IntesaSanpaolo: solo NEWS n° 3

INTESA, MESSINA: SIGNIFICATIVO DIVIDENDO CASH, SU BUYBACK DECIDIAMO ANNO PER ANNO​

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(Teleborsa) - "Siamo in posizione unica per avere un beneficio dalla crescita degli interessi netti anche nel 2024, con allo stesso tempo un'accelerazione di commissioni e dell'attività assicurativa. In ogni scenario, se i tassi di interessi restano nel range che prevediamo interno al 3%, i nostri ricavi aumenteranno". Lo ha affermato il CEO di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, durante la call con la comunità finanziaria che ha seguito la pubblicazione dei risultati 2023.

"Allo stesso tempo stiamo lavorando sulla cost base - ha spiegato - con una riduzione delle spese per il personale, nonostante l'aumento dei salari, perché abbiamo un certo numero di persone - 2000 - che hanno lasciato nel 2023 e altre - 1000 - che lasceranno quest'anno. Inoltre, abbiamo un chiaro focus sulle spese amministrative, mentre saranno solo le spese tecnologiche ad aumentare per gli investimenti che stiamo facendo".

Sull'utilizzo del capitale in eccesso, Messina ha detto: "Vogliamo mantenere l'approccio che prevede il pagamento di un significativo dividendo in contanti, e per questo confermiamo il pay-out al 70%, e stiamo anche mantenendo l'approccio di decidere sul buyback di anno in anno. Non vediamo necessità di cambiare questo approccio per ora". Nelle slide è ribadito che ogni eventuale distribuzione addizionale per il 2024 e 2025 sarà valutata di anno in anno.

A una domanda sull'emissione di titoli di Stato italiano e sulla potenziale concorrenza, ha replicato: "Gli investimenti in BTP dei nostri clienti sono un'opportunità e non li vediamo come una minaccia. Sono investimenti che vengono fatti per aver buoni rendimenti, e con il previsto ribasso dei tassi potranno portare a buona capital gain generation".

"Se clienti continueranno a investire in strumenti capital gain positive, ciò sarà carburante per noi nel futuro - ha aggiunto - Certo, potremmo avere un calo a breve termine dei depositi, ma se l'investimento produce una plusvalenza in futuro l'importo potrà essere trasferito ad asset under management o prodotti assicurativi".

(TELEBORSA) 06-02-2024 16:10
 
Intesa Sanpaolo, i dividendi e i buyback attesi dagli analisti post conti 2023. Tutti i nuovi target price
Intesa Sanpaolo, i dividendi e i buyback attesi dagli analisti post conti 2023. Tutti i nuovi target price


Intesa Sanpaolo, i dividendi e i buyback attesi dagli analisti post conti 2023. Tutti i nuovi target price​

di Francesca Gerosa

Tutti gli analisti sono concordi nel ritenere che i risultati del 2023 sono stati migliori delle attese, soprattutto a livello di margine di interesse e costo del rischio. In vista maxi buyback per il periodo 2024-2026 e ricchi dividendi. Due voci fuori dal coro dei 23 buy: Mediobanca Research e Morgan Stanley



Il titolo Intesa Sanpaolo storna dell'1,88% a 2,8475 euro a Piazza Affari all’indomani dei conti dopo aver guadagnato in tre mesi il 13%. Tutti gli analisti sono concordi nel ritenere che i risultati del quarto trimestre del 2023 e dell’intero esercizio sono stati migliori delle attese, soprattutto a livello di margine di interesse e costo del rischio. Hanno deluso, ma solo in parte, il contributo negativo del trading e i maggiori altri accantonamenti.

L’outlook 2024 spacca

Guardando avanti, è stata apprezzata la guidance di un utile 2024-2025 oltre 8 miliardi di euro e soprattutto l’avvio del buyback da 1,66 miliardi (il 3% della capitalizzazione di mercato) a giugno di quest’anno. In particolare, Intesa Sanpaolo si aspetta una solida crescita dei ricavi (sia margine di interesse sia commissioni, viste crescere in area mid/high-single digit) anche in un contesto di tassi più sfavorevole, costi stabili, costo del rischio contenuto: è visto al di sotto di 40bps senza il rilascio di overlays. Ad oggi poi l’istituto non sta osservando alcun deterioramento della qualità del credito e ha ribadito che ha ampio spazio per ulteriori distribuzioni di capitale che, però, verranno decise di anno in anno. Dopo l’interim dividend pagato a novembre di 0,144 euro per azione, la banca ha indicato un saldo dividendi pari a 0,152 euro per azione (yield di oltre il 5%). Il dividendo complessivo corrisponde a un payout del 70% per un rendimento del 12%.

Equita vede buyback per 1,5 miliardi l’anno

Numeri a seguito dei quali oggi, 7 febbraio, Equita ha alzato le stime 2024-2025 del 3% in media, principalmente per riflettere il maggior margine di interesse, stimato sostanzialmente flat anno su anno nel 2024 e in calo del -5% nel 2025, parzialmente compensato da costi leggermente più elevati. Le nuove stime della Sim sono sostanzialmente allineate con la guidance della banca con un utile netto in area 8 miliardi e un dividendo atteso a valere sul bilancio 2024 in aumento a 0,32 euro per azione (yield dell’11%). «Ipotizziamo, inoltre, che Intesa Sanpaolo introduca annualmente un buyback da 1,5 miliardi. Post revisione delle stime, alziamo il target price sul titolo del +3% a 3,7 euro e ribadiamo il giudizio buy», sottolinea la Sim, osservando che il titolo tratta a un multiplo prezzo/utile sotto 6,5 volte e a un p/te di 1 volta, «multipli attraenti alla luce sia della ricca e sostenibile remunerazione agli azionisti: dividend yield oltre l’11% a cui aggiungere la progressiva distribuzione del capitale in eccesso sia di un business model in grado di garantire elevata profittabilità in ogni contesto di mercato».

Banca Akros alza il target price a 3,8 euro

Anche Banca Akros ha alzato le stime di utile per azione rettificato per il 2024 da 0,44 a 0,47 euro e quelle per il 2025 da 0,47 a 0,49 euro, aspettandosi ora alla fine di quest’anno un utile netto di 8,278 miliardi e un dividendo in aumento a 0,33 euro per azione. «I risultati sono stati positivi e la guidance è forte. Per cui, dopo aver alzato le stime, portiamo il target price sull’azione da 3,7 a 3,8 euro e confermiamo il rating buy», afferma Banca Akros.

Come Barclays

Stesso copione per Barclays che ha alzato il target price da 3,50 a 3,80 euro (rating overweight) dopo aver aumentato le stime di utile per azione in media del 9% per il periodo 2024-2026. Per la fine di quest’anno Barclays ha stimato un utile di 8,569 miliardi e un dividendo di 0,34 euro per azione. Tra l’altro Barclays ha anche sottolineato che clienti di Intesa sanpaolo hanno investito in Btp durante il 2023 e alcuni di questi investimenti mostrano già un valore positivo al mercato o lo mostreranno, dopo i tagli dei tassi; ciò darà alla banca l'opportunità di favorire la crescita degli asset under management o anche dei prodotti assicurativi.

JP Morgan: Intesa Sanpaolo è ben posizionata per restituire più capitale agli azionisti

Invece, il target price di JP Morgan passa da 3,60 a 3,80 euro (rating overweight) dopo aver alzato le stime del 5%/4%/3%, rispettivamente, nel 2024/2025/2026. «Ora prevediamo un utile netto a 8,2 miliardi nel 2024, anche se conservativamente prevediamo ancora che il margine di interesse diminuirà del -2% anno su anno nel 2024. Per l'anno fiscale 2025, ci aspettiamo ancora un utile netto di 7,8 miliardi, al di sotto delle indicazioni di oltre 8 miliardi, a causa di un margine di interesse in calo del 10% anno su anno nel 2025. Con un Cet1 confortevolmente superiore al 13,5% e livelli di redditività superiori alla media delle banche della zona euro, riteniamo che Intesa Sanpaolo sia ben posizionata per restituire più capitale agli azionisti. Il rendimento dei dividendi basato su un pay-out del 70% sembra interessante a circa il 11,3% per il periodo 2024-2026, ma pensiamo che ci sia abbastanza capitale in eccesso sopra il 12% per mantenere la distribuzione totale sopra il 90% con buyback oltre il 2023, mantenendo contemporaneamente il Cet1 Basel 4 al 13,2% alla fine del 2025. Ci aspettiamo anche un ulteriore buyback di 5,1 miliardi per il periodo 2024-2026. Il rendimento totale ammonta a circa il 13,8% per il 2024-2026, ben al di sopra della media europea del 10,2% annuo».

Due voci fuori dal coro dei 23 buy: Mediobanca Research e Morgan Stanley

E se per Goldman Sachs l’azione è da comprare (buy) con un prezzo obiettivo a 3,60 euro in vista di una cedola a valere sul bilancio 2024 di 0,33 euro per azione (utile atteso a 8,072 miliardi), Morgan Stanley è più cauta ha ribadito il rating equal weight e il target price a 3,40 euro come Mediobanca Research (rating neutral). « Intesa Sanpaolo aspira a essere una banca nordica con un Rote mid-teen, un pay-out cash, una valutazione a premio e npl bassi, mentre il rischio paese, il Cet1 e il costo del rischio mostrano margini di miglioramento rispetto agli standard scandinavi. Al momento, però, «non vediamo vantaggi da un'aura nordica, una regione su cui attualmente siamo sottopesati in quanto è percepita come un rifugio sicuro, che di solito performa meglio quando ci sono turbolenze macro/sovrane altrove. Preferiamo considerare Intesa Sanpaolo come una solida banca italiana, con solidi fondamentali e con il più alto pay-out ratio cash nel settore bancario europeo, dando origine a uno dei più alti rendimenti del dividendo in contanti: 10%. Tuttavia, riteniamo che la valutazione attuale a premio rifletta già correttamente la qualità di Intesa Sanpaolo e quindi ribadiamo la nostra valutazione neutral sul titolo, pur alzando il target price a 3,20 euro» dopo aver aumentato le stime di utile 2024-2025 del 5-9%. «Ma siamo più prudenti rispetto alla guidance sul margine di interesse. Quanto alle future distribuzioni extra di capitale dipendono dalla generazione organica di capitale e dall'assorbimento delle Dta: 25 pb nel 2024-2025. Stmiamo un Cet1 fully loaded al 14,1% nel 2024 e al 13,7% nel 2025, dopo -60 pb da Basel IV, lasciando margini limitati rispetto alla nuova guidance post Basel IV di oltre 13,5%», conclude Mediobanca Research. Attualmente il consenso Bloomberg vede 23 buy, 6 hold e 0 sell sul titolo Intesa Sanpaolo con un target price medio a 3,58 euro.

Orario di pubblicazione: 07/02/2024 13:04
Ultimo aggiornamento: 07/02/2024 15:17
 
Banche, dividendi al raddoppio: chi premia meglio gli azionisti (con rendimenti dal 5% al 13%) e straccia i Btp - LA CLASSIFICA
Banche, dividendi al raddoppio: chi premia meglio gli azionisti (con rendimenti dal 5% al 13%) e straccia i Btp - LA CLASSIFICA


Banche, dividendi al raddoppio: chi premia meglio gli azionisti (con rendimenti dal 5% al 13%) e straccia i Btp - LA CLASSIFICA​

di Elena Dal Maso

Grazie ad utili record, le banche fanno a gara su chi remunera meglio gli azionisti fra dividendi e buyback. Dal 2011 a oggi il rendimento del Ftse Mib Total Return, che comprende le cedole, è stato del +210%, oltre il doppio del Ftse Mib. Ma questa generosità è sostenibile se la Bce taglia i tassi? Il parere di analisti e gestori



Una corsa a chi raddoppia o triplica il dividendo, a quale banca remunera di più gli azionisti. E’ stata una settimana intensa a Piazza Affari, partita lunedì 5 febbraio con i conti di Unicredit che hanno letteralmente elettrizzato i mercati. La banca milanese, guidata dall’amministratore delegato Andrea Orcel, ha proposto di girare tutti gli utili del 2023 ai soci e di introdurre, a partire dal 2024, un payout (distribuzione) di almeno il 90% dell’utile netto. Il mercato ha apprezzato la scelta di guardare più alle tasche degli investitori rispetto a possibili progetti di M&A e il titolo ha chiuso con un balzo di oltre l’8%. E che dire di Mps? Dopo 13 anni, attraversati da ristrutturazioni e aumenti di capitale il gruppo, sotto la gestione dell’ad Luigi Lovaglio, ha annunciato, in anticipo sul piano industriale, una cedola di 0,25 euro. La Popolare di Sondrio ha raddoppiato il dividendo, Banco Bpm ha messo invece sul piatto 0,56 euro, un balzo del 143% rispetto ad un anno prima, mentre il Credem ha colto di sorpresa il mercato con un dividendo straordinario di 0,2 euro da aggiungere a 0,45 euro di cedola ordinaria rispetto a 0,33 euro pagati nel 2023.

Chi rende di più fra cedola e buyback

Perché tanto oro che inizierà a colare nelle tasche degli azionisti? Perché i tassi alti favoriscono il margine di interesse delle banche, sono un forte traino per i profitti degli istituti di credito. A Piazza Affari, in base ai prezzi di venerdì 9 febbraio, il maggiore dividend yield, ovvero il rendimento da cedola, è quello di Banca Ifis, con il 12,7%, a seguire Banco Bpm con l’11%, Intesa Sanpaolo con il 10,5%, BFF Bank con il 9,2%. Il rendimento minimo si colloca al 5%, ben sopra la redditività del Btp decennale al 3,9%, un’area in cui troviamo Unicredit. La banca, però, è bene ricordarlo, remunera i soci in due modi: cedola più buyback e quindi la redditività in tal senso sale. Così fa Intesa Sanpaolo, che alla prossima assemblea proporrà 55 centesimi di punto di Cet 1 di acquisto di azione proprie. In tal senso gli analisti di Equita ipotizzano che l’istituto, sotto la direzione del ceo Carlo Messina, introduca un buyback annuale da 1,5 miliardi.

Il punto ora è: questa esuberanza di utili deriva dal rialzo dei tassi, che, nelle attese dei mercati, dovrebbero essere tagliati nei prossimi mesi. A dire il vero pare non prima di giugno, se l’Eurozona continua a crescere, anche se di poco e se l’inflazione di base non manda segnali di deciso raffreddamento. Ora i mercati si chiedono se questa politica di grande distribuzione dei profitti sarà sostenibile nel tempo.

Unicredit, un caso europeo

Dopo la conference call sugli utili, gli analisti di Kbw hanno alzato il prezzo obiettivo da 37,25 a 41,45 euro su Unicredit parlando di «risultati solidi» dopo aver alzato le stime di utile per azione a doppia cifra. «Il rendimento del capitale è il migliore del settore, con un total yield (rendimento da dividendo più buyback, ndr) atteso nel 2024 del 18%». A questi prezzi, scrive Kbw, la «valutazione del titolo resta troppo bassa per quella che sembra sempre più una delle banche meglio gestite in Europa».

Per Andrea Costanzo, vice presidente delle Istituzioni Finanziarie Europee per conto di Morningstar Dbrs, le grandi banche italiane «hanno continuato a ridurre i rischi nei propri bilanci e i nuovi afflussi verso le esposizioni deteriorate sono rimasti contenuti nonostante il contesto di tassi di interesse più elevati e il costo della vita più elevato». A questo si aggiunga che «la liquidità rimane solida dal momento che i deflussi di depositi nel primo semestre del 2023 sono stati in parte compensati dai nuovi afflussi nel secondo semestre, nonostante i rimborsi Tltro III alla Bce. La generazione organica di capitale è rimasta solida e i coefficienti patrimoniali sono ben al di sopra dei requisiti minimi di vigilanza».

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Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, parla di ritorno dell’entusiasmo degli investitori sui titoli ad alto dividendo. L’analista avverte che lo scenario futuro è caratterizzato da una «forte incertezza soprattutto sulle scelte delle banche centrali. In Europa le deboli cifre macroeconomiche sulla crescita e il processo di disinflazione dovrebbero spingere il Consiglio Direttivo della Bce a promuovere un taglio dei tassi nei prossimi mesi. Per chi vuole sfruttare nel medio/breve la situazione favorevole dei titoli value potrebbe essere interessante aumentare l’esposizione nei confronti di alcune azioni del settore finanziario che hanno mostrato ottime performance (come ad esempio Banca Popolare di Sondrio, Bper Banca, Unipol e Banca Mediolanum)». Il consiglio di Diodovich, tuttavia è quello di «mantenere un portafoglio diversificato per ridurre i rischi di un ambiente finanziario in continua evoluzione».

Le banche italiane, « Unicredit in testa, emergono per ritorno sul capitale investito. Tra buyback e dividendi, molte aziende italiane primeggiano in area euro per distribuzione», commenta Fabio Caldato, Portfolio Manager di AcomeA Strategia Dinamica Globale. Il gestore segnala « BFF Bank come una tra quelle più generose, con cedole a doppia cifra, insieme a Intesa. Riteniamo che la tendenza generosa sui dividendi si mantenga tale anche in un prossimo futuro, caratterizzato con buona probabilità da tassi stabili».

Manuel Pozzi, Direttore Investimenti di M&G Investments Italia, ricorda le «ampie opportunità di dividendo per big del settore come Intesa, Unicredit, Mediobanca, Banco Bpm, Bper e FinecoBank. É necessario ricordare tuttavia che nel 2023 il settore bancario ha registrato utili estremamente alti, che difficilmente riusciranno a crescere ulteriormente, salvo qualche eccezione». In caso di peggioramento del contesto economico, «la redditività delle banche sarebbe destinata a calare. Ma il mercato sta già prezzando questa eventualità», ricorda Pozzi.

Ftse Total Return straccia il Ftse Mib

Da agosto 2011 ad oggi, l'indice Ftse Mib ha registrato una crescita del +100%, ragiona Gabriel Debach, market analyst di eToro, «mentre il Ftse Mib Total Return, che include i dividendi, è salito del +210%. Questi numeri evidenziano come i rendimenti totali a Piazza Affari, che incorporano i dividendi, siano cresciuti di 2,1 volte rispetto all'indice, mentre nell'S&P 500, nel medesimo periodo, questa cifra si ferma a 1,3 volte». Nonostante gli alti tassi d’interesse e un’economia europea «traballante, le maggiori società italiane hanno, per il momento, mostrato buona resilienza», riprende Debach. In questo scenario, l’analista ritiene che la «politica di remunerazione elevata possa essere sostenibile per ora, sebbene sarebbe più prudente per le aziende evitare payout ratio eccessivamente elevati. I venti freddi non mancano di soffiare, dal ritorno dei rischi con le piccole banche americane a quelli cinesi».

Il Dogs of the Dow Italia

Debach considera anche di avvicinare Piazza Affari con una strategia tipica di Wall Street. «Da inizio anno Intesa, Mediobanca, Unipol, Poste, Stellantis, Banca Mediolanum, Italgas, Generali, Enel e Eni hanno rappresentato i 10 titoli dei cosiddetti Dogs of Dow italiani del 2024», riprende. Il Dogs of the Dow è una strategia che prevede di investire nei 10 titoli dell’indice Dow Jones con il dividend yield più alto. «Questa strategia ha fatto peggio dell'indice in due degli ultimi quattro anni, ma è stata migliore nel periodo considerato», conclude l’analista.

Milano Finanza - Numero 030 pag. 8 del 10/02/2024
 

Unicredit e Intesa Sanpaolo come Coppi e Bartali?

Unicredit e Intesa Sanpaolo come Coppi e Bartali?


Unicredit e Intesa Sanpaolo come Coppi e Bartali?​

di Paolo Panerai

Dopo i risultati 2022, record per entrambi gli istituti, si rafforza una sana rivalità tra le prime banche italiane, che hanno alla guida due protagonisti dal carattere assai diverso, come dimostrano anche i rendimenti che danno ai loro soci da quando sono al timone



Coppi e Bartali? Ma chi è Coppi e chi è Bartali fra le due super banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit? Se si ragionasse sul carattere dei due ceo, Carlo Messina e Andrea Orcel, Coppi dovrebbe essere Unicredit e Bartali Intesa Sanpaolo. Per una semplice ragione: Gino Bartali è stato il più costante, sempre ad alto livello, senza le bizzarrie di Coppi, senza avventure (e non mi riferisco solo alla Dama Bianca, la famosa fuga con lei che animò le cronache rosa di decine di anni fa); ma Coppi era più scattista e lo scatto fatto quest’anno da Unicredit-Orcel con la decisione di dare tutto l’utile in distribuzione agli azionisti, ha appunto un po’ il sapore dello scattista; è vero che Unicredit ha dichiarato in bilancio un utile di 8,6 miliardi contro i 7,7 di Intesa, ma in vista delle possibili montagne (per rimanere al ciclismo), Messina e il suo consiglio hanno deciso di distribuire agli azionisti 7,1 miliardi, mandando 600 milioni a ulteriore riserva. E non è finita, perché Orcel ha dichiarato che nel 2024 ai soci saranno distribuiti addirittura 10 miliardi di euro.

Messina-Bartali vs Orcel-Coppi

Ci sono anche altre caratteristiche che fanno propendere Messina per essere Bartali. Il campione toscano non ha infatti mai nascosto di essere vicino al mondo cattolico e in realtà Intesa Sanpaolo, non solo per Sanpaolo, ha anche radici cattoliche essendo diventata una grande banca attraverso la fusione fra Banco Ambrosiano (guidato dal professor Giovanni Bazoli), Ambrosiano che aveva incorporato la Cattolica del Veneto e quindi Cariplo vicinissima alla Dc; poi la Comit (laica) e infine il Banco Sanpaolo di Torino. La Comit in realtà aveva molto di laico, essendo sempre stata il caposaldo del laicismo bancario italiano con il ruolo diretto avuto sulla banca anche nel dopoguerra dal liberale Giovanni Malagodi e dal repubblicano Ugo La Malfa, senza considerare il presidente storico Raffaele Mattioli e la creazione da parte della Comit di Mediobanca guidata dal repubblicano Enrico Cuccia.

Una competizione sana

Fuori dal gioco ciclistico che mi sono permesso, non vi è dubbio che i risultati del 2023 delle due banche contengono le premesse per una lunga sfida all’ultimo euro di utile, che naturalmente non fa che bene al sistema italiano non solo bancario ma anche economico in generale.
Orcel intervistato da Class Cnbc ha spiegato: «Io credo che Intesa e noi abbiamo due modelli di business completamente diversi. Intesa è un leader principalmente in Italia, noi siamo una banca paneuropea. Entrambi siamo basati a Milano, ma abbiamo dei modelli di business molto molto diversi. Quindi per noi l'importante è continuare a creare valore, e più ne creiamo meglio è. E questo è quello che ispira tutto quello che facciamo».
Orcel è decollato come banchiere d’affari, quando da Roma e da Londra dal 1992 al 2012 fece faville per Merrill Lynch; poi dal 2014 al 2018 presidente di Ubs investment bank. Quasi alla fine del 2018 vi fu l’annuncio che Orcel avrebbe preso il comando della banca ordinaria, leader spagnola, Banco Santander. Ma di fatto il passaggio non andò in porto per la disputa legale relativa alla liquidazione da UBS, che la banca svizzera si rifiutò di pagare per le modalità con cui Orcel era uscito.
Ma il 21 gennaio del 2021 il consiglio di Unicredit lo propose all’unanimità come amministratore delegato della banca ordinaria, dopo il disastro gestionale di Jean Pierre Mustier. In realtà, quel mondo non gli era sconosciuto visto che nel 1998, come banchiere d’affari di Merrill Lynch, aveva gestito la fusione da 25 miliardi di euro tra il gruppo Credito Italiano, Rolo Banca 1473 e il Gruppo Unicredito.
Messina ha una carriera più semplice. Dopo la laurea alla Luiss, ha lavorato in Bnl, quindi nella finanziaria della famiglia Auletta, Bonifiche Siele, che controllava Banca dell’agricoltura e quindi Banco Ambrosiano dove da passista, passando per tutte le fusioni, è arrivato ai vertici di Intesa Sanpaolo dopo la breve parentesi di Enrico Cucchiani.

Orcel lo scattista, Messina il passista

Se Orcel come banchiere d’affari è scattista e molto anticonformista (ha casa in Portogallo, dove fa surf) Messina ha proprio doti da passista, abituato a gestire la banca in qualsiasi clima. Lo dimostra il total shareholder return, ovvero il tasso di rendimento annuo che tiene conto sia delle variazioni del corso dell’azione in borsa sia dei dividendi pagati. Da quando Messina è al timone del gruppo Intesa Sanpaolo (settembre 2013), il total return medio annuo è stato del 10,64%. Se poi un azionista avesse reinvestito ogni anno il dividendo sempre in azioni Intesa Sanpaolo il rendimento annuo medio sarebbe del 12,54%. Altro che Btp.
Non è detto che Orcel possa fare anche meglio, ma occorre vederlo sul medio e lungo periodo, avendo sicuramente il dna del banchiere d’affari. Infatti, secondo lo stesso indicatore total return del titolo, nei quasi quattro anni che è alla guida di Unicredit, Orcel può vantare un total return del 57,52%, che sale al 61,22% medio annuo per chi ipoteticamente avesse investito nel titolo i dividendi percepiti. Saprà tenere questo ritmo a lungo, visto che questa crescita parte appunto dal disastro provocato dal suo predecessore?

Un approccio sportivo

In questa competizione a distanza fra le due maggiori banche italiane, anche se Unicredit con connotati più europei, potrebbe essere che la concorrenza si trasformi in rivalità. Ma ci ha pensato Messina a eliminare ogni tensione possibile: in conferenza stampa, prima di rispondere alle domande sui conti, ha preso la parola per dire, sorridendo: «Complimenti ai risultati di Unicredit, ottimi risultati, molto bravi».
E MF-Milano Finanza è in grado di rivelare che i due principali banchieri italiani si sono visti nei giorni scorsi a Roma, pranzando uno di fronte all’altro davanti a un piatto di spaghetti cacio e pepe.
Naturalmente a un banchiere d’affari, com’è il passato di Orcel, nelle decine se non centinaia di operazioni fatte ce ne possono essere anche di quelle che non hanno proprio giovato al sistema bancario italiano. Una per tutte: è sua, quand’era alla Merrill Lynch, la valutazione per l’operazione di acquisto da parte del Monte dei Paschi di Siena, nel 2007, della Banca Antonveneta per 10 miliardi di euro. Quell’operazione è stato il colpo decisivo per Mps, ma non si può certo attribuirne la responsabilità a Orcel.

La lunga vicenda Mps

Era successo che l’allora governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, aveva intuito la necessità di rafforzare le singole banche. E per questo aveva insistito con la Fondazione Mps perché si fondesse con Bnl che lo stato aveva deciso di privatizzare. Presidente a Siena era Giuseppe Mussari, anche eletto dagli altri banchieri italiani presidente di Abi. In vari colloqui di allora, Mussari rivelò di essere pressato dall’interno della Fondazione perché il Monte, la banca più storica d’Italia e forse del mondo, rimanesse indipendente. A influire molto sulla Fondazione era il sindaco di Siena, che non voleva la fusione. Fusione che infatti non fu fatta perché Mussari riuscì a concordare con la Banca d’Italia che la Fondazione sarebbe scesa al di sotto del 51%. Ma al sindaco e agli altri maggiorenti della città del Palio non parve vero che Bankitalia avesse mollato la presa. Sull’onda della mantenuta indipendenza fu concluso fra consiglio d’amministrazione, Comune e Fondazione che comunque il Monte dovesse crescere. E gli occhi furono messi sulla banca Antoniana Veneta, che gestita dal vecchio volpone braccio destro (pentito) di Michele Sindona, Silvano Pontello, da popolare aveva richiamato l’attenzione di molti industriali e industrialotti veneti, che avevano comprato come era allora consueto azioni di banche popolari. Da quel momento iniziò lo scandalo bancario italiano che costò il posto a Fazio, la galera a Giampiero Fiorani e via dicendo, finché la Antonveneta venne acquistata dagli spagnoli del Santander. Per poi rivenderla il 7 novembre del 2007 al Monte dei Paschi, appunto per i 10 miliardi di valutazione di Merrill Lynch guidata nell’operazione da Orcel.
Sta di fatto che prima di quel momento la Antonveneta ne aveva viste di tutti i colori, come le dimissioni a Fazio, il carcere a Fiorani… Insomma, nonostante questo disastro politico bancario, la cessione a Mps venne fatta a un valore che poi (colpevoli coloro che l’hanno acquistata) si rivelerà un disastro per la più antica banca italiana.
Il cammino di guerra di Mps è durato da allora a oggi, costando non pochi miliardi allo stato italiano. Ma guarda le combinazioni fortunate. Proprio mentre Orcel annuncia il maggior utile mai raggiunto da una banca italiana con gli 8,6 miliardi di euro prima menzionati, anche Mps torna in significativo utile. E ha questa performance grazie alla bravura del nuovo ceo Luigi Lovaglio, un uomo che aveva fatto la fortuna proprio di Unicredit portando al successo la sua banca in Polonia, poi venduta con un utile rilevantissimo. Lovaglio può infatti annunciare di aver realizzato un significativo utile, che consente anche la distribuzione di un non insignificante dividendo.
Lo stato così potrà recuperare almeno parte dei molti miliardi iniettati in Mps per tenerlo in vita dopo la disastrosa acquisizione dell’Antonveneta a cui sono seguite vicende drammatiche, come la morte del responsabile delle relazioni esterne della banca senese, David Rossi.
Insomma, un uomo Unicredit, con l’aiuto in primo luogo del dirigente senese che non aveva mai mollato (Maurizio Bai, giustamente nominato ora vicedirettore generale) ha salvato la più vecchia banca non solo italiana, mentre Unicredito stabilisce il record di utili sotto la gestione di chi aveva fatto quella valutazione di Antoniana, la banca causa principale del tracollo senese.
Una storia e un incrocio straordinario, come talvolta succede nel mondo bancario.

Deepfake: il caso Germania

Deepfake, secondo Wikipedia, è una tecnica per la sintesi dell’immagine umana basata sull’intelligenza artificiale, capace di combinare e sovrapporre immagini, voci e video esistenti con video o immagini originali, tramite una tecnica di apprendimento automatico, conosciuta come rete antagonista generativa.
L’esempio più pericoloso di Deepfake è avvenuto di recente in Germania. Il cancelliere Olaf Scholz ha dato ai concittadini tedeschi un annuncio assolutamente imprevedibile. E cioè la richiesta alla Corte costituzionale della nazione di mettere al bando Alternative für Deutschland. Ovviamente non era il cancelliere vero, ma appunto un Deepfake. È stata inevitabile la immediata iniziativa del governo di condannare il video, che manipolando la realtà poteva generare immediati disordini.
Quasi contemporaneamente il centro britannico addetto alla cybersecurity (Ncsc), anche in seguito al caso tedesco, ha lanciato l’allarme poiché simili iniziative, volutamente provocatorie, minacciano la democrazia. Un sondaggio di Ipsos su questo pericolo, fra cittadini in Francia, Gran Bretagna e Usa, ha evidenziato come la maggioranza abbia risposto che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale aggraverà la disinformazione creando pericoli per la democrazia.
Al contrario, The Economist ha sostenuto che in effetti c’è molta incertezza sul fatto che questa tecnica sia pericolosa. E suffraga la tesi precisando che il falso discorso di Scholz era facile da classificare come falso. L’indizio sarebbe stato il movimento delle labbra non sincronizzate e, ha aggiunto, una voce innaturale.
Bene, si può replicare che è solo una questione di messa a punto di questa intelligenza artificiale. Qualcuno ha dubbi che basterà attendere qualche mese e i limiti attuali della tecnica Deepfake sarà affinata? Per questo è assai più condivisibile l’opinione del Ncsc, che vede con preoccupazione questo uso dell’intelligenza artificiale. Per cui è sempre più urgente una rigorosa regolamentazione, che certo non eliminerà gli sfruttamenti truffaldini dell’intelligenza artificiale, ma almeno che permetta che i cittadini abbiano conoscenza piena dei pericoli. Come oggi, dopo l’esplosione del caso Chiara Ferragni, i cittadini hanno imparato a diffidare della figura sempre equivoca degli influencer. Niente di nuovo si dirà, da quando mondo è mondo, i turlupinatori sono sempre esistiti. È la informazione affidabile e la cultura che li può sconfiggere, salvando il mondo. Per l’intelligenza artificiale, oggi paragonabile alla teoria della relatività di Albert Einstein che ha portato alla bomba atomica, occorre che la democrazia consenta ciò che è utile all’umanità e ciò che va combattuto.

Milano Finanza - Numero 030 pag. 1 del 10/02/2024
 
Banche italiane, perché non ci sarà un calo del margine di interesse nel 2024 secondo Dbrs Morningstar
Banche italiane, perché non ci sarà un calo del margine di interesse nel 2024 secondo Dbrs Morningstar

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Banche italiane, perché non ci sarà un calo del margine di interesse nel 2024 secondo Dbrs Morningstar​

di Francesca Gerosa

Per le prime cinque grandi banche italiane quotate in borsa il 2023 è stato un anno record a livello di utili: 21,1 miliardi di euro (+64% rispetto al 2022). Un trend destinato a continuare, secondo Andrea Costanzo, vice president, european financial institutions di Dbrs Morningstar. Il consolidamento partirà ma a determinate condizioni



Per le prime cinque grandi banche italiane quotate in borsa il 2023 è stato un anno record a livello di utili: 21,1 miliardi di euro (+64% rispetto ai 12,8 miliardi del 2022). Un dato a cui hanno contribuito gli 8,6 miliardi di utile netto di Unicredit, i 7,7 miliardi di Intesa Sanpaolo, i 2,05 miliardi di Mps, gli 1,5 miliardi di Bper Banca e gli 1,26 miliardi di Banco Bpm. Un trend destinato a continuare visto che tutte e cinque hanno annunciato che nel 2024 gli utili saranno uguali o superiori al dato del 2023. Milanofinanza.it ha intervistato in merito Andrea Costanzo, vice president, european financial institutions di Dbrs Morningstar.

Le esposizioni a Russia e Ucraina sono state significativamente ridotte

«Abbiamo seguito i risultati riportati dalle maggiori banche italiane: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Bper Banca e Mps e condividono in larga misura le stesse tendenze», sottolinea Costanzo. Infatti, «le banche hanno registrato risultati solidi nell'anno fiscale 2023, principalmente guidati da un maggior margine di interesse e costi sul credito generalmente più bassi e contenuti. Questi ultimi sono stati influenzati in modo rilevante nel 2022 dalle rettifiche per le esposizioni dirette a Russia e Ucraina nel caso di Unicredit e Intesa Sanpaolo. Queste sono scomparse nel 2023, supportando i conti economici delle banche poiché le esposizioni a Russia e Ucraina sono state significativamente ridotte dall'inizio del conflitto. Inoltre», prosegue Costanzo, «i ricavi da commissioni si sono dimostrati resilienti nonostante il momentum negativo sui mercati finanziari per la maggior parte del 2023 e un'attività di prestiti contenuta».

Livelli buoni di copertura sugli npe

Le banche hanno anche continuato a dare enfasi al controllo dei costi al fine di limitare l'impatto negativo dovuto alle pressioni inflazionistiche, spiega l’esperto di di Morningstar Dbrs. «Le metriche sulla qualità degli asset hanno confermato la solidità degli istituti di credito poiché hanno continuato a ridurre il rischio nei loro bilanci e i nuovi flussi verso i crediti in sofferenza (npe) sono rimasti contenuti nonostante il contesto con tassi di interesse e costo della vita più elevati. Le banche hanno anche mantenuto livelli buoni di copertura sugli npe così come sulle esposizioni performing, compresi gli accantonamenti accumulati negli ultimi anni per far fronte a futuri rischi più generici legati alla qualità degli attivi», osserva Costanzo.

I volumi dei prestiti sono diminuiti nel 2023, a causa dell'inasprimento degli standard sui prestiti, dell'aumento dei tassi d'interesse e della crescita economica lenta. Al contempo, il profilo di finanziamento e liquidità delle banche italiane rimane solido poiché i deflussi dai depositi nel primo semestre del 2023 sono stati in parte compensati dai nuovi afflussi nel secondo semestre del 2023, nonostante i rimborsi del Tltro III della Bce. La generazione di capitale organico è stata sostenuta durante l'anno e i coefficienti patrimoniali sono risultati ben al di sopra dei requisiti minimi di vigilanza.

Non ci sarà un calo del margine di interesse nel 2024

Con la Bce che inizierà a tagliare i tassi di interesse quest’anno, Costanzo non si aspetta necessariamente una diminuzione del margine di interesse delle banche italiane nel 2024 poiché, spiega l’esperto, «c'è un effetto di trascinamento. Anche se i tassi diminuiscono nel corso dell'anno, le banche continueranno comunque a beneficiare di un contesto di tassi di interesse mediamente più alti rispetto al passato. Tuttavia, riteniamo che il margine di interesse abbia probabilmente raggiunto il picco e ci aspettiamo in generale un trend meno favorevole nei prossimi trimestri, di riflesso ai tagli previsti dei tassi, alla crescita lenta dei prestiti, ai costi di finanziamento più alti e alla politica di remunerazione zero sui requisiti minimi di riserva. Tuttavia, le banche stanno attuando strategie di copertura in previsione dei futuri tagli dei tassi chiave della Bce al fine di bloccare alcuni benefici per il margine di interesse e ridurre la sensibilità futura del margine di interesse ai cambiamenti dei tassi. Ciò contribuirà a mitigare l'aspettato impatto negativo sul margine di interesse, rappresentando un potenziale di crescita per le banche con un forte franchising e una miglior reputazione creditizia, che in genere risentono meno della concorrenza per i prestiti e i depositi e dei maggiori costi di finanziamento wholesale».

Perché è importante il ritorno al dividendo per Mps

Grazie ai buoni conti c’è anche chi torerà a distribuire un dividendo. Banca Monte dei Paschidi Siena ha annunciato l'intenzione di distribuire il suo primo dividendo in 13 anni per 315 milioni di euro, soggetto all'approvazione dell'assemblea degli azionisti e della Bce. Mps mira anche a un pay-out ratio del 50% sull’utile netto del 2024. «Questo, secondo noi, dimostra un'ottimizzazione degli utili e una capacità ripristinata di generare capitale. Dimostra anche che la banca è fiduciosa nella sua capacità di replicare una performance simile a quella del 2023 nel 2024, a seguito del successo del turnaround eseguito dal nuovo management con l’aumento di capitale nel 2022», ricorda Costanzo.

Il consolidamento nel settore bancario italiano partirà ma a determinate condizioni

I risultati eccezionali riportati nel 2023 e il conseguente accumulo di capitale in eccesso rispetto ai requisiti di vigilanza hanno generalmente portato le banche italiane a implementare distribuzioni più generose agli azionisti tramite dividendi ma anche tramite riacquisti di azioni nel caso di alcune banche. «I rapporti di pay-out dichiarati partono generalmente da un livello di circa il 30% che aumenta fino al 90% per banche più capitalizzate e più diversificate dal punto di vista commerciale», indica Costanzo, ritenendo anche che il consolidamento nel settore bancario italiano possa ancora giocare un ruolo in futuro, «a condizione che i management delle banche identifichino opportunità che abbiano un senso industriale e che incorporino sinergie per sbloccare valore per gli azionisti e finanziare la crescita futura. Mps è ancora controllata al 39% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze italiano e potrebbe essere un obiettivo per il consolidamento nel settore», prevede l’esperto che al momento ha un rating BB (low) con trend stabile sul Monte, un rating BBB (high) sempre con trend stabile su Intesa Sanpaolo, banco Bpmn e Bper Banca.

Orario di pubblicazione: 12/02/2024 08:30
Ultimo aggiornamento: 12/02/2024 10:00
 

Banche: cambiano professioni strategiche (Hunters Group)​

MILANO (MF-NW)--Nel settore bancario, l'evoluzione del lavoro e' inarrestabile e coinvolge non solo le imprese, ma anche le stesse figure professionali al loro interno. Grazie al ruolo sempre piu' importante di Esg e Cyber Risk, le banche internalizzano le risorse piu' promettenti dalle societa' di consulenza. Secondo gli asperti di Hunters Group, l'evoluzione dell'Audit ha dato vita a figure specializzate, concentrandosi su tre ambiti cruciali: la diversity & inclusion, la sostenibilita' e tutti gli aspetti legati al cyber risk. La gestione dei rischi informatici e' emersa come una parte fondamentale, in risposta all'evoluzione tecnologica rapida e continua. Non solo, da qualche tempo, e sempre con maggiore insistenza negli ultimi anni, l'impegno del mondo bancario verso l'ambiente, la societa' e l'etica gestionale e' diventato un asset strategico in grado di incidere direttamente sui risultati di business e, di conseguenza, di incrementarne il valore. Tra le figure professionali maggiormente ricercate spiccano: l'Ict Cyber Risk Manager che, con una formazione preferibilmente in discipline tecnico/ingegneristiche/informatiche, puo' raggiungere una Ral media di 60 mila euro (piu' variabile), l'Esg Specialist, figura dalle capacita' economico-ingegneristiche con una Ral media di 40 mila (piu' variabile), e infine l'Hr Project Manager Diversity & Inclusion. L'obiettivo di questa figura e' favorire l'inclusione all'interno dell'azienda e mantenere un ambiente di lavoro sempre positivo ed appagante. Con una formazione preferibilmente in materie umanistiche, questo ruolo ha una Ral media di 50 mila euro, piu' variabile. bem MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

12/02/2024 15:27
 
Immobiliare commerciale in crisi, ecco quanto sono esposte le banche italiane e francesi. L’analisi di Citi

Immobiliare commerciale in crisi, ecco quanto sono esposte le banche italiane e francesi. L’analisi di Citi​

di Francesca Gerosa

Finora il focus si è concentrato sul mercato americano dove 1.200 miliardi di dollari di mutui commerciali sono destinati a scadere nel 2024 e nel 2025. Rischio contagio? Citi analizza l’esposizione di Unicredit, Intesa Sanpaolo, Societe Generale e Bnp Paribas al settore immobiliare commerciale




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Non scemano i timori degli investitori riguardo alle esposizioni delle banche globali al settore immobiliare commerciale (Cre) poiché i tassi di interesse elevati e il nuovo modo di lavorare dei dipendenti post-pandemia hanno messo sotto pressione i prezzi. Recentemente il focus si è concentrato sul mercato americano dove circa 1.200 miliardi di dollari di mutui commerciali sono destinati a scadere quest'anno e il prossimo, secondo Goldman Sachs.

Aumentano le sofferenze immobiliari per le banche regionali statunitensi

L'esposizione di New York Community Bancorp (-60% l’azione a Wall Street) al settore immobiliare commerciale non ha fatto altro che intensificare questi timori sulle banche regionali che rappresentano quasi il 70% di tutti i prestiti immobiliari commerciali in essere, secondo una ricerca di Apollo. Alcuni si aspettano maggiori sofferenze per quelle che concedono prestiti per uffici e immobili multifamiliari. Secondo Fitch, citata da Reuters, i tassi di morosità sui titoli garantiti da ipoteca commerciale (Cmbs) dovrebbero salire all'8,1% nel 2024, poiché molte aziende faticano a far cambiare idea ai dipendenti che lavorano a distanza e in modalità ibrida. Nel frattempo, si prevede che le morosità dei prestiti Cmbs nel settore commerciale multifamiliare (immobili con più di cinque unità) toccheranno l'1,3% nel 2024 rispetto allo 0,62% del 2023.

Focus sull’esposizione delle banche italiane e francesi al settore immobiliare commerciale

Non solo Usa. A seguito degli ultimi sviluppi nel settore immobiliare commerciale, Citi in un report di oggi, 12 febbraio, visionato da milanofinanza.it, ha esaminato l'esposizione delle banche italiane e francesi al comparto, rassicurando gli investitori.

Unicredit è presente in Austria e in Germania

Più in dettaglio, «le principali banche italiane hanno un’esposizione limitata al settore immobiliare commerciale con Unicredit che ha indicato circa 36 miliardi di euro di prestiti al settore costruzioni e immobiliare o circa l'8% del portafoglio crediti, con un rapporto loan to value medio del 50% e con il portafoglio principalmente concentrato in Germania, circa il 40% del totale e un livello complessivo di npe del 4%», sottolinea Citi.

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Tra l’altro, Unicredit fornisce anche una suddivisione della sua esposizione al mercato immobiliare commerciale per classe di asset, con circa il 20% legato agli uffici. Invece, Intesa Sanpaolo, continua Citi, ha indicato circa il 3% dei prestiti con un’esposizione al settore immobiliare commerciale con un loan to value medio del 50% e un ratio npl non significativo. «L'attenzione degli investitori è prevalentemente rivolta all'esposizione di Unicredit data la presenza della banca in Austria e in Germania e alla segnalazione di esposizioni specifiche come quelle a Signa», precisa Citi.
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Societe Generale, 28 miliardi di di euro di esposizione agli immobili commerciali

Invece, le banche francesi hanno una minor esposizione al settore immobiliare commerciale rispetto alla media dell'Ue, pari al 2%-4% dell'exposure at default (Ead). Gli indicatori sulla qualità del credito sono solidi, con un ratio npl del 2% sia per le esposizioni agli immobili commerciali di Societe Generale che di Bnp Paribas. La prima ha dichiarato circa 28 miliardi di euro di esposizione agli immobili commerciali in default, pari al 2% del totale del gruppo, con un livello medio di loan to value del 53% e il 2,3% di posizioni nella fase 3 (ad esempio npl).

L'esposizione di Societe Generale è principalmente in Europa (circa l'80% del totale, di cui più della metà in Francia). La banca conta anche circa 4 miliardi di esposizione negli Stati Uniti (circa il 13% del totale degli immobili commerciali, con un loan to value del 63% e circa il 30% negli uffici). Mentre Bnp Paribas ha circa 60 miliardi di euro di exposure at default al settore immobiliare commerciale, pari al 4% del totale del gruppo, con un ratio npl del 2,1%. Il 90% dell'esposizione totale è in Europa (nessuna esposizione ai paesi nordici, limitata in Germania) e circa l'1,5% del totale negli Stati Uniti, conclude Citi, ribadendo il rating buy sia su Intesa Sanpaolo che su Unicreditcon target price, rispettivamente, a 3,30 euro e a 35 euro, e su Societe Generale(target price a 33 euro) e Bnp Paribas (target price a 68 euro).

MF - Numero 031 pag. 9 del 13/02/2024
 
Perché le banche italiane riusciranno a navigare in un contesto meno favorevole nel 2024 secondo Dbrs

Perché le banche italiane riusciranno a navigare in un contesto meno favorevole nel 2024 secondo Dbrs​

di Francesca Gerosa

Dbrs Morningstar non solo non si aspetta un calo del margine di interesse nel 2024, ma vede una generazione di capitale forte nonostante i dividendi e i buyback. Però avverte: occhio al costo del rischio e alla liquidità




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Le grandi banche italiane ( Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper Banca eMps) hanno riportato un utile netto aggregato di 6,3 miliardi di euro nel quarto trimestre del 2023, in aumento del 62% su base annua. +38% escludendo il rilascio degli accantonamenti legali e l'impatto fiscale positivo nel caso di Mps e i costi di ristrutturazione nel caso di Bper, così come gli accantonamenti per la Russia. Mentre per l'intero esercizio 2023 l'utile netto aggregato è stato di 22,1 miliardi di euro, in aumento del 73% su base annua o del 57% su base annua escludendo le voci straordinarie.

Dbrs Morningstar non si aspetta un calo del margine di interesse nel 2024

«I risultati del 2023 sono stati supportati da ricavi più elevati, un buon controllo dei costi e minori accantonamenti per perdite sui crediti, portando a un rendimento medio del capitale, Roe, del 14,5% nel 2023, in aumento rispetto al 7,7% nel 2022», sottolineano in una nota Andrea Costanzo, vice president-European, ed Elisabeth Rudman, managing director, head of global FIG di Dbrs Morningstar. In particolare, proseguono, gli utili operativi hanno beneficiato di un maggior margine di interesse, delle commissioni nette resilienti e del controllo dei costi. «Riteniamo che il margine di interesse abbia probabilmente raggiunto il picco e ci aspettiamo in generale un trend meno favorevole nei prossimi trimestri. Tuttavia, questo non si tradurrà necessariamente in una diminuzione del margine di interesse nel 2024 poiché i margini medi dovrebbero rimanere al di sopra dei livelli storici e poi le banche hanno coperto il rischio alla luce delle previste riduzioni dei tassi per garantire un beneficio a livello del margine di interesse e ridurre la sensibilità dello stesso alle variazioni dei tassi».

Generazione di capitale forte nonostante i dividendi e i buyback

Gli accantonamenti per perdite su crediti sono diminuite su base annua sia nel quarto trimestre del 2023 sia nell'intero esercizio, anche escludendo quelli per la Russia nel 2022, grazie ai profili di rischio più solidi e a un contesto operativo relativamente favorevole. Inoltre, «il costo medio del rischio nel 2023 è stato inferiore rispetto ai livelli riportati nel 2019-2022 e le banche hanno previsto un leggero aumento nel 2024, incorporando tassi di insolvenza più alti, seppur ancora gestibili.

La qualità degli asset è migliorata nel 2023 nonostante i tassi di interesse più elevati e un'economia in rallentamento che, a sua volta, hanno provocato una contrazione dei prestiti», osservano i due esperti di Dbrs, notando anche che i forti risultati del 2023 hanno portato a una generazione organica del capitale sostenuta nonostante distribuzioni più generose agli azionisti tramite dividendi e buyback nel caso di alcune banche: il Cet1 medio è risultato pari al 15,3% alla fine del 2023, in aumento rispetto al 14,1% del 2022, implicando un margine di sicurezza medio di oltre 620 bps sopra i requisiti minimi di vigilanza. «Questo, unito a profili di rischio più solidi, posiziona le banche italiane in una posizione migliore per navigare un contesto probabilmente meno favorevole nel 2024», affermano Costanzo e Rudman, rassicurando anche sulla liquidità: «si è ridotta leggermente ma rimane solida».

Il costo del rischio è destinato ad aumentare

Invece, il costo del rischio è destinato ad aumentare sebbene a livelli inferiori rispetto a quelli storici. Nel quarto trimestre del 2023 gli accantonamenti per perdite su crediti sono diminuiti del 43% su base annua (grafico 4), riflettendo profili di rischio più solidi e un contesto operativo favorevole. Invece, sono aumentati del 62% rispetto al trimestre precedente, principalmente a causa dell'effetto tipico della stagionalità verso la fine dell'anno e dei potenziali rischi legati alla qualità del credito più elevati in futuro a causa dei tassi di interesse alti e dell'attività economica in rallentamento.


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Nell'intero esercizio 2023 gli accantonamenti per perdite su crediti sono diminuiti del 48% su base annua (-22% su base annua escludendo quelli per le esposizioni dirette delle banche alla Russia e all'Ucraina registrate nel 2022. «I rischi derivanti dalle esposizioni dirette alla Russia di Unicredit e Intesa Sanpaolo si sono ridotti notevolmente dall'inizio del conflitto. In un contesto di incertezza ancora elevata sulla capacità di offrire credito ai clienti, le grandi banche italiane hanno mantenuto circa 3,3 miliardi di euro di sovraccarichi gestionali nei loro bilanci alla fine del 2023», sottolineano Costanzo e Rudman, ricordando che il costo medio del rischio è stato pari a 41 bps nel 2023, al di sotto dei livelli del 2019-2022 (grafico 5). Le banche hanno previsto un leggero aumento del costo del rischio nel 2024 a un livello medio di circa 40-50 bps, che incorpora tassi di insolvenza più elevati, seppur ancora gestibili.

Una migliore qualità del credito e una maggior capitalizzazione per navigare in un contesto operativo meno favorevole

Il tasso medio annuo di insolvenza è rimasto contenuto intorno all’1% nel 2023, con il totale aggregato delle npe lorde in calo del 9% su base annua alla fine del 2023 grazie anche alle cessioni. La riduzione cumulativa del totale aggregato delle npe lorde dal 2019 è stata del 63%, con il ratio medio delle npe lorde sceso al 3,1% alla fine del 2023 rispetto al 9% del 2019 e al 3,3% del 2022. Al netto delle cessioni, il ratio medio delle npe nette era dell’1,6% alla fine del 2023, in calo rispetto all'1,7% del 2022, con una copertura media totale delle npe del 50% alla fine del 2023, quasi stabile su base annua. Il quarto trimestre del 2023 sembra suggerire una certa ripresa dei prestiti alle imprese e alle famiglie, «tuttavia ci aspettiamo che la crescita continui a essere un problema nel 2024, limitata dai tassi di interesse elevati e dalla minore attività economica», avvertono Costanzo e Rudman.

La liquidità si è ridotta, ma rimane solida

Le banche italiane si finanziano principalmente tramite i depositi. La loro base di depositi è granulare in quanto consiste principalmente in conti correnti e conti a vista retail, per lo più coperti dalla garanzia fornita dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. L'alta inflazione unita a tassi di interesse elevati che spingono a significative restituzioni di prestiti e alla ricerca di prodotti a rendimento più elevato hanno fatto diminuire i depositi dei clienti del 3% su base annua alla fine del 2023 (grafico 10). Tuttavia, i deflussi sono avvenuti nel primo semestre del 2023 e sono stati in parte compensati da afflussi nel secondo semestre dell’esercizio. E comunque alla fine del 2023 i depositi dei clienti erano ancora superiori del 24% rispetto alla fine del 2019.

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Le banche italiane hanno continuato a ridurre la loro esposizione al finanziamento della Bce, costituito principalmente da Tltro III, che è diminuito del 65% alla fine del 2023 rispetto alla fine di novembre 2022. Tuttavia, le banche italiane sono rimaste i principali acquirenti dei fondi della Bce con circa 150 miliardi di euro alla fine del 2023, ovvero il 37% del totale del Sistema Euro. Quanto, infine, al ratio medio di copertura della liquidità (Lcr) per le grandi banche italiane è sceso a un livello ancora solido del 164% alla fine del 2023 (grafico12).

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Orario di pubblicazione: 13/02/2024 10:09
Ultimo aggiornamento: 13/02/2024 11:09
 
Come (e perché) fermare la desertificazione bancaria
Come (e perché) fermare la desertificazione bancaria


Come (e perché) fermare la desertificazione bancaria​

di Angelo De Mattia

Sulla desertificazione bancaria sarebbe legittimo attendersi analisi e indicazioni della Banca d'Italia. Il tema riguarda anch'essa perché, a partire dalla seconda parte del primo decennio 2000, il numero di filiali è stato ridotto a 39, con una serie di chiusure a catena



Possibile che finora nessuna banca osservi il fenomeno in atto della desertificazione degli sportelli e decida di agire controvento sfruttando proprio il deserto che si sta determinando e le relazioni con categorie di cittadini più propense al contato fisico nelle dipendenze rispetto allo home banking, all'internet banking e forme alternative? Finora è merito dei sindacati del credito segnalare la desertificazione in questione con indagini molto accurate e conseguenti proposte. Ha iniziato, diverso tempo fa, la Fabi, hanno poi fatto seguito la Uil, la Cgil e la Cisl che ha rappresentato, con una ricerca del proprio Osservatorio sulla desertificazione, come negli ultimi due anni siano state chiuse 1.500 filiali, con la conseguenza, secondo un lungo trend, che 3.300 Comuni sono ora sprovvisti di dipendenze e oltre 4 milioni di cittadini non possono utilizzare uno sportello nel Comune di residenza.

Moltissima acqua è passata sotto i ponti da quando la Vigilanza redigeva periodicamente un piano sportelli, sulla base delle richieste di autorizzazione all'apertura da parte di tutte le banche interessate, poi effettuava una selezione ai fini del rilascio dei benestare . Con il sopravvenire della prima Direttiva comunitaria bancaria e, in particolare, del superamento del criterio della valutazione del «bisogno economico del mercato» contrastante con i principi della concorrenza e dell'autonomia decisionale degli istituti, fu abolito il piano, mentre, a livello nazionale, di pari passo si superava la cosiddetta amministrativizzazione del credito. Seguì la seconda Direttiva, che sanciva il carattere di impresa dell'attività bancaria. Non si rendeva più necessaria la preventiva autorizzazione, ma era sufficiente la segnalazione dell'apertura e della chiusura alla Vigilanza.

Perché rivedere la rete

Nella fase attuale che stimola ristrutturazioni e riconversioni per l'estendersi dei processi di digitalizzazione e, in prospettiva, per il probabile impiego dell'intelligenza artificiale, la revisione della rete non è immotivata. Ma una innovazione rapida apre spazi e suggerisce anche l'opportunità di competere pure nel campo della presenza fisica di una banca in un territorio che può dare buoni ritorni, oltre ai riflessi di immagine e di reputazione. Non si deve necessariamente fare riferimento alle classiche dipendenze; possono prevedersi forme di presenza più agili; fondamentale è che si possa colloquiare con chi è addetto allo sportello il quale sia chiamato a svolgere anche un'attività di assistenza e consulenza nei limiti della legge. Di pari passo occorrerebbe uno sforzo del settore nell'educazione all'impiego delle nuove tecnologie, come uno dei modi della partecipazione del settore alla promozione dell'educazione bancaria. L'Abi ha mostrato sensibilità a questi temi. Su tutta questa materia, ora che anche il valore degli sportelli è caduto, sarebbe altresì legittimo attendersi analisi e indicazioni della Banca d'Italia. Il tema ha riguardato anch'essa perché, a partire dalla seconda parte del primo decennio 2000, il numero delle filiali, che originariamente erano insediate nei capoluoghi di tutte le province (a eccezione delle nuove costituite negli anni 90), è stato ridotto a 39, con una serie di chiusure a catena. Si è rinunciato a rafforzarne i compiti che avrebbero potuto meglio corrispondere agli interessi del territorio e del Paese. Quando, ai tempi, ci si interrogava su di una eventuale chiusura di qualche filiale l'allora governatore Carlo Azeglio Ciampi diceva che mai avrebbe legato il suo nome a una tale decisione e il suo successore Antonio Fazio vedeva le filiali dell'Istituto come la presenza di una faccia dello Stato nel territorio. Mai le avrebbe soppresse: semmai, avrebbe voluto insediarne altre nelle nuove province. Tuttavia, a partire dal 2007 prevalse la linea riduzionistica. Oggi, si dovrebbe, in ogni caso, sperare che ci si fermi alle 39 filiali operanti, senza ipotizzare ulteriori diminuzioni, anche tenendo conto delle possibili nuove misure normative, come quella - sia pure di là da venire e non si sa se e con quale eventuale beneficio - dell'autonomia regionale differenziata.

MF - Numero 034 pag. 20 del 16/02/2024
 
Intesa Sanpaolo ha lanciato un programma sinergico tra la Divisione International Subsidiary Banks (ISBD) e la Divisione Banca dei Territori (BDT) al fine di potenziare ulteriormente le opportunità di business cross-border delle mid-corporate che operano nei 12 Paesi serviti dalle banche commerciali del Gruppo in Centro e Sud-Est Europa e Nord Africa.L'ambizione del programma è quella di rafforzare il posizionamento di Intesa Sanpaolo come banca di riferimento e partner a lungo termine per le imprese, facendo leva su modelli operativi sinergici del Gruppo.Il progetto di valorizzazione delle sinergie infragruppo a favore delle PMI, già attuato con successo lo scorso anno nei mercati di Slovacchia (attraverso VUB Banka), Romania (Intesa Sanpaolo Bank) e Ungheria (CIB Bank), si estende ora ad Albania, Croazia, Serbia e Slovenia per proseguire, in seguito, ad altri mercati nei quali sono presenti complessivamente oltre 2.000 gruppi industriali italiani con proprie sussidiarie nei Paesi del perimetro della rete estera ISBD.Il programma, strutturato congiuntamente dalla Divisione Banca dei Territori guidata da Stefano Barrese e dalla Divisione International Subsidiary Banks guidata da Marco Elio Rottigni, prevede un aumento delle linee di finanziamento e dell'offerta di prodotti e servizi dedicati all'internazionalizzazione, andando a coinvolgere ora anche Intesa Sanpaolo Bank in Albania, Privredna Banka Zagreb in Croazia, Banca Intesa Beograd in Serbia, Intesa Sanpaolo Bank in Slovenia, le Direzioni Regionali della Banca dei Territori e la Direzione Agribusiness.Il progetto di potenziamento delle sinergie tra la "divisione international subsidiary banks e la divisione banca dei territori ha raggiunto, a distanza di pochi mesi dal lancio, risultati ben al di sopra degli obiettivi prefissati, con oltre 600 clienti interessati e oltre 250 milioni di euro di finanziamenti accordati", afferma Giuseppe Ferraro, responsabile della direzione Corporate & SME della international Subsidiary Banks Division di Intesa Sanpaolo.

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Banche italiane, ecco quali possono distribuire più capitale del previsto nel 2024. L’analisi di Citi

Banche italiane, ecco quali possono distribuire più capitale del previsto nel 2024. L’analisi di Citi​

di Francesca Gerosa

Gli outlook 2024 sono stati la vera sorpresa positiva, secondo Azzurra Guelfi, analista di Citi, che avverte: data la possibilità di un consolidamento nel settore bancario italiano, il ritorno del capitale delle banche di medie dimensioni dipenderà anche dalla strategia di crescita




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Le banche italiane hanno fatto goal con i conti del quarto trimestre del 2023. Infatti, hanno mostrato una redditività e un ritorno del capitale oltre le aspettative con un margine di interesse più forte e hanno migliorato l’outlook per il 2024, in anticipo rispetto alla stima del consenso, sottolinea Azzurra Guelfi, analista di Citi, in un report raccolto da milanofinanza.it. Mentre lo scenario macroeconomico è più sfidante per il 2024 rispetto al 2023, le banche italiane hanno messo in moto molte azioni compensative, come ad esempio coperture sugli npl e ottimizzazione dei costi. «Vediamo il ritorno di capitale come un supporto chiave per le banche italiane, anche con l'esecuzione di buyback, e l'utilizzo potenziale del capitale come una variabile chiave per il secondo semestre di quest’anno», prevede Azzurra Guelfi, non escludendo dividendi extra o crescita tramite acquisizioni. Tra le banche italiane « Unicredit ha registrato il miglior set di risultati e rimane la nostra top pick». È coperta con un rating outperform come per Intesa Sanpaolo, Bper Banca e Mediobanca. Invece, il rating suMps è neutral.

Gli outlook 2024 la vera sorpresa positiva

L’esperta di Citi crede che la principale sorpresa positiva sia stata il miglioramento delle previsioni delle banche per il 2024, con la maggior parte che prevede un utile uguale o superiore a quello del 2023 e questo può anche favorire un maggior ritorno del capitale. Le nuove previsioni sugli utili del 2024 sono sopra quelle del consenso e questo ha portato a rivedere al rialzo le stime di utile per azione (eps). Tutte le banche, inoltre, hanno previsto un aumento o ricavi stabili quest’anno (poiché eventuali venti contrari sul margine di interesse dovrebbero essere più che compensati dalla crescita delle commissioni), anche i costi sono per lo più attesi stabili come il costo del rischio. Non manca, tra l’altro, chi come Intesa Sanpaolo e Mediobanca prevede una crescita sia del margine di interesse sia delle commissioni anno su anno, mentre Unicredit si aspetta una diminuzione dei costi.

Le banche italiane che possono distribuire più capitale del previsto nel 2024

Le banche italiane hanno annunciato un rendimento totale del 15% nel 2023. Unicreditsi è distinta per il ritorno del capitale (8,6 miliardi di ritorno del capitale contro una guidance di oltre 6,5 miliardi) e Intesa Sanpaolo ha quantificato un buyback più alto rispetto al consenso (buyback da 1,65 milioni che inizierà a giugno, oltre al 70% di payout cash).

Al contempo, Mps è tornata a distribuire un dividendo prima del previsto (0,25 euro per azione). «Crediamo che il ritorno del capitale sia un supporto chiave per un investimento nelle azioni delle banche italiane e vediamo ulteriori opportunità in futuro: ad esempio, i payout totali del 2024 di Unicredit fissato a =90% nel 2024 e quello al 70% di Intesa Sanpaolo e di Mediobanca offrono più opportunità di una distribuzione extra», ipotizza Azzurra Gulefi.

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Data la possibilità di un consolidamento nel settore bancario italiano, precisa l’esperta di Citi, il ritorno del capitale delle banche di medie dimensioni dipenderà anche dalla strategia di crescita. Azzurra Guelfi cita, ad esempio, la prudenza di Bper Banca sul ritorno del capitale. Insieme a Unicredit, infatti, l’ex popolare deve rinnovare il consiglio di amministrazione in primavera e questo può condizionare la strategia sull'utilizzo del capitale.

Il costo del rischio può migliorare ulteriormente

Intanto, le banche italiane hanno ridotto la sensibilità ai tassi di interesse. «Prevediamo un margine di interesse piatto nel 2024 e in calo di circa il 5% nel 2025. I dati sui prestiti di dicembre mostrano una contrazione del -2% anno su anno, in miglioramento rispetto al -4% di novembre, e il beta dei depositi era del 17% circa, più basso rispetto ai cicli precedenti. L'attenzione sui costi rimane alta, ma i trend differiscono tra le singole banche», precisa Azzurra Guelfi, apprezzando, infine, il costo del rischio migliore del previsto.

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Le previsioni indicano un trend piatto anno su anno. «C’è la possibilità di un miglioramento delle stime del consenso grazie agli accantonamenti per perdite su crediti più bassi. Unicredit ha migliorato le sue previsioni sul costo del rischio per il 2024 sotto 20bps (precedentemente era sotto 25bps, ndr), Intesa Sanpaolo ha un target conservativo sotto 40bp. Altri hanno previsioni stabili: Bper a 48bps, Mediobanca a 55bps e Mps a 57bps», conclude Azzurra Guelfi.

Orario di pubblicazione: 21/02/2024 10:08
Ultimo aggiornamento: 21/02/2024 11:08
 
Intesa Sanpaolo, nuovo social bond da 800 milioni di euro per gli investimenti delle pmi. Lo sottoscrive Cdp
Intesa Sanpaolo, nuovo social bond da 800 milioni di euro per gli investimenti delle pmi. Lo sottoscrive Cdp
Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo

Intesa Sanpaolo, nuovo social bond da 800 milioni di euro per gli investimenti delle pmi. Lo sottoscrive Cdp​

di Sara Bichicchi

La collaborazione tra Intesa Sanpaolo e Cdp ha già fornito 2,8 miliardi di euro a oltre 1.300 pmi dal 2021. Il nuovo progetto prevede che le aziende possano accedere a linee di credito fino a 20 milioni con durata almeno biennale




Ottocento milioni di euro per sostenere la crescita sostenibile delle piccole e medie imprese italiane. È l’obiettivo del social bond emesso da Intesa Sanpaolo per fornire linee di credito alle imprese e interamente sottoscritto da Cassa Depositi e Prestiti(Cdp).

Queste risorse saranno utilizzate per sostenere progetti con un impatto sociale positivo e almeno il 51% sarà destinato alle pmi. La collaborazione tra Intesa Sanpaolo e Cdp ha già fornito 2,8 miliardi di euro a oltre 1.300 pmi dal 2021. Il nuovo progetto prevede che le aziende possano accedere a linee di credito fino a 20 milioni di euro con durata almeno biennale.

«L’iniziativa», si legge in una nota, «risponde alla volontà di sostenere il tessuto imprenditoriale italiano in una fase di mercato in costante evoluzione, ampliando le possibilità di accesso a finanziamenti per contribuire a realizzare anche gli investimenti più complessi e contestualmente di favorire la transizione verso un modello di economia sostenibile delle aziende beneficiarie delle linee di credito con un impatto positivo anche per il territorio».

Orario di pubblicazione: 23/02/2024 11:39
Ultimo aggiornamento: 23/02/2024 12:29
 
Intesa SP – Assemblea degli azionisti approva bilancio 2023, dividendo e Buyback

L’Assemblea degli azionisti di Intesa Sanpaolo ha approvato il bilancio 2023 e la distribuzione di un dividendo di 15,20 centesimi di euro per azione, come saldo dividendi (che si aggiunge a 14,40 centesimi di acconto pagato a novembre 2023), con stacco cedola il prossimo 20 maggio, record date il 21 maggio e pagamento a partire dal 22 maggio.

L’Assemblea ha inoltre deliberato di autorizzare il Cda all’acquisto di azioni ordinarie della societa' oggetto di annullamento senza riduzione del capitale sociale; l' autorizzazione e' concessa per un massimo di azioni ordinarie Intesa Sanpaolo corrispondente a un esborso complessivo massimo di 1,7 miliardi di euro e, in ogni caso, per quantita' non superiore a 1.000.000.000 azioni ordinarie Intesa Sanpaolo, con esecuzione entro il 25 ottobre 2024.
L’Assemblea ha poi deliberato l’autorizzazione all' acquisto e alla disposizione di azioni proprie a servizio dei Piani di Incentivazione del Gruppo Intesa Sanpaolo: verra' effettuato l' acquisto di azioni ordinarie fino ad un numero massimo pari a 28.372.627, corrispondente ad una percentuale massima del capitale sociale di Intesa Sanpaolo pari allo 0,16%.
Inoltre, il Cda e' stato autorizzato all' acquisto e alla disposizione di azioni proprie per operativita' di mercato, fino al limite massimo di 10.000.000 di azioni ordinarie e
contemporaneamente per un controvalore complessivo delle azioni detenute pari a
30.000.000 di euro.
Il CEO di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha dichiarato a valle dell’Assemblea:
“Oggi abbiamo presentato ai nostri azionisti il miglior bilancio di Intesa Sanpaolo a conferma della posizione di leadership della Banca a livello europeo per solidita', capacita' reddituale e profilo ESG.
“I pilastri dalla nostra forza sono rappresentati dalla consolidata leadership commerciale delle divisioni al servizio di famiglie e imprese; dalla significativa componente del Wealth
Management and Protection, dall' offerta digitale tecnologicamente avanzata, dalla gestione
delle attivita' internazionali improntata all' efficienza e dalla nostra condizione di Banca ' Zero
NPL.
“Al centro delle nostre strategie e delle nostre capacita' di crescita e sviluppo ci sono i clienti, la loro fiducia nella solidita' della Banca e nella sua leadership tecnologica, il forte rapporto con i professionisti al loro servizio per il credito e la consulenza. La nostra priorita' e' l' ascolto delle loro esigenze.”
“Siamo un' istituzione al servizio del Paese: sosteniamo con 1,5 miliardi di euro entro il 2027 - in aggiunta al miliardo del periodo 2018 – 2021 - e con mille professionisti della Banca, il principale progetto di coesione sociale del Paese, per promuovere una societa' piu' equa in modo strutturale e concreto.”
“Il nostro successo e' frutto della qualita' delle nostre persone. I rilevanti e ampi cambiamenti organizzativi adottati di recente dal nostro Gruppo hanno come elemento qualificante il passaggio generazionale in posizioni chiave di nuovi talenti, guidati da persone di grande esperienza che hanno a lungo ricoperto ruoli di elevata responsabilita' nel Gruppo. Realizzando allo stesso tempo un passaggio di particolare significato del programma in atto da anni per la valorizzazione del talento femminile. Affrontiamo i prossimi con un Gruppo forte, coeso e determinato a raggiungere nuovi successi, a vantaggio dell' economia reale e sociale del nostro Paese”, ha concluso Messina.
 
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