Pubblicato il 19/01/2023
N. 00664/2023REG.PROV.COLL.
N. 03789/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3789 del 2022, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, anche per conto della Commissione tecnica del fondo indennizzo risparmiatori di cui all’art. 1, comma 501, della legge n. 145 del 2018, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia
contro
la sig.ra -OMISSIS-, rappresentata e difesa dell’avvocato Roberto Pascolat, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia
nei confronti
della società Consap – Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Sanino e Lorenzo Coraggio, con domicilio eletto presso lo studio legale Sanino in Roma, viale Parioli, n. 180 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
della Banca Popolare di -OMISSIS- in liquidazione coatta amministrativa, in persona dei commissari liquidatori pro tempore, non costituita in giudizio
per la riforma
della sentenza, resa in forma semplificata, del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, pubblicata in data -OMISSIS-
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della sig.ra -OMISSIS- e della società Consap S.p.a.;
Visto l’appello incidentale proposto dalla società Consap S.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022 il Consigliere Brunella Bruno e uditi per le parti l’Avvocato dello Stato Fabio Tortora e gli Avvocati Roberto Pascolat e Lorenzo Coraggio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Il Ministero appellante impugna la sentenza del TAR per il Lazio indicata in epigrafe, con la quale è stato accolto, nei termini indicati nella relativa motivazione, il ricorso proposto dalla sig.ra -OMISSIS- – azionista della Banca Popolare di -OMISSIS-, sottoposta a procedura di liquidazione coatta amministrativa – avverso la determinazione della Commissione tecnica istituita ai sensi dell’art. 1, comma 501, della l. n. 145 del 2018, di rigetto dell’istanza da lei presentata a valere sul Fondo indennizzo risparmiatori (di seguito anche FIR).
Previa sintetica illustrazione del quadro normativo concernente il suddetto indennizzo, con precipuo riferimento alla distinzione tra la procedura ordinaria e quella c.d. forfettaria per l’ammissione al beneficio, il giudice di primo grado ha ritenuto illegittimo l’operato dell’amministrazione per difetto di istruttoria e carenza di motivazione, in quanto la società Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.a. (di seguito anche Cosap), rilevata l’assenza dei requisiti prescritti per accedere alla procedura prevista per i risparmiatori “forfettari”, avrebbe dovuto, in conformità alle regole stabilite dalla Commissione tecnica con proprie deliberazioni ed alle quali si era, quindi, auto vincolata, accedere ad ulteriori approfondimenti al fine di appurare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’indennizzo secondo il regime ordinario, basato sulla verifica circa l’integrazione di violazioni massive del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (di seguito anche TUF).
L’appellante Ministero critica la sentenza impugnata censurando, in primo luogo, l’insussistenza della giurisdizione amministrativa – implicitamente affermata dal primo giudice – , vertendo la controversia sulla concessione di un beneficio economico non ascrivibile al novero delle concessioni di beni pubblici e, dunque, non ricompresa nell’alveo della giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett b), c.p.a., con l’ulteriore rilievo che nella fattispecie non verrebbe in rilievo l’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’amministrazione, essendo i presupposti del riconoscimento del beneficio direttamente stabiliti dalla legge, al pari delle modalità di determinazione del quantum dell’erogazione.
L’appellante contesta, inoltre, l’omessa rilevazione da parte del primo giudice dell’inammissibilità del ricorso per omessa notificazione ad almeno un controinteressato, da individuare negli altri soggetti vertenti nelle medesime condizioni che hanno presentato domanda per il riconoscimento del beneficio.
Sulla base di un’articolata ricostruzione della disciplina normativa di riferimento, la Difesa erariale ha, altresì, censurato le conclusioni alle quali è addivenuto il primo giudice, deducendo, in sintesi, che i rapporti tra la procedura ordinaria e quella “forfettaria” sono regolati dalla legge, al pari dei requisiti prescritti per il riconoscimento del beneficio, dovendosi, quindi, escludere che la Commissione tecnica fosse attributaria di poteri che la legittimassero a modificare la fonte normativa primaria, la quale configura le due procedure come autonome e distinte, differenziate anche alla luce della ratio alle stesse sottesa. In ogni caso, le delibere della Commissione tecnica indicate nella sentenza impugnata sarebbero state non correttamente interpretate dal primo giudice, il quale avrebbe decontestualizzato il relativo contenuto giungendo a riconnettere alle stesse una portata generale che sarebbe oggettivamente da escludere, con effetti distorsivi sullo stesso meccanismo prefigurato dal legislatore per l’erogazione dell’indennizzo.
In tale quadro, l’appellante ha, dunque, sottolineato che avendo l’originaria ricorrente presentato la domanda secondo la procedura forfettaria agevolata ed essendo stata appurata l’incontestata assenza dei requisiti specificamente stabiliti dalla disciplina di riferimento (possesso di un reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche inferiore a € 35.000,00 nell’anno 2018 al netto di eventuali prestazioni di previdenza complementare erogate sotto forma di rendita, oppure, in via alternativa, di un patrimonio mobiliare di valore inferiore a € 100.000,00 al 31 dicembre 2018), non residuavano margini per procedere ad un differente vaglio sulla base dei requisiti stabiliti per la procedura ordinaria, caratterizzata dal previo accertamento delle violazioni del TUF da parte delle banche e del nesso causale tra le stesse ed il pregiudizio subito dal risparmiatore richiedente l’indennizzo. Osterebbero, inoltre, ad una riconsiderazione della posizione dell’originaria ricorrente secondo l’automatismo dalla medesima preteso, le previsioni dell’art. 75, comma 1 bis, del d.P.R. n. 445 del 2000, stante la non rispondenza a realtà di quanto dalla stessa dichiarato in sede di presentazione della domanda di indennizzo. La Difesa erariale ha, altresì, evidenziato l’insussistenza di violazioni delle garanzie di partecipazione procedimentale, tenuto conto, tra l’altro, della natura concorsuale della procedura e delle ragioni alla base del rigetto dell’istanza, incentrate sul mancato possesso di presupposti oggettivi, di carattere reddituale e patrimoniale, riscontrati sulla base dei dati detenuti dall’Agenzia delle entrate.
Con le successive deduzioni, la Difesa erariale si è soffermata sulle ulteriori censure dedotte con il ricorso originario, articolando argomentazioni a sostegno della relativa infondatezza, nonché sull’evoluzione della disciplina in materia, al fine di sottolineare che i numerosi interventi del legislatore, anche volti ad estendere la platea dei risparmiatori indennizzabili prorogando i termini di accesso al FIR, non hanno interessato le procedure per il riconoscimento dell’indennizzo, come previste dalla legge n. 145 del 2018 e dal decreto attuativo del 10 maggio 2019.
Si è costituita nel presente giudizio (e non anche in quello di primo grado) la società Consap, la quale interposto appello incidentale, contestando l’omessa rilevazione da parte del primo giudice della propria carenza di legittimazione passiva, non avendo adottato il provvedimento impugnato ed essendo deputata esclusivamente ad attività di verifica a supporto della Commissione tecnica. La società Consap, inoltre, ha formulato deduzioni analoghe a quelle formulate dall’appellante principale, insistendo per la riforma della sentenza impugnata.
Si è costituita in giudizio anche l’appellata sig.ra -OMISSIS-, la quale ha articolato ampie deduzioni a sostegno dell’infondatezza tanto dell’appello principale quanto di quello incidentale, rilevando, tra l’altro, che il provvedimento impugnato con il ricorso originario non reca a proprio fondamento le infedeltà dichiarative asserite solo nel presente giudizio dalle controparti, sottolineando la valenza di auto vincolo delle deliberazioni della Commissione tecnica alla base delle censure correttamente ritenute fondate dal primo giudice.
Alla camera di consiglio del 14 giugno 2022, su richiesta congiunta delle parti, è stata disposta la trattazione della causa nel merito, con espressa rinuncia dell’appellante alla domanda cautelare e contestuale impegno della parte vittoriosa a non portare ad esecuzione, nelle more, la sentenza impugnata.
Successivamente le parti hanno prodotto ulteriori documenti e memorie, anche in replica, a sostegno delle rispettive deduzioni; in particolare, con memoria depositata in data 4 novembre 2022, l’appellata oltre a ribadire profili di tardività delle deduzioni e produzioni delle controparti, ha, tra l’altro, rappresentato che il termine di valutazione e liquidazione delle domande da parte della Commissione tecnica verrà in scadenza nella data del 31 dicembre 2022, evidenziando l’urgenza della produzione della documentazione integrativa atta a comprovare le violazioni massive del TUF da parte della banca per il periodo di proprio interesse, già ritenute sussistenti dall’amministrazione relativamente agli acquisti successivi all’anno 2009.
All’udienza pubblica del 6 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio deve preliminarmente esaminare le deduzioni con le quali sia l’appellante principale sia l’appellante incidentale hanno contestato l’erroneità nella quale sarebbe incorso il primo giudice nel ritenere implicitamente sussistente la giurisdizione amministrativa, venendo nella fattispecie in rilievo la pretesa alla spettanza di benefici economici i cui presupposti sono stabiliti dalla legge, al pari delle modalità di determinazione del quantum dell’erogazione, difettando, dunque – ad avviso delle deducenti – qualsivoglia apprezzamento discrezionale da parte dell’amministrazione, con conseguente riconducibilità della controversia nell’alveo della giurisdizione del giudice ordinario.
1.1. Nel rilevare che nel giudizio di primo grado la questione della giurisdizione non ha costituito oggetto di alcuna eccezione da parte della Difesa erariale, costituitasi solo formalmente, il Collegio – a prescindere dai profili di inammissibilità della contestazione eccepiti dall’appellata –, non valuta la deduzione suscettibile di favorevole apprezzamento.
1.2. L’esame della questione relativa al riparto di giurisdizione impone di valutare il petitum sostanziale, ossia l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva dedotta in giudizio, individuata dal giudice con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest’ultima dal diritto positivo (v. ex plurimis, Cass. Sez. Un., 31 gennaio 2005, n. 6743; Cass. Sez. Un., 28 giugno 2006, n. 14846).
1.3. In particolare, secondo i principi espressi dall’Adunanza Plenaria 29 gennaio 2014, n. 6, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche (fattispecie assimilabili a quella in esame, almeno ai fini di giurisdizione) deve essere attuato (non configurandosi alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva) sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid, il quomodo dell’erogazione; inoltre, è configurabile una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse.
1.4. Il petitum sostanziale della presente controversia, chiaramente emergente dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado, attiene alla pretesa dell’originaria ricorrente a ottenere una valutazione circa la spettanza dell’indennizzo previsto dalla l. n. 145 del 2018, sulla base della procedura ordinaria e, dunque, dell’accertamento, da parte della commissione tecnica prevista dalla disciplina di riferimento, della sussistenza di reiterate violazioni del TUF (decreto legislativo n. 58 del 1998) da parte della Banca Popolare di -OMISSIS- e del nesso causale tra le stesse ed il pregiudizio da lei subito, a seguito della riscontrata insussistenza, da parte di detto organo collegiale, dei requisiti prescritti per accedere alla procedura forfettaria, pure di chiarati in sede di presentazione dell’istanza.
1.5. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Difesa erariale e dall’appellante incidentale, dunque, la situazione giuridica soggettiva ascrivibile in capo alla ricorrente originaria deve essere qualificata in termini di interesse legittimo pretensivo, assumendo ai fini in esame rilievo il contenuto delle censure formulate con il ricorso originario, segnatamente riferite alla dedotta sussistenza di obbligo dell’amministrazione ad una sostanziale conversione della procedura (da forfettaria ad ordinaria) sulla base di asseriti auto vincoli discrezionalmente stabiliti dalla stessa amministrazione.
1.6. Né può revocarsi in discussione che la verifica circa la sussistenza dei presupposti per la spettanza dell’indennizzo mediante la procedura ordinaria – oggetto della pretesa dell’originaria ricorrente – postula accertamenti e valutazioni che costituiscono esercizio di discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione.
Per quanto esposto, correttamente il giudice di primo grado è acceduto ad un esame nel merito della controversia, non ravvisando preclusioni in ordine alla spettanza della giurisdizione amministrativa.
2. Il Collegio rileva, inoltre, l’infondatezza dell’eccezione con la quale la società Consap, in house del Ministero dell’economia e delle finanze, ha dedotto la propria carenza di legittimazione passiva, ritenendosi, anche sul punto, di prescindere dai profili di inammissibilità sollevati dalla difesa dell’appellata.
Si evidenzia, infatti, che se è vero che la titolarità del rapporto controverso fa capo alla Commissione tecnica, organo straordinario del Ministero, la Consap in conformità alle previsioni dell’art. 1, comma 501 della l. n. 145 del 2018 ed alla disciplina attuativa di cui al DM 10 maggio 2019, svolge un’attività che non è limitata al mero supporto alla predetta Commissione, istituita ai sensi della citata disposizione, nell’espletamento dell’attività istruttoria e di acquisizione dei dati.
Come emerge, infatti, dall’art. 8, comma 5 del DM 10 maggio 2019, emanato in attuazione delle previsioni di cui all’art. 1, commi da 493 a 507 della l. n. 145 del 2018, alla Consap non è demandata esclusivamente l’attività di segreteria bensì anche un’attività di gestione che non si esaurisce nella predisposizione dei processi concernenti l’espletamento delle procedure, essendo la società incaricata, tra l’altro, dell’esecuzione delle delibere della Commissione tecnica.
Proprio il complesso delle attività espletate dalla società, tra le quali anche l’interlocuzione diretta con i richiedenti l’indennizzo, inducono a ritenere che correttamente la stessa sia stata evocata in giudizio insieme al Ministero, al quale come sopra esposto va riferita la titolarità del rapporto, tenuto conto, peraltro, dell’incidenza dei vincoli conformativi suscettibili di scaturire dalla pronuncia giurisdizionale sulla società.
3. Del pari infondata è la deduzione incentrata sull’omessa rilevazione da parte del primo giudice dell’inammissibilità del ricorso per omessa notifica ad almeno un controinteressato, da individuare negli altri soggetti che hanno presentato istanza per ottenere l’erogazione dell’indennizzo attraverso una procedura che rivestirebbe carattere selettivo in considerazione della limitatezza degli stanziamenti destinati alla misura di sostegno in questione.
Si evidenzia, infatti, che, secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (ex multis, da ultimo, sez. III, sentenza n. 5052/2020), il controinteressato da evocare in giudizio è il soggetto indicato nell’atto che si impugna, ovverosia il soggetto, facilmente individuabile, portatore di un interesse – concreto ed attuale – giuridicamente qualificato alla conservazione dell’atto, e dunque interessato a difendere una situazione giuridica di vantaggio uguale e contraria rispetto a quella del ricorrente. Si afferma altresì che non occorre che il controinteressato sia espressamente individuato nell’atto, essendo sufficiente che sia comunque facilmente individuabile con l’ordinaria diligenza (sez. V, sentenza n. 4503/2019).
Nella fattispecie non consta in atti che sia stata stilata una graduatoria delle istanze ammissibili, né emergono elementi che consentano di ritenere agevolmente individuabili eventuali controinteressati, dovendosi, quindi escludere la sussistenza della dedotta causa di inammissibilità in applicazione dell’art. 41, comma 2, c.p.a..
4. Il Collegio può, dunque, procedere all’esame degli appelli, principale ed incidentale, nel merito, i quali, appuntandosi su analoghe censure possono essere trattati congiuntamente.
5. Dall’esame della disciplina di riferimento emerge che il legislatore ha previsto due distinte procedure per il riconoscimento dell’indennizzo in argomento: la procedura ordinaria che, come evidenziato nella narrativa in fatto, è incentrata sulla verifica da parte della Commissione tecnica all’uopo costituita delle violazioni massive, nonché della sussistenza del nesso di causalità tra le medesime e il danno subito dai risparmiatori; una procedura semplificata per il riconoscimento di un indennizzo forfettario, basata sul mero riscontro circa il possesso di requisiti soggetti ed oggettivi espressamente indicati, di carattere reddituale o patrimoniale, con esclusione, dunque, dell’onere per i richiedenti di allegazione dei documenti e delle motivazioni giustificativi delle violazioni massive di cui all’art 4, comma 2, lett. c) del decreto ministeriale 10 maggio 2019.
5.1. Come correttamente rilevato dalla Difesa erariale, i rapporti tra le due procedure sono regolati dalla legge, stabilendo l’art. 1, comma 501 della l. n. 148 del 2018 che il procedimento ordinario “non si applica ai casi di cui al comma 502 – bis” e, dunque, all’ipotesi in cui venga richiesto l’indennizzo forfettario.
5.2. La ratio sottesa alla definizione di due procedure, resa evidente ai relativi presupposti, deve essere individuata nella volontà del legislatore di riservare ai risparmiatori che versano in condizioni economiche e patrimoniali meno floride e ritenuti, quindi, meritevoli di una tutela rafforzata, una modalità di accesso all’indennizzo più spedita e maggiormente garantita, stante la prelazione in loro favore stabilita dal comma 502 dell’art. 1 in esame sulla dotazione del FIR, trovando applicazione per gli altri risparmiatori la procedura ordinaria.
5.3. Il decreto ministeriale 10 maggio 2019 emanato in attuazione delle sopra indicate disposizioni, ha, conformemente alla disciplina primaria, regolato le due procedure, individuando nel dettaglio i compiti e le attribuzioni della Commissione tecnica e della società Consap.
5.4. Non è in contestazione che l’appellata abbia presentato la propria istanza mediante la piattaforma predisposta dalla Consap contrassegnando l’indicazione riferita alla procedura c.d. forfettaria e dichiarando un patrimonio mobiliare per l’anno 2018 inferiore a centomila euro (requisito, questo, prescritto quale condizione di ammissione a detta procedura), secondo quanto attestato dalla stessa appellata sulla base del convincimento, rivelatosi erroneo, che dovesse farsi riferimento solo agli investimenti in titoli e non anche alla liquidità depositata sul conto corrente, emersa in esito agli accertamenti espletati nella fase istruttoria del procedimento in esame ed alla base del rigetto dell’istanza.
5.5. Né le previsioni della legge sopra indicate né quelle emanate in attuazione della stessa prevedono forme di raccordo tra i due procedimenti, come reso evidente dall’inequivoca locuzione che figura nell’art. 1, comma 501 ai sensi del quale, come sopra rilevato, il procedimento ordinario “non si applica ai casi di cui al comma 502 – bis” (concernente l’indennizzo forfettario).
5.6. La scelta dell’autonomia dei due procedimenti non presenta profili di irragionevolezza, sia tenuto conto delle già evidenziate finalità perseguite dal legislatore, sia alla luce della strutturazione dei due procedimenti, essendo, peraltro, previsto, nell’ambito della procedura ordinaria, un termine per l’allegazione delle specifiche violazioni contestate alla banca e per produrre la prescritta documentazione, con implicazioni sulla par condicio tra i soggetti interessati.
6. Se deve escludersi che possa essere riconnesso rilievo, ai fini pretesi dal Ministero appellante, a falsità dichiarative che sarebbero state commesse dall’appellata nella presentazione dell’istanza, le quali non solo non sono state poste a fondamento della determinazione di rigetto dell’istanza ma non constano aver assunto rilievo nell’istruttoria dalla quale detta determinazione è scaturita, integrando, dunque, integrazioni motivazionali postume in radice inammissibili, non può revocarsi in discussione che la prefigurazione di due distinti e autonomi procedimenti emerga con chiarezza dall’illustrato quadro normativo.
7. Le deduzioni con le quali sia il Ministero appellante principale sia la società Consap contestano l’erroneità nella quale è incorso il primo giudice nel ritenere sussistente un obbligo della Commissione tecnica, a seguito dell’accertata insussistenza in capo all’appellata dei requisiti prescritti per il riconoscimento dell’indennizzo forfettario, di verificare la spettanza dell’indennizzo secondo il procedimento ordinario, previa richiesta agli interessati di una integrazione documentale, si valutano fondate.
Non si ritiene di condividere, infatti, il percorso argomentativo seguito dal primo giudice che fa perno sulla sussistenza di regole alle quali la Commissione si sarebbe auto vincolata nello svolgimento della procedura e che costituirebbe il fondamento dell’obbligo accertato nella sentenza impugnata.
Si osserva al riguardo che, come in precedenza evidenziato, sia la fonte di disciplina primaria sia il decreto ministeriale sopra indicato escludono una interferenza tra i due procedimenti, regolati ciascuno da precipui presupposti, rispondenti a diverse finalità e strutturati autonomamente; inoltre, la Commissione tecnica non era legittimata ad introdurre modifiche in contrasto con la normativa di riferimento, inequivoca quanto ai rapporti tra i due procedimenti.
Anche ove si ritenesse di prescindere da tale rilievo, invero dirimente, emerge che la deliberazione della Commissione tecnica indicata nella sentenza quale fonte del preteso auto vincolo non è stata compiutamente esaminata dal primo giudice.
La deliberazione adottata nella seduta pubblica del 6 agosto 2020 è specificamente riferita al requisito reddituale e motivata in relazione agli orientamenti espressi dall’Agenzia delle entrate con riferimento ad un interpello ed alle problematiche poste dalla determinazione del reddito complessivo del risparmiatore, ove, invece, nella fattispecie, l’istanza dell’appellata è stata respinta per la rilevata) e non contestata) assenza del requisito afferente al proprio patrimonio mobiliare.
Non è ravvisabile nel deliberato indicato dal giudice di primo grado quell’auto vincolo generalizzato ed esteso posto a fondamento della sentenza impugnata, per la diversità di situazione presa in considerazione nella delibera in questione e per la specificità delle circostanze dalla stessa emergenti.
7.1. A quanto esposto va anche soggiunto che l’adozione da parte della Commissione tecnica di deliberazioni in contrasto con la disciplina normativa di riferimento potrà semmai costituire fonte di responsabilità nel caso in cui siano stati ammessi all’indennizzo forfettario soggetti non legittimati ma non può fondare la pretesa ad ottenere una automatica conversione della domanda secondo la procedura ordinaria di soggetti che, come l’appellata, non sono risultati in possesso dei requisiti congiuntamente prescritti per la spettanza della misura di sostegno in base alla procedura forfettaria.
7.2. Si evidenzia, altresì, che l’ammissibilità di integrazioni successive alla presentazione dell’istanza è stata prevista dalla Commissione in relazione al procedimento ordinario, in specie in correlazione con le difficoltà di reperimento della documentazione a comprova delle violazioni del TUF, trovando, dunque, giustificazione nelle differenti regole di verifica e di accertamento dei requisiti stabiliti dal legislatore.
Nella fattispecie, inoltre, non vengono in rilievo incompletezze della domanda o erroneità materiali tempestivamente segnalate dall’istante, avendo l’interessata dichiarato di essere in possesso di requisiti che, in esito all’accertamento espletato dalla Commissione, non sono risultati integrati quanto al valore stabilito relativamente al patrimonio mobiliare.
Deve anche sottolinearsi che la pretesa dell’appellante non è diretta al riconoscimento di un presupposto erroneamente ritenuto insussistente, non essendo contestato il superamento del limite predeterminato concernente il suo patrimonio mobiliare.
Né può ritenersi sussistente una scusabilità dell’errore nel quale l’appellata è incorsa nella predisposizione della domanda diretta a ottenere l’indennizzo forfettario, in quanto – in disparte il rilievo che l’inclusione nel patrimonio mobiliare oltre che dei titoli anche del denaro depositato sui conti correnti rientra tra le conoscenze che non richiedono particolari cognizioni specialistiche –, i riferimenti necessari circa gli elementi in questione sono indicati nella normativa di riferimento. Inoltre, in data 19 dicembre 2019 e, dunque, antecedentemente alla presentazione della domanda da parte dell’appellata, la Commissione tecnica ha adottato una delibera esplicativa, resa disponibile sul portale FIR, specificando l’inclusione nel patrimonio mobiliare anche dei depositi e conti correnti bancari e postali, dovendo, quindi, trovare applicazione il principio di auto responsabilità del richiedente il beneficio.
8. Venendo in rilievo relativamente alle domande presentate secondo la procedura forfettaria una attività vincolata dell’amministrazione, neppure sono configurabili vizi invalidanti scaturenti dall’omessa comunicazione del preavviso di rigetto, trovando, comunque, applicazione le regole di cui all’art. 21 octies della l. n. 241 del 1990.
Al riguardo, va anche sottolineato che i dati utilizzati per la verifica circa la rispondenza a realtà delle dichiarazioni dell’istanze sono stati acquisiti dall’ente (l’Agenzia delle entrate) che per legge li detiene e, giova ribadire, non sono contestati sul piano della correttezza oggettiva e sostanziale.
9. Da quanto esposto discende, quindi, l’insussistenza di lacune sul piano istruttorio e di carenze sotto il profilo della motivazione posta a fondamento della determinazione di rigetto dell’istanza di riconoscimento dell’indennizzo forfettario, dovendosi escludere automatismi nella liquidazione suscettibili di integrare forme di aiuto di Stato non conformi alla disciplina unionale.
10. La circostanza, poi, che l’operatività della Commissione sia stata prorogata, per effetto di varie modifiche medio termine intervenute, sino al 31 dicembre 2022 non consente di addivenire a differenti conclusioni, essendo le tempistiche di presentazione delle istanze, più volte differite, definite a livello normativo in ancoraggio alle esigenze di efficiente gestione e organizzazione dell’attività della Commissione medesima. E, anzi, la proroga dei termini per la presentazione delle domande di indennizzo ha mirato a soddisfare in maniera più ampia le istanze dei risparmiatori pregiudicati dall’operato delle banche secondo quanto indicato nella l. n. 145 del 2018; da ultimo, infatti, l’art. 1, comma 915 della l. n. 234 del 2021 ha consentito ai risparmiatori che entro il termine del 18 giugno 2020 avessero avviato la procedura telematica di compilazione della domanda di indennizzo tramite il portale dedicato a tale scopo, senza tuttavia finalizzarla, nonché ai risparmiatori che avessero presentato una domanda incompleta, di accedere alle prestazioni del FIR a condizione che la domanda di indennizzo fosse finalizzata o completata con l’idonea documentazione attestante i requisiti previsti entro il termine del 15 marzo 2022.
11. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, l’appello principale e l’appello incidentale vanno accolti, con conseguente riforma della sentenza impugnata.
12. Si valutano nondimeno sussistenti, in considerazione delle peculiarità della fattispecie e della novità delle questioni trattate, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso (R.G. n. 3789 del 2022), come in epigrafe proposto, accoglie l’appello principale e l’appello incidentale, nei termini di cui in motivazione, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellata e di ogni altro elemento idoneo ad identificarla.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente
Daniela Di Carlo, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere
Maurizio Antonio Pasquale Francola, Consigliere
Brunella Bruno, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Brunella Bruno Claudio Contessa
IL SEGRETARIO