mistic investor
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Secondo me le situazioni personali non sono giudicabili dall'esterno.
Ciascuno di noi leggendo la tua storia ha la naturale tendenza a fare confronti con la propria idea di attività familiare, con momenti della propria vita in cui si è sentito oppresso e ha pensato di lasciare l'università e momenti in cui il lavoro nel privato somiglia ad un continuo assillo di scadenze e responsabilità non rinviabili.
By the way ogni "carriera" comporta della scelte (dopo la specialistica continuo con PhD o mi butto nel lavoro? Accetto quel trasferimento con aumento di stipendio? Scelgo il lavoro pubblico vicino casa o un'azienda che mi fa conoscere un'altra nazione?) che possono essere esplorate in un'unica direzione, e chiedersi "come sarebbe stato se avessi scelto l'altra strada" rimane sempre una domanda senza risposta.
Assolutamente.
Devo però rilevare che quel che per me è un punto di partenza per molti è un punto di arrivo "sofferto". In graduatoria con me ci sono molte persone over 40, parecchi sono avvocati che vogliono abbandonare la professione, alcuni con studi già avviati di famiglia, laureati di università prestigiose, almeno un paio di dottorati, curriculum prestigiosi ( tirocinio in CdS ecc..). Gente che si trova ad aver vinto anche più di un concorso e tra i più "tosti". E' vero che si tratta di laureati in legge per la quasi totalità, però fa riflettere..
Alla fine il discorso di crescita della RAL, che qui sul fol sembra dogmatico, è un discorso che possono permettersi di fare davvero in pochi nella situazione attuale. Non è scontato nemmeno per i famosi "STEM", a meno che non siano laureati in medicina o specializzazioni ad essa afferenti. In Italia attualmente, eccezioni a parte, la regola è lauree com "camice" (bianco) e "senza camice". Ponti d'oro per le prime (giustamente) e mulattiere sterrate per le seconde (ingiustamente).