la Corte costituzionale, nel corso degli anni, si è più volte pronunciata su presupposti, condizioni e limiti di legittimità dell’obbligo vaccinale, giungendo così a enucleare un complesso di principi giurisprudenziali così sintetizzabili:
deve sussistere un sufficiente grado di certezza (ragionevolezza scientifica) che la vaccinazione sia efficace nel proteggere il ricevente;
il trattamento deve dimostrarsi efficace al fine di tutelare la salute dei terzi, vale a dire al fine di impedire il contagio (c.d. immunità sterilizzante)
allo stesso tempo, il trattamento non deve implicare alcun rischio di danno grave alla salute di chi vi è assoggettato, risultando accettabili in tal senso postumi solamente lievi e di breve durata;
infine, debbono essere previsti sistemi di equo indennizzo per i casi del tutto residuali di lesioni apprezzabili.
Posto tale imprescindibile quadro di prìncipi e criteri, è sostenibile che, nell’attuale situazione epidemiologica, sanitaria e sociale, nonché in rapporto ai prodotti vaccinali disponibili, possano ricorrere oggettivi elementi tali da suggerire che non siano stati soddisfatti né i requisiti di necessità e proporzionalità indicati dal sistema sovranazionale incaricato di dare applicazione alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, né quelli concorrenti definiti dal giudice costituzionale italiano.
in merito all’efficacia dei vaccini a produrre la c.d. immunità sterilizzante, questione fondamentale per giustificare l’obbligo, alcuni dati autorizzano a porre essa stessa in discussione.
Gli stessi produttori dei vaccini, attraverso le loro schede tecniche, dichiarano espressamente che non è stato ancora accertato se la vaccinazione interrompe la trasmissione del contagio.
avvertenza poi ripresa e pubblicata sia da EMA che da AIFA nelle proprie note informative (che infatti concludono avvisando che “i vaccinati e le persone che sono in contatto con loro devono continuare ad adottare le misure di protezione anti COVID-19”).