Il 5 e 6 dicembre i paesi membri dell’Opec (l’organizzazione che riunisce i principali esportatori di petrolio a livello globale), sia nella sua versione originale che in quella allargata (Opec +, che include anche altri paesi esportatori, primo fra tutti la Russia), si incontreranno a Vienna. All’ordine del giorno vi sarà la decisione circa l’aumento del periodo in cui contenere la produzione di petrolio: al momento la data ultima è fissata a marzo 2020, ma vi è la possibilità che si vada avanti almeno fino a giugno. Da gennaio infatti alcuni paesi dell’Opec si sono accordati per ridurre la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno e, così, mantenere il prezzo dell’oro nero a circa 62 dollari al barile. Fonti interne all’Opec hanno comunque fatto sapere che molto probabilmente l’accordo verrà effettivamente prolungato, così da dare un segnale positivo ai mercati.
Al momento tuttavia lo scontro principale sembra essere fra Arabia Saudita e Russia. Entrambe sono a favore di una riduzione della produzione; eppure, la prima sembrerebbe più propensa a premere sugli altri membri per assicurarsi che tutti procedano con i suddetti tagli, prima di esporsi. Da parte sua, Mosca cerca invece di tenersi larga, senza dare garanzie – anzi, mettendo le mani avanti e annunciando che sarà difficile tagliare la produzione, soprattutto in inverno, in Siberia, dove le condizioni climatiche rendono problematico alterare il funzionamento degli impianti. Quanto influirà l’Ipo di Saudi Aramco? Fonti vicine a Mosca hanno tuttavia fatto sapere che molto probabilmente la Russia finirà per cercare un compromesso, considerando l’altra data chiave sul mercato petrolifero. Il 5 dicembre, quando il gigante saudita Saudi Aramco annuncerà il prezzo delle azioni in vista della quotazione sulla Borsa di Riad, annunciata per l’11 dicembre.
Credo che la cosa più interessante del meeting opec plus sarà se la Russia riuscirà a far passare la sua linea di far scorporare i condensati dalla sua quota di produzione per non limitare i nuovi progetti di estrazione di gas naturale da cui si ricavano, diciamo così involontariamente, questi condensati. Rappresentano il 6% della produzione di petrolio della russia (circa 0.7 - 0.8 mbg) , sono un light crude che, detto tra parentesi, è invece scorporato dai calcoli delle quote di produzione per esempio dell'Arabia Saudita. Il fatto è che se la russia ne incrementa la produzione "involobtariamente" per effetto delle nuove estrazioni di gas naturale, per rispettare le quote di produzione di petrolio fissate dall'accordo le industrie estrattive russe dovrebbero compensare l'incremento di condensati riducendo le estrazioni di petrolio. E questo non gli va.