Cos'è un economista

  • Ecco la 68° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    La settimana è stata all’insegna degli acquisti per i principali listini internazionali. Gli indici americani S&P 500, Nasdaq e Dow Jones hanno aggiornato i massimi storici dopo i dati americani sui prezzi al consumo di mercoledì, che hanno evidenziato una discesa in linea con le aspettative, con l’inflazione headline al 3,4% e l’indice al 3,6% annuo, allentando i timori per un’inflazione persistente. Anche le vendite al dettaglio Usa sono rimaste invariate su base mensile, suggerendo un raffreddamento dei consumi che hanno fin qui sostenuto i prezzi. Questi dati, dunque, rafforzano complessivamente le possibilità di un taglio dei tassi a settembre da parte della Fed (le scommesse del mercato sono ora per due tagli nel 2024). Per continuare a leggere visita il link

  • Due nuove obbligazioni Societe Generale, in Euro e in Dollaro USA

    Societe Generale porta sul segmento Bond-X (EuroTLX) di Borsa Italiana due obbligazioni, una in EUR e una in USD, a tasso fisso decrescente con durata massima di 15 anni e possibilità di rimborso anticipato annuale a discrezione dell’Emittente.

    Per continuare a leggere visita questo LINK

EnricoR

Utente Registrato
Registrato
6/1/15
Messaggi
35.172
Punti reazioni
489
visto che nei vari dibattiti si definiscono tutti economisti, ecco una definizione precisa e circostanziata

---

Cos'e un economista | noiseFromAmeriKa

Cos'è un economista

5 agosto 2013 • alberto bisin

Mi è capitato un paio di volte di discutere, diciamo così, "animatamente", con due figure intellettuali pubbliche, che si auto-definiscono "economisti" nei loro CV pubblici. Il primo è Claudio Borghi e il secondo Piergiorgio Gawronski. Probabilmente simile e' il caso di Loretta Napoleoni che Michele ha definito "non economista" in diretta tv generando una sua reazione piccata; ma il cui CV Luca Solari ha scandagliato scoprendo varie imprecisioni ed incertezze. [Poiche' so che verra' fuori nei commenti, aggiungo: non discuto il caso Giannino perche' in quel caso si millantavano titoli precisi non la vaga qualifica di "economista"; e' quest'ultima che mi interessa in questa sede.] Mi pare che in questi casi, come in altri, una certa incomprensione comune nella stampa e nell’opinione pubblica riguardo a cosa comporti la professione di economista lasci spazio ad una forma di disonestà intellettuale che ammorba il dibattito economico in Italia. Minimizzando la polemica, vorrei cercare di spiegare cos’è un economista, per poter rimandare a questo post la prossima volta che si proponga una discussione del genere. Ma anche perché giovani interessati capiscano meglio cosa sia questa professione in caso stessero considerando di intraprenderla.

Cambia il mondo e cambiano le professioni. Un economista oggi non è semplicemente, come da definizione di dizionario, una persona che si occupa di economia. Tanti si occupano di economia in un modo o nell'altro, dagli economisti accademici a coloro che lavorano presso banche centrali o organismi internazionali come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale; dai giornalisti economici, ai banchieri, ai direttori finanziari delle grandi aziende, ai consulenti, etc. Non tutti sono economisti.

Col rischio di schematizzare troppo, e cosciente delle varie eccezioni che però credo confermino la regola, un economista tende a soddisfare alcune proprietà e caratteristiche fondamentali.

1. Un economista ha un Dottorato di ricerca (PhD nella dizione anglosassone comune). Il dottorato è il titolo accademico più avanzato che viene rilasciato dalle università dopo un corso di studi specifico. In Italia e nel mondo ci sono moltissimi programmi di dottorato in economia, ma quelli veramente buoni sono pochi, non più di una cinquantina in totale, ed è difficilissimo entrarvi. Questi dipartimenti ricevono ogni anno in totale alcune decine di migliaia di domande da parte di studenti qualificati e non ne ammettono che una quindicina l’uno [NdA: Antonio Rosato (grazie) mi fa notare una imprecisione: 15 e' ovvimanete in media il numero della classe del primo anno non degli ammessi, che sono di piu (c'e' parecchio overlap tra scuole in chi si ammette); ho anche controllato i dati di NYU e ho capito di aver esagerato sul numero totale di domande - credo che 10-15 mila per i migliori 50 programmi sia una stima piu' appropriata]. Moltissimi studenti hanno già dei master quando fanno domanda. In questi programmi di alto livello, il corso di studi comprende un primo anno durissimo, in cui lo studente è introdotto agli strumenti di base della disciplina, che sono molteplici e complessi: microeconomia, macroeconomia, ed econometria (statistica). Nei dipartimenti migliori una notevole conoscenza di quella matematica che gli economisti usano è condizione necessaria all’ammissione; in altri dipartimenti si fa anche un bel po’ di matematica il primo anno. Il secondo anno gli studenti scelgono due campi di specializzazione (anche se di solito ne fanno tre). Questi sono campi vasti, tipo macroeconomia, teoria, econometria, economia del lavoro, …, nulla di troppo specializzato. Su questi si concentrano arrivando vicini alla frontiera della ricerca del momento. Gli ultimi due anni (che poi son spesso diventano quattro) sono dedicati alla ricerca: seminari, seminari, discussioni con i professori e altri studenti, e poi ancora seminari,.. Il passaggio dallo studio alla ricerca è spesso difficile, perché le qualità intellettuali richieste sono diverse e complementari – spesso ottimi studenti scoprono di non essere sufficientemente creativi o semplicemente di non amare le notti insonni cercando di limare un modello, una dimostrazione, una serie di dati pieni di buchi, l'introduzione di un'articolo. Molti di questi lasciano gli studi dopo un paio d'anni o appena finito il PhD e finiscono a lavorare in finanza, in organismi internazionali, in consulenza. Ovviamente, ci sono programmi di dottorato meno impegnativi di quello descitto, ed anche più brevi. Il dottorato in Italia dura tre anni, più uno di proroga senza borsa (a discrezione dell'università). Più o meno tutti seguono questo modello pero'. Non si esce da un dottorato senza una solida preparazione, senza una conoscenza degli strumenti essenziali della disciplina, e senza una tesi, un lavoro innovativo che dimostri capacita' nella ricerca economica. Nessuno senza questa preparazione può nemmeno avvicinarsi ai lavori di ricerca moderni: semplicemente non sarebbe in grado di leggerli.

Nota: la generazione dai 55 in su, fuori dal mondo anglosassone, aveva tipicamente scarso accesso ai dottorati. In Italia il dottorato è stato istituito solo nel 1980 ed ha iniziato a funzionare un paio di anni dopo. Gli economisti di questa generazione si sono formati facendo da assistenti ad un professore più anziano dopo la laurea. In alcuni casi con successo, in altri favorendo il baronato che ancora affligge l’università ad esempio italiana.

2. Un economista fa ricerca. Fare ricerca significa tipicamente scrivere articoli per riviste scientifiche in economia (non libri, o per lo meno non solo libri). Pubblicare in una buona rivista è difficile e sta diventando sempre più difficile, perchè il numero degli economisti aumenta e il numero delle pagine pubblicate dalle riviste che contano - che sono al massimo una decina – è pressoché costante. Il direttore della rivista (editor) chiede il parere anonimo di altri economisti, esperti dell'argomento, detti "referees". In moltissimi casi, il parere è negativo (reject) e la rivista non pubblica l'articolo, che in genere viene ripresentato in riviste meno prestigiose. Le migliori riviste rifiutano la stragrande maggior parte degli articoli che ricevono (che sono già auto-selezionati). Se va bene, i referee chiedono modifiche spesso fondamentali (revise and resubmit). L'autore rimanda la versione rivista e la giostra ricomincia, finchè l'editor accetta l'articolo o lo rifiuta definitivamente. Insomma, è normale che un articolo impieghi 2 anni o più dalla prima presentazione alle pubblicazione.

E‘ importante notare che non solo economisti accademici, nelle università, fanno ricerca. La fanno anche quelli che lavorano presso i servizi studi di banche centrali, organismi internazionali etc. Come per gli accademici l’insegnamento e l’attività amministrativa è tipicamente un dovere contrattuale di cui essi farebbero spesso volentieri a meno, così gli economisti alle banche centrali fanno rapporti sui mercati dei cambi o dei titoli per dovere, ma appena possono si dedicano alla ricerca. Nelle istituzioni internazionali è il rapporto sulla Grecia o il Ghana ad essere dovere per gli economisti. Questo non significa che questi rapporti vengano fatti male o di malavoglia necessariamente, o che gli accademici non amino l’insegnamento. Ma il lavoro vero per un economista è la ricerca.

3. Un economista ascolta seminari e presenta regolarmente il proprio lavoro, a seminari e a conferenze; e poi fa referee report. Non è possibile fare l’economista senza andare ai seminari, le presentazioni della ricerca di altri economisti (due o tre la settimana, tipicamente, della durata di circa 90 minuti). Lo scambio delle idee, la discussione, è un piacere ed una necessità. Allo stesso modo non si invia un articolo ad una rivista senza averlo presentato almeno cinque o sei volte in dipartimenti diversi (spesso molti di più, decine). I commenti sono fondamentali. Lo stesso per le conferenze: ci si va per avere idea di dove va la professione, di che direzione sta prendendo la ricerca all’interno di un campo specifico o tra campi diversi. Anche qui, tra cinque e dieci l’anno è più che normale. Di referee report se ne fanno almeno uno o due al mese (a volte di piu') e con l’età (e il prestigio) spesso si diventa editor di una qualche rivista e se ne fanno molti di più. E poi un economista tende a partecipare al mercato dei giovani, perché è lì che nascono le idee più nuove ed interessanti, naturalmente. Anche qui, tutto questo non avviene solo nelle università, ogni banca centrale ad esempio ha un servizio studi con una serie di seminari importante e centrale alla sua vita interna.

4. Un economista insegna ad un dottorato di ricerca e cura l’attività di ricerca degli studenti di dottorato. Quella di seguire un gruppo di studenti all’inizio del proprio lavoro di ricerca e di portarli alla tesi di dottorato, che consiste in due o tre articoli, è una grossa parte del lavoro di un economista. In accademia, sia gli studenti che i professori vivono in dipartimento, gli studenti e i professori più giovani spesso fino alle tarde ore della notte. Il rapporto è solitamente estremamente informale, rari gli appuntamenti: lo studente entra nell’ufficio e si mette alla lavagna a spiegare la sua nuova idea per ricevere commenti o suggerimenti. Questo ovviamente avviene soprattutto per gli economisti accademici, ma anche nelle banche centrali o nelle istituzioni internazionali i più vecchi sono mentori dei più giovani, e spesso chi sta in questi centri di ricerca prende sabbatici o altro per insegnare in un qualche dipartimento ed avere accesso agli studenti.

Il lettore comprenderà che quella dell’economista, così come l’ho caratterizzata, è una professione specifica. È difficile che un giornalista o un trader possano farlo. E‘ impossibile fare l’economista senza passare quasi tutto il proprio tempo a fare l’economista. Naturalmente, con l’età l’attività di ricerca ogni tanto rallenta (spesso anche no, fino ai 70) e a volte finisce. Alcuni economisti finiscono a fare consulenze o attività pubblicistica o semplicemente ad andare in barca a vela. Dopo quanto tempo un economista che si dia ad altro smette di essere un economista? Dipende da tante circostanze – cruciale è quanto ci si mantiene al corrente con la ricerca (andando ai seminari ad esempio). Un esempio per tutti: Ben Bernanke è entrato ottimo economista alla Fed e ne uscirà a breve come tale. Alan Greenspan non è mai stato un economista e mai lo sarà. Nemmeno Paul Volcker, che pure è stato a mio parere uno dei migliori governatori della Fed del dopoguerra.

Il lettore penserà che la mia caratterizzazione della professione di economista è essenzialmente quella di un economista accademico; e che pur includendo alcuni economisti che non sono in accademia, ho comunque ammesso nella categoria solo quelli che si comportano essenzialmente come gli accademici. Che male c’è invece a chiamare economista anche il trader, il giornalista economico e altre figure professionali di questo tipo, che pur non essendo accademici, di economia si occupano comunque? In effetti non vi è nulla di male, dopotutto le definizioni sono convenzioni e basta intendersi. Anche se le definizioni servono a distinguere cose diverse e il lettore ammetterà che l’economista di cui parlo io è molto diverso ad esempio da un trader che operi con competenza sui mercati finanziari e abbia opinioni al proposito.

Ma il punto cruciale è che il giornalista economico o il trader che si auto-definiscano "economista" tipicamente lo fanno per millantare conoscenze che non hanno; questo è il caso dei miei due interlocutori, che hanno motivato questo post. Il trader che scrive di mercati finanziari – o il giornalista che commenta gli ultimi dati sul mercato del lavoro in Italia – non si auto-definisce economista. Lo fa chi commenta sulla disciplina, così come essa è praticata, e che auto-definendosi "economista" mira a far credere al lettore di essere all’interno della disciplina che sta criticando. O lo fa chi sfrutta la psicologia di massa per proporre soluzioni a problemi economici che pur se errate (o incorrette, o imprecise, o mal formulate) sono quello che la massa desidera sentirsi dire. Il venditore di olio di serpente contro il cancro deve dire di essere un medico; un medico critico della disciplina, ma un medico; altrimenti la massa lo prende per venditore di olio di serpente quale e'. È ovvio, in altre parole, che una critica interna alla disciplina abbia molto più valore, negli occhi del lettore che non ha gli strumenti per distinguere, di una critica esterna. Per questo l’operazione di auto-definirsi "economisti" è disonesta intellettualmente – proprio perché con "economisti" essi intendono proprio "economisti accademici", così come io li ho caratterizzati. Non è un caso che queste persone (Borghi, Gawronski, Napoleoni sono esempi perfetti) tipicamente cerchino contratti di insegnamento all'università. Per quanto diano, in Italia, diritto a auto-qualificarsi "professore" nei biglietti da visita, i contratti di insegnamento sono oggetti diversissimi dalle posizioni accademiche e non soddisfano nessuna delle proprietà di cui sopra. Sono sabbia negli occhi del lettore.

Un trucco tipicamente usato da questi sedicenti economisti (e dai venditori di olio di serpente) e quello di lamentare il "pensiero unico" che li esclude. Non e' cosi'; essi sono esclusi semplicemente perche' son fuori - non sono economisti, non partecipano al dibattito disciplinare ne' lo comprendono (il dibattito sulla stampa e' ben altra cosa, ovviamente; a quello partecipano e fan bene a farlo se hanno qualcosa da dire). Ma il "pensiero unico" e' un'invenzione. Critiche interne all'economia esistono eccome. Lo sono naturalmente quelle di P. Krugman o di J. Stiglitz (su di esse io ho i miei dubbi, ma per questioni diverse, perche' sono motivate dalla retorica politica). Ma soprattutto, critiche interne sono ad esempio quelle di D. Laibson e M. Rabin (economisti comportamentali; ad Harvard e a Berkley, non tra gli infedeli). E' che essendo queste critiche intelligenti e complesse, pochi le comprendono al di fuori del dibattito accademico, dove si blatera invece di "pensiero unico". Invece critiche da parte chi non ha mai praticato la professione come tale ma si ostina a millantare di farne parte sono innanzitutto disoneste, indipendentemente dal fatto che siano critiche solide o meno.

Naturalmente non penso affatto che il dibattito economico debba essere riservato agli “economisti”, come ho gia' detto. Ci mancherebbe, idee intelligenti riguardo a temi economici possono venire da molte parti. Succede spesso. Io credo che gli economisti tendano ad avere maggiore comprensione della struttura logica degli argomenti economici e anche una superiore capacita' di analisi dei dati. Essi hanno anche una maggiore comprensione dei limiti della disciplina: mi verrebbe da dire che proprio per questo gli economisti tipicamente non fanno previsioni - ma mi rendo conto che ci sono molte eccezioni e me ne dispiaccio - in ogni caso, diciamo che ci stanno piu' attenti. In questo senso credo che gli economisti siano essenziali nel dibattito economico. Ma le discipline accademiche tendono a chiudersi su se stesse verso l’esterno e anche per questo un dibattito aperto è cosa buona e giusta; di più, necessaria. Trader, giornalisti, ma anche imprenditori, consulenti, portano competenze diverse e utilissime al dibattito sulla stampa riguardo a temi economici. Non dico questo cosi' per dirlo con snobistica magnanimita'. Lo penso veramente. In Italia ad esempio c'e' un blogger che fa il trader, alcuni giornalisti economici che bloggano e twittano, e almeno un ex-consulente che scrive sui giornali, che non mi perdo mai; e da cui imparo sempre qualcosa. Nessuno di loro si definisce "economista", che io sappia.

Ma un dibattito che inizia con la disonestà intellettuale non è accettabile. La disonestà va smascherata prima di iniziare a dibattere, per rispetto al lettore. Non è un caso che chi senta il bisogno di millantare conoscenze spesso abbia anche pochi argomenti degni di questo nome, come nel caso dei miei interlocutori che hanno motivato il post; e anche, dal quel che capisco, di Loretta Napoleoni. Che ognuno dichiari con onesta' cosa fa nella vita prima di iniziare. L'onesta' intellettuale e' cosa su cui un intellettuale non transige - per questo le accuse ricevute da parte della buona e benpensante borghesia milanese di voler "srotolare" il CV mi hanno fatto molto male. Non "srotolo" nulla, non lo ho mai fatto, ma non accetto che si "srotoli" quello che non si ha, da parte di nessuno, traders, giornalisti, o buona borghesia milanese che essi siano.

Un esempio finale che spero chiarisca la mia posizione. Io mi sono occupato e mi occupo tra l’altro di economia matematica. Ho insegnato matematica per vari anni. Naturalmente ho insegnato matematica a studenti del college e del dottorato di economia e ho insegnato quella matematica che conosco e che gli economisti usano, diciamo teoria della misura e processi stocastici. Ora, potrei definirmi matematico? No. Ma diciamo di si, con un bel po’ di vanità, attribuendo a me stesso quella superiore intelligenza che indubbiamente i matematici possiedono. Se fiero della mia mia auto-qualifica di matematico scrivessi in un blog letto da matematici potrei (forse) anche dire cose intelligenti, avendo sui processi stocastici una prospettiva diversa (da economista); potrei magari porre questioni a cui matematici veri non hanno pensato o proporre una diversa e interessante interpretazione o applicazione di un teorema; se fossi piu' intelligente di quello che sono potrei anche magari provare un nuovo teorema o un corollario ad un teorema esistente. Ma se invece fiero della mia auto-qualifica di matematico scrivessi i) che la disciplina sta prendendo una piega pericolosa, che troppi matematici si occupano di teoria dei numeri, campo troppo astratto e assolutamente inutile, anzi socialmente dannoso perché le sue poche applicazioni sono in crittografia e quindi utilizzate dai servizi segreti di vari paesi per ragioni di spionaggio online; ii) che troppo pochi si occupano di teoria della misura e processi stocastici (la sola piccolissima parte della matematica che io un po' conosco); se scrivessi questo in pubblico auto-definendomi "matematico" non starei facendo una operazione intellettualmente disonesta? Da economista potrei dire tutto questo ed il lettore capirebbe subito il mio giochetto interessato, ma se mi qualificassi come matematico la cosa sarebbe profondamente diversa, disonesta appunto.

Un caveat finale, che dovrebbe essere chiaro ma che fa probabilmente bene specificare esplicitamente: non voglio creare l'ordine degli economisti certificati, ne' tanto meno assurgere a giudice di chi puo' dichiararsi economista o meno. Voglio solo informare il lettore riguardo a cosa e' tipicamente un economista nella sua professione per permettere al lettore stesso di meglio distinguere chi, millantando critiche esterne per critiche interne, compie una operazione di disonesta' intellettuale. Poi gli economisti sono molto diversi tra loro. Chi voglia comprare olio di serpente, liberissimo di farlo.

P.S. Per chi conosce Newsroom: ha un PhD ma anche Soal Sabbith millanta: non e' un'economista, purtroppo.
 
E' mia opinione che un economista sia un teorico dell'economia e delle finanze, insomma della gestione dei soldi e dei beni di ogni genere.

Teorico, non scienziato, di teorie sempre differenti da economista a economista.
 
E' mia opinione che un economista sia un teorico dell'economia e delle finanze, insomma della gestione dei soldi e dei beni di ogni genere.

Teorico, non scienziato, di teorie sempre differenti da economista a economista.

hai letto l'articolo?
 
hai letto l'articolo?

Chiedo scusa.

No, non l'ho letto. Oramai non leggo e non reggo più alcun articolo di economisti, di economia, di finanza.

Non credo più a niente e a nessuno in tali argomenti.
 
ripeto sino alla noia, ma sembra nessuno lo vuole capire . L'economia segue le leggi della termodinamica , dove valgono i salti entalpici , il concetto di enbtropia , quello del rendimento quello degli andamenti asintotici e così di seguito . Ma di tutto questo i nostri economisti e non solo i nostri , dimostarno di non sapere niente . Nel corso di laurea è previsto anche un esame di fisica , ma tutti i laureati cercano di superarlo con un bel 18, acchiappato alla meno peggio.
 
Io ripeto fino alla noia l'opinione che gli economisti dissertano a comando degli interessi, economici, che rappresentano.
 
“Un economista è qualcuno che vede qualcosa funzionare nella pratica e chiede se potrebbe funzionare in teoria.”
RONALD REAGAN
 
“L'economia è estremamente utile come forma d'impiego per gli economisti.”
JOHN KENNETH GALBRAITH

“L'economia dipende tanto dagli economisti quanto il tempo dalle previsioni meteorologiche.”
JEAN PAUL KAUFFMANN

“Un economista è un esperto che saprà domani perché le cose che ha predetto ieri non sono successe oggi.”
LAURENCE JOHNSTON PETER
 
Chiedo scusa.

No, non l'ho letto. Oramai non leggo e non reggo più alcun articolo di economisti, di economia, di finanza.

Non credo più a niente e a nessuno in tali argomenti.

Comunque il thread lo considero interessante.
 
Chiedo scusa.
No, non l'ho letto. Oramai non leggo e non reggo più alcun articolo di economisti, di economia, di finanza.
Non credo più a niente e a nessuno in tali argomenti.
:D
Non hai tutti i torti.
Un po' anche perche' l'economia ha una forte componente sociale che la mina nelle fondamenta come disciplina scientifica, oltre che una forte contiguita' con la politica (il che e' pure peggio..).
 
Bisin difende i suoi interessi.

E cosa dice di Mario Monti, economista secondo tutti i parametri da lui elencati, che è stato in grado di affossare l'economia italiana in brevissimo tempo come pochissimi altri sono stati in grado di fare?
 
Bisin difende i suoi interessi.
E cosa dice di Mario Monti, economista secondo tutti i parametri da lui elencati, che è stato in grado di affossare l'economia italiana in brevissimo tempo come pochissimi altri sono stati in grado di fare?
Bisin ho idea che risponderebbe che contemporaneita' non e' correlazione.
Comunque torna il concetto di verificabilita' dell' economia: sarebbe divertente vedere cosa avrebbe fatto borghi al posto di Monti, ma non si puo' fare.
 
:D
Non hai tutti i torti.
Un po' anche perche' l'economia ha una forte componente sociale che la mina nelle fondamenta come disciplina scientifica, oltre che una forte contiguita' con la politica (il che e' pure peggio..).

Non ne mina le fondamenta scientifiche. Ne mina le fondamenta super*****listiche. La random walk associata a modelli non lineari non si traduce con un rutto di salvini o un tweet di renzi.
 
ce l'anno dimostrati i ragazzi di LTCM cos'è un economista.
o nemmeno quelli lì sono economisti? :mmmm:
 
Gli economisti sono come il debito pubblico, non esistono!!! altrimenti avrebbero risolto i problemi dell'economia e saprebbero fare analisi sul futuro in modo da non farli nascere proprio(i problemi).
 
Vincent Vеga;49278608 ha scritto:
ce l'anno dimostrati i ragazzi di LTCM cos'è un economista.
o nemmeno quelli lì sono economisti? :mmmm:

che c'entra il default russo con la rw non lineare?

Sai che non tutti i pazienti guariscono? Non per questo ti rivolgi ad un santone
 
Gli economisti sono come il debito pubblico, non esistono!!! altrimenti avrebbero risolto i problemi dell'economia e saprebbero fare analisi sul futuro in modo da non farli nascere proprio(i problemi).

Hai mai visto un biologo prevenire una malattia che non esiste?
 
Stregone + contabile = economista
 
“L'economia è estremamente utile come forma d'impiego per gli economisti.”
JOHN KENNETH GALBRAITH

“L'economia dipende tanto dagli economisti quanto il tempo dalle previsioni meteorologiche.”
JEAN PAUL KAUFFMANN

“Un economista è un esperto che saprà domani perché le cose che ha predetto ieri non sono successe oggi.”
LAURENCE JOHNSTON PETER

Applausi
 
Economics is a form of brain damage | Real-World Economics Review Blog

traduzione google

L'economia è una forma di danno cerebrale :D
30 aprile 2017 Asad Zaman
Da Asad Zaman

Ambientalista David Suzuki colpisce il chiodo sulla testa. Il numero di modi in cui la teoria economica ti chiude sistematicamente alle realtà del mondo in cui viviamo è quasi inesplorabile. Quando la tassa di proprietà di Henry George è diventata ampiamente popolare, gli economisti "scomparvero" la terra come un fattore di produzione dalle teorie economiche, fondendolo illegittimamente con il capitale. Il denaro è fatto per "scomparire" usando la teoria quantitativa dei soldi per affermare che il denaro è velo. Ciò rende impossibile capire come i meccanismi di creazione di denaro assicurino che i ricchi possano ricchiare a scapito di noi. La natura parassita dell'industria finanziaria è stata coperta dall'idea di "creazione di ricchezza" - quando la speculazione selvaggia raddoppia il prezzo delle scorte, i finanziatori hanno creato ricchezza, un'attività socialmente preziosa, Invece di frode e di inganno. Le idee della concorrenza, della sopravvivenza più forti e del darwinismo sociale sono state utilizzate per giustificare un gran numero di attività di libero mercato che danneggiano le masse per fare profitti ai ricchi. Non c'è dubbio che credere che tutte le teorie economiche del libro di testo conducano a gravi danni cerebrali, come ho già sperimentato - il processo di insegnamento è stato lento e doloroso. Ecco il video di 2 minuti di David Suzuki:
 
Indietro