Il cibo è passione, è amore.

Naturalmente OK!, per una brioche vuota manco mi siedo a tavola :D

Bon Jour :)

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Maritozzo romano.
Questo squisito lievitato trova le proprie origini già nell'antica Roma, ma si affina nel Medioevo, quando era l’unico dolce che era lecito mangiare per interrompere il digiuno della Quaresima. Tale ghiottoneria è celebrata infatti da Gioacchino Belli in un sonetto del 1833 riferito al periodo prepasquale.

Esistendone diverse varianti regionali, nella ricetta originale del Lazio il maritozzo è una brioche rotonda e soffice a base di farina, uova, zucchero, burro, scorza d’arancia, pinoli e uvetta, tagliata longitudinalmente e farcita con panna montata. Dopo la cottura, si pennella con uno sciroppo di zucchero, indispensabile per creare l’effetto lucido ma soprattutto per trattenere lo zucchero a velo con cui verrà spolverato

A guardare questa meraviglia soffice, pannosa, sciropposa, ghiotta... mi sto facendo male...
ho voglia di dolce e non ho in casa che un pacchetto di biscotti secchi friabili...
e quel dolce sopra oltretutto, non se hai notato!, mi prende in giro, se la ride, ride di "gusto".
.... :giggle: :fiufiu: :angel::censored::doh:

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Charlie Brown: Vuoto!? Hai preso tutti i biscotti!
Snoopy: Piangevano, volevano uscire dal barattolo… Anche i biscotti soffrono di claustrofobia, sai!

(Snoopy, Charles M. Schulz)

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A guardare questa meraviglia soffice, pannosa, sciropposa, ghiotta... mi sto facendo male...
ho voglia di dolce e
non ho in casa che un pacchetto di biscotti secchi friabili...
e quel dolce sopra oltretutto, non se hai notato!, mi prende in giro, se la ride, ride di "gusto".
.... :giggle: :fiufiu: :angel::censored::doh:

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Charlie Brown: Vuoto!? Hai preso tutti i biscotti!
Snoopy: Piangevano, volevano uscire dal barattolo… Anche i biscotti soffrono di claustrofobia, sai!

(Snoopy, Charles M. Schulz)

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Evabbé, coi biscotti secchi fai la base della cheesecake ;)


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Siccome sono a dieta, ho comprato tante mele.
E, siccome non le mangio, ora ci faccio una torta. :fiufiu:

[Sono furba io.] (Valemille, Twitter)

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Il “ponce” è una bevanda alcolica tipica della città di Livorno nata tra il XVII e il XVIII secolo. L’origine pare risalire al punch inglese; non è un caso che le comunità britanniche nel Seicento erano numerose in città. All’epoca, i livornesi partirono dagli ingredienti principali del punch e sostituirono il caffè al tè e aggiunsero il rum al posto dell’acquavite.
Lasciarono invariati gli altri ingredienti (zucchero, limone e cannella) e nacque così il ponce che, ovviamente, nel tempo ha subito delle modifiche rispetto alla ricetta conosciuta oggi.
Il ponce livornese non è semplicemente un caffè corretto al rum: ci sono una serie di passaggi e di accortezze che lo differenziano dal classico caffè corretto con un liquore.
Viene utilizzata una tazzina, spesso in vetro, leggermente più grande della classica tazzina da caffè; questa tazzina per il ponce a Livorno viene chiamata “gottino”. Inoltre, è fondamentale l’aggiunta della cosiddetta “vela”, la scorza di limone.

Per il più tipico ponce livornese è necessario aggiungere zucchero e usare il “rumme” o “rum fantasia”, una tipologia di rum di produzione locale, più economica e con sciroppo al caramello. Si porta a ebollizione con il beccuccio del vapore della macchina del caffè e si aggiunge un caffè ristretto. Il ponce è pronto per essere servito e deve essere bevuto caldo!
Esistono numerose varianti del ponce classico (il ponce “mezzo e mezzo”, quello “americano” o, ancora, quello “rinforzato”), ma ci sono anche degli accorgimenti che ogni barista interpreta a modo suo. Il vero ponce alla livornese è a base di caffè, rum e sassolino, ed è ideale come digestivo a fine pasto.

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Posto una scatola di sardine, aperta, se promettete di non segnalarmi alla moderazione per vilipendio del 3D. :)
 

Il “ponce” è una bevanda alcolica tipica della città di Livorno nata tra il XVII e il XVIII secolo. L’origine pare risalire al punch inglese; non è un caso che le comunità britanniche nel Seicento erano numerose in città. All’epoca, i livornesi partirono dagli ingredienti principali del punch e sostituirono il caffè al tè e aggiunsero il rum al posto dell’acquavite.
Lasciarono invariati gli altri ingredienti (zucchero, limone e cannella) e nacque così il ponce che, ovviamente, nel tempo ha subito delle modifiche rispetto alla ricetta conosciuta oggi.
Il ponce livornese non è semplicemente un caffè corretto al rum: ci sono una serie di passaggi e di accortezze che lo differenziano dal classico caffè corretto con un liquore.

Viene utilizzata una tazzina, spesso in vetro, leggermente più grande della classica tazzina da caffè; questa tazzina per il ponce a Livorno viene chiamata “gottino”. Inoltre, è fondamentale l’aggiunta della cosiddetta “vela”, la scorza di limone.

Per il più tipico ponce livornese è necessario aggiungere zucchero e usare il “rumme” o “rum fantasia”, una tipologia di rum di produzione locale, più economica e con sciroppo al caramello. Si porta a ebollizione con il beccuccio del vapore della macchina del caffè e si aggiunge un caffè ristretto. Il ponce è pronto per essere servito e deve essere bevuto caldo!
Esistono numerose varianti del ponce classico (il ponce “mezzo e mezzo”, quello “americano” o, ancora, quello “rinforzato”), ma ci sono anche degli accorgimenti che ogni barista interpreta a modo suo. Il vero ponce alla livornese è a base di caffè, rum e sassolino, ed è ideale come digestivo a fine pasto.

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con il limone, abbinamento interessante OK!, la prossima volta che son da quelle parti lo voglio provare.

Oggi colazione tradizionale: pane e marmellata 😋

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Con i frutti che stanno arrivando, se ne fanno di squisite
 
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"Sapete, la vita è un po' come aprire una scatola di sardine. Noi, tutti noi stiamo cercando la chiavetta...
Arrotolano il coperchio della scatola di sardine della vita. Mostrano le sardine, le ricchezze della vita,
lì dentro, e le tirano fuori, e le gustano. Ma, sapete, c'è sempre un pezzettino nell'angolo che non si riesce
a tirare fuori. Mi chiedo se c'è un pezzettino nell'angolo della vostra vita. So che nella mia vita c'è!"

Credere alle *******
Come non farsi risucchiare in un Buco nero intellettuale

Di Stephen Law

 
con il limone, abbinamento interessante OK!, la prossima volta che son da quelle parti lo voglio provare.

Oggi colazione tradizionale: pane e marmellata 😋

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Con i frutti che stanno arrivando, se ne fanno di squisite


....e BURRO...quello buono, quello di panna, che aggiunge un certo non so che! :giggle:

In molti si chiedono che sapore abbia la felicità. Come se fosse un mistero!

Marmellata, la felicità sa di marmellata spalmata sul burro e il pane caldo.
(Fabrizio Caramagna)


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Frank Sinatra era esigente a tavola, d’altronde aveva ereditato il meglio della cultura gastronomica italiana rivisitata all’Americana.
Le costolette e le bistecche li pretendeva sottilissime. Amava anche la bruschetta di pane servita con un filo d’olio, piatto italico presente in quasi tutte le regioni d’Italia, in particolare Sicilia e Liguria dove gli oli e il pane sono insuperabili con l’origano che né determina la marca di mediterraneità.

“Il bacon a colazione lo gradiva morbido e non croccante. Non amava gran parte delle verdure, tranne le sicilianissime melanzane alla parmigiana e i peperoni arrostiti”.

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Già, le melenzane o patrociane alla parmiciana, il cui nome non ha niente a che fare con la città di Parma. Melanzane alla parmigiana è il piatto che in Sicilia, basta nominarlo, perché tra gli invitati scaturisca un’ovazione. Piatto simbolo della cucina mediterranea: pomodoro, melanzane, basilico e formaggio grattugiato; quelle melanzane tagliate a fette, fritte, sistemate come listelle di legno, una debolmente sull’altra, simili a quelle delle persiane per riparare gli usci di casa dal sole e della luce, il nome parmigiana deriverebbe proprio dal siciliano parmiciana, così, una dietro l’altra.

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Frank Sinatra era esigente a tavola, d’altronde aveva ereditato il meglio della cultura gastronomica italiana rivisitata all’Americana.
Le costolette e le bistecche li pretendeva sottilissime. Amava anche la bruschetta di pane servita con un filo d’olio, piatto italico presente in quasi tutte le regioni d’Italia, in particolare Sicilia e Liguria dove gli oli e il pane sono insuperabili con l’origano che né determina la marca di mediterraneità.

“Il bacon a colazione lo gradiva morbido e non croccante. Non amava gran parte delle verdure, tranne le sicilianissime melanzane alla parmigiana e i peperoni arrostiti”.

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Già, le melenzane o patrociane alla parmiciana, il cui nome non ha niente a che fare con la città di Parma. Melanzane alla parmigiana è il piatto che in Sicilia, basta nominarlo, perché tra gli invitati scaturisca un’ovazione. Piatto simbolo della cucina mediterranea: pomodoro, melanzane, basilico e formaggio grattugiato; quelle melanzane tagliate a fette, fritte, sistemate come listelle di legno, una debolmente sull’altra, simili a quelle delle persiane per riparare gli usci di casa dal sole e della luce, il nome parmigiana deriverebbe proprio dal siciliano parmiciana, così, una dietro l’altra.

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Nientemeno che "l'animale più bello del mondo" (cit.) :love:


Brava :clap:, uno dei piatti più golosi che esistano 😋, il procedimento delle persiane ricorda anche la moussaka greca. :love:

Restando quindi in Trinacria, le melanzane portate dagli Arabi impreziosiscono anche un primo, altrettanto mediterraneo nei sapori, particolarmene amato a Catania: la pasta alla Norma. Naturalmente è dedicato all'opera di V. Bellini.

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Un giorno di un secolo fa a casa dell'attore teatrale Angelo Musco era presente il commediografo Nino Martoglio (che fra l'altro scoprì Pirandello :bow:); la discussione si protraeva e la padrona di casa improvvisò una cena con quanto aveva in casa.

Salsa di pomodoro pachino, melanzane che tagliò a listarelle e fritte, maccheroni, basilico raccolto dalla piantina sulla finestra che s'affacciava su via Etnea, e un'abbondante spolverata di ricotta di pecora salata.

Appena l'ebbe assaggiata, Martoglio esclamò entusiasta: "Signora Saridda, chista è ‘na vera Norma”…! :)

 
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Nientemeno che "l'animale più bello del mondo" (cit.) :love:


Brava :clap:, uno dei piatti più golosi che esistano 😋, il procedimento delle persiane ricorda anche la moussaka greca. :love:

Restando quindi in Trinacria, le melanzane portate dagli Arabi impreziosiscono anche un primo, altrettanto mediterraneo nei sapori, particolarmene amato a Catania: la pasta alla Norma. Naturalmente è dedicato all'opera di V. Bellini.

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Un giorno di 100 anni fa a casa dell'attore Angelo Musco era presente il commediografo Nino Martoglio (che fra l'altro scoprì Pirandello), la discussione si protraeva e la padrona di casa improvvisò una cena con quanto aveva in casa.

Salsa di pomodoro pachino, melanzane che tagliò a listarelle e fritte, maccheroni, basilico raccolto dalla piantina sulla finestra che s'affacciava su via Etnea, e un'abbondante spolverata di ricotta di pecora salata.

Appena l'ebbe assaggiata, Martoglio esclamò entusiasta: "Signora Saridda, chista è ‘na vera Norma”…! :)

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Sempre restando nella Bedda Isola... :giggle:

Nun c'è megghiu sarsa di la fami

Il miglior condimento è l'appetito

I “Cigni di Bellini” sono praline al cioccolato di Modica, un omaggio a Vincenzo Bellini , un omaggio al compositore italiano tra i più celebri del XIX secolo, denominato “Il Cigno” per l’eleganza e la delicatezza del suo stile musicale”
I Cigni di Bellini sono un vero omaggio alla sicilianità.
Ognuno di essi ne racchiude un sapore unico e speciale:

  • Adelson e Salvini – al peperoncino
  • Bianca e Fernando – con mandorle siciliane
  • Il Pirata – con uvetta sultanina e Passito di Pantelleria
  • La Straniera – con fava di cacao mono-origine dell’Ecuador
  • Zaira – con sentori di gelsomino e thè verde
  • Capuleti & Montecchi – con sale di Trapani
  • La Sonnambula – con caffè e vino Marsala
  • Norma – con pistacchi di Bronte
  • Beatrice di Tenda – con finocchietto selvatico e scorzetta di limone
  • I Puritani e i Cavalieri – con agrumi di Sicilia e cannella
  • Bellini – l’unica con un cuore morbido di fichi secchi bagnati con Moscato di Noto e croccanti mandorle pralinate.


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Negli anni giovanili Giacomo Puccini divenne, quando poté, molto attento ai piaceri della tavola, concludendo le giornate lavorative di fronte ad una sostanziosa cena assieme all’amico Mascagni .
Se i soldi mancavano, da buona forchetta si divertiva a creare personalmente ricette come “pasta con le anguille” o “aringhe coi ravanelli”.
Così scriveva:
"... La sera, quando ho quattrini vado al caffé, ma passano moltissime sere che non ci vado, perchè un ponce costa 40 centesimi... Mangio maletto, ma mi riempio di minestroni...e la pancia è soddisfatta".

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Anche dopo gli anni delle ristrettezze economiche, Giacomo continuò a coltivare l’arte del cucinare, mettendosi all’opera soprattutto per la rumorosa schiera degli amici di Torre del Lago (LU). Con loro condivise la passione per le battute di caccia e le allegre tavolate che ne seguivano, fatte a base di fagiani arrosto, folaghe rosolate o pernici fritte.
Il Maestro amava ingentilire il pasto con mandarini, vino frizzante e latte alla portoghese,

Si racconta che l’autore di Boheme, Tosca e Madama Butterfly, avesse anche un’altra golosità. Sembra che andasse spesso a far visita all'anziana sorella suor Angelica, monaca in un convento di Lucca, spinto soprattutto non dall’amore fraterno ma dalla passione per i fagioli cotti al fiasco che mangiava al refettorio.

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Puccini si riuniva con un gruppo di artisti e scrittori presso una bettola "La capanna di Giovanni dalle bande nere" (Torre de Lago) da subito ribattezzata Club La Bohème. Qui i sodali passavano molto tempo, bisbocciando allegramente, bevendo vino e giocando a carte, con vivo disappunto dell'aristocratica moglie Elvira.
Questi buontemponi redigettero anche una specie di scherzoso statuto che qui riportiamo:

Art 1 I soci del Club "La Bohème", fedeli interpreti dello spirito onde il club è stato fondato, giurano di bere e mangiar meglio.
Art. 2 Ammusoniti, pedanti, stomachi deboli, poveri di spirito, schizzinosi e altri disgraziati del genere non sono ammessi o vengono cacciati a furore di soci.
Art. 3 Il presidente funge da conciliatore, ma s'incarica d'ostacolare il cassiere nella riscossione delle quote sociali.
Art. 4 Il cassiere ha la facoltà di fuggire con la cassa.
Art. 5 L'illuminazione del locale è fatta con lampada a petrolio. Mancando il combustibile, servono i "moccoli" dei soci.
Art. 6 Sono severamente proibiti tutti i giochi leciti.
Art. 7 È vietato il silenzio.
Art. 8 La saggezza non è ammessa neppure in via eccezionale.

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Sempre restando nella Bedda Isola... :giggle:

Nun c'è megghiu sarsa di la fami

Il miglior condimento è l'appetito

I “Cigni di Bellini” sono praline al cioccolato di Modica, un omaggio a Vincenzo Bellini , un omaggio al compositore italiano tra i più celebri del XIX secolo, denominato “Il Cigno” per l’eleganza e la delicatezza del suo stile musicale”

I Cigni di Bellini sono un vero omaggio alla sicilianità.
Ognuno di essi ne racchiude un sapore unico e speciale:

  • Adelson e Salvini – al peperoncino
  • Bianca e Fernando – con mandorle siciliane
  • Il Pirata – con uvetta sultanina e Passito di Pantelleria
  • La Straniera – con fava di cacao mono-origine dell’Ecuador
  • Zaira – con sentori di gelsomino e thè verde
  • Capuleti & Montecchi – con sale di Trapani
  • La Sonnambula – con caffè e vino Marsala
  • Norma – con pistacchi di Bronte
  • Beatrice di Tenda – con finocchietto selvatico e scorzetta di limone
  • I Puritani e i Cavalieri – con agrumi di Sicilia e cannella
  • Bellini – l’unica con un cuore morbido di fichi secchi bagnati con Moscato di Noto e croccanti mandorle pralinate.


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Favolosi, Maf :)

Un secondo tipico dell'Isola, pur nelle sue varianti provinciali: oggi involtini di pesce spada.

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Si ricavano dal pesce alcune fettine, che van battute delicatamente col sistema del doppio foglio di carta forno. Per il ripieno usiamo aglio, menta, muddica di pane slatata in padella, capperi, olive, olio buono, pecorino e grattata di limone. La farcia si spalma infine anche sopra, per la gratinatura col grill.

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Favolosi, Maf :)

Un secondo tipico dell'Isola, pur nelle sue varianti provinciali: oggi involtini di pesce spada.

Involtini-di-spada-alla-messinese.jpg


Si ricavano dal pesce alcune fettine, che van battute delicatamente col sistema del doppio foglio di carta forno. Per il ripieno usiamo aglio, menta, muddica di pane slatata in padella, capperi, olive, olio buono, pecorino e grattata di limone. La farcia si spalma infine anche sopra, per la gratinatura col grill.

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“U Signuri dà u pani a cu nunn’havi i denti” (“Dio dà il pane a chi non ha i denti”)
La fortuna va a persone che non ne sanno approfittare.

Giovanni Verga nel narrare le vicende dei pescatori e degli altri abitanti di Aci Trezza, descrive naturalmente anche i cibi che si trovano sulle loro tavole. Il pane, veniva definito nel dialetto del volgo, “pan e curtiddu” perché tagliato con il coltello a piccoli pezzi, per farselo bastare e durare il più a lungo possibile e non importava se a volte poteva essere duro; c’erano sempre le cipolle, che aiutavano a mandarlo giù.
“Maruzza se ne sentiva sempre il cuore nero, ma non apriva bocca, perché non era affar
suo, e si affaccendava zitta zitta a mettere in ordine la barca e ogni cosa pel viaggio,

il pane fresco, l'orciolino coll'olio, le cipolle, il cappotto foderato di pelle, sotto la pedagna
e nella scaffetta”.
Il menù dei poveri:
Per le classi più povere (contadini e pescatori) la base dell’alimentazione è estremamente ridotta, essenzialmente costituita da pane nero, cipolle e vino.

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PANE
È il pane, quindi, il vero protagonista delle tavole dei “vinti”: quel pane che riempie la pancia e scaccia la fame, l'unica vera ragione della fatica e del duro lavoro che caratterizza la loro esistenza. Si noti che spessissimo il pane entra nelle espressioni che indicano l’essenzialità necessaria a vivere: “buscarsi il pane”, “cercarsi il pane”, “guadagnarsi il pane”, oppure “mangiare il pane del Re” che significa essere al servizio dello Stato come soldati, funzionari, sbirri.
Di ‘Ntoni si dice che “quel ragazzo il cuore ce l'aveva buono come il pane”.
Per quanto riguarda il pane, l'unica differenza tra padroni e sottoposti risiede nel suo colore, bianco per gli uni e nero per gli altri;
per il resto le due classi sociali sono parte di un unico destino: i galantuomini non potrebbero fare nulla senza i loro braccianti e viceversa (cfr. la novella Libertà).I due mondi sono dunque profondamente legati: e anche a tavola l'insalata di cipolle dell'arricchito Mastro - don Gesualdo non differisce molto dal povero desco che tocca ad Alfio Mosca.
“Il nonno [diceva di ‘Ntoni] — Un po' di soldato gli farà bene a quel ragazzo; ché il suo paio di braccia gli piaceva meglio di portarsele a spasso la domenica, anziché servirsene a buscarsi il pane.
Oppure: — Quando a
vrà provato il pane salato che si mangia altrove, non si lagnerà più della minestra di casa sua”.

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