E' un tema su cui sto ragionando da tempo, e mi sono creato una piccola mappatura sui diversi rischi e come mitigarli. Sono considerazioni personali basate su ipotesi di quello che potrebbe accadere, quindi prendetele come spunti di riflessione.
1. PATRIMONIALE
Per gli asset liquidi ii fatto in Italia una patrimoniale esiste già, sotto forma di imposta di bollo dello 0.20% sul valore a fine anno del conto (sia corrente che dossier titoli), e si applica sia sugli asset italiani che su quelli detenuti all'estero. E' probabile a mio avviso che in caso di emergenza (i.e. prelievo forzoso) faranno un decreto che innalzerà una tantum l'aliquota all'X%. Da qui non si scappa, l'unico modo di evitarla sarebbe trasferirsi all'estero (non proprio la più semplice delle opzioni) o, forse, investire in una polizza vita di ramo I, che è l'unico strumento di investimento attualmente esente da imposta di bollo.
2. USCITA DALL'EURO, RIDENOMINAZIONE IN LIRE
2.1 Liquidità su c/c - Sarebbe sicuramente convertita con tutte le conseguenze del caso; attenzione che ci sono precedenti (Argentina) in cui anche la valuta estera detenuta presso banche nazionali è stata convertita (i.e. non basta avere USD, CHF o altre valute sul conto per stare al riparo). Ci si può proteggere aprendo un c/c all'estero; chi ha rapporti di private banking con banche internazionali lo fa facilmente, per i clienti retail può non essere così facile. Facilmente accessibili anche se un po' costose dovrebbero essere, per esempio, le Poste Svizzere (
PostFinance per i clienti privati). Ovviamente è necessario riportare il conto in dichiarazione dei redditi e pagare le dovute imposte (vedi sopra). La contabilità fiscale per le operazioni di investimento è in regime dichiarativo quindi piuttosto macchinosa, per un retail che non vuole spendere troppo di commercialista meglio usare il conto solo per la liquidità.
2.2 Investimenti liquidi - In teoria, titoli di emittenti esteri emessi/quotati all'estero dovrebbero essere al riparo (tutti quelli con cod. ISIN che non inizia per IT, per intenderci). Volendo semplificare, fondi lussemburghesi, azioni di aziende tedesche, francesi, etc. o ETF quotati a Francoforte o Parigi dovrebbero essere al riparo da eventuali conversioni/svalutazioni. C'è il rischio che al momento della vendita venga tassata la plusvalenza fittizia in lire, che però avrebbe un effetto molto più piccolo della possibile svalutazione avendo lire sin dall'inizio. Un esempio per capire meglio:
- Parcheggio 100 euro in un ETF "tedesco". L'Italia esce dall'euro ad un cambio di 1:2,000, quindi il prezzo di carico in lire del mio ETF sarebbe 200,000;
- La lira si svaluta del 30%;
- Quando rivendo il mio ETF, ipotizzando che il prezzo in euro sia rimasto di 100 euro, incasso l'equivalente di 260,000 lire, con una plusvalenza di 60,000 che comporta una tassazione (26%) di 15,600.
- La mia perdita di valore quindi è limitata a queste 15,600 lire, pari al 6% e molto inferiore rispetto al 30% di svalutazione della lira.
2.3 Immobili - Si ritroverebbero di fatto ridenominati in lire ma trattandosi in un bene reale beneficerebbero della probabile inflazione. In ogni caso non è un rischio hedgiabile.
2.4 Stipendi, pensioni, etc. - Ridenominati in lire con conseguente perdita di potere d'acquisto. Rischio non hedgiabile.
3. CORSA AGLI SPORTELLI, LIMITE AI PRELIEVI, TRASFERIMENTI, ETC.
L'unico modo di evitare problemi è tenere la liquidità in una banca estera.
CONCLUSIONI:
Ipotizzando di essere un investitore retail con un patrimonio fino a qualche centinaio di migliaia di euro, una soluzione che offra una discreta protezione con costi e complicazioni tutto sommato limitati potrebbe essere tenere la parte investita in Italia attraverso titoli e fondi esteri, e la parte liquida in una banca estera al riparo da conversione o restrizioni ai movimenti.
Ripeto si tratta di ipotesi e riflessioni personali. Ogni parere è bene accetto, specialmente se conoscete altre banche estere che accettano clienti retail non residenti a costi accessibili.