gennaio e luglio, l’azienda ha venduto 92.469 veicoli elettrici all’estero, superando già il totale del 2022.


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Alle radici della crisi economica della Cina: cosa succede oltre la Muraglia

La crisi nel settore immobiliare cinese è particolarmente urgente perché coinvolge tantissime famiglie su tutto il territorio nazionale. Basti pensare che, all’inizio del 2022, il presidente di Evergrande, Xu Jiayin, aveva annunciato l’obiettivo di consegnare 600.000 case quell’anno, equivalenti a quasi il 50% dei suoi progetti abitativi pre-venduti. Secondo l’ultimo aggiornamento dell’azienda del 25 agosto, nel 2022 Evergrande ne ha consegnate circa 301.000.

Pechino ha adottato alcune misure per mantenere la stabilità sociale e prevenire una crisi bancaria. A giugno, la banca centrale ha esteso 200 miliardi di yuan di quote di restituzione per garantire il completamento delle unità immobiliari non finite e per consentire alle banche commerciali di rinnovare i prestiti in scadenza dopo la crisi di Evergrande, estendendo le politiche fino alla fine del prossimo anno. I cambiamenti politici mirano anche ad aumentare i prestiti bancari. E squadre speciali sono state inviate da Pechino e dalle autorità locali per supervisionare il processo. Il futuro è ancora tutto da scrivere.

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Ma che roba... :eek:

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Perché la Cina sta declinando? - ItaliaOggi.it

Da Diocleziano in poi, l'esperienza è costante: nemmeno un dittatore che ha tutti i poteri, come l'Imperatore Romano, o un dittatore senza limiti nemmeno morali, come Stalin, riescono a creare d'imperio la prosperità. Ma i comunisti la sanno più lunga anche dell'evidenza.

Così, che dobbiamo pensare del futuro della Cina? È semplice: che, se non torna alla libertà del mercato, se non pone un freno ai sogni di Xi, il primato economico mondiale se lo sogna. Sarà grasso che cola se non farà grandiosi passi indietro.

Tutto questo non significa affatto che l'economia libera non abbia difetti. Crea dei ricchi e crea dei poveri; a volte premia il merito e a volte soltanto l'avere azzeccato i genitori; a volte vince il migliore, a volte vince il più furbo, quando non il più corrotto. Insomma, per echeggiare Leibniz, il mondo dell'economia libera è «il migliore dei mondi economici possibili», ma è tutt'altro che ottimo. Quell'aggettivo, «possibili», significa proprio questo: che soltanto i mondi «impossibili», utopici, sono migliori di esso. Ma non c'è modo di far entrare nella testa dei comunisti questa semplice evidenza.
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L’economia debole di Xi Jinping produce "bamboccioni" e blocca la classe media - Formiche.net

Mentre Goldman Sachs continua a prevedere che comunque la Cina supererà gli Stati Uniti per diventare la più grande economia del mondo entro il 2035, altri economisti rimangono scettici. Sostengono che l’economia cinese potrebbe presto raggiungere il suo picco e che il percorso per diventare il numero uno è incerto. Questa incertezza aggrava le sfide della classe media cinese, che si trova a navigare in un panorama complesso di cambiamenti economici e aspettative sociali.

La situazione che mette in discussione il tradizionale contratto sociale tra il Partito Comunista e i giovani cinesi, poiché la scarsità di posti di lavoro dignitosi mina la forza economica del partito, è delicata. Sebbene per ora non vi siano significativi disordini politici, la crescente ansia e delusione tra gli studenti universitari potrebbe influire sulla fiducia nel futuro economico della Cina (da notare che gli investitori iniziano già a prendere vie diverse da quella cinese). Finora l’accettazione è pacifica, ma la resilienza rischia di essere una fase temporanea per le collettività cinesi.
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Tentacoli cinesi...

Spie cinesi a Londra, l'allarme degli 007: "Parlamento compromesso"

Nonostante il progressivo deterioramento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, a fine agosto 2023 il segretario agli Esteri James Cleverly si è recato a Pechino. La sua visita è stata vista negativamente da molti esponenti di Westminster, che hanno giudicato “confuso e incoerente” l’approccio del governo alla Cina. Gli sviluppi più recenti hanno ovviamente ricompattato la fazione opposta a relazioni amichevoli con il gigante asiatico.

“Questa è un’altra prova di quanto i tentacoli del partito comunista cinese arrivino in profondità nelle istituzioni britanniche”, ha commentato il parlamentare conservatore Tim Loughton. “La sicurezza del Parlamento è stata potenzialmente compromessa e questo rafforza l’idea che la Cina debba essere vista come una nazione ostile”. Duncan Smith, suo compagno di partito, ha rincarato la dose: “È tempo di riconoscere l’entità della minaccia che oggi pone il partito comunista di Xi Jinping. Quanto ci è costata la visita di Cleverly a Pechino?”
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Le nuove rotte cinesi in Africa che insidiano l'Europa

L’Africa continua ad essere una regione chiave per le ambizioni globali della Cina. Accanto ai molteplici accordi economici stilati tra Pechino e i governi africani locali, ai corposi investimenti del Dragone nel settore infrastrutturale (e non solo), e al soft power incarnato dalla Belt and Road Initiative, c’è un evidente interesse geopolitico perseguito dal gigante asiatico nel corteggiare l’intero continente.

Il focus cinese si è spostato dall’Africa orientale a quella occidentale. È lecito supporre che Pechino voglia raggiungere le due coste africane, collegando non solo idealmente, il Corno d’Africa alla sua sponda opposta. La Nigeria e in questo senso il Paese cardine sul quale far terminare questa “autostrada infrastrutturale” che taglia in due, orizzontalmente, il continente.


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