L'iceberg dei derivati... sta cominciando a mostrare la sua ombra... ;)

  • Ecco la 68° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    La settimana è stata all’insegna degli acquisti per i principali listini internazionali. Gli indici americani S&P 500, Nasdaq e Dow Jones hanno aggiornato i massimi storici dopo i dati americani sui prezzi al consumo di mercoledì, che hanno evidenziato una discesa in linea con le aspettative, con l’inflazione headline al 3,4% e l’indice al 3,6% annuo, allentando i timori per un’inflazione persistente. Anche le vendite al dettaglio Usa sono rimaste invariate su base mensile, suggerendo un raffreddamento dei consumi che hanno fin qui sostenuto i prezzi. Questi dati, dunque, rafforzano complessivamente le possibilità di un taglio dei tassi a settembre da parte della Fed (le scommesse del mercato sono ora per due tagli nel 2024). Per continuare a leggere visita il link

  • Due nuove obbligazioni Societe Generale, in Euro e in Dollaro USA

    Societe Generale porta sul segmento Bond-X (EuroTLX) di Borsa Italiana due obbligazioni, una in EUR e una in USD, a tasso fisso decrescente con durata massima di 15 anni e possibilità di rimborso anticipato annuale a discrezione dell’Emittente.

    Per continuare a leggere visita questo LINK
FaGal ha scritto:
Pensa che chi fa nero consistente io lo iscriverei alla stessa banca dati dei cattivi pagatori (non vedo perchè non pagare delle rate sia meno grave che evadere qualche decina di migliaia di euro) e farei provvedimenti :bye: interdittivi...come la pensiamo diversamente...

Premesso che a me il nero non piace, preferisco sempre la legalita' alla illegalita' ...... storicamente la pressione fiscale complessiva in uno stato efficiente non serve che sia superiore al 18% complessivo. In Italia (e in molti altri paesi occidentali) mi pare stiamo sul 50%. Se il nero e' circa il 30% dell'economia reale, va ancora bene.


P.S. La banca dati per i cattivi pagatori, serve ai creditori per capire se il (futuro) debitore abbia un buon "carattere" finanziario. Fai una ricerca con google su "fico credit score" (si pronuncia Faico :) )
 
Meno male che sei per la concorrenza ed il mercato...quello nero :D
 
FaGal ha scritto:
Meno male che sei per la concorrenza ed il mercato...quello nero :D

Meglio il mercato nero del socialverdecomunismo. E quando dico meglio, e' soprattutto meglio per le classi povere e medie.


P.S. E' grazie al mercato nero se a Roma decine di migliaia di persone non sono morte di fame durante la guerra e subito dopo. Ed e' grazie al mercato nero che l'effetto della disoccupazione e' meno marcato di quanto sarebbe in sua assenza.
 
Io ritengo che per riformare si debba partire dall'alto, non dal basso o dal margine
 
FMI, hedge funds pericolo per piccoli investitori
28/04/2006

Gli hedge funds, i fondi di investimento altamente speculativi, sono un pericolo per i risparmi delle famiglie che vi hanno investito.

A lanciare l'allarme è il Fondo Monetario Internazionale, che ha recentemente messo in guardia l'Unione Europea dal rischio sistematico che questi strumenti possono costituire per la stabilità del sistema finanziario del continente.

ITALIAECONOMIA, il magazine tv di ADNKRONOS, ha affrontato l'argomento e ne ha parlato con Paolo Gualtieri, professore di economia degli intermediari finanziari dell'Università Cattolica di Milano. Le famiglie europee possono essere soggette a questo rischio anche inconsapevolmente, perchè i loro fondi pensione o le compagnie di assicurazione hanno a loro volta investito in questi strumenti.

I fondi hedge costituiscono un potenziale pericolo anche per le società di cui diventano azionisti. Negli Stati Uniti i fondi speculativi che siedono nel consiglio di amministrazione di General Motors chiedono ristrutturazioni aggressive e migliaia di licenziamenti. In Germania si sono opposti alla fusione fra la borsa di Francoforte e quella di Londra. In Italia giocano ancora un ruolo marginale, ma nel caso Parmalat hanno ottenuto la nomina di Enrico Bondi ad amministratore delegato della società. ''Gli hedge fund -spiega Gualtieri- in qualche caso intervengono nelle assemblee, lo abbiamo visto nel caso Parmalat, però bisogna tener presente che hanno nella maggior parte dei casi degli orizzonti di breve termine di investimento, non sono degli investitori stabili, come possono essere i fondi pensione. E quindi intervengono in qualche assemblea per qualche questione specifica, in situazioni veramente molto straordinarie, come è stata la vicenda Parmalat''.

Ma il loro operato non è sempre positivo per la stabilità delle società di cui sono azionisti. ''Certamente -continua Gualtieri- essendo degli operatori per loro natura speculativi in alcune circostanze possono essere non positivi per la realizzazione di progetti industriali di lungo termine''.

Attualmente i fondi speculativi, o alternativi, come si autodefiniscono, sono circa 8.000 e gestiscono capitali per oltre 1.000 miliardi di dollari.

Da una parte contribuiscono all'efficienza del mercato, ma dall'altra possono essere una fonte sistematica di rischio per la stabilità dell'intero sistema finanziario, come recentemente sottolineato Jean Claude Trichet, presidente della Banca Centrale Europea.

Il timore delle autorità finanziarie viene dal più clamoroso caso di fallimento di un fondo speculativo. Era il 1998 e il Long-Term Capital Management, il fondo nato dal modello finanziario di due premi nobel e dalle capacità di alcuni maghi della finanza di Wall Street, fallì con un'esposizione di oltre 1.200 miliardi di dollari. Per evitare una reazione a catena, i principali esponenti del mondo bancario internazionale decisero di salvare il fondo. Per facilitare l'operazione inoltre la Federal Reserve abbasso' di mezzo punto il tasso di interesse sul dollaro. Nonostante questo i fondi hedge, con i loro elevati ritorni, attirano anche i piccoli risparmiatori. ''Naturalmente -conclude Gualtieri- in un portafogli di investimento può essere opportuno avere anche degli hedge fund, perchè ad esempio ci sono degli hedge fund che hanno de ritorni che non sono correlati con l'andamento dei mercati e questo costituisce un buon elemento di diversificazione del rischio del proprio portafoglio''.

Fonte: Adnkronos
 
Allarme derivati sul credito, un boom a rischio

Forte espansione dell’utilizzo di questi particolari strumenti finanziari per la copertura delle esposizioni. Bankitalia ha registrato un raddoppio nel 2004. Ma adesso gli organi di controllo temono che finiscano nel portafoglio di investitori non professionali

WALTER GALBIATI

L’economia va male, le aziende sono sull’orlo del crac e qualche fallimento è alle porte? Nessun problema, basta essere assicurati sui crediti concessi attraverso i derivati. Lo sconfinato mondo di questi strumenti finanziari, infatti, oltre a tutelare gli investitori contro ogni probabile rischio — da quello del rialzo dei tassi, dei cambi e del petrolio fino al rischio di uragani o di qualche altro evento atmosferico — è rivolto anche a una voce di bilancio in genere poco liquida come quella dei crediti. E nel corso del 2004, secondo i dati riportati nell’ultima relazione annuale di Banca d’Italia, i derivati sul credito hanno conosciuto un’evoluzione del valore nozionale a 8.400 miliardi di dollari, tale da raddoppiare rispetto all’anno precedente, nonostante i crescenti timori degli organi di controllo. La paura infatti è che strumenti così sofisticati e sempre più diffusi finiscano nel portafoglio di investitori non professionali, quindi non in grado di conoscere i rischi associati a questo tipo di transazioni. Oppure che soggetti diversi dalle banche, come hedge fund e dealer di derivati si accollino al posto di altri rischi che poi non sono in grado di sostenere.
Le tipologie di derivati sui crediti più diffuse sono i Cdo (Credit debt obligation) e i Cds (Credit default swap): nel 2004 tali strumenti hanno costituito l’11 per cento delle cartolarizzazioni nell’area dell’euro e il 5% di quelle italiane. «Le cartolarizzazioni sono operazioni di finanza strutturata che servono a smobilizzare attività non liquide o future attraverso l’emissione di titoli il cui rimborso e corresponsione di interessi sono collegati ai flussi di cassa delle stesse attività smobilizzate», spiega Francesco Caputo Nassetti, professore dell’Università Bocconi e considerato uno dei padri della dottrina italiana sui derivati. Nel caso dei Cdo, i titoli emessi sono obbligazioni derivanti dall’aggregazione di diverse attività soggette a rischio di credito. L’operazione nasce da quello che in linguaggio tecnico viene definito un Originator, ovvero colui che costruisce una Cdo prendendo un’insieme di asset che ha in portafoglio e sottoposti a rischio di credito (come i prestiti privati, i derivati, le obbligazioni o i fondi comuni) per venderli dietro a un corrispettivo a un veicolo speciale, chiamato Special Purpose Vehicle (Spv).
L’Spv, che si accolla il rischio di incassare i flussi di cassa derivanti dagli asset (come per esempio il recupero dei prestiti), raggruppa le attività comprate dall’Originator in diversi sottogruppi (tranche), le valuta assegnando un merito di credito in base al profilo di rischio e successivamente le vende agli investitori. In questo modo il rischio di credito che era in capo all’Originator viene trasferito totalmente o parzialmente al veicolo e agli investitori che comprano i titoli. Ovviamente le diverse tranche offrono diverse scadenze temporali e diverse caratteristiche di credito. Le tranche migliori, quelle che godono di una priorità di rimborso in caso di mancati incassi, sono le cosiddette Senior e hanno un rating compreso tra la A e la tripla A, ma percepiscono minori interessi delle altre, le Mezzanine (con rating da B a BBB) e le Subordinate, tra tutte le più rischiose. Molto spesso l’ultima tranche, per via della sua scarsa qualità (si accolla le prime perdite del portafoglio in genere fino al 5%) viene trattenuta dallo stesso Originator o dal veicolo e viene pagata solo se non si è verificato nessun default all’interno del portafoglio sottostante.
«Quanto ai Cds (Credit default swaps), invece, si tratta di contratti derivati che consentono di trasferire il rischio di credito senza trasferire il credito. Essi consistono in una promessa di pagamento condizionata al verificarsi di un evento di insolvenza e non vanno confusi con le tradizionali forme di garanzia (fideiussione, ecc.). La loro crescita e diffusione è impressionante dato che consentono di migliorare la liquidità dei mercati, di superare la segmentazione degli stessi e di ampliare la distribuzione dei rischi di credito come se fossero una commodity», spiega Caputo Nassetti.
Chi compra un derivato di questo tipo lo fa sempre per cedere a qualcun altro il rischio di default di un credito che ha in portafoglio: se un giorno quel suo creditore dovesse dichiarare bancarotta, sarebbe il soggetto che ha venduto il Cds a rimborsare per intero il capitale investito. In cambio della protezione l’acquirente del Cds paga periodicamente un premio al venditore della protezione per l’intera durata del contratto e proporzionato al rischio di fallimento del sottostante. A&F
 
FaGal ha scritto:
FMI, hedge funds pericolo per piccoli investitori
28/04/2006

Gli hedge funds, i fondi di investimento altamente speculativi, sono un pericolo per i risparmi delle famiglie che vi hanno investito.

A lanciare l'allarme è il Fondo Monetario Internazionale, che ha recentemente messo in guardia l'Unione Europea dal rischio sistematico che questi strumenti possono costituire per la stabilità del sistema finanziario del continente.

Marò... :eek:
 
FaGal ha scritto:
FMI, hedge funds pericolo per piccoli investitori
28/04/2006

I fondi hedge costituiscono un potenziale pericolo anche per le società di cui diventano azionisti. portafoglio''.

Fonte: Adnkronos
E nessuno che si sia posto il problema (vabbè è troppo presto...)
di cosa succederà quando, grazie ai futuri fondi pensione, gestiti
dai sindacati, questi potranno entrare nel 'board' e condizionare
le decisioni strategiche aziendali...
 
ramirez ha scritto:
E nessuno che si sia posto il problema (vabbè è troppo presto...)
di cosa succederà quando, grazie ai futuri fondi pensione, gestiti
dai sindacati, questi potranno entrare nel 'board' e condizionare
le decisioni strategiche aziendali...

L'accostamento a mio avviso non ha alcun fondamento se non per politicizzare una discussione senza alcun riscontro.
Non vedo cosa c'entri il problema dei fondi hedge internazionali con i fondi pensione italiani.
Non che il problema dei fondi pensione non sia esistente, ne abbiamo già parlato richiamando l'ultimo bollettino della BRI....problema di fondi pensione a livello occidentale
 
FaGal ha scritto:
L'accostamento a mio avviso non ha alcun fondamento se non per politicizzare una discussione senza alcun riscontro.
Non vedo cosa c'entri il problema dei fondi hedge internazionali con i fondi pensione italiani.
Non che il problema dei fondi pensione non sia esistente, ne abbiamo già parlato richiamando l'ultimo bollettino della BRI....problema di fondi pensione a livello occidentale
io mi sono limitato ad un singolo problema, che seppure nasca per motivi
differenti, alla fine si concretizza con lo stesso risultato.
Gli hedge fund oggi e i sindacati, può darsi, domani (lo sai vero che con i fondi
pensione gestiranno miliardi di euro? come vorranno loro...tramite
banche ma come vorranno loro..) (*)
Ora già il fatto che i sindacati siedano nel board delle imprese tedesche
è stato giudicato negativamente da molti. E molti fanno risalire a questo
fatto i risultati negativi di alcune aziende.
(*) penso che tu conosca il CALPER (il fondo pensione dei
dip. pubblici californiani, gestisce una marea di dollari
e ha contribuito a mandare a casa alcuni CEO che gli stavano
antipatici..)
 
ramirez ha scritto:
io mi sono limitato ad un singolo problema, che seppure nasca per motivi
differenti, alla fine si concretizza con lo stesso risultato.
Gli hedge fund oggi e i sindacati, può darsi, domani (lo sai vero che con i fondi
pensione gestiranno miliardi di euro? come vorranno loro...tramite
banche ma come vorranno loro..) (*)
Ora già il fatto che i sindacati siedano nel board delle imprese tedesche
è stato giudicato negativamente da molti. E molti fanno risalire a questo
fatto i risultati negativi di alcune aziende.
(*) penso che tu conosca il CALPER (il fondo pensione dei
dip. pubblici californiani, gestisce una marea di dollari
e ha contribuito a mandare a casa alcuni CEO che gli stavano
antipatici..)

I fondi pensione e il calo dei rendimenti a lungo termine
La persistenza di bassi rendimenti nominali a lungo termine, specie nelle scadenze superiori ai
10 anni, in un contesto di crescita economica robusta ha stupito molti operatori e osservatori del
mercato. Una delle spiegazioni talvolta avanzate è che la domanda degli investitori istituzionali, in
particolare dei fondi pensione, stia esercitando pressioni al ribasso sul segmento a lunghissimo
termine della curva dei rendimenti. Questa possibilità rispecchierebbe un effetto di retroazione, nel
senso che il livello modesto dei tassi di interesse favorirebbe ulteriori acquisti di obbligazioni da
parte degli investitori istituzionali. In questo riquadro vengono esaminate le dinamiche di tale
meccanismo nel Regno Unito – dove i rendimenti a lunghissimo termine sono estremamente esigui
– nonché la probabilità che una situazione analoga si verifichi in altri mercati.
Da anni ormai i titoli del Tesoro britannico (c.d. gilt) trentennali vengono negoziati a rendimenti
più bassi di quelli dei titoli a 10 anni, e le obbligazioni a 50 anni a rendimenti persino inferiori
(cfr. riquadro di sinistra del grafico sottostante). È opinione comune che i tentativi dei fondi
pensione di ridurre le asimmetrie delle scadenze fra l’attivo e il passivo attraverso l’acquisto di
obbligazioni a lunghissimo termine abbia contribuito alla riduzione dei rendimenti. Al calare dei
rendimenti sono tuttavia aumentate le passività dei fondi pensione, accrescendo ulteriormente la
domanda di titoli a lunga scadenza e innescando nuovi ribassi dei rendimenti.
Questo effetto di retroazione è stato particolarmente pronunciato nel mercato dei gilt per due
ordini di motivi. Primo, le norme britanniche in materia di requisiti minimi di finanziamento (Minimum
Funding Requirements, MFR) e di rendicontazione finanziaria prescrivono di impiegare i rendimenti
di mercato per attualizzare le prestazioni pensionistiche future, rendendo le passività dei fondi
pensione molto sensibili a variazioni dei rendimenti􀁣. Secondo, le società preferiscono minimizzare
le oscillazioni nelle posizioni coperte dei propri piani pensionistici, essendo tenute a segnalare i
rapporti di finanziamento nei propri bilanci. Gli operatori di mercato, e di conseguenza le società,
sono divenuti particolarmente sensibili ai costi potenziali dei fondi sottocapitalizzati, dopo le ingenti
perdite registrate dalle società sui portafogli azionari agli inizi degli anni duemila, proprio quando le
loro passività venivano gonfiate dall’effetto congiunto dell’invecchiamento della popolazione e
dell’aumento della speranza di vita. Le società britanniche hanno cercato di ridurre la volatilità dei
livelli di finanziamento dei loro fondi pensione privilegiando gli investimenti in obbligazioni a lungo
termine e i piani a contribuzione definita, a scapito degli investimenti azionari e dei piani a
prestazione definita.
Anche in vari mercati al di fuori del Regno Unito i rendimenti a lunghissimo termine sono molto
bassi. I rendimenti sui titoli del Tesoro trentennali sono prossimi o lievemente inferiori a quelli dei
titoli decennali negli Stati Uniti, nell’area dell’euro e in Svizzera (cfr. il riquadro di destra del grafico
precedente). Il ruolo degli effetti di retroazione è altrettanto importante in questi mercati? Alcuni
degli elementi presenti nel Regno Unito, quali i requisiti minimi di finanziamento, sono comuni
anche ad altri paesi. Tuttavia, altri aspetti tendono a moderare l’impatto a breve dei tassi di
interesse sui rapporti di finanziamento dichiarati. Ad esempio, nei Paesi Bassi i requisiti sono più
stringenti di quelli britannici, ma i più elevati livelli di finanziamento e l’impiego di un tasso di
interesse fissato per statuto anziché dei rendimenti di mercato per attualizzare le passività
pensionistiche hanno finora permesso ai fondi pensione olandesi di operare con una durata
finanziaria dell’attivo piuttosto bassa, pari a sei anni circa (che corrispondono approssimativamente
alla duration media del mercato dei titoli pubblici dell’area dell’euro). Negli Stati Uniti molti sistemi
pensionistici aziendali sono sottocapitalizzati e le prestazioni future vengono attualizzate a tassi di
mercato. Tuttavia, i tassi utilizzati per valutare le attività e le passività di bilancio sono in certa
misura modulabili. In prospettiva, le differenze fra i sistemi del Regno Unito e quelli di altri paesi
potrebbero ridursi, quantomeno se nei Paesi Bassi e negli Stati Uniti venissero attuate le misure
proposte, fra cui un maggiore ricorso a tassi di mercato (non modulati) per attualizzare gli esborsi
per prestazioni future. È possibile che i fondi pensione di questi paesi stiano già modificando le
proprie prassi in previsione di alcuni di tali cambiamenti.
Uno dei modi per attenuare l’incidenza degli effetti di retroazione è quello di accrescere
l’offerta di obbligazioni a lungo e lunghissimo termine, generando pressioni di segno contrario sul
segmento a lunga della curva dei rendimenti. I governi e le imprese hanno già risposto al basso
livello dei rendimenti accrescendo le emissioni di titoli a 30 e a 50 anni. Tuttavia, la possibilità per
governi e imprese di emettere debito a lunga scadenza incontra limiti derivanti dall’esigenza di
mantenere bilanciata la struttura per scadenze del passivo.
http://www.bis.org/publ/qtrpdf/r_qt0603ita_a.pdf

Questo è il problema; il caso americano non c'entra nulla poichè la normativa americana è lacunosa
http://www.covip.it/documenti/PDF/Altro/AUDIZIONE_Testo.pdf
http://www.servprev.it/doc/DL703.htm


Il citare il discorso dei sindacati è solo un argomento pretestuoso per fare un discorso politico demagogico
 
FaGal ha scritto:
I fondi pensione e il calo dei rendimenti a lungo termine
La persistenza di bassi rendimenti nominali a lungo termine, specie nelle scadenze superiori ai
10 anni, in un contesto di crescita economica robusta ha stupito molti operatori e osservatori del
mercato. Una delle spiegazioni talvolta avanzate è che la domanda degli investitori istituzionali, in
particolare dei fondi pensione, stia esercitando pressioni al ribasso sul segmento a lunghissimo
termine della curva dei rendimenti. Questa possibilità rispecchierebbe un effetto di retroazione, nel
senso che il livello modesto dei tassi di interesse favorirebbe ulteriori acquisti di obbligazioni da
parte degli investitori istituzionali.

Potrebbe essere che la domanda internazionale (Cina in testa) e' tale da mantenere bassi gli interessi?
 
claudio_rome ha scritto:
Potrebbe essere che la domanda internazionale (Cina in testa) e' tale da mantenere bassi gli interessi?
può essere
 
FaGal ha scritto:
Il citare il discorso dei sindacati è solo un argomento pretestuoso per fare un discorso politico demagogico
fabio questo è un pezzo del tuo post:
I fondi hedge costituiscono un potenziale pericolo anche per le società di cui diventano azionisti. Negli Stati Uniti i fondi speculativi che siedono nel consiglio di amministrazione di General Motors chiedono ristrutturazioni aggressive e migliaia di licenziamenti.
ora gli hedge chiedono ristrutturazioni aggressive ecc. ecc.
se i sindacati (e non è politica ma economia, i sindacati
sono a tutti gli effetti un soggetto economico..) potranno sedere
nei cda di aziende italiane probabilmente faranno esattamente
il contrario....cercheranno di tener aperti stabilimenti obsoleti
o non produttivi...non lo vedi questo rischio? ho detto rischio,
non certezza.
Fabio se scrivessimo solo dell'accaduto, potremmo chiudere il forum
bisognerà pur parlare anche del futuro...magari (anzi certamente)
sbagliando...
 
ramirez ha scritto:
fabio questo è un pezzo del tuo post:
I fondi hedge costituiscono un potenziale pericolo anche per le società di cui diventano azionisti. Negli Stati Uniti i fondi speculativi che siedono nel consiglio di amministrazione di General Motors chiedono ristrutturazioni aggressive e migliaia di licenziamenti.
ora gli hedge chiedono ristrutturazioni aggressive ecc. ecc.
se i sindacati (e non è politica ma economia, i sindacati
sono a tutti gli effetti un soggetto economico..) potranno sedere
nei cda di aziende italiane probabilmente faranno esattamente
il contrario....cercheranno di tener aperti stabilimenti obsoleti
o non produttivi...non lo vedi questo rischio? ho detto rischio,
non certezza.
Fabio se scrivessimo solo dell'accaduto, potremmo chiudere il forum
bisognerà pur parlare anche del futuro...magari (anzi certamente)
sbagliando...

:censored:
 
Hedge Funds: How to Spot the Warning Signs of Failure
Alistair Walters, Campbells - 04 May 2006
GTNews

This article discusses hedge fund structures and considers why some funds collapse, often with substantial losses to investors. It also reviews some of the signs that can give some warning of an impending failure.


Hedge funds are, and will continue to be, one of the major asset recovery battle grounds. The warring parties comprise those running the funds (the investment managers), investors and regulators.

There is no doubt whatsoever that collective investment vehicles, such as hedge funds, receive a massive amount of investor funds and will continue to do so. Hedge funds in the context of this article refer loosely to a number of different types of investment structure that are generally set up, domiciled and administered in offshore jurisdictions but which are typically run by investment managers in countries such as the US. These funds may not be the subject of direct regulation, but regulation usually applies to the service providers (which act as a registered office and provide director or administration services) and increasingly to those acting as investment managers.

Investors range from large corporations, pension funds and investment banks to high net worth individuals. There are estimates that the value of assets invested in hedge funds globally exceeds US$1trillion and is growing.

Hedge Fund Structures

A typical hedge fund will be a corporate entity incorporated in an offshore jurisdiction. The Cayman Islands is a good example and is the market leader for this type of structure. The company will be set up by the prospective investment manager who is likely to be working for a small investment management company or working alone. The investment manager will have determined what their investment strategy is going to be and will have potential investors interested in investing. The investment manager will have to find auditors for the fund, an administrator, attorneys and independent directors. A detailed offering document will be prepared outlining the basis upon which the fund will operate, and investors will be permitted to subscribe for shares and subsequently redeem them.

The trading strategy has to be clearly explained and may involve a combination of, for example, long or short selling and trading in derivatives, such as calls, options or futures. Once the structure is established, investor subscriptions will be received by the administrator, shares will be issued to the shareholders and the subscription monies will be placed under the control of the investment manager. The funds will then be invested in accordance with the predetermined trading strategy. The administrator will have to prepare regular net asset valuations of the fund's assets (NAV). This will take into account the market value of its investments and positions, and take account of the fees due to the investment manager (which is generally calculated on the basis of the profits made by the fund over a pre-determined period), the fees of the administrator, auditors and attorneys and then calculate the value of the interest of each shareholder. Depending on the type of fund and its investments, the NAV may be calculated monthly or on a more regular basis.

In order to calculate the NAV, the administrator requires information about the value of the fund's investments. If the investments are in securities or other instruments that can be traded on recognized markets then this information will usually be obtained electronically directly from the fund's prime broker. This verifies (or should verify) the existence of the fund's assets. Many administrators will then double check the value of the investments using sources such as Bloomberg, to verify market prices. As investments become more esoteric, they become harder to value. Some funds invest in private equity or investments that are not publicly traded and are highly illiquid. This makes pricing them very difficult and often, until the investment is realized, its current value can only be based on its acquisition cost.

Provided that the investment manager has followed the trading strategy disclosed in the offering memorandum, then investors will have been fully informed about the nature of the proposed investments and the difficulties that there may be in pricing and realizing them. This is the risk they take for potentially very high returns.

More complicated structures are often used which involve master and feeder funds, fund of funds, limited partnerships and segregated portfolio companies.

Causes of Hedge Fund Collapse and Failure


The success of hedge funds and other similar types of investment structure depends heavily on the skills and trading strategy of their investment managers. Some are conservative, others are very high risk. Clearly a poor strategy or an unexpected movement in markets can lead to a number of problems for a hedge fund. What is interesting is that, generally, hedge funds will not become insolvent, i.e. they will not get into a position in which they own more than the value of their assets. The fund may, however, lose sufficient value to simply cease to become viable going forward. Adverse movements in markets can also cause concern among investors and assuming that investors have a right to redeem, there can be a 'run' on the fund with large numbers of redemption requests. If there are problems with the markets in which the fund trades or its positions have become illiquid it may be impossible to generate sufficient liquidity to meet the requests. In turn, this can force the fund into seeking protection from the bankruptcy courts. These are some of the causes of market failure.

The more difficult cases involve either market failure and then an attempt to conceal that on the part of the investment manager or simple theft of investor funds by the investment manager.

Investment managers are generally paid in whole or in part, based on the performance of the fund. When profits dip or the fund starts to suffer trading losses the pressure on investment managers rises and in the context of fund failures, this is typically when there is the incentive to either conceal losses in the hope that the fund can trade out of them, or alternatively try and manipulate the date on, or period in which, losses are accounted for in order to smooth out peaks and troughs in monthly performance. As the industry grows and fund administrators become increasingly reliant on direct data feeds from prime brokers to price portfolios and calculate NAVs so the ability of an investment manager to falsify pricing information is decreased.

There are still, however, a regular flow of cases involving smaller funds where the investment manager is able to falsify information about position and values, thus concealing trading losses, failure to comply with investment restrictions as set out in the offering document or, the theft by them of the assets of the fund. There is a current case where it is alleged that an investment manager cross-margined the assets of a fund against trading losses in accounts opened in the name of the fund, the existence of which was concealed from the fund administrator.

There are also increasing concerns about the use of offshore hedge funds to manipulate stock prices and make use of price sensitive information. These are in addition to major investigations by the SEC into market timing and similar regulatory and trading offences, all of which can have a significant effect on investors in hedge funds and their ability to redeem their investment.

Red Flags

The onus is on investors when considering whether to invest in what is probably an unregulated hedge fund to do their due diligence on the investment manager, directors, administrator, legal advisers to the fund and auditors before investing. Assuming that the investor decides to proceed to invest, set out below are some 'red flags' that should either lead to further enquiries or at least warn investors that there may be issues of concern that warrant further investigation.

Where investment prices and trading information is provided by investment managers or where there is ambiguity as to who bears the responsibility for pricing there is clearly a risk of manipulation. The administrator (if there is one) should be receiving such information direct from the prime broker in a form that can be verified, both in terms of the existence of the portfolio and its pricing.

Investments that are not readily saleable, easily priced or are thinly traded or which are complex with the risk of significant price volatility are often a cause of concern. Investors in private equity funds or those investing in illiquid investments where there has been full disclosure in the offering document, must be prepared for deferred redemption rights and difficulty redeeming even when there may be a right to do so.

Non-disclosure of the investment portfolio to investors or changes in investment parameters should be an immediate red flag. The investment manager must be disclosing its investment strategy which in turn must indicate at least the general nature of the composition of the portfolio. Some investment managers are reluctant to disclose to investors the precise assets in which they have invested so as to protect their trading strategy. In such circumstances, it is important that the fund has a reputable administrator and auditor.

When reviewing the advisors to a fund, investors should consider whether the investment manager is responsible for multiple funds with similar objectives where there could be a risk of improper trading between the funds. Investors should also be concerned with a lack of independent directors, infrequent board meetings, different service providers retained for different but related funds, any delay, qualification, or unusual disclosures in audited financial statements and any sort of regulatory action or other sanction against the investment manager or director.

As mentioned above, investors should be aware of whether an investment manager is being rewarded based on its performance and the inherent conflict of interest that this can give rise to on the part of the investment manager.

If a fund does get into difficulties or does fail and have to suspend its NAV and therefore seek protection from bankruptcy courts, the immediate question will be what or who is the cause of the loss: is it the result of poor management, adverse markets or fraud? Tasks that will then have to be undertaken are the quantification of losses and restatement of investor entitlement to the assets of the fund. This can raise questions as to how far back such restatements must go and what restatement methodology to employ?

Complex issues will arise when considering attribution of responsibility for losses and the identification and assessment of causes of action for loss recovery the realization of any residual portfolio, the treatment of redeeming and redeemed investors and dealing with 'inter fund' transferring investors. One common problem is that investment managers, administrators and directors usually receive the benefit of indemnities from the fund. This both limits their liability for losses, unless caused by their own fraud or willful misconduct, and also provides an indemnity from the assets of the fund in relation to any losses and claims made against them (other than as a result of their fraud or willful misconduct), including the legal costs of defending any such claims. With the complexity of funds and the manner in which they invest and trade and the multi-jurisdictional nature of the fund structures, this gives rise to further challenges for investors and those advising them in the light of a fund failure.
 
8 maggio 2006

Investire sulla vecchiaia, gli Usa doppiano l’Europa

WALTER GALBIATI


Gli Stati Uniti doppiano l’area euro. La previdenza integrativa, per la diversa impostazione dei sistemi pensionistici, raccoglie molte più risorse negli Stati Uniti che in Europa, tanto che le attività dei fondi pensioni d’Oltreoceano valgono praticamente il doppio di quelle presenti nei bilanci dei cugini europei. Secondo i dati riportati nell’ultima relazione della Covip (Commissione di vigilanza sui Fondi pensioni) nel 2004 il valore della attività complessivamente gestite dai fondi Usa era pari a circa 8.000 miliardi di dollari, circa il 65% del Prodotto interno lordo (Pil) statunitense. Per quanto riguardo l’area euro, invece, nel cui conteggio però sono associate anche le attività delle imprese di assicurazione, il valore era di circa 4.000 miliardi di euro, oltre il 50% del Pil complessivo dei Paesi che aderiscono alla moneta unica. Con una differenza: mentre negli Stati Uniti si investe prevalentemente in titoli azionari, gli europei prediligono quelli obbligazionari. Una differenza però che è stata contraddetta nel 2004, quando i 200 miliardi di dollari di flussi di investimenti registrati dai fondi previdenziali si sono diretti per la maggior parte sui titoli del debito.
Secondo gli esperti della Covip, nel portafoglio dei fondi pensioni prevale l’investimento obbligazionario là dove vi sono un minore sviluppo della previdenza complementare e una regolamentazione degli investimenti basata essenzialmente sulle restrizioni quantitative, mentre l’investimento azionario diventa dominante quando la previdenza complementare è radicata da tempo, la regolamentazione degli investimenti non è soggetta a restrizioni quantitative e il modello dominante è basato sulla prestazione definita, ovvero i fondi si impegnano ad erogare una pensione fissa e non regolata sul contributo versato. Non è un caso infatti che in Olanda, il Paese dell’area euro più avanzato in termini di previdenza complementare, prevalgano gli investimenti azionari, così come nel Regno Unito, dove da più tempo la componente previdenziale pubblica è compensata da una di natura privata. In termini di consistenza a fine 2004 le attività dei fondi pensione olandesi erano pari a circa 500 miliardi di euro, un ammontare che eccedeva il valore del Pil registrato nello stesso anno. Nemmeno nel Regno Unito si arrivava a tanto: al di là della Manica, il dato è apparso sostanzialmente in linea con quello degli Stati Uniti (65% del Pil), anche se questo sale al 120% del Pil includendo i contratti assicurativi.
Di recente però nei Paesi anglosassoni e in Olanda si è assistito a una riallocazione delle risorse verso titoli obbligazionari a lunga scadenza e il principale motivo va ricercato nell’impatto provocato sui fondi pensione dalla prolungata crisi che tra l’ottobre 2000 e il marzo 2003 ha colpito le maggiori Borse mondiali. La debolezza degli indici azionari, unita al basso livello dei tassi di interesse, ha originato, e in alcuni casi aggravato, la situazione di sottocapitalizzazione (underfunding) di quei fondi che erogano piani pensionistici a prestazione definita e investono prevalentemente in titoli azionari. Da qui il cambiamento di rotta negli investimenti e non solo.
Perché i recenti problemi legati ai fondi pensioni hanno indotto i governi di quei Paesi che da più tempo hanno adottato un sistema pensionistico misto a prendere in considerazione tutte le possibili aree di crisi della previdenza complementare. E i problemi non mancano. Un rapporto della Pensions Commission, la Commissione governativa istituita dal governo inglese nel dicembre 2002 con il compito di verificare l’adeguatezza del sistema di previdenza complementare del Regno Unito, ha evidenziato negli ultimi cinque anni una preoccupante mancata crescita di questo importante pilastro. A incidere negativamente è stata prima di tutto la mancanza di fiducia nel sistema previdenziale cresciuta giorno dopo giorno con il crescere delle insolvenze di alcuni datori di lavoro che hanno portato alla definitiva chiusura di molti fondi trovatisi in una situazione di squilibrio patrimoniale.
E in secondo luogo la chiusura ai nuovi iscritti degli schemi a prestazione definita (le cui caratteristiche hanno accentuato la crisi di molti fondi), e la loro sostituzione con schemi a contribuzione definita che prevedono prestazioni e percentuali di contribuzione più bassi. Non c’è da stupirsi del resto che gli schemi a contribuzione definita (gli unici possibili in Italia) non attirino tanti sottoscrittori, viste le loro prerogative: non solo il rischio finanziario che negli schemi a prestazione definita grava sui datori di lavoro, negli schemi a contribuzione definita è trasferito in capo ai lavoratori iscritti, ma anche il contributo erogato dai datori di lavoro agli schemi di contribuzione definita risulta in media inferiore (4,3% dello stipendio pensionabile) a quello (9,9%) dagli stessi erogato agli schemi di prestazione definita. La preoccupazione del governo inglese è dovuta al fatto che senza la previdenza complementare le condizioni di vita dei futuri anziani britannici saranno quasi certamente precarie, perché in Inghilterra un lavoratore con uno stipendio medio percepisce dal sistema pubblico solo il 37% dell’ultima retribuzione.
La crisi dei piani a prestazione definita non è circoscritta e ha colpito anche gli Stati Uniti. Malgrado l’andamento positivo dei mercati finanziari, nel corso del 2004 ben 192 piani a prestazione definita sono stati posti sotto l’amministrazione della Pension benefit guaranty corporation (Pbgc), l’Agenzia del governo federale, introdotta nel 1974 che gestisce il programma di riassicurazione contro l’insolvenza dei piani a prestazione definita. Complessivamente alla fine del 2004 il numero dei piani pensionistici in crisi finanziaria amministrati dalla Pbcg era di quasi 3.500 con oltre un milione di lavoratori coinvolti. L’ultima spallata al settore pensionistico statunitense è arrivata dalla United Airlines i cui piani pensionistici sono risultati sottofinanziati per 10 miliardi di dollari, il più consistente default nella storia dell’agenzia federale. Ora bisogna correre ai ripari. Il governo Bush preoccupato dal deterioramento della situazione dei piani a prestazione definita e del futuro dell’Agenzia federale ha inserito una serie di provvedimenti di riforma fra le priorità del suo secondo mandato.

8 maggio 2006

Hedge fund e real estate, la nuova frontiera dei pensionati :no:

PAOLA JADELUCA


Hedge fund e fondi immobiliari, possibilmente in aree economiche a forte crescita e specializzati in business emergenti. Usa e Gran Bretagna fanno scuola: gli investimenti alternativi, in settori a promettente sviluppo, sono la strada intrapresa per spingere sull’acceleratore e far salire i rendimenti dei fondi pensione. E la caccia alle novità è sempre aperta. Calpers, California Public Employees Retirement System, il maggiore fondo pensioni degli Stati Uniti, ha annunciato per esempio che intende lanciare quest’anno un fondo che investe in hedge fund neonati, ovvero di nuova costituzione. Calpers ingaggerà un advisor per mettere in piedi un fondo di questo tipo nell’arco dei prossimi sei o nove mesi. E’ quanto ha dichiarato Kurt Silberstein che gestisce un portafoglio di 2,5 miliardi di dollari — il corrispettivo di 2,1 miliardi di euro — in hedge fund presso Calpers, che ha sede a Sacramento, in California. L’annuncio, subiti ripreso dall’agenzia di stampa Bloomberg, è stato fatto a margine di una conferenza sugli investimenti alternativi che si è tenuta recentemente a Hong Kong. «L’intera idea è di sfruttare la parte migliore della performance investendo nelle fasi iniziali del loro ciclo di vita — ha detto Silberstein — Se entriamo subito, possiamo continuare ad investirvi mano a mano che crescono».
Calpers, che gestisce un portafoglio di oltre $200 miliardi, punta ad incrementare le proprie posizioni in hedge fund. Agli investimenti diretti nel settore per 2,2 miliardi di dollari, si aggiungono altri 300 milioni di dollari gestiti attraverso "fondi di fondi" asiatici, costituiti da un paniere di hedge fund.
Per i suoi investimenti, Calpers punterà a hedge fund che hanno fra uno e tre anni di vita e che gestiscono meno di 500 milioni di dollari. Ma Silberstein non ha voluto rivelare l’entità dell’investimento complessivo. Di sicuro si sa che l’investimento maggiore sarà diretto in Asia, dove Calpers opera attraverso tre fondi di fondi specializzati sul mercato orientale: il londinese Kbc Alpha Asset Management, Sparx Asset Management Co. di Tokio e Vision Investment Management Ltd. di Hong Kong.
Gli hedge fund hanno garantito un rendimento medio del 9,4% lo scorso anno, secondo Hedge Fund Research, e il rapporto con in fondi pensione si fa sempre più stretto. Sia in Usa che in Gran Bretagna. Il Financial Times qualche mese fa ha dato la notizia che il Pensions Regulator, l’organismo che regolamenta i fondi pensione inglesi, sta discutendo con la Fsa, Financial Services Authority, il corrispettivo della nostra Consob, la possibilità di concedere l’autorizzazione ai gestori di hedge fund di scalare i fondi pensione delle compagnie in fallimento. L’obiettivo è quello di garantire rendimenti più alti di quelli finora garantiti dal Pension Protection Fund, il fondo di garanzia finanziato dal governo.
Alzare i rendimenti, abbassare i costi che i lavoratori devono pagare per garantirsi una pensione adeguata. E’ questo l’obiettivo della corsa a investimenti più redditizi. Basti dire che, secondo i calcoli riferiti da Bloomberg, il deficit tra ciò che i fondi pensioni del Ftse 100 — Financial Times Stock Exchange, le blu chip inglesi — hanno in asset e ciò che devono pagare ai membri è di oltre 115 miliardi di dollari. Watson Wyatt Worlwide Inc, per esempio, ha raddoppiato nell’ultimo anno i contratti diretti a forme alternative di investimento, tra hedge fund, private equity e real estate — che sono ora 61 contro le 32 del 2004. Una bella fetta dei 555 contratti di investimento complessivi.
Quello dei fondi immobiliari è un altro settore sul quale si è focalizzata l’attenzione dei gestori di fondi previdenziali integrativi americani e inglesi. A fare da apripista è sempre Calpers che, ancora una volta, cerca l’emergente nell’emergente: ha deciso di investire 400 milioni di dollari in immobili cinesi, investimento da realizzare in partnership con Hines Real Estate Investment Trust, società di real estate con più di 700 proprietà. E’ il primo investimento diretto che il più grande fondo pensioni americano fa in Cina. «E’ la partenza e se va bene, condurrà a investimenti successivi», ha dichiarato in un’intervista all’agenzia Bloomberg, Michael McCook, senior investment officer per il real estate del gruppo. L’accordo con Hines prevede la costruzione di immobili commerciali e residenziali a Pechino. «Quando tutto sarà costruito e venduto, vogliamo avere un ritorno del 15% netto», ha detto McCook.
Al real estate guarda anche Oregon Investment Council, gestore di oltre 54 miliardi di fondi pensione dei dipendenti dello Stato. Oregon ha deciso di investire 200 milioni di dollari in due nuovi fondi immobiliari, il Guggenheim Partners Llc e Gi Partners Advisors Lcc. Due fondi che tra l’altro stanno a loro volta esplorando aree innovative. Guggenheim Structured Real Estate, per esempio, è stata fondata nel 2004 per costruire un fondo di private equity strutturato su misura per la copertura dei debiti del mercato del real estate. Un mercato in forte espansione dove Guggenheim ha dato vita a nuovi prodotti e inventato formule innovative di arbitrato del credito. Il fondo ha già investito oltre 1 miliardo e 800 milioni di dollari. Altro talent scout dei business emergenti su cui investire è Gi Partners Advisor, ennesimo fondo di private equity, specializzato in business strettamente correlati a componenti immobiliari, spesso nel settore hitech. Quelli principalmente trattati sono i telecom center e i data center. Come dire, i settori dominanti della nostra economia.
A&F
 
Toh non sono d'accordo con Fabio..
mi riferisco all'uso di Hedge Fund per le pensioni...
non che non mi renda conto dei rischi insiti...
però 'saggi' (è un controsenso?) investimenti
prendendo posizioni Hedge....potrebbero fare solo del bene..
in un ambito ben delimitato e normato...
 
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