LE TELECOMUNICAZIONI
Kkr suona la seconda volta Offerta per la rete di Telecom
Il fondo Usa, che a fine 2021 si era fatto avanti per la società, ora punta alla sola infrastruttura Il mercato si attende una valutazione da 18-20 miliardi. Cdp nell’angolo, il nodo del golden power
DI SARA BENNEWITZ
MILANO — Kkr, fondo di private equity Usa che ha investito in tante infrastrutture, lascia il tavolo di lavoro sulla rete al fianco di Cdp e Macquarie e formalizza in solitaria un’offerta per l’infrastruttura di Telecom Italia, che dovrebbe essere recapitata già oggi sul tavolo dell’ad Pietro Labriola.
Il fondo, il cui veicolo infrastrutturale è basato a Londra e guidato da Alberto Signore, insieme all’advisor Jp Morgan, che in Italia è rappresentato dall’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli, ieri avrebbe informato il governo di essere intenzionato a fare un’offerta non vincolante per il 100% della rete di Telecom, senza comprendere i cavi sottomarini di Sparkle (valutati circa 1,5 miliardi) e il suo backbone, la dorsale dei cavi (che per gli analisti vale altri 3 miliardi).
Il fondo Usa possiede, tra le alte cose, il 50% delle torri telefoniche di Vantage (e quindi una quota di Inwit) e il 37,5% della rete secondaria di Tim Fibercop (quella che dagli armadietti in strada entra nelle case degli italiani). E da mesi orbita intorno al leader della telefonia tricolore. Nel novembre 2021 Kkr aveva fatto pervenire al cda di Tim una manifestazione d’interesse non vincolante per tutta la società da 10,8 miliardi (0,50 euro per azione), ma la proposta era stata giudicata bassa dal cdadi Tim, che non aveva permesso a Kkr di fare un’ulteriore due diligence sulla società, costringendola a un passo indietro. La parola passa ora al consiglio di Telecom, ma poiché la rete è coperta dal golden power senza il placet del governo non potrà essere venduta. E in proposito l’esecutivo di Giorgia Meloni ha più volte ribadito che intende riportare sotto il controllo pubblico - e quindi di Cdp - la rete Tim, per preservare un’infrastruttura strategica e anche i 40 mila dipendenti della società tricolore.
L’offerta di Kkr, stando a fonti finanziarie, dovrebbe essere a un prezzo tra 18 e 20 miliardi, e tale da mettere in difficoltà Cdp, azionista con il 9,8% di Tim e con il 60% della rivale Open Fiber. La Cassa di DarioScannapieco da mesi è a lavoro su un’offerta per la rete, tanto che lo scorso 30 maggio insieme a Open Fiber, Macquarie e la stessa Kkr aveva firmato una lettera d’intenti per avere un’esclusiva a trattare con Tim l’acquisto del 100% della Netco, un veicolo che racchiude Sparkle, la rete primaria e quella secondaria di Fibercop (di cui Tim ha il 58%). La lettera d’intenti di Cdp era diventata una lettera morta con il cambio di governo, ma la Cassa, Macquarie e Kkr hanno continuano a studiare un’offerta congiunta fino alla scorsa settimana. Lunedì il fondo Usa si sarebbe sfilato dall’operazione, perché a suo dire mettere insieme la rete Tim con quella di Open Fiber avrebbe comportato più rischi che opportunità. Se l’Antitrust Ue imponesse infatti stringenti rimedi sulle aree “nere”, la concorrenza in queste zone, le più profittevoli del mercato, sarebbe superiore alle sinergie che si creerebbero con l’operazione. Kkr a dicembre aveva proposto al ministro Urso di fare un’offerta per la maggioranza della rete Tim, lasciando Cdp in minoranza, ma con un sistema di “put and call” per tornare al controllo. Ma anche in questo caso la Ue avrebbe comunque potuto imporre rimedi stringenti, dato il conflitto di interesse di Cdp in Open fiber. Morale: dopo una serie di trattative infruttuose con Cdp, Kkr ha deciso di andare avanti da sola per la sua strada.
LA REPUBBLICA 2.2.23