Il potere finanziario nasce con l'invenzione della moneta cartacea che da allora costituisce il suo principale nutrimento. Morirà per asfissia, un giorno, credo ormai non molto lontano. Ma procediamo con ordine. Anticamente il denaro era una merce come un'altra. Si usava l'oro o l'argento o il rame, perché in una piccola quantità di metallo era contenuto un grande "valore". Metto il termine tra virgolette poiché considero la teoria del valore una distorsione ottica. Nelle cose non c'è alcun "valore" intrinseco. Tutte le merci hanno un prezzo relativo alle altre merci. Di fatto tutte le merci erano allora moneta (questo è il fondamento della teoria degli equivalenti monetari). Solo che data la scarsità dell'oro e la fatica per estrarlo, il suo prezzo era molto elevato. In un pezzo d'oro erano contenute molte capre o cammelli o moggi di grano. I romani usavano come moneta il rame, che era prezioso ed utile. Le prime monete romane erano in realtà lingotti di rame da un terzo di chilo. L'"aes rude" era appunto un lingotto che si distingueva dall'"aes signatum" perché quest'ultimo aveva il marchio dello Stato che garantiva il peso e la composizione del lingotto. Ovviamente, anche gli stati baravano: l'asse, all'epoca di Cicerone, era fatto da circa trenta grammi di rame, mentre all'epoca di Caligola conteneva pochissimi grammi pur portando lo stesso nome. Questa era l'inflazione di allora, ovvero al costante diminuzione del potere di acquisto della moneta per effetto della riduzione di metallo in essa contenuto. Mille e cinquecento anni più tardi la Spagna di Filippo secondo conobbe un'altra specie di inflazione, dovuta all'enorme quantità di oro che veniva importato dalle colonie americane e che cagionò un devastante aumento di prezzi e lo spopolamento delle campagne.La scarsità dell'oro e degli altri preziosi, tranne appunto il periodo appena successivo la conquista dell'america, cagionava numerosi problemi negli scambi commerciali. Il fatto è che è necessario che la quantità di moneta sia sempre adeguata alla quantità degli scambi ed il migliore strumento per regolare i flussi della moneta necessaria è proprio il sistema bancario che, finanziando le imprese ed il consumo adegua la quantità di moneta alle necessità mutevoli del sistema economico. Il meccanismo così faticosamente messo in piedi dalle esperienze, a volte drammatiche dei secolo scorsi, ha però alcuni punti deboli.
Dobbiamo capire, anzitutto, come funziona il meccanismo di creazione di denaro. La moneta cartacea nasce come perfetto corrispettivo della moneta metallica. Ad un certificato della banca che si riferiva ad una determinata misura (esempio cento pounds), corrispondeva originariamente un equivalente deposito di monete. Quando cominciarono a crescer i depositi, ci si accorse che c'era una quantità media di depositi che restava sempre nei forzieri delle banche, nono stante i depositanti fossero liberi di prelevare il proprio deposito in qualunque momento. Non solo, ma se la banca remunerava il deposito con un interesse, invece di prendere un aggio per la custodia, la quantità media depositata aumentava. Questo consentiva alla banca di effettuare dei prestiti emettendo dei certificati di credito che in realtà duplicavano i certificati di deposito emessi sul metallo presso i loro forzieri. La statistica insegnò a quei primi banchieri, che una riserva del 20% era più che sufficiente per fare fronte ai prelievi correnti, ed oltretutto molti depositanti preferivano avere i certificati (o banco-note) piuttosto che prelevare il metallo, ingombrante e pericoloso da portare in giro. I certificati erano all'origine nominativi, ma qualcuno pensò che certificati di più piccolo taglio potessero essere emessi anche al portatore per evitare il fastidio della serie infinita di girate in calce al titolo. In altri termini, attraverso questo meccanismo le banche creavano denaro. Una riserva del 20% comportava la moltiplicazione per cinque dei depositi effettivi, una del 10%, li decuplicava. Il significato di "riserva obbligatoria" per le banche è tutt'ora questo. Oggi, la riserva in Italia è del 3% e tra breve scomparirà del tutto. Lo creavano dal nulla, e tutto si fondava sulla fiducia nella solidità della banca. Quando questa fiducia veniva meno, per le ragioni più disparate, scoppiavano le crisi di panico e i depositanti si precipitavano tutti assieme a pretendere la conversione del proprio deposito in metallo. Ovviamente la banca non poteva che soddisfare al massimo il 20% dei depositanti, poiché per il resto il denaro creato da quella banca era inesistente finché non fosse ritornato dagli investimenti effettuati. Le crisi di panico caratterizzarono in maniera sempre più marcata tutto l'ottocento ed i primi decenni del novecento, finché, dopo la c risi del '29, ed il conseguente fallimento nei soli Stati Uniti di oltre 10.000 banche, vale a dire la metà dell'intero sistema di credito, non fu imposto il divieto di conversione, che venne assunto praticamente in tutto il mondo tra il 1931 ed il 1934. Negli USA ci furono molte proteste, alcuni si fecero arrestare poiché si rifiutavano di portare il proprio oro in banca. Il sentimento popolare fu mirabilmente interpretato da Walt Disney che creò il personaggio di Paperon de' Paperoni, ricco mercante carico di proprio depositi in oro, perennemente in conflitto con Rockerduck, emblema dei banchieri alla Rockfeller. Ma, a parte l'iniziale sentiment popolare, il sistema funzionava. Le banche avevano perduto il potere di emettere banconote, ma continuavano a creare denaro sui depositi in banconote emesse dallo stato. Una banca centrale (risale a quell'epoca la creazione della Banca d'Italia e delle altre banche centrali nel mondo), vigilava attraverso propri strumenti che le banche rispettassero la riserva e le altre norme di comportamento bancario e, allo stesso tempo, regolava l'afflusso di denaro nel sistema con il doppio meccanismo del livello del tasso di interesse primario e del livello di riserva. Con gli accordi di Bretton Woods del 1944, il sistema di emissione monetaria venne esteso a tutto il mondo e soprattutto si pose termine alla cronica carenza di oro, principale causa della crisi del '29. Il sistema ideato a Bretton Woods, prevedeva che solo il dollaro potesse essere convertito in oro, e tutte le altre monete nel dollaro. Venne costituito il FMI con il compito di mantenere l'equilibrio tra i cambi delle monete fissati d'intesa tra i paesi aderenti all'accordo. Un'altra istituzione, la Banca Mondiale, interveniva finanziando le opere infrastrutturali necessarie allo sviluppo dell'economia operando in concerto con il FMI per controllare i costi delle opere e la loro redditività relativa. La maggior parte delle banche centrali costituì le proprie riserve in dollari (Galbraith riferisce che agli inizi degli anni settanta l'80% delle riserve dei paesi del mondo consistessero, appunto, da dollari) e gli americani stamparono più dollari di giornalini pornografici. Il sistema saltò il 15 agosto 1971, quando Nixon comunicò al mondo l'abrogazione unilaterale degli accordi relativamente alla conversine in oro. D'altra parte già allora sarebbe occorsa una quantità pari a 200 volte tutto l'oro del mondo per fare fronte ad una ipotetica conversione totale dei debiti, e le pressioni dei paesi importatori di petroli di fronte alla pretesa dell'Opec di ottenere il pagamento il oro e non in dollari erano divenute intollerabili per gli USA. Dopo un periodo di sbandamento e di esperimenti di ingegneria finanziaria, ci si accorse che l'abrogazione della conversione non produceva alcun disastro. Il vero oro del sistema era dato dalla fiducia degli operatori in esso e dalla sostanziale indifferenza della gente per i problemi relativi alla creazione della moneta. La conseguenza fu che si cominciò ad usare il concetto (del tutto ascientifico) di PIL per determinare a livello macroeconomico la quantità di moneta da necessaria in un sistema, e che si moltiplicarono gli esperimenti finanziari che si risolvevano in genere nella scoperta di un ulteriore meccanismo di creazione di moneta. Per farla breve, facciamo due cifre. A fronte di circa 100.000 miliardi di lire alla data del dicembre 1999 i depositi bancari a vista e a breve, erano oltre 2,6 milioni di miliardi. Se solo il 4% dei depositanti, presi dal panico, avesse prelevato banconote, le banche avrebbero dovuto chiudere gli sportelli (è proprio quello che è successo in Argentina, poche settimane fa). Ergo le banche creano denaro, semplicemente annotandolo sui propri conti. Lo creano ogni volta che concedono un prestito a qualcuno. In questa maniera è nata l'economia del "debito", che è costituita dal debito dello stato, delle famiglie e delle imprese. Concedendo un prestito, la banca crea la quantità di moneta che la costituzione di quella impresa determina nel sistema. Se l'impresa cresce, l'ulteriore moneta viene creata da nuovi prestiti o dalla crescita di valore delle azioni di quella impresa (le azioni sono uno strumento finanziario che si risolve in emissione monetaria), e se l'impresa fallisce, il congelamento del prestito sottrae al sistema la quantità di moneta giustificata da quella attività. Il tutto è regolato dal livello del tasso di interesse che a sua volta funge da regolatore a livello macroeconomico delle variabili monetarie. L'emissione di titoli di debito da parte degli stati, si risolve di fatto in una delega di potere sull'emissione monetaria al sistema bancario. Non c'è dubbio sul fatto che i titolo di stato siano strumenti monetari, sia perché vengono comunemente utilizzati in quel senso, sia perché la loro emissione corrisponde alla massa monetaria necessaria per le attività dello stato. Lo stesso discorso vale per il debito delle famiglie, che è in genere un debito per il consumo che supporta sul versante della domanda di beni le necessità monetarie delle attività economiche.
La conseguenza di questo sistema è che il risparmio non è più da tempo il motore della finanza e delle attività economiche (negli USA il risparmio è negativo da cinque anni) e che la crescita del debito è divenuta esponenziale. Sotto questo profilo vi invito a riflettere sul noto paradigma del fiore di loto in un lago. I fiori di loto raddoppiano di numero ogni anno: l'ultimo anno, prima della copertura totale del lago, questo è mezzo vuoto. Ebbene per il sistema finanziario il problema è lo stesso: la crescita esponenziale comporta che non avremo preavviso prima del disastro. In che cosa consiste il disastro? Nel fatto che raggiunto il tetto massimo di crescita il lago muore soffocato dai fiori. Allo stesso modo, la crescita esponenziale della massa finanziaria soffoca l'economia.
Il debito infatti, ha un limite di crescita, dato dalla capacità di indebitamento degli operatori nel sistema, che è arrivata pressoché al limite. Gli stati non si possono più indebitare, le imprese nemmeno se l'economia non cresce, e la crescita del debito è maggiore di quella dell'economia, e per le famiglie vale lo stesso discorso, con l'aggiunta che il loro limite all'indebitamento è aggravato dalla durata della vita umana, più limitata di quella degli stati o delle imprese.
Poi, il debito è uno strumento di potere. Il debitore dipende per la propria sopravvivenza dal creditore. E a maggior ragione vi dipende se per la crescita della sua attività è necessario che il suo debito aumenti. Questo è un presupposto del sistema a livello macroeconomico. Infatti, poiché la massa monetaria deve crescere con la crescita delle attività economiche, e la moneta viene creata con il debito, ne consegue che gli operatori del sistema sono sempre più indebitati nei confronti del sistema finanziario e che per crescere o mantenersi devono incrementare o mantenere il proprio livello di indebitamento. La capacità di indebitamento dipende dalla "fiducia" degli operatori finanziari nei confronti dei debitori, fiducia che ha in sé una valenza "politica". Nel senso che le scelte imprenditoriali, istituzionali e di consumo dipendono sempre di più dal sistema finanziario e dalla sua necessità di produrre utili. Gli stati, i cittadini, le imprese sono sempre più assoggettati a questo potere che penetra sempre più a fondo nella società. Gli stati del terzo mondo sono da anni assoggettati al potere delle istituzioni finanziarie come il FMI e la BM che dettano loro le norme di comportamento in materia economica e finanziaria. Quelle che un tempo erano scelte politiche, da anni sono diventati la prerogativa del potere finanziario. L'autonomia finanziaria degli stati, e la loro capacità di scelta è oggi ridottissima rispetto solo a trent'anni fa. Il "pensiero unico" del FMI, che non è molto distante dal pensiero unico del profitto, è divenuto il filo conduttore di tutte le scelte politiche. Sotto questo profilo, non c'è alcuna distinzione tra destra e sinistra: ormai sono tutti monetaristi e liberisti.
Dal punto di vista esistenziale questo sistema è terrificante. La crescita necessaria del debito pubblico comporta una crescita costante della pressione fiscale per consentire il pagamento degli interessi sul debito e l'emissione di nuovi titoli, id est di nuovi strumenti finanziari. Il tentativo dell'Europa di arrivare al pareggio di bilancio degli stati membri è un'operazione di puro belletto. La fiscalità viene infatti trasferita agli enti locali ed all'imposizione indiretta. E la conseguenza del rallentamento dell'indebitamento è il rallentamento dell'economia. L'esperienza del Giappone, sotto questo profilo è significativa. Il crollo del sistema finanziario avverrà quando il lago sarà completamente riempito, ovvero quando la massa degli strumenti finanziari non potrà più crescere in maniera tale da garantire la redditività che essa stessa presuppone per la propria esistenza.
C'è solo una maniera per uscire dalla trappola del debito e dal potere finanziario. Dobbiamo creare un sistema in cui il prelievo fiscale sia effettuato sulla ricchezza finanziaria. L'obiezione degli equivalenti monetari non ha più senso in un sistema il cui gli strumenti finanziari dominano il mercato degli scambi. Negli anni trenta la quantità di scambi era minima e riguarda essenzialmente una minoranza della popolazione. La maggior parte viveva ancora di un'economia di sussistenza ed usava il denaro solo raramente. In quella situazione, un'imposta sul denaro avrebbe incontrato difficoltà notevoli, perché in luogo delle banconote si sarebbero potute usare altre merci. Nella Virginia del dopo rivoluzione americana, l'inflazione estrema del dollaro di carta portò all'uso del tabacco come moneta. Oggi, un sostituto del denaro è introvabile. Non esiste merce che per quantità o qualità possa competere nemmeno lontanamente con il denaro. Un'imposta sul denaro e sugli strumenti finanziari (tutti) determina queste conseguenze:
1) rallenta la creazione di denaro poiché ne aumenta la velocità di circolazione;
2) consente di colpire la ricchezza effettiva e non quella presunta, e sotto questo aspetto è uno strumento di democrazia;
obbliga il sistema bancario a tornare a fare il proprio mestiere di supporto dell'economia, per garantire una redditività ai capitali che vengono depositati. Le banche dovranno partecipare alle imprese assumendosene i rischi relativi.
3) consente l'accumulazione del capitale nelle mani di chi è in grado di farlo fruttare effettivamente. In altri termini è un colpo mortale alla rendita finanziaria, che però esalta il meccanismo di accumulazione e non lo distrugge;
4) smonta il meccanismo di creazione del potere finanziario. La fiscalizzazione dei capitali consente agli stati di riappropriarsi del potere di emettere moneta, di ridurre fino a zero la tassazione su produzione, consumo e lavoro, e eliminare il problema del debito pubblico. Ho calcolato che un'imposta del 4% all'anno sugli strumenti finanziari attualmente esistenti in Italia, oltre ad un'imposta dello 0,1% sulla circolazione degli strumenti finanziari genererebbe un gettito pari a quello di tutta la tassazione attuale;
5) Sgonfia la bolla speculativa finanziaria e ne impedisce il riprodursi innescando un meccanismo di ritorno del finanziario a fare da supporto dell'economia e non a crescere su se stesso. Attualmente su cento cambi, oltre 96 sono puramente finanziari e meno di 4 sono destinati all'economia reale.
6) consentirebbe di finanziare l'istituzione del reddito di cittadinanza universale, che con la tassazione sul lavoro è impossibile. Quest'ultimo argomento necessita di ulteriori specificazioni che non è possibile dare qui. Voglio solo sottolineare che il reddito di cittadinanza universale ha indubbi effetti benefici sul piano della stabilità della domanda di beni di consumo.
Bene, spero di esser stato chiaro, anche se un po' troppo prolisso. Ma l'argomento necessita di ben maggiori approfondimenti.
puntomega
Dobbiamo capire, anzitutto, come funziona il meccanismo di creazione di denaro. La moneta cartacea nasce come perfetto corrispettivo della moneta metallica. Ad un certificato della banca che si riferiva ad una determinata misura (esempio cento pounds), corrispondeva originariamente un equivalente deposito di monete. Quando cominciarono a crescer i depositi, ci si accorse che c'era una quantità media di depositi che restava sempre nei forzieri delle banche, nono stante i depositanti fossero liberi di prelevare il proprio deposito in qualunque momento. Non solo, ma se la banca remunerava il deposito con un interesse, invece di prendere un aggio per la custodia, la quantità media depositata aumentava. Questo consentiva alla banca di effettuare dei prestiti emettendo dei certificati di credito che in realtà duplicavano i certificati di deposito emessi sul metallo presso i loro forzieri. La statistica insegnò a quei primi banchieri, che una riserva del 20% era più che sufficiente per fare fronte ai prelievi correnti, ed oltretutto molti depositanti preferivano avere i certificati (o banco-note) piuttosto che prelevare il metallo, ingombrante e pericoloso da portare in giro. I certificati erano all'origine nominativi, ma qualcuno pensò che certificati di più piccolo taglio potessero essere emessi anche al portatore per evitare il fastidio della serie infinita di girate in calce al titolo. In altri termini, attraverso questo meccanismo le banche creavano denaro. Una riserva del 20% comportava la moltiplicazione per cinque dei depositi effettivi, una del 10%, li decuplicava. Il significato di "riserva obbligatoria" per le banche è tutt'ora questo. Oggi, la riserva in Italia è del 3% e tra breve scomparirà del tutto. Lo creavano dal nulla, e tutto si fondava sulla fiducia nella solidità della banca. Quando questa fiducia veniva meno, per le ragioni più disparate, scoppiavano le crisi di panico e i depositanti si precipitavano tutti assieme a pretendere la conversione del proprio deposito in metallo. Ovviamente la banca non poteva che soddisfare al massimo il 20% dei depositanti, poiché per il resto il denaro creato da quella banca era inesistente finché non fosse ritornato dagli investimenti effettuati. Le crisi di panico caratterizzarono in maniera sempre più marcata tutto l'ottocento ed i primi decenni del novecento, finché, dopo la c risi del '29, ed il conseguente fallimento nei soli Stati Uniti di oltre 10.000 banche, vale a dire la metà dell'intero sistema di credito, non fu imposto il divieto di conversione, che venne assunto praticamente in tutto il mondo tra il 1931 ed il 1934. Negli USA ci furono molte proteste, alcuni si fecero arrestare poiché si rifiutavano di portare il proprio oro in banca. Il sentimento popolare fu mirabilmente interpretato da Walt Disney che creò il personaggio di Paperon de' Paperoni, ricco mercante carico di proprio depositi in oro, perennemente in conflitto con Rockerduck, emblema dei banchieri alla Rockfeller. Ma, a parte l'iniziale sentiment popolare, il sistema funzionava. Le banche avevano perduto il potere di emettere banconote, ma continuavano a creare denaro sui depositi in banconote emesse dallo stato. Una banca centrale (risale a quell'epoca la creazione della Banca d'Italia e delle altre banche centrali nel mondo), vigilava attraverso propri strumenti che le banche rispettassero la riserva e le altre norme di comportamento bancario e, allo stesso tempo, regolava l'afflusso di denaro nel sistema con il doppio meccanismo del livello del tasso di interesse primario e del livello di riserva. Con gli accordi di Bretton Woods del 1944, il sistema di emissione monetaria venne esteso a tutto il mondo e soprattutto si pose termine alla cronica carenza di oro, principale causa della crisi del '29. Il sistema ideato a Bretton Woods, prevedeva che solo il dollaro potesse essere convertito in oro, e tutte le altre monete nel dollaro. Venne costituito il FMI con il compito di mantenere l'equilibrio tra i cambi delle monete fissati d'intesa tra i paesi aderenti all'accordo. Un'altra istituzione, la Banca Mondiale, interveniva finanziando le opere infrastrutturali necessarie allo sviluppo dell'economia operando in concerto con il FMI per controllare i costi delle opere e la loro redditività relativa. La maggior parte delle banche centrali costituì le proprie riserve in dollari (Galbraith riferisce che agli inizi degli anni settanta l'80% delle riserve dei paesi del mondo consistessero, appunto, da dollari) e gli americani stamparono più dollari di giornalini pornografici. Il sistema saltò il 15 agosto 1971, quando Nixon comunicò al mondo l'abrogazione unilaterale degli accordi relativamente alla conversine in oro. D'altra parte già allora sarebbe occorsa una quantità pari a 200 volte tutto l'oro del mondo per fare fronte ad una ipotetica conversione totale dei debiti, e le pressioni dei paesi importatori di petroli di fronte alla pretesa dell'Opec di ottenere il pagamento il oro e non in dollari erano divenute intollerabili per gli USA. Dopo un periodo di sbandamento e di esperimenti di ingegneria finanziaria, ci si accorse che l'abrogazione della conversione non produceva alcun disastro. Il vero oro del sistema era dato dalla fiducia degli operatori in esso e dalla sostanziale indifferenza della gente per i problemi relativi alla creazione della moneta. La conseguenza fu che si cominciò ad usare il concetto (del tutto ascientifico) di PIL per determinare a livello macroeconomico la quantità di moneta da necessaria in un sistema, e che si moltiplicarono gli esperimenti finanziari che si risolvevano in genere nella scoperta di un ulteriore meccanismo di creazione di moneta. Per farla breve, facciamo due cifre. A fronte di circa 100.000 miliardi di lire alla data del dicembre 1999 i depositi bancari a vista e a breve, erano oltre 2,6 milioni di miliardi. Se solo il 4% dei depositanti, presi dal panico, avesse prelevato banconote, le banche avrebbero dovuto chiudere gli sportelli (è proprio quello che è successo in Argentina, poche settimane fa). Ergo le banche creano denaro, semplicemente annotandolo sui propri conti. Lo creano ogni volta che concedono un prestito a qualcuno. In questa maniera è nata l'economia del "debito", che è costituita dal debito dello stato, delle famiglie e delle imprese. Concedendo un prestito, la banca crea la quantità di moneta che la costituzione di quella impresa determina nel sistema. Se l'impresa cresce, l'ulteriore moneta viene creata da nuovi prestiti o dalla crescita di valore delle azioni di quella impresa (le azioni sono uno strumento finanziario che si risolve in emissione monetaria), e se l'impresa fallisce, il congelamento del prestito sottrae al sistema la quantità di moneta giustificata da quella attività. Il tutto è regolato dal livello del tasso di interesse che a sua volta funge da regolatore a livello macroeconomico delle variabili monetarie. L'emissione di titoli di debito da parte degli stati, si risolve di fatto in una delega di potere sull'emissione monetaria al sistema bancario. Non c'è dubbio sul fatto che i titolo di stato siano strumenti monetari, sia perché vengono comunemente utilizzati in quel senso, sia perché la loro emissione corrisponde alla massa monetaria necessaria per le attività dello stato. Lo stesso discorso vale per il debito delle famiglie, che è in genere un debito per il consumo che supporta sul versante della domanda di beni le necessità monetarie delle attività economiche.
La conseguenza di questo sistema è che il risparmio non è più da tempo il motore della finanza e delle attività economiche (negli USA il risparmio è negativo da cinque anni) e che la crescita del debito è divenuta esponenziale. Sotto questo profilo vi invito a riflettere sul noto paradigma del fiore di loto in un lago. I fiori di loto raddoppiano di numero ogni anno: l'ultimo anno, prima della copertura totale del lago, questo è mezzo vuoto. Ebbene per il sistema finanziario il problema è lo stesso: la crescita esponenziale comporta che non avremo preavviso prima del disastro. In che cosa consiste il disastro? Nel fatto che raggiunto il tetto massimo di crescita il lago muore soffocato dai fiori. Allo stesso modo, la crescita esponenziale della massa finanziaria soffoca l'economia.
Il debito infatti, ha un limite di crescita, dato dalla capacità di indebitamento degli operatori nel sistema, che è arrivata pressoché al limite. Gli stati non si possono più indebitare, le imprese nemmeno se l'economia non cresce, e la crescita del debito è maggiore di quella dell'economia, e per le famiglie vale lo stesso discorso, con l'aggiunta che il loro limite all'indebitamento è aggravato dalla durata della vita umana, più limitata di quella degli stati o delle imprese.
Poi, il debito è uno strumento di potere. Il debitore dipende per la propria sopravvivenza dal creditore. E a maggior ragione vi dipende se per la crescita della sua attività è necessario che il suo debito aumenti. Questo è un presupposto del sistema a livello macroeconomico. Infatti, poiché la massa monetaria deve crescere con la crescita delle attività economiche, e la moneta viene creata con il debito, ne consegue che gli operatori del sistema sono sempre più indebitati nei confronti del sistema finanziario e che per crescere o mantenersi devono incrementare o mantenere il proprio livello di indebitamento. La capacità di indebitamento dipende dalla "fiducia" degli operatori finanziari nei confronti dei debitori, fiducia che ha in sé una valenza "politica". Nel senso che le scelte imprenditoriali, istituzionali e di consumo dipendono sempre di più dal sistema finanziario e dalla sua necessità di produrre utili. Gli stati, i cittadini, le imprese sono sempre più assoggettati a questo potere che penetra sempre più a fondo nella società. Gli stati del terzo mondo sono da anni assoggettati al potere delle istituzioni finanziarie come il FMI e la BM che dettano loro le norme di comportamento in materia economica e finanziaria. Quelle che un tempo erano scelte politiche, da anni sono diventati la prerogativa del potere finanziario. L'autonomia finanziaria degli stati, e la loro capacità di scelta è oggi ridottissima rispetto solo a trent'anni fa. Il "pensiero unico" del FMI, che non è molto distante dal pensiero unico del profitto, è divenuto il filo conduttore di tutte le scelte politiche. Sotto questo profilo, non c'è alcuna distinzione tra destra e sinistra: ormai sono tutti monetaristi e liberisti.
Dal punto di vista esistenziale questo sistema è terrificante. La crescita necessaria del debito pubblico comporta una crescita costante della pressione fiscale per consentire il pagamento degli interessi sul debito e l'emissione di nuovi titoli, id est di nuovi strumenti finanziari. Il tentativo dell'Europa di arrivare al pareggio di bilancio degli stati membri è un'operazione di puro belletto. La fiscalità viene infatti trasferita agli enti locali ed all'imposizione indiretta. E la conseguenza del rallentamento dell'indebitamento è il rallentamento dell'economia. L'esperienza del Giappone, sotto questo profilo è significativa. Il crollo del sistema finanziario avverrà quando il lago sarà completamente riempito, ovvero quando la massa degli strumenti finanziari non potrà più crescere in maniera tale da garantire la redditività che essa stessa presuppone per la propria esistenza.
C'è solo una maniera per uscire dalla trappola del debito e dal potere finanziario. Dobbiamo creare un sistema in cui il prelievo fiscale sia effettuato sulla ricchezza finanziaria. L'obiezione degli equivalenti monetari non ha più senso in un sistema il cui gli strumenti finanziari dominano il mercato degli scambi. Negli anni trenta la quantità di scambi era minima e riguarda essenzialmente una minoranza della popolazione. La maggior parte viveva ancora di un'economia di sussistenza ed usava il denaro solo raramente. In quella situazione, un'imposta sul denaro avrebbe incontrato difficoltà notevoli, perché in luogo delle banconote si sarebbero potute usare altre merci. Nella Virginia del dopo rivoluzione americana, l'inflazione estrema del dollaro di carta portò all'uso del tabacco come moneta. Oggi, un sostituto del denaro è introvabile. Non esiste merce che per quantità o qualità possa competere nemmeno lontanamente con il denaro. Un'imposta sul denaro e sugli strumenti finanziari (tutti) determina queste conseguenze:
1) rallenta la creazione di denaro poiché ne aumenta la velocità di circolazione;
2) consente di colpire la ricchezza effettiva e non quella presunta, e sotto questo aspetto è uno strumento di democrazia;
obbliga il sistema bancario a tornare a fare il proprio mestiere di supporto dell'economia, per garantire una redditività ai capitali che vengono depositati. Le banche dovranno partecipare alle imprese assumendosene i rischi relativi.
3) consente l'accumulazione del capitale nelle mani di chi è in grado di farlo fruttare effettivamente. In altri termini è un colpo mortale alla rendita finanziaria, che però esalta il meccanismo di accumulazione e non lo distrugge;
4) smonta il meccanismo di creazione del potere finanziario. La fiscalizzazione dei capitali consente agli stati di riappropriarsi del potere di emettere moneta, di ridurre fino a zero la tassazione su produzione, consumo e lavoro, e eliminare il problema del debito pubblico. Ho calcolato che un'imposta del 4% all'anno sugli strumenti finanziari attualmente esistenti in Italia, oltre ad un'imposta dello 0,1% sulla circolazione degli strumenti finanziari genererebbe un gettito pari a quello di tutta la tassazione attuale;
5) Sgonfia la bolla speculativa finanziaria e ne impedisce il riprodursi innescando un meccanismo di ritorno del finanziario a fare da supporto dell'economia e non a crescere su se stesso. Attualmente su cento cambi, oltre 96 sono puramente finanziari e meno di 4 sono destinati all'economia reale.
6) consentirebbe di finanziare l'istituzione del reddito di cittadinanza universale, che con la tassazione sul lavoro è impossibile. Quest'ultimo argomento necessita di ulteriori specificazioni che non è possibile dare qui. Voglio solo sottolineare che il reddito di cittadinanza universale ha indubbi effetti benefici sul piano della stabilità della domanda di beni di consumo.
Bene, spero di esser stato chiaro, anche se un po' troppo prolisso. Ma l'argomento necessita di ben maggiori approfondimenti.
puntomega