Tim, la proposta di Cvc sul tavolo del cda il 7 aprile
Il fondo britannico aveva inizialmente fissato la scadenza per il 4 aprile
Intensificati i rumors su un passo indietro di Kkr e sull’avanzata della rete unica
La proposta di Cvc per il riassetto di Tim sarà sul tavolo del board che si riunirà il 7 aprile. Difficile che si arrivi a un orientamento risolutivo, ma una risposta al fondo britannico e alla sua proposta inviata ai vertici dell’ex monopolista una settimana fa è tutto sommato da attendere.
Del resto, a quanto ricostruito dal Sole 24 Ore, la manifestazione di interesse avanzata da Cvc conteneva una deadline per il 4 aprile. Termine, questo, che già a valle di una prima interlocuzione sarebbe però caduto proprio in considerazione del fatto che il 7 aprile si terrà l’assemblea di Tim ed è previsto un cda che, a questo punto, avrà sul tavolo il dossier.
Al centro c’è la richiesta di Cvc per il 49% dell’area Enterprise di ServCo, la newco dei servizi in predicato di essere una delle due gambe della Tim discendente dal piano dell’ad Pietro Labriola. L’interesse del fondo è quindi sulla parte “business” (le attività di Noovle, Olivetti e Telsy e Trust Technologies).
Cvc, dunque, punta a un’entrata in logica di partnership e con una quota di minoranza in una parte di Tim evitando tempi troppo lunghi. Non a caso l’iniziale deadline del 4 aprile un segnale in tal senso lo ha dato.
Non facile trattandosi di una società come Tim, con in pancia asset strategici e, dal punto di vista della governance, con il suo consiglio composito e complesso. Tuttavia le possibiltà che la prossima settimana si stringano i tempi ci sono tutte. Tim ha infatti fissato al 4 aprile il termine per ricevere una risposta da Kkr alle proprie richieste di chiarimenti. La prima sta nel mettere nero su bianco il prezzo di un’eventuale Opa totalitaria che, a metà novembre, era stata ventilata dal fondo Usa a 0,505 euro per azione. Il prezzo è sparito dalle ultime interlocuzioni con Tim (si veda Il Sole 24 Ore del 30 marzo) che però ora ha chiesto punti fermi, assieme a paletti circa la due diligence solo “confirmatoria” e assieme a chiarimenti circa gli impegni assunti dalle banche a copertura dell’operazione ed eventuali clausole che possano causarne il venir meno.
A Kkr sarebbe stato richiesto anche di esprimersi sulla rete unica. Su questo capitolo, dall’altra parte, all’orizzonte si starebbero per palesare i primi passi formali sull’asse Tim-Open Fiber-Cdp (che è azionista sia di Tim al 10%, sia di Open Fiber al 60%) ora che è trascorso il 31 marzo: termine per le domande per partecipare al bando “Italia a 1 Giga” per la cablatura delle aree grigie del Paese. Un Nda (“Non disclosure agreement”) prima di un “Memorandum of understanding” è atteso a giorni.
A ogni modo l’idea di analisti e osservatori è che spazi e tempi per la proposta di Kkr si siano esauriti, con il fondo Usa che potrebbe, nella sua risposta, fare un passo indietro. E invece dell’Opa potrebbe concentrarsi sugli eventuali vantaggi della rete unica, visto che Kkr è pur sempre azionista al 37,5% di Fibercop, società con all’interno la rete secondaria di Tim e uno dei due promessi sposi.
La proposta di Cvc, dal canto suo, appare non contraria a una societarizzazione della rete. Certo, sono prospettive differenti. Da una parte quella di Kkr sarebbe un’offerta al mercato (pur se con i 50 centesimi che sono inferiori ad esempio agli 0,657 euro per azione in carico al primo azionista Vivendi, ma superiori ai 32 centesimi del titolo ieri, a conclusione di una seduta in calo del 3,45% anche per il taglio del target price da parte di Barclays).
Dall’altra, lato Cvc (supportato da Nomura con l'ex ad Tim Marco Patuano come senior advisor, da Barclays e dall'avvocato Sergio Erede) c’è un progetto di riassetto che si sposa con il piano Labriola. Valutazione di 6 miliardi dell’asset in discussione secondo rumors. Si parla di 18 volte il cash flow operativo. E dopo il Cda del 7 potrebbe diventare il vero punto in questione .