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UniCredit
Quali sono i principali fattori che hanno determinato questo incremento così consistente dell’inflazione nel corso
del 2021?
L’aumento dei prezzi registrato nell’ultimo anno, in particolare negli Stati Uniti, non si raggiungeva da decenni. Questo
trend rialzista potrebbe essere meno transitorio di quello che gli esponenti della Banca Centrale Americana avevano
ipotizzato nei mesi scorsi e soprattutto è molto più corposo di quello che avevano stimato. Le ragioni di questo
fenomeno sono riconducibili a come gli Stati Uniti hanno affrontato la pandemia fin dalle prime fasi: quando è
scoppiata l’emergenza sanitaria l’amministrazione Trump ha immediatamente stanziato cospicui sostegni all’economia
reale, pari al 15% del PIL americano. Circa il 70% delle famiglie statunitensi nei 12 mesi successivi al lockdown ha
ricevuto soldi sul conto corrente per un valore complessivo di 700 miliardi di dollari. Inoltre, sono stati stanziati fondi
per aiutare le piccole, medie e grandi imprese. Non appena la situazione pandemica è migliorata e le restrizioni sono
state allentate, quei consumi che erano stati posticipati a causa del blocco delle attività, si sono riversati sul mercato e
lato offerta c’è stato un problema a dare seguito a tutta questa domanda. Questa criticità ha provocato un rialzo dei
prezzi sostenuto a cui si è aggiunto l’aumento del costo delle materie prime e del petrolio. Questo insieme di fattori,
nel momento in cui l’economia era pronta a ripartire, ha determinato anche una pressione sui salari perché le imprese
hanno iniziato ad avere difficoltà a reperire personale con le qualifiche richieste.
Alla luce di questo quadro appena delineato, la Banca Centrale Americana come sta adeguando la propria
strategia?
La Federal Reserve nell’arco di pochi trimestri si è trovata costretta a rivedere la propria posizione e ha iniziato a
usare toni meno accomodanti sul fronte della politica monetaria. Nel corso delle ultime settimane ha annunciato che gli
stimoli concessi ai mercati a partire dal primo lockdown verranno progressivamente riassorbiti e che
successivamente è molto probabile un rialzo dei tassi.
Inflazione e politiche monetarie
Sono due temi strettamente correlati e costantemente sotto la “lente di
ingrandimento” di mercati e investitori. Nel mese di ottobre l’inflazione negli Stati
Uniti ha superato il 6% e, anche oltreoceano, in Europa è salita ai massimi da 20
anni. Come vanno interpretati questi dati? Come si muoveranno nei prossimi mesi
le Banche Centrali per far fronte al forte rincaro dei prezzi che ha interessato tutte le
commodities e si sta trasferendo ai beni di consumo? In questa intervista Manuela
D’Onofrio, Head of Group Investment Strategy di UniCredit, dà una lettura di
quanto accaduto a livello economico e finanziario nell’ultimo anno e fornisce alcuni
consigli per proteggere i risparmi dall’inevitabile erosione causata dall’aumento
del costo della vita.
Aggiornamento sui mercati
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SCENARIO
Quali sono le prospettive per il prossimo anno?
La politica monetaria americana sarà meno espansiva, ma continuerà a rimanere accomodante. Secondo le nostre analisi
la graduale riduzione nell’acquisto di titoli terminerà nella primavera del 2022. Mentre il rialzo dei tassi potrebbe essere
anticipato ai mesi estivi, soprattutto se la corsa dell’ inflazione, il cui picco è atteso nel prossimo trimestre, non dovesse
rallentare, come previsto. In America continueremo dunque ad avere tassi reali negativi, per cui l’inflazione continuerà a
essere superiore al costo del denaro causando maggiore volatilità sui mercati. Gli ultimi dati disponibili mostrano
comunque che l’economia statunitense il prossimo anno dovrebbe continuare a crescere a un ritmo decisamente
superiore al potenziale grazie anche all’incremento di fatturato e utili delle aziende.
Nell’area euro l’inflazione a novembre è salita al 4,9%, il livello più alto da quando esiste la moneta unica. Quali
sono le possibili ripercussioni?
Anche nel nostro continente l’aumento dei prezzi ha superato le previsioni degli analisti, con un ritmo ben superiore a
quanto la Banca Centrale Europea potesse immaginare solo sei mesi fa. La situazione però non è così esasperata come
negli USA, semplicemente perché gli stimoli fiscali dati all’economia reale sono stati inferiori rispetto a quelli americani.
Molto probabilmente la BCE riuscirà a lasciare invariato il costo del denaro per tutto il prossimo anno. Con l’attuale
crescita del debito nessuna Banca Centrale può permettersi di alzare i tassi in modo importante perché questo
provocherebbe una recessione in tempi rapidi. La nostra ipotesi di base è che in Eurozona continueremo ad avere
rendimenti reali negativi ben oltre il 2022.
Partendo da questa premessa, come ci si dovrebbe posizionare sul fronte degli investimenti?
Avere dei tassi reali negativi significa che i mercati azionari continueranno a essere supportati ma dovremo aspettarci
una maggiore volatilità. La rimozione degli stimoli monetari molto probabilmente determinerà dei ribassi sui listini
azionari. La nostra raccomandazione continua a essere quella di approfittare di eventuali correzioni sui mercati per
aumentare gradualmente l’esposizione azionaria: è l’unica forma di investimento che su orizzonti temporali di 3-5 anni
può consegnare ritorni interessanti, anche da un punto di vista reale.