E' esplosa l'estate: mediterranea (ma non solo)

Siviglia III





"Quando ti avvolgono nella notte
le ali di tulle del sonno
e le tue ciglia aperte
somigliano ad archi d'ebano,
per ascoltare i battiti
del tuo cuore inquieto
e reclina il tuo sonno
testa sul mio petto,
dai, anima mia,


Quanto possiedo?
la luce, l'aria
e pensare!

Quando i tuoi occhi sono inchiodati
in un oggetto invisibile
e le tue labbra si illuminano
di un sorriso il riflesso,
da leggere sulla tua fronte
il pensiero silenzioso
cosa succede come la nuvola
del mare sull'ampio specchio,
dai, anima mia,
quanto desidero,
fama, oro,
la gloria, il genio!

Quando la tua lingua tace
e il tuo respiro accelera,
e le tue guance si illuminano
e stringi i tuoi occhi neri,
per vedere tra le sue ciglia
risplendere di fuoco umido
la scintilla ardente che germoglia
dal vulcano dei desideri,

dai, anima mia,
per quanto tempo aspetto,
fede, spirito,
la terra, il cielo."

(di Gustavo Bécquer, n. Siviglia 1836 , Rima XXV)






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Dal lato concettualmente opposto il Metropol Parasol: la struttura, conosciuta come “las Setas de Sevilla” (i funghi di Siviglia) o Setas de la Encarnación, sorprende per la sua originale architettura.
Ideato dal tedesco Jürgen Mayer e completato nell'aprile 2011, in legno e cemento. Con più di 28 metri di altezza, offre un percorso di 250 metri dal quale godere di viste fantastiche delle diverse zone della città dall'alto.




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questa invece è l'isola Li Galli. Le passo vicino con l'aliscafo ogni volta che vado sull'isolaOK!

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A largo di Positano, circondate da una natura incontaminata, la bellezza di queste isole ha attirato nei secoli letterati, attori, coreografi e danzatori. Tutti affascinati dall’ incanto dei suoi paesaggi e dalla sua dolce melodia silente

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Le isole Li Galli hanno una vita plurimillenaria. Abitate già dal periodo romano, hanno accompagnato, accarezzato, affiancato e a volte intrappolato infiniti naviganti tra militari e corsari, commercianti e pescatori. Proprio in queste isole in molti, con le proprie navi, andavano a schiantarsi, prede di correnti marine tra le più vigorose che proprio intorno alle isole formavano una sorta di vortice che non lasciava scampo. Probabilmente per questo motivo gli antichi pensavano che queste isole fossero abitate dalle sirene, creature metà donna e metà uccello che con il loro canto ammaliavano i naviganti. Da ciò il loro nome, Li Galli, riferito proprio a queste creature che nell’iconografia antica venivano rappresentate come galline.
 
:clap: una chicca, Ballerina ;)

La loro esistenza l'ho scoperta solo pochi mesi fa, sulle tracce di Picasso che a Positano lavorava con i balletti russi e Satie per lo spettacolo Parade. Bè, coerografo di quell'opera era proprio il ballerino russo più noto con il nome di Leonide Massine, che nel 1924 acquistò l’intero arcipelago delle Li Galli per realizzare un centro artistico di musica, danza e cultura, dove poter liberare la propria creatività.

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Purtroppo l’ambizioso progetto non trovò poi luce; al suo posto venne però costruita una maestosa villa, denominata Grande o Massine, nel verde incontaminato sopra delle preesistenti rovine romane, per la cui realizzazione ha collaborato pure l'architetto francese Le Corbusier.

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"Il proprietario de Li Galli, il ballerino russo Léonide Massine, ... voleva un’insegnante di italiano per i suoi due figli più piccoli, Pietro e Teodoro, che ai tempi avevano circa 10 e 12 anni. Sapevano solo il tedesco e mia madre, insegnante di italiano, lo parlava.
Qualche volta la accompagnavo, all’inizio recalcitrante, adolescente irrequieta quale ero, con la voglia di restare sulla spiaggia con gli amici. Poi, sempre più incuriosita, prendevo pinne e maschera e andavo con lei. Mi piaceva l'idea di un giro in barca.

Non mi rendevo conto della fortuna, del privilegio di poterla seguire. Viaggio dopo viaggio mi tornavano alla mente i racconti e le leggende che circondano quelle isole. Nella mezz’ora di tragitto che ci separava dall’arrivo, la mamma mi ricordava la storia di Ulisse, del canto delle Sirene, dell’Odissea. Lo sbarco sull’isola si arricchiva di misteri e di aspettative su quello che avrei visto. All’imbarcadero non trovavo le Sirene ad accoglierci, ma una imponente signora tedesca, Hannelore, la moglie di Massine, sempre in compagnia del marito, un omino dai grandissimi occhi azzurri che parlava uno strano italiano, misto a parole che non capivo.
Sul muro di un casotto, che probabilmente serviva da deposito per motori e attrezzi, c’era una grande maiolica che rappresentava un guerriero saraceno.

La mia sirena era un bastardino bianco che si chiamava “Palommella”, il cane del guardiano. Mentre la mamma faceva lezione, io passeggiavo per l’isola con Palommella, esplorando anche posti dove non sarei dovuta andare. Giravo intorno alla Torre Saracena, mi buttavo in acqua e nuotavo fino all’isoletta di fronte, il Castelluccio, dove ancora si vedevano delle rovine. Era molto pericoloso; l’unica volta che mi ci arrampicai, Massine mi richiamò con il megafono, pregandomi di scendere e tornare indietro.

Nell’edificio principale dell’isola principale, che ha la forma di un delfino, c’era una terrazza con una fontana e una vista meravigliosa. Tutto in decadenza, ma a me piaceva moltissimo. A volte, quando non la seguivo, la mamma si fermava per pranzo, e nei giorni di particolare brutto tempo la moglie di Massine le offriva persino di rimanere a dormire. In quelle occasioni il padrone di casa, amante delle feste e molto conviviale, raccontava episodi della sua vita e dei fatti avvenuti sull’isola.
"

(di Annamaria Passaro, nata a Milano nel 1955 da famiglia napoletana, sul web)

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Alla morte di Massine, le isole si legano nuovamente alla danza: furono acquistate nel 1989 da Rudolf Nureyev, letteralmente folgorato dal fascino dell’isola e dalla sua capacità ispiratrice, al punto da pianificare l’apertura di una scuola di ballo proprio lì.
Nureyev animò l’isola e Positano con la sua presenza e la vitalità del suo genio, pur non mancando di isolarsi da tutto per danzare nella quiete della sala da ballo che nella villa aveva attrezzata.

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Finché gli fu possibile trascorse a Li Galli il mese di agosto, lontano dai riflettori, un appuntamento per lui irrinunciabile con quello scarno scoglio che la mitologia aveva consacrato come la terra delle Sirene. Tanto che si racconta che l’ultima volta che lasciò l’isola, sapendo che la terribile malattia non gli avrebbe concesso di rivederla, baciò più volte la roccia: un gesto di amore vero, una danza dell’anima che distingue i grandi, e chi conserva la grazia dell’innocenza.

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Venuto prematuramente a mancare , ha comunque lasciato una traccia di sè nell'isola, donando a Giovanni Russo, imprenditore della penisola Sorrentina, un’incredibile collezione di maioliche di Siviglia, gli amati Kilim persiani e numerose lampade artigianali dal design unico.

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Qualche altro tormentone ;)



 
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"Nei mesi estivi il solleone
rende i muri così abbaglianti
che a fissarli vien sonno:
tende gialle e rosse
si abbassano sui negozi;
il nastro di cielo
che s’allunga fra due strisce
parallele di tetti
è una lamina di metallo rovente.
Dolce è non far niente,
accucciati sulle pietre roventi,
respirando il caldo
."


(di Ada neri)


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l'estate è... anguria!


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Tarifa

Il fascino della cittadina è dovuto al suo carattere storico dato dall’imponente castello moresco di Guzman El Bueno, risalente al 960, dalle mura merlate, dalla chiesa di San Matteo, dalle stradine acciottolate e dalle rejas di ferro delle case imbiancate a calce.

Situata lungo la Costa de la Luz, nel punto più vicino dello stretto di Gibilterra dove il Mar Mediterraneo incontra l’Oceano Atlantico. Con la sua costa selvaggia sviluppa 10 chilometri di spiagge bianche: Playa Chica, Playa de los Lances, Punta Paloma, che si trova a nord di Tarifa ed è sormontata da moderni mulini a vento allineati sulle creste delle colline, e la Caleta.

Tra le cose da fare, particolarmente apprezzata per il kitesurf e le passeggiate a cavallo

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L'estate è anche Festival del cinema di Venezia OK!

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Anche quest'anno voglio dedicare qualche post alla rassegna lagunare sulla settima arte. La 79° edizione, che si è aperta l'ultimo giorno di agosto, ha per madrina l'attrice ed ex ballerina, originaria del sud della Spagna e nata nella sua capitale, Rocío Muñoz Morales, che è anche moglie del nostro Raoul Bova.

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Nuovamente a Venezia Cate Blanchett, con la pellicola "Tar", e torna con "Bardo" il grande regista messicano Alejandro Iñárritu: il suo primo film a sette anni dall'Oscar con "Revenant".
Personalmente attendo con interesse il film postumo di Kim Ki Duk, che avevo molto ammirato in alcune precedenti opere.

Intanto per il cinema italiano si è messo in luce Andrea Pallaoro con la pellicola "Monica".



Assistito dalla fotografia di Katelin Arizmendi, narra la storia di un figlio che esce di casa bambino e vi ritorna vent'anni dopo come trans (interpretata dall'attrice transgender Trace Lysette) , al cospetto di una madre gravemente malata (Patricia Clarkson, già candidata all'Oscar).

Il regista trentino, che da anni vive soprattutto a Los Angeles, ha scelto immagini curate minuziosamente come piccole icone di un mosaico tutto interiorizzato, ritmi e dialoghi di rigorosa essenzialità, scegliendo di girare ancora in pellicola 35 millimetri, un formato per certi versi d’antan.
 
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E dall'Andalucia, terra storica di corride, dove andiamo?

Naturalmente a Creta :D, dove sono nate: la prima traccia giunta ai giorni nostri è infatti costituita da un affresco, originariamente contenuto nel palazzo di Cnossos, risalente al 1700-1500 a.C.

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A una manciata di Km. dal capoluogo Heraklion, ci troviamo infatti nella reggia di Minosse, che conosciamo dalla mitologia per l'avventura dell'eroe ateniese Teseo, che nel labirinto costruito dall'architetto Dedalo affronterà il temibile Minotauro, mezzo uomo e mezzo toro, appunto.

L’opera qui raffigura una taurokatàpsia, spettacolo sportivo molto diffuso all'epoca, senza essere cruento. Il dipinto mostra che quando il toro caricava, gli acrobati lo afferravano per le corna, compivano un doppio salto mortale sulla sua groppa e infine saltavano a terra, in piedi, alle sue spalle. Era dunque un gioco difficile e molto pericoloso, dove gli atleti dovevano dare prova di coraggio e coordinamento, di forza ed eleganza al tempo stesso. Un simile esercizio era certamente carico di significati simbolici: dominando senza armi la furia dell’animale, l’uomo celebrava la sua vittoria sulla forza bruta.



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Il sito di Cnossos fu scoperto nel 1878 dall'antiquario Minos Kalokairinos e dall'inizio del '900, dopo la proclamazione dell’autonomia dell’isola, i lavori di scavo furono portati avanti dall’archeologo britannico Arthur Evans per 35 anni.

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Questa città fu la culla dell’avanzata civiltà minoica: ne sono una testimonianza le decorazioni delle stanze e la ricchezza delle opere scoperte in loco, a comimciare dal palazzo sopra citato. Il sito si estende, come un vero labirinto, per una superficie di 20.000 mq e fu, naturalmente, il centro economico, politico e religioso dell'isola.


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Numerosi sono gli affreschi, oltre a quello predetto, con una tecnica di pittura che verosimilmente è stata importata dall'Egitto. Ciò si evince sia dalla classica visione di profilo degli esseri umani, sia dall'uso dei colori, molto vivaci.
Tuttavia i cretesi non ricorsero al simbolismo ma rappresentarono momenti della vita della natura e di vita quotidiana o legate a riti, giochi, feste, oppure delle semplici scene di caccia o paesaggi naturali con animali e piante.


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"Allo sguardo vuoto delle finestre, il mattino
con tutti i suoi denti che ha azzurri e brillanti,
gialli, verdi e rossi, ai balconi si cullano le tende.
Giovani donne con le braccia nude stendono i panni.

Un uomo, a una finestra, col binoculo in mano.

Mattino chiaro dagli smalti marini
perla latina dai bagliori liliali:
Mediterraneo.

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II

Mezzogiorno sul mare immobile e caloroso:
mi accetta senza grida: un silenzio e un sorriso.
Spirito latino, Antichità, un velo di pudore sul grido torturato
!
Vita latina che conosce i suoi limiti,
Rassicurante passato, oh! Mediterraneo!
Sulle tue rive trionfano ancora voci ormai taciute,
che dicono di sì perché ti hanno negato!

Enorme e leggero,
assicuri e soddisfi e mormori l’eternità dei tuoi minuti,
oh! Mediterraneo! e il miracolo della tua storia,
lo racchiudi tutto quanto
nell’esplosione del tuo sorriso.
Inalienabile vergine, a ogni ora la sua natura si concepisce
in nature già formate.
La sua vita rinasce sui nostri dolori.
Prende il volo! e da quali ceneri – luminosa fenice!

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Mediterraneo! il tuo mondo è a misura nostra,
l’uomo all’albero si unisce e in due l’Universo si recita la commedia
in costume del Numero d’Oro
dall’immensa semplicità senza scosse sgorga la pienezza,
oh! natura che non fai salti!
Dall’olivo al Mantovano, dalla pecora al pastore,
solo l’innominabile comunione dell’immobilità.
Virgilio cinge l’albero, Melibeo va al pascolo.

Mediterraneo!
Biondo pergolato azzurro dove dondola la certezza,
così vicina, oh! così vicina alle nostre mani,
che i nostri occhi l’hanno accarezzata e le dita l’hanno lasciata.

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III

Nella sera incombente con la giacca sulle spalle, tiene la porta aperta –
lambito dai riflessi della fiamma, l’uomo entra nella sua felicità
e si dissolve nell’ombra.
Così questi uomini rientreranno in questa terra, certi di avere una proroga,
più sfiniti che sazi della felicità di aver saputo.
Nei cimiteri marini c’è solo eternità.
Lì, l’infinito si stanca ai funebri fusi.
La terra latina non trema. E come il tizzone detonante volteggia nella maschera immobile
di un cerchio,
Indifferente, appare l’inaccessibile ebbrezza della luce.
Ma ai suoi figli questa terra apre le braccia e fa carne della loro carne
,
e questi – sazi, si riempiono del segreto sapore di questa
trasformazione – lentamente la assaporano a mano a mano che la scoprono.

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IV

E presto, ancora e poi, i denti, i denti azzurri e brillanti
Luce! Luce! l’uomo si completa in lei.

Polvere di sole, scintillio d’armi,
Principio essenziale dei corpi e dello spirito,
in te i mondi si bruniscono e si umanizzano,
In te ci rendiamo e i nostri dolori si sublimano.

Insistente antichità
Mediterraneo, oh! mare Mediterraneo!
Soli, nudi, senza segreti, i tuoi figli attendono la morte.
La morte te li renderà, puri, finalmente puri."



di Albert Camus (n. Dréan, 7 novembre 1913)


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Torniamo ai cocktails :). Uno dei primissimi ad essere molto apprezzato in questa estate caliente è stato palesemente il Mojito, il quale fu inventato nientepopo'dimeno che da un pirata :D.


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Francis Drake, il famigerato corsaro comunque benvoluto dalla regina Elisabetta I che lo fece Cavaliere, arrivò con la propria nave nella regione dell’Havana nel XVI secolo, a seguito alla circumnavigazione del mondo. Escogitò un sistema per preservare :angel: i suoi marinai dallo scorbuto durante le traversate: succo di lime, rhum non invecchiato (aguardiente), hierba buena (simile alla nostra menta) e zucchero raffinato bianco di canna. L'aveva battezzato Draquecito :D

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La versione più moderna parte da metà dell’800, dopo la nascita dell'attuale rum, grazie alle tecniche di distillazione e invecchiamento perfezionate dalla distilleria Don Facundo Bacardi y Massò, ed è stata poi elaborata da dal barman Attilio De La Fuente.

In un mortaio si pestano lime e zucchero (attenzione a non rompere la buccia latrimenti vi diventa amaro, piuttosto spremetelo), poi si aggiungono le foglie di menta, che vanno accarezzate con il pestello affinché esprimano il loro aroma. Quindi si versa nel bicchiere tumbler, aggiungete il ghiaccio, il rhum (di solito si va col bianco) e da ultimo la soda. Per finire si decora con un rametto di menta, non solo ai fini estetici ma perché solletica l'olfatto.

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Estivo e rinfrescante, nel gusto e nell'aroma, ti fa volare verso le spiagge bianche e l’acqua cristallina di Cuba. Era uno dei due cocktails preferiti da Hemingway alla Bodeguita del Medio. Favoloso per il nostro aperitivo dopo la spiaggia (ma anche durante :fiufiu:)

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"Improvviso, inaspettato, rapido,
troppo simile al lampo che finisce
prima che si dica “lampeggia”. Buona notte, mio amore!
Questo germoglio d’amore che si apre al mite vento dell’estate,
sarà uno splendido fiore quando ci rivedremo ancora."

(W. Shakespeare)





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A proposito del sopra proposto Palazzo di Minosse: nel luglio del 1939 Henry Miller raggiunge l'amico Lawrence Durrell, scrittore britannico, in Grecia dove decide di stabilirsi per qualche mese. Riguardo a Cnosso, un suo sogno di ventenne, Miller scrive: «in tutte le sue manifestazioni suggerisce lo splendore, il buonsenso, l’opulenza di un popolo potente e pacifico […] Si sente l’influenza dell’Egitto, la casalinga immediatezza umana del mondo etrusco, il saggio spirito di organizzazione comunitaria del tempo degli inca. Non pretendo di sapere, ma sentii, come di rado ho sentito davanti alle rovine del passato, che qui per lunghi secoli regnò un’era di pace […] Cnosso era terrestre nel senso migliore del termine».

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Andando alla scoperta dell'isola dove è nato Zeus, le dedica queste parole: «Creta è una culla, uno strumento, una vibrante provetta in cui è stato eseguito un esperimento vulcanico. Creta può calmare la mente, sopire il gorgoglìo del pensiero. Desideravo da tanto tempo e così ardentemente di vedere Creta, di toccare il suolo di Cnosso, di guardare un affresco sbiadito, di camminare dove “loro” avevano camminato.»

(da Il colosso di Marussi, 1941)



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Ricordo che Henry Miller, scrittore newyorkese di origine tedesca, dopo essersi trasferito a Parigi viene fortemente influenzato dal surrealismo e stabilisce un'importante rete di contatti con gli autori che ruotano attorno a Villa Seurat, fra i quali appunto il giovane Durrell. In questo stesso periodo, entra a far parte del salotto di Anaïs Nin.

Le opere narrative di Miller, permeate da esperienze autobiografiche legate soprattutto al suo rapporto con le donne, sono caratterizzate da originalità e schiettezza, anche per l'espressione della sua sessualità; egli alterna quel crudo realismo che solleva la polvere dagli angoli più bui a un vibrante surrealismo che scorre nelle vene come alcol puro di cui si avverte la forza corrosiva. Ha poi avuto notevole influenza sugli autori della Beat Generation, in particolare J. Kerouac e C. Bukowski.
 
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La storia del labirinto con l'uccisione della Bestia è ben nota: Teseo, figlio del re ateniese Egeo, si offre volontario fra i giovanetti da mandare annualmente alla mietitura (chissà Hunger Games da dove ha preso lo spunto :boh:). Arrivato a Creta seduce la principessa Arianna, lei chiede aiuto a Dedalo che le spiega il trucco del filo. Teseo fa fuori il Minotauro, s'imbarca con Arianna, ma la pianta in asso al primo autogrill, pardon isola :D, e veleggia verso casa, salvo dimenticare il colore delle vele :(.

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Un po' meno conosciuta è la nascita del mostro. Poseidone fa emergere dalle acque un possente toro bianco donandolo a Minosse, il re però ammira troppo la fierezza dell'animale e ne sacrifica un altro al dio del mare.
A quel punto sua moglie Pasifae s'invaghisce del forte toro (chi dice per vendetta di Poseidone, chi dice perché era trascurata dal marito invece donnaiolo, chi dice per sortilegio di Afrodite cui lei non offriva sacrifici, comunque va così) e brama di farsi possedere dall'animale. Così si reca da Dedalo (quando a Creta c'è un problema, si va sempre da Dedalo :D), che le costruisce una mucca di legno, cava all'interno, e rivestita di pelle bovina, per ingannare il toro.

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Pasifae entra nel manufatto collocato in un prato, facendo combaciare le sue gambe con quelle posteriori dell'animale finto. Il toro si avvicina e la monta.

Il tema è stato ripreso recentemente in una scultura dello spagnolo Oscar Estruga posta sulla spiaggia di Vilanova i la Geltru.

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Il desiderio della regina, però, ha come frutto una gravidanza imprevista, e così poi nascerà il Minotauro, con testa e forza di toro e corpo di uomo. Il re deve ovviamente nascondere lo scandalo, va da Dedalo (n'altra volta :D) che gli suggerisce di segregare la Bestia ibrida nel labirinto. Per questo motivo, sono 3 mila anni :eek: che al marito tradito viene riservato il termine cornuto :D, e alla moglie di facili costumi quello di vacca :D

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Non va dimenticato che Pasifae era tutt'altro che una donna da poco: figlia di Perseide ed Elio, proveniva dalla Colchide, terra famosa per la magia. Sua sorella è Circe, la regina dell'isola Eea dove sbarca Odisseo nel nostos più famoso
 
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Creta è ricca di spiagge stupende, le migliori sono probabilmente alle estremità

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Balos, a ovest

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Vai, a est.
Si, sono palme :)

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Elafonissi, di nuovo a ovest

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"Ed eccola, l'estate:
avvampa fichi d'India
il sole e viola stanze
protette da vane persiane.

Abbondano caraffe d'acqua
e nell'odorosa penombra limoni
curiosi come occhi forestieri

offrono il loro giallo guardare.

Frutti con spacchi che mostrano polpa
traboccano da panieri di canne

e sono come vergogne
coperti da foglie di fico.


C'è qualcosa di cortese
oggi nei suoni e nelle pose

incedere è l'andare
ma oscuro è il conversare.

E allora fermo le parole
pronte a salpare per l'immenso..."



(Lillo Gullo)

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