Truffa Etruria..!!...CAP. 4

Magari si inventano qualcosa... tipo rimborso forfettario a 0,80 Euro ad azione... una via di mezzo tra 0,60 dell'ADC ultimo e l'offerta di Zonin a 1,00 Euro...!!! :)

Visto che il Fonzie aveva promesso ai terremotati di ricostruirli tutte le case distrutte, darei a loro la priorità.
 
Banca Etruria, Renzi: "Niente da temere, subito commissione inchiesta"

Il segretario del Pd torna a parlare di Banca Etruria dopo le accuse di Ferruccio De Bertoli: "Niente da temere: no favoritismi dal mio governo, facciamo subito la commissione d'inchiesta"
Ginevra Spina - Dom, 14/05/2017 - 18:38
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Matteo Renzi torna a difendere l'operato del governo su Banca Etruria e rilancia la sfida a chi chiede urgentemente una commissione d'inchiesta: "Facciamola subito".

"Penso che il tema di Banca Etruria torni ciclicamente. Su queste vicende ci vuole grande chiarezza: se qualcuno dice che il mio governo ha fatto favoritismi, reagisco perché non è vero. Banca Etruria fu commissariata dal mio governo: siamo stati molto duri con tutti. Dal mio governo non ci sono stati favoritismi per nessuno", ha ribadito il segretario del Pd intervistato da Massimo Giletti all'Arena su Rai1, a proposito delle polemiche con Ferruccio De Bortoli sulla vicenda di Banca Etruria.

Renzi è tornato a punzecchiare l'ex direttore del Corriere della Sera che nel libro "Poteri forti (o quasi)" ha parlato della richiesta di Maria Elena Boschi a Unicredit di rilevare Banca Etruria. "Una bellissima operazione di marketing per lanciare il suo libro", ha commentato l'ex presidente del Consiglio.

"Sulle banche qualcosa non ha funzionato, noi abbiamo detto: facciamo parlare la magistratura. Sulla commissione d'inchiesta sulle banche, gente come noi, per bene, non ha nulla da temere - ha aggiunto - Le sembra possibile che il problema delle banche in questo Paese sia una piccola banca di Arezzo che vale l'1,9% e non le grandi banche?"

"I politici di solito si nascondono. Io voglio la verità, voglio vedere le carte. Se c'è favoritismo è grave, ma abbiamo dimostrato che non c'è, io dico: facciamo subito la commissione d'inchiesta, andiamo a vedere le carte. Non fondiamo la Repubblica sul pettegolezzo e sul sentito dire" ha concluso il segretario del Pd.

"#banche Matteo Renzi dice di volere la commissione d'inchiesta. Lo disse anche a dicembre 2015, e da un anno e mezzo il suo Pd blocca tutto in Parlamento!?", è la replica affidata a Twitter di Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, in merito alle parole di Matteo Renzi a "L'Arena" di Giletti, su Rai1.
 
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#banche @Matteorenzi dice di volere Comm inchiesta. Lo disse anche a dicembre 2015, e da un anno e mezzo suo Pd blocca tutto in Parlamento!
 
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Intervista a #IlMattino "La grande coalizione? No, vinceremo noi"
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#BANCHE. @RenatoBrunetta A @Matteorenzi, COMM INCHIESTA? TUO PD LA BLOCCA DA UN ANNO E MEZZO

BANCHE: BRUNETTA A RENZI, COMM INCHIESTA? TUO PD LA BLOCCA DA UN ANNO E MEZZO | Free News Online – Quotidiano di approfondimento
Renato Brunetta, Enti Locali FI, UfficioNazionaleClub e Forza Italia
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#BANCHE. COMM INCHIESTA? TUO PD LA BLOCCA DA UN ANNO E MEZZO @Matteorenzi

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Renato Brunetta‏Account verificato @RenatoBrunetta 15 h15 ore fa

#banche @andreamarcucci vuol nascondere sole con un dito. FI ha proposto Comm inchiesta nel dicembre 2015. E Pd è sempre scappato #ciaocore
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Renato Brunetta‏Account verificato @RenatoBrunetta 17 h17 ore fa

#banche @Matteorenzi dice di volere Comm inchiesta. Lo disse anche a dicembre 2015, e da un anno e mezzo suo Pd blocca tutto in Parlamento!
 
Così in cda fu stoppata Bper-Etruria
Due consiglieri vicini a Prodi della Popolare dell’Emilia Romagna si opposero alla fusione. Renzi: «De Bortoli ha fatto una bellissima operazione di marketing per lanciare il suo libro»
ANSA


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Pubblicato il 15/05/2017
gianluca paolucci

Furono due consiglieri della Popolare dell’Emilia Romagna vicini all’ex premier Romano Prodi ad opporsi alla fusione tra Bper e Etruria. Una ricostruzione che dimostra come Etruria fosse diventata un terreno di scontro ben prima della sua risoluzione. Scontro politico, istituzionale e finanziario. Esacerbato dalla presenza in consiglio di Pierluigi Boschi e da quella al governo della figlia Maria Elena. Questo era la piccola Banca Etruria, i cui attivi valevano circa lo 0,4% del sistema bancario nazionale, fin dalle convulse settimane che precedettero il suo commissariamento a febbraio del 2015. Uno scontro ancora sottotraccia, che deflagrerà poi dopo la risoluzione delle quattro banche. Ma che già allora, nelle settimane a cavallo tra il 2014 e il 2015, coinvolgeva vari attori di primo piano, uno contro l’altro. Uno scenario sul quale dovrà fare chiarezza la commissione d’inchiesta sul sistema bancario, come auspicato ieri dal segretario del Pd Matteo Renzi.



A riferire l’episodio è un testimone diretto delle vicende. Siamo alla fine del 2014 e Ettore Caselli, allora presidente di Bper, capeggiava il fronte che nel suo istituto avrebbe visto con favore un’integrazione con Etruria. Deve fronteggiare la freddezza delle strutture e lo scetticismo di una parte del consiglio. Ma soprattutto la ferma opposizione di due consiglieri: Angelo Tantazzi e Giuseppe Lusignani. Entrambi vicini a Romano Prodi e influenti, per competenza e storia personale, nel consiglio della Popolare dell’Emilia. Caselli contatta allora i suoi interlocutori nel consiglio di Etruria e chiede di attivare “il Boschi”, allora vicepresidente dell’istituto, per far muovere il governo e trovare per questa via una mediazione con i prodiani.



La fonte de La Stampa, uno dei consiglieri che agì da messaggero tra Caselli e Boschi, non è in grado di dire se la sollecitazione ebbe un qualche effetto, né se lo stesso Boschi ne abbia effettivamente informato la figlia allora ministro del governo Renzi.



Qualche settimana dopo, a inizio anno, sarà l’allora sottosegretario alla presidenza del consiglio, Graziano Delrio, a chiamare lo stesso Caselli per chiedere informazioni sullo stato di avanzamento della prospettata fusione. Ma a quel punto è troppo tardi: Caselli stesso informa Delrio che l’operazione non è praticabile. Di lì a poco Etruria sarà commissariata dal ministero dell’Economia su proposta di Banca d’Italia.



Fatti lontani, tornati alla ribalta dopo le rivelazioni di Ferruccio de Bortoli sull’interessamento di Maria Elena Boschi per sollecitare il dossier Etruria presso Unicredit. Ieri l’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni, rompendo un tenace silenzio che durava da giorni, ha detto al Corsera che ritiene «normale parlarsi tra politici e banchieri», per poi tornare al «no comment» che ha marcato nei giorni scorsi la sua posizione.



Ma le polemiche sorte dalle rivelazioni di de Bortoli continuano a tenere banco. «De Bortoli ha fatto una bellissima operazione di marketing per lanciare il suo libro», ha detto ieri i Renzi ieri tornando sul caso all’Arena di Massimo Giletti. Secondo Renzi, «Boschi come tutti i membri del governo hanno dimostrato che non c’è nessun favoritismo». «Facciamo la commissione d’inchiesta - ha aggiunto Renzi - così non fondiamo la Repubblica su pettegolezzo e sentito dire: andiamo a vedere le carte”.



Di tutt’altro tenore le repliche delle opposizioni. «Aspettiamo la querela della Boschi a De Bortoli: no querela no party. Se non arriva si deve dimettere», ha detto Beppe Grillo intervistato dal Corriere della Sera.
 
Banca Etruria, Corsera: “Renzi insofferente alle notizie scomode. Non ha elaborato la sconfitta del referendum”
Banca Etruria, Corsera: “Renzi insofferente alle notizie scomode. Non ha elaborato la sconfitta del referendum”
Politica

Con un editoriale pubblicato in prima pagina sotto al titolo "Potere e domande storiche", il numero uno di via Solferino, Luciano Fontana, interviene sul caso presunto conflitto d'interessi dell'ex ministro Maria Elena Boschi sollevato dalla rivelazione del libro di Ferruccio de Bortoli
di F. Q. | 14 maggio 2017
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Più informazioni su: Banca Etruria, Maria Elena Boschi, Matteo Renzi

Due editoriali fortissimi pubblicati sulle prime pagine dei due principali quotidiani italiani infiammano il caso Banca Etruria. Sul caso presunto conflitto d’interessi dell’ex ministro Maria Elena Boschi intervengono anche gli editorialisti di Repubblica e Corriere della Sera. E se il giornale diretto da Mario Calabresi pubblica l’editoriale di Massimo Giannini, storicamente non tenero con la corrente di Matteo Renzi sin da quando conduceva Ballarò su Rai Tre, diverso è il caso del quotidiano di via Solferino. Il direttore del Corsera Luciano Fontana firma personalmente un articolo pubblicato in prima pagina sotto a un titolo affilato: Potere e domande storiche. Una la domanda fondamentale che muove entrambi gli articoli: è vero – come rivelato da Ferruccio de Bortoli nel suo libro – che l’allora ministra Boschi ha chiesto a Unicredit di comprare Banca Etruria, l’istituto di cui il padre era vicepresidente? Una domanda che non trova una conferma definitiva – l’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni continua a trincerarsi dietro a un No Commento – ma neanche l’ombra di una smentita, a parte quello della diretta interessata.

“Si capisce bene che la vicenda delle banche toscane, con il colpo durissimo inferto da una gestione clientelare e dissennata a investitori e risparmiatori, sia una spina nel fianco del segretario Pd e della Boschi. È un capitolo oscuro, le inchieste e le intercettazioni dimostrano che intorno al salvataggio si mossero personaggi con un passato non raccomandabile. De Bortoli ha raccolto, durante la stesura del suo libro, un’informazione e l’ha pubblicata. Così si comporta un giornalista. Il ministro ha reagito dicendo che non è vera ma il no comment di Ghizzoni e quello che ha aggiunto ieri al Corriere pesano. Non sono certo una smentita, anzi. Forse sarebbe meglio che anche il mondo bancario parlasse chiaramente”, scrive il numero uno di via Solferino nel suo editoriale, in cui mette nel mirino l’ex presidente del consiglio. “Il rapporto con l’informazione di Renzi – continua il successo di de Bortoli – e del suo mondo è, per usare un eufemismo, complicato. Un rapporto questo sì ossessionato dall’idea di nemici sempre in agguato. L’ex premier non ha ancora ‘elaborato‘ la sconfitta referendaria, è tornato sulla scena, dopo la vittoria delle primarie, come se nulla fosse accaduto. Parole d’ordine e atteggiamenti simili. E tanta insofferenza per le voci critiche e le notizie scomode. C’è un lavoro di ricostruzione e una sfida riformatrice su cui le forze politiche, tutte, dovrebbero concentrarsi. Macron insegna. Ma di Macron per il momento non se ne vedono in circolazione“.

Diversi i toni utilizzati da Giannini su Repubblica che invece parla la “Matteo’s Version“, e cioè l’intervista “affidata alle colonne amiche del Foglio (il giornale che lo incoronò anzitempo “Royal Baby”)” che “è insieme elusiva ed evasiva. La versione è elusiva perché, dicendo ‘de Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina‘, Renzi finge di non capire qual è il cuore della questione Boschi-Etruria, cioè quel conflitto di interessi che era chiarissimo fin dall’inizio. Cioè da quando Maria Elena divenne ministra per le Riforme, nel febbraio 2014, e di lì a poco il padre Pierluigi, consigliere dal 2011, fu ‘promosso‘ vicepresidente di Etruria. Che quel groviglio convenisse scioglierlo già allora lo vedeva chiunque. Tranne un potere giovane e arrembante, forse accecato da un’epifania troppo fulminea. Ma la versione è anche evasiva perché, aggiungendo ‘che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di pulcinella’, Renzi sorvola sugli atti attribuiti alla sua ministra intorno a quel dossier”.

Quindi il giornalista di Repubblica snocciola le varie domande rimaste al momento senza risposta nella questione Etruria. “È vero (come ha scritto il Fatto) che già nel marzo 2014 la ministra e suo papà nella loro villa di Laterina incontrarono il presidente di Etruria e i vertici di Veneto Banca, per concordare una “resistenza” rispetto ai tentativi di acquisizione da parte della Popolare di Vicenza? È vero (come ha scritto de Bortoli nel suo libro) che nel gennaio 2015 la ministra chiese a Ghizzoni un intervento di Unicredit su Etruria, e che la manager Marina Natale fu incaricata di aprire un dossier per valutare l’acquisto, salvo poi richiuderlo con ‘parere negativo’? È vero (come ha scritto la Stampa) che nel febbraio 2015 l’allora neo-presidente di Etruria, Rosi, ebbe a sua volta un altro incontro con Ghizzoni (“facilitato da qualcuno…”) per tentare un ultimo affondo sul salvataggio da parte di Unicredit? E dunque, la ministra ha mentito all’assemblea di Montecitorio? E se ha mentito, può restare al suo posto nel governo Gentiloni? Sono interrogativi che galleggiano nel vuoto”, conclude.
 
Repubblica.it
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Banca Etruria, il "paziente zero" della crisi: da Arezzo parte la valanga del credito

Affari&Finanza. Una storia molto italiana: un istituto piccolo è capace di scuotere a fondo il governo, il Pd, il sistema creditizio e i suoi controllori. Tutti sono coinvolti nell'allegra finanza della provincia orafa
di ANDREA GRECO
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15 maggio 2017
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Una storia molto italiana, Banca Etruria. Piccola, ma capace di scuotere a fondo il governo, il Pd, il sistema creditizio e i suoi controllori Bankitalia e Consob. Un caso tipico di "paziente zero", in cui consorterie locali (anche in versione massonica perché Arezzo è la città in cui è vissuto tranquillo Licio Gelli), controlli collusi o impotenti, politica interessata o distratta, concorrono a rovinare l'istituto da cui tutto cominciò, nella circolarità quasi assoluta dei comportamenti e degli interessi.

Nessuno è terzo, tutti sono coinvolti, con piccoli o grandi cure da sostenere. E' l'allegra finanza della provincia italiana, il paese in cui - come avevano ragione i saggi del passato! - "la rivoluzione non si farà mai, perché alla fine ci conosciamo tutti".

L'epilogo della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, nata nella "città dell'oro" nel 1882 e terminata mercoledì scorso con l'onta del cambio di nome - i nuovi padroni di Ubi, che l'hanno pagata un euro, la incorporano con insegna "Banca tirrenica spa" - e le polemiche politiche che rinfocolano, sono un'occasione preziosa per analizzarne gli aspetti critici, comuni a una decina di crisi creditizie del paese che "aveva un sistema bancario solido", come hanno ripetuto a disco rotto negli ultimi dieci anni tutti i presidenti del Consiglio, i ministri, i banchieri centrali e non centrali di turno. Non era vero per troppi istituti: come Monte dei Paschi, le tre banche messe in risoluzione con Etruria, Carige, le ex popolari di Vicenza, Montebelluna, Marostica, svariate piccole Bcc. E il credito è quel particolare settore in cui, vivendo gli intermediari di fiducia reciproca e dei depositanti, la moneta cattiva scaccia la buona: basta una piccola crisi per fare danni a tutti.

Lo si è visto il 22 novembre 2015, quando la risoluzione coatta - negoziata con Bruxelles - proprio di Banca Etruria (insieme a Banca Marche, Carichieti e Cariferrara), oltre ad azzerare il capitale dei loro azionisti e 788 milioni di loro obbligazionisti subordinati, ha sprofondato le banche quotate a Piazza Affari ai minimi del periodo, causando gravi fughe di depositi a Siena, Vicenza, Montebelluna, che proprio allora hanno iniziato a sbandare, forse senza ritorno, verso il salvataggio a spese dello Stato in vista nelle prossime settimane. Ebbe un bel dire Fabio Panetta, vice direttore generale di Bankitalia e ufficiale di collegamento con l'Eurosistema, che le quattro banche ponte rappresentavano "solo l'1% degli attivi bancari italiani". Erano, invece, una storia di tutti, "una storia italiana": e ci sono voluti due anni di patimenti e 6 miliardi di euro, versati dagli istituti concorrenti, per tamponare la falla fino alla vendita attuale senza corrispettivo.
Banca Etruria, il "paziente zero" della crisi: da Arezzo parte la valanga del credito

La storia di Etruria sulla copertina di Affari&Finanza di lunedì 15 maggio
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Perché finisce nei guai
La crisi di Banca Etruria è stata una sorpresa solo per chi guardava altrove, o non voleva vedere. L'istituto era arroccato e protetto tra le mura e il campanile di uno storico feudo Dc dai tempi di Amintore Fanfani (il nipote Giuseppe è stato sindaco con il Pd fino al dicembre 2014). Ma la "banca dell'oro", 186 sportelli, 1.800 dipendenti e una dozzina di miliardi di attivi, era al disopra delle fazioni politiche, in un sommo intreccio di poteri cattolico-agricoli e laico-massonici per un trentennio governati dal presidente massone Elio Faralli, che lasciò nel 2012 a 87 anni. Sotto il suo regno la crescita per acquisizioni aveva ingigantito anche i crediti, specie quelli ad amici e colleghi amministratori: al momento della risoluzione 13 ex amministratori e 5 ex sindaci dell'istituto erano affidati per 185 milioni, che si erano accordati senza lesinare, originando 198 posizioni di fido finite tra le sofferenze e gli incagli. I problemi del credito, già notevoli dal 2010, erano nelle cure di Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena assunto in banca a fine 2007 come analista e salito tra i dirigenti fino al marzo 2015, quando uscì poco prima del dissesto. Insieme agli insider, i principali beneficiari dell'eccesso di generosità di Banca Etruria sono stati il gruppo Sacci, storica azienda cementiera esposta per 70 milioni; l'Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone (60 milioni); il cantiere Privilege Yard, che doveva costruire un panfilo da 127 metri, tra i più lussuosi al mondo e di cui fu costruito solo il modellino; realizzazioni e bonifiche del gruppo Uno a erre (10,6 milioni); immobiliare Cardinal Grimaldi (11,8 milioni).

Ispezioni, crisi e governo
La situazione inizia a scappare di mano dall'inizio del 2012: Banca Etruria licenzia l'agenzia Fitch, che le ha assegnato un merito di credito BB+ ("spazzatura") proprio per le sofferenze "a un livello doppio rispetto alla media del sistema". Anche la Banca d'Italia, da mesi in pressing, si fa sotto: a fine 2012 chiede al management, dopo un'altra ispezione, "adeguate misure correttive per sanare la gestione" e di "integrarsi in un gruppo più solido". Il bilancio 2012 porta i segni dell'emergenza, con crediti svalutati per oltre un miliardo. Gli organi sociali cercano rimedi (benché la vigilanza poi li sanzionerà anche per la loro "sostanziale inerzia"). A metà 2013 Etruria aumenta il capitale per 100 milioni, ed emette con il beneplacito della Consob bond subordinati per 120, rifilati alla clientela minuta; una fetta dei 275 milioni che due anni dopo saranno azzerati dal bail in. Il governo Renzi, che ad Arezzo è di casa, inizia ad affannarsi per la mina Etruria, con cauti sondaggi istituzionali. Come risulta da diverse ricostruzioni e fonti, i problemi dell'Etruria, che è banca popolare, sono anche uno degli sproni perché Renzi acceleri nel progetto di riforma del credito cooperativo, che viaggia in parallelo e passerà per decreto nel gennaio 2015: ma la moral suasion aveva indotto Etruria a portarsi avanti, trasformandosi in spa sei mesi prima. Togliere di mezzo il principio "una testa, un voto" avrebbe facilitato la vendita dell'istituto, ormai necessaria. E proprio tramite ambienti del governo s'era cercato un abboccamento tra Arezzo e il fondo del Qatar, poi chiamato in causa due anni dopo per investire nel Monte dei Paschi (sempre invano).

Tentativi disperati di fusione
Nel 2014 la situazione patrimoniale degenera: Bankitalia forza al cambio dei vertici e di metà del cda Etruria (è il passaggio in cui Lorenzo Rosi diventa presidente e Pier Luigi Boschi suo vice, senza deleghe). Mediobanca e il legale Paolo Gualtieri sono nominati dei consulenti per trovare compratori. La banca d'affari si occupa solo dei rapporti con tre fondi stranieri: si parla degli israeliani Hapoalim e Bank Leumi, ma nulla si muove. Più concreto il dialogo con Bper, altra popolare in storici rapporti con Arezzo, e con la popolare di Vicenza. Solo la vicentina entra nella "data room", che presuppone lo scambio di informazioni confidenziali. Ma ad Arezzo prevale ancora il principio "padroni a casa nostra: e nel maggio 2014 il cda dell'Etruria rigetta l'Opa a 1 euro proposta da Vicenza. Una mossa che irrita ulteriormente la vigilanza, che nel novembre avvia l'ispezione decisiva, quella che tre mesi dopo condurrà al commissariamento. E' la fase più drammatica: il management Etruria guarda a 360°. Proprio a novembre, il 4, Maria Elena Boschi presenzia a una ricorrenza di Unicredit a Milano, in cui c'è anche l'ad del colosso Federico Ghizzoni. Pochi giorni dopo, Ghizzoni vede anche il presidente dell'Etruria, Rosi, e si parla di una possibile acquisizione. Ghizzoni prende tempo e passa il dossier a Marina Natale allora vice dg ed esperta di fusioni. Si vocifera di una strategia che possa unire i punti bancari critici di Vicenza, Veneto Banca ed Etruria, con Unicredit a fare da pivot. Ma la banca di Ghizzoni, che ha problemi propri come attesta la ricapitalizzazione da 13 miliardi cui sarà costretta nel 2016, declina e non s'impegna. Intanto l'ispezione di vigilanza attesta che il patrimonio ad Arezzo non c'è più e commina un giudizio "sfavorevole" di 6/6, dopo aver preso atto di una situazione che, a microfoni spenti, gli ispettori di Via Nazionale raccontano di non avere mai visto da decenni. La banca viene commissariata, ma neanche questo basta, anzi le cose peggiorano: nove mesi dopo Etruria è in risoluzione coatta.

Epilogo
Siamo al presente. Mentre le macerie ad Arezzo fumano, il credito nazionale cerca di riprendersi con una terapia di tagli, fusioni e smaltimento dei tanti crediti mal concessi. L'esecutivo traccheggia, in attesa che l'ex presidente del consiglio Matteo Renzi ritrovi la leadership: e il "caso Boschi", per cui il sottosegretario dovrà zittire le accuse di conflitto di interesse e di bugia detta al Parlamento ("Non mi sono mai occupata di Banca Etruria", dicembre 2015) è un test rilevante. Il carisma dei vigilanti ha traballato, così come le poltrone di Ignazio Visco alla Banca d'Italia e di Giuseppe Vegas alla Consob; entrambi in scadenza e solo il primo confermabile, anche se lo stato dei rapporti con chi governa e i cortei di cittadini sotto le finestre di palazzo Koch complicano le previsioni. Il moncone vivo di Banca Etruria, Tirrenica spa, al primo giorno di vita ha annunciato qualche centinaio di esuberi.
 
Banca Etruria, Ghizzoni dice la sua: “E’ un caso politico, lo risolvano loro”

Il banchiere più inseguito di Italia non parla con i giornalisti ma promette che dirà tutto nelle sedi opportune

“Se mi convocheranno parlerò alla commissione d’inchiesta: in Parlamento, non sui giornali, risponderò ovviamente a tutte le domande che mi faranno”. Così in un colloquio con Repubblica Federico Ghizzoni, il banchiere più inseguito d’Italia a causa del ruolo cui l’ha chiamato Ferruccio de Bortoli che nel libro “Poteri forti (o quasi)”, ha scritto che a inizio 2015, quand’era amministratore delegato di Unicredit, avrebbe valutato su diretta richiesta di Maria Elena Boschi l’acquisizione di Banca Etruria, in dissesto e prossima al commissariamento.

“Adesso non parlo – dice Ghizzoni – perché non si può mettere in mano a un privato cittadino la responsabilità della tenuta di un governo. E’ un caso della politica, sarebbe dovere e responsabilità della politica risolverlo”. “Qualsiasi cosa dicessi ora, sarebbe strumentalizzata da una parte politica contro l’altra, e contro di me – si limita a dire ai giornalisti -. Oltre poi al fatto che quando studiavo da banchiere mi hanno insegnato che la riservatezza è una virtù”.

L’orientamento di fondo emerso da giorni non va tuttavia scambiato per reticenza, o disinteresse verso i temi di primo piano: Ghizzoni lo ha chiaro in testa, e non lo nasconde agli intimi: “Anche se sono una persona emotiva, e in questi giorni la pressione mediatica su me e la mia famiglia è notevole, mi sento assolutamente sereno – ha confidato il banchiere che guidò Unicredit dal 2010 a1 2016 -. Se mi convocheranno sono disposto a rispondere a tutte le domande della commissione d’inchiesta parlamentare: ho letto che partirà presto, mi auguro sia vero”.
 
scusate, volevo scrivere il rimborso degli azionisti e obbligazionisti. Questo è il vero problema da risolvere.

si hai ragione, qua ci sono tante parlore scritte, tanta politica e tanto rancore, giustamente,
ma della vecchia PEL sembra non esistere più nulla, nè sembra esserci alcun minimo spiraglio,
parlo da azionista, di rivedere riconosciuto almeno qualche credito
d'imposta sulle minus che sembrano "irrealizzabili" non potendo vendere dei titoli annullati....
nessuno sa nulla o conosce qualche via di fuga?
Mi ero informato sulla "svendita/rottamazione" dei titoli ad un terzo, fuori mercato, ad un prezzo simbolico
in modo da realizzare la minus ma questa via mi sembra irrealizzabile ad oggi.
 
ntrecci & Mortadella
Banca Etruria, i prodiani contro la fusione con Bper

15 Maggio 2017



Nell'intricata vicenda di Banca Etruria che sta (nuovamente) travolgendo Maria Elena Boschi dopo la pubblicazione del libro di Ferruccio de Bortoli, spunta pure la "manina" di Romano Prodi. Una nuova "bombetta", lanciata da La Stampa, che rivela come furono due consiglieri della Popolare dell'Emilia Romagna, molto vicini al Mortadella, ad opporsi alla vociferata fusione tra Bper ed Etruria. Scenari ed indiscrezioni sulle quali è chiamata ad indagare la commissione d'inchiesta sul sistema bancario.

Dunque, i fatti. A riferire l'episodio al quotidiano torinese è un testimone diretto della vicenda. Il nastro va riavvolto fino alla fine del 2014, quando Ettore Caselli, allora presidente di Bper, era a capo del fronte favorevole alla fusione con Etruria. Ma una parte del consiglio, al contrario, era assai scettica: tra loro soprattutto due consiglieri, Angelo Tantazzi e Giuseppe Lusignani. Sono loro i due "vicinissimi" a Prodi, due nomi di peso all'interno del consiglio della Popolare dell'Emilia.
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A quel punto, aggiunge la fonte, Caselli avrebbe contattato i suoi interlocutori nel consiglio di Etruria per chiedere di attivare "il Boschi", papà di Maria Elena e allora vicepresidente dell'istituto, per far muovere il governo e trovare una mediazione con i prodiani. La fonte aggiunge che uno dei consiglieri che agì da "messaggero" tra Caselli e Boschi non è in grado di confermare o smentire se la sollecitazione ebbe un qualche effetto, e neppure se lo stesso Pier Luigi Boschi ne avesse effettivamente informato la figlia, allora ministro delle Riforme.

Restano i sospetti, insomma. Così come ci sono delle certezze: qualche settimana dopo, all'inizio del 2015, sarà l'allora sottosegretario Graziano Delrio a chiamare proprio Caselli per chiedere informazioni sull'avanzamento della prospettata fusione. Ma ormai era troppo tardi: è Caselli stesso ad informare Delrio che l'operazione non era più praticabile. Da lì a poco tempo, l'Etruria sarà commissariata dal ministero dell'Economia su proposta di Bankitalia
 
Notizie false e infondate sul ruolo di Bankitalia nella vicenda di Banca Etruria"
Visco difende l'operato di palazzo Koch al G-7 Finanze di Bari
13/05/2017 14:39 CEST | Aggiornato 13/05/2017 14:42 CEST

Huffington Post

STRINGER Italy / Reuters

"L'unica cosa che posso dire è che tutto ciò che leggo sui giornali e che riguarda la Banca d'Italia o è falso o è privo di fondamento e questo è un peccato per la stampa italiana". Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, non usa mezze parole per difendere palazzo Koch dal ruolo ricoperto nella vicenda di Banca Etruria, di nuovo alla ribalta delle cronache dopo le rivelazioni di Ferruccio de Bortoli nel suo ultimo libro "Poteri forti (o quasi)", in cui l'ex direttore del Corriere della Sera riferisce che nel 2015, l'allora ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, chiese a UniCredit di comprare la banca aretina, di cui suo padre era vicepresidente.

Visco parla con i giornalisti a margine della conferenza della presidenza italiana del G-7 delle Finanze a Bari e le sue parole delineano una linea di difesa decisa e senza tentennamenti. Non fa riferimento a episodi specifici, ma la domanda dei giornalisti è legata al ruolo che via Nazionale ha avuto nel delicato processo che ha interessato Banca Etruria prima del decreto "salva-banche" con cui il governo è intervenuto per affrontare la crisi dell'istituto aretino e di altre tre istituti (Banca Marche, CariChieti e Cariferrara).

La Banca d'Italia ha agito tempestivamente? Quale su fu il suo ruolo nella fase in cui il dossier Etruria finì in mano a diverse banche italiane, tra cui la Popolare di Vicenza, che valutarono un possibile acquisto? La linea di Bankitalia è sempre stata improntata sulla difesa dell'operato svolto e anche stavolta Visco prende la massima distanza dalle ricostruzioni giornalistiche che gettano ombre sull'operato di palazzo Koch.
 
Francesco Passarelli
Ridicolo! l'attività di controllo si valuta dai risultati. Il controllo lo esercita Bankitalia e i risultati sono le numerose banche che sono andate in dissesto, i fallimetari piani di recupero (ci si chiede di che?). Questi sono fatti, per cui non c'è accusa e non ci può essere alcuna difesa, bisognerebbe trarre le conseguenze ma nell'Italia degli ultimi 30 anni peggio sono e più restano inchiodati alle poltrone, senza alcun senso delle istituzioni e del rispetto per il cittadino-contribuente. Resta inutile anche suscitare la vergogna (questa sconosciuta).
Mi piace · Rispondi · 13 maggio 2017 9:25
 
Banca Etruria: Di Maio, Boschi si deve dimettere

(AGI) - Genova 14 mag - Sulla vicenda banca Etruria "il ministro Boschi ha mentito agli italiani, il ministro Delrio era uno di quelli che si era interessato a questa banca e non l'aveva detto. Quando li abbiamo portati in aula a dicembre 2015 hanno mentito tutti quanti agli italiani, eppure tutti avevano provato a salvare questa banca perche' era la banca del padre della Boschi. Tutti quanti insieme si devono presentare davanti all'Aula, noi abbiamo chiesto a Gentiloni di venire a riferire in Parlamento, e Boschi si deve dimettere". Lo afferma a margine di un'iniziativa elettorale a Genova, il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. "Che valore ha la parola di un ministro che prende la fiducia, dicendo 'io non mi sono mai occupata della banca di mio padre', invece fa una riunione a casa sua appena insediatasi prova a salvarla in tutti i modi, fa un decreto "banche popolari" e poi chiede ad Unicredit di salvarla? E oggi Ghizzoni (ex ad Unicredit, ndr), indirettamente sul Corriere della Sera, ci conferma - prosegue Di Maio - che lui e la Boschi avevo parlato di questo tema dicendo che e' normale che tra banchieri e politici ci si parli. Non e' normale - sottolinea il vicepresidente della Camera - che ci si parli per salvare la banca del padre. E' normale che ci si parli per aiutare i risparmiatori. o per aiutare le pmi italiane". (AGI)
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Banca Etruria: Di Maio, Boschi si deve dimettere

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(AGI) - Genova 14 mag - Sulla vicenda banca Etruria "il ministro Boschi ha mentito agli italiani, il ministro Delrio era uno di quelli che si era interessato a questa banca e non l'aveva detto. Quando li abbiamo portati in aula a dicembre 2015 hanno mentito tutti quanti agli italiani, eppure tutti avevano provato a salvare questa banca perche' era la banca del padre della Boschi. Tutti quanti insieme si devono presentare davanti all'Aula, noi abbiamo chiesto a Gentiloni di venire a riferire in Parlamento, e Boschi si deve dimettere". Lo afferma a margine di un'iniziativa elettorale a Genova, il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. "Che valore ha la parola di un ministro che prende la fiducia, dicendo 'io non mi sono mai occupata della banca di mio padre', invece fa una riunione a casa sua appena insediatasi prova a salvarla in tutti i modi, fa un decreto "banche popolari" e poi chiede ad Unicredit di salvarla? E oggi Ghizzoni (ex ad Unicredit, ndr), indirettamente sul Corriere della Sera, ci conferma - prosegue Di Maio - che lui e la Boschi avevo parlato di questo tema dicendo che e' normale che tra banchieri e politici ci si parli. Non e' normale - sottolinea il vicepresidente della Camera - che ci si parli per salvare la banca del padre. E' normale che ci si parli per aiutare i risparmiatori. o per aiutare le pmi italiane". (AGI)
 
"Che valore ha la parola di un ministro che prende la fiducia, dicendo 'io non mi sono mai occupata della banca di mio padre', invece fa una riunione a casa sua appena insediatasi prova a salvarla in tutti i modi, fa un decreto "banche popolari" e poi chiede ad Unicredit di salvarla?
 
Non e' normale - sottolinea il vicepresidente della Camera - che ci si parli per salvare la banca del padre. E' normale che ci si parli per aiutare i risparmiatori. o per aiutare le pmi italiane". (AGI)
 
[Esplora il significato del termine: Corriere della Sera roma / cronaca lO SCENARIO Banca Etruria, Boschi agli amici: «Mi sento sola e isolata, ma non mi dimetto: non sono colpevole» L’indagine sulle banche voluta dal leader pd potrebbe trasformarsi in un palcoscenico dove Renzi potrebbe essere rimesso sul banco degli imputati. Boschi: mi sento sola di Francesco Verderami shadow 3 1296 2 Se davvero Renzi cerca l’incidente per andare al voto anticipato, il caso Boschi non è quello più indicato. E se cercava la rivincita con la commissione d’inchiesta sulle banche, le coincidenze finiscono per renderlo vittima della nemesi. È chiaro il motivo che aveva spinto Renzi, dopo il crac Etruria, a voler fare chiarezza sugli istituti di credito italiani. L’allora presidente del Consiglio riteneva (e ritiene ancora) di avere valide ragioni, «visto che su di me e sul mio governo sono stati scaricati problemi nati molti anni prima, sul finire dello scorso decennio, quando le banche andarono fuori dai parametri senza che le autorità intervenissero». Perciò aveva insistito sulla commissione d’inchiesta, anche dopo l’addio a Palazzo Chigi, resistendo ai suggerimenti di un pezzo del suo partito e persino del Quirinale, che lo invitavano alla prudenza. Non poteva immaginare quanto stava per accadere quel giorno di inizio mese, quando venne informato che la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio aveva calendarizzato il voto in Aula sulla commissione per il 24 maggio. E siccome c’era fretta per insediarla, nessuno aveva presentato delle modifiche al testo varato dal Senato. Così fra due settimane la Camera darà via libera al progetto renziano, offrendo agli avversari del leader democrat un palcoscenico di cui si serviranno per rimetterlo politicamente sul banco degli imputati. È l’eterogenesi dei fini, è il passato che ritorna e intralcia il suo disegno di riscatto, costruito sulla pietra d’angolo delle primarie. Nell’immaginario collettivo le banche sono destinate a rappresentare il tallone d’achille di Renzi, come per Berlusconi lo erano le televisioni. Anche perché la sua immagine si sovrappone all’immagine della Boschi, di nuovo sotto i riflettori per la storia della banca e di suo padre. Ieri la sottosegretaria si è presentata in Consiglio dei ministri ostentando sicurezza, dilungandosi sui decreti legislativi da vagliare. Ma quella maschera celava la disperazione di chi ha confidato agli amici più intimi di sentirsi «sola e isolata», «spinta ancora in questa storia per ragioni che mi sfuggono», epperò decisa a non cedere siccome «le dimissioni sarebbero un’ammissione di colpevolezza. E io non sono colpevole». Anche Renzi è contrario a un suo passo indietro, non tanto per evitare ripercussioni sull’attuale governo quanto per scongiurare un effetto negativo sul giudizio dei suoi mille giorni a palazzo Chigi. Ma l’interessamento a Banca Etruria di Delrio — a quei tempi sottosegretario alla Presidenza — alimenta i sospetti, che pure l’ex vice ministro Zanetti considera «frutto di una visione distorta della politica»: «È normale per un parlamentare occuparsi dei problemi del territorio. Se c’è una banca in difficoltà, non è sbagliato interessarsene, se non si fanno pressioni. Il punto è che la Boschi ha detto in Parlamento di non essersene occupata. Solo Ghizzoni potrebbe dire la parola definitiva». Ma non lo fa. E il silenzio dell’ex ad di Unicredit fa alzare la voce agli avversari di Renzi. Così l’idea di far passare la nottata non regge con l’approssimarsi del voto sulla commissione d’inchiesta. Il Pd è pronto a chiederne la presidenza, il forzista Brunetta è pronto a chiedere «l’audizione del governatore Visco, perché è chiaro che si partirà dai casi più recenti». Chissà se al leader democrat sono tornati in mente certi suggerimenti, anche del Colle: i timori che la commissione potesse diventare un predellino per la campagna elettorale, il rischio che il suo uso strumentale finisse per minare la politica in un quadro peraltro di fragilità del sistema creditizio italiano. Una sorta di Armageddon, insomma, una roba da crisi di sistema. «Un suicidio involontario», dice il centrista Cicchitto, che scorge in queste pulsioni certe similitudini con la fine della Prima Repubblica, nel tentativo di restituire l’onore al proprio partito e a se stessi: «Magari andremo a rompere le scatole pure a chi da Francoforte sta salvando l’Italia...». E ci sarà un motivo se Berlusconi — nonostante abbia dei conti da regolare con la storia — pare preoccupato a tenere quel vaso di Pandora quantomeno socchiuso. © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 maggio 2017 | 23:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA]

Corriere della Sera
roma / cronaca

lO SCENARIO
Banca Etruria, Boschi agli amici: «Mi sento sola e isolata, ma non mi dimetto: non sono colpevole»
L’indagine sulle banche voluta dal leader pd potrebbe trasformarsi in un palcoscenico dove Renzi potrebbe essere rimesso sul banco degli imputati. Boschi: mi sento sola
di Francesco Verderami
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Se davvero Renzi cerca l’incidente per andare al voto anticipato, il caso Boschi non è quello più indicato. E se cercava la rivincita con la commissione d’inchiesta sulle banche, le coincidenze finiscono per renderlo vittima della nemesi. È chiaro il motivo che aveva spinto Renzi, dopo il crac Etruria, a voler fare chiarezza sugli istituti di credito italiani. L’allora presidente del Consiglio riteneva (e ritiene ancora) di avere valide ragioni, «visto che su di me e sul mio governo sono stati scaricati problemi nati molti anni prima, sul finire dello scorso decennio, quando le banche andarono fuori dai parametri senza che le autorità intervenissero». Perciò aveva insistito sulla commissione d’inchiesta, anche dopo l’addio a Palazzo Chigi, resistendo ai suggerimenti di un pezzo del suo partito e persino del Quirinale, che lo invitavano alla prudenza.

Non poteva immaginare quanto stava per accadere quel giorno di inizio mese, quando venne informato che la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio aveva calendarizzato il voto in Aula sulla commissione per il 24 maggio. E siccome c’era fretta per insediarla, nessuno aveva presentato delle modifiche al testo varato dal Senato. Così fra due settimane la Camera darà via libera al progetto renziano, offrendo agli avversari del leader democrat un palcoscenico di cui si serviranno per rimetterlo politicamente sul banco degli imputati. È l’eterogenesi dei fini, è il passato che ritorna e intralcia il suo disegno di riscatto, costruito sulla pietra d’angolo delle primarie.

Nell’immaginario collettivo le banche sono destinate a rappresentare il tallone d’achille di Renzi, come per Berlusconi lo erano le televisioni. Anche perché la sua immagine si sovrappone all’immagine della Boschi, di nuovo sotto i riflettori per la storia della banca e di suo padre. Ieri la sottosegretaria si è presentata in Consiglio dei ministri ostentando sicurezza, dilungandosi sui decreti legislativi da vagliare. Ma quella maschera celava la disperazione di chi ha confidato agli amici più intimi di sentirsi «sola e isolata», «spinta ancora in questa storia per ragioni che mi sfuggono», epperò decisa a non cedere siccome «le dimissioni sarebbero un’ammissione di colpevolezza. E io non sono colpevole».

Anche Renzi è contrario a un suo passo indietro, non tanto per evitare ripercussioni sull’attuale governo quanto per scongiurare un effetto negativo sul giudizio dei suoi mille giorni a palazzo Chigi. Ma l’interessamento a Banca Etruria di Delrio — a quei tempi sottosegretario alla Presidenza — alimenta i sospetti, che pure l’ex vice ministro Zanetti considera «frutto di una visione distorta della politica»: «È normale per un parlamentare occuparsi dei problemi del territorio. Se c’è una banca in difficoltà, non è sbagliato interessarsene, se non si fanno pressioni. Il punto è che la Boschi ha detto in Parlamento di non essersene occupata. Solo Ghizzoni potrebbe dire la parola definitiva».

Ma non lo fa. E il silenzio dell’ex ad di Unicredit fa alzare la voce agli avversari di Renzi. Così l’idea di far passare la nottata non regge con l’approssimarsi del voto sulla commissione d’inchiesta. Il Pd è pronto a chiederne la presidenza, il forzista Brunetta è pronto a chiedere «l’audizione del governatore Visco, perché è chiaro che si partirà dai casi più recenti». Chissà se al leader democrat sono tornati in mente certi suggerimenti, anche del Colle: i timori che la commissione potesse diventare un predellino per la campagna elettorale, il rischio che il suo uso strumentale finisse per minare la politica in un quadro peraltro di fragilità del sistema creditizio italiano.

Una sorta di Armageddon, insomma, una roba da crisi di sistema. «Un suicidio involontario», dice il centrista Cicchitto, che scorge in queste pulsioni certe similitudini con la fine della Prima Repubblica, nel tentativo di restituire l’onore al proprio partito e a se stessi: «Magari andremo a rompere le scatole pure a chi da Francoforte sta salvando l’Italia...». E ci sarà un motivo se Berlusconi — nonostante abbia dei conti da regolare con la storia — pare preoccupato a tenere quel vaso di Pandora quantomeno socchiuso.
 
SPERO che tutto questo clamore apra gli occhi a tutti coloro che sono convinti a sostenere il piddi alle prossime elezioni,

Magra consolazione, ma meglio che ritrovarseli alla " greppia "
A mangiare.
 
Banca Etruria, Ghizzoni: “Parlerò in commissione d’inchiesta”. Ma per Boccia la sua audizione “non è una priorità”

L'ex ad di Unicredit continua a non smentire la ricostruzione secondo cui l'allora ministro Maria Elena Boschi gli chiede di comprare l'istituto in dissesto di cui il padre era vicepresidente. Per Renzi la soluzione è far finalmente partire il nuovo organo parlamentare. Ma il presidente della commissione Bilancio anticipa che "per ristabilire la verità servono due anni almeno": la palla passerà dunque al prossimo Parlamento
di F. Q. | 15 maggio

Più informazioni su: Banca Etruria, Federico Ghizzoni, Francesco Boccia, Matteo Renzi, Unicredit

Da un lato Federico Ghizzoni che si dice “disposto a rispondere a tutte le domande della commissione parlamentare d’inchiesta” sulle banche. Dall’altro Francesco Boccia che anticipa come la convocazione dell’ex amministratore delegato di Unicredit, ammesso che la commissione venga istituita, non sia “una priorità“. In mezzo Matteo Renzi secondo cui la proposta del Pd per rispondere alle nuove “polemiche sulle banche e segnatamente su Banca Etruria, in particolar modo per il ministro Boschi“, è appunto “che si faccia partire la commissione di inchiesta”. La settimana dopo la rivelazione del libro di Ferruccio de Bortoli, secondo cui l’allora ministra Maria Elena Boschi chiese a Ghizzoni di salvare l’istituto aretino, si apre con un corto circuito intorno all’annosa questione della commissione di inchiesta sul sistema bancario.

Ghizzoni, che continua a non smentire la ricostruzione dell’ex direttore del Corriere, fa sapere che in caso di convocazione in Parlamento farà chiarezza su tutto. La sede perfetta sarebbe appunto la commissione di inchiesta, che ha poteri analoghi a quelli della magistratura. E il 22 maggio, la prossima settimana, Montecitorio dovrà dare il via libera finale al ddl che la istituisce. Proprio oggi però il presidente della commissione Bilancio della Camera Boccia – che è stato coordinatore nazionale della mozione di Michele Emiliano, opposta a quella di Renzi nella corsa per la segreteria Pd poi vinta dall’ex premier – in un’intervista a Repubblica spiega che il caso Etruria non sarà in cima all’agenda del nuovo organismo.

Che del resto, stando al ddl, dovrà iniziare la propria analisi addirittura dalla crisi dei mutui subprime. Infatti, sostiene Boccia, “abbiamo il dovere di credere” alla Boschi che “è venuta in Parlamento e ha garantito la sua estraneità”. Questo nonostante ci siano le prove del fatto che la sottosegretaria del caso Etruria si è occupata eccome, cercando di accasare la banca di cui il padre era vicepresidente con Veneto Banca e poi con Unicredit. Di conseguenza la lunga lista di audizioni, che comprenderà anche i vertici di Bankitalia e Consob, conterrà anche Ghizzoni ma certo non tra i primi. E in ogni caso quella dei 40 parlamentari che verranno nominati membri della commissione sarà una corsa contro il tempo. “Solo se la legislatura va a scadenza naturale“, spiega Boccia, “i componenti potranno definirne il perimetro di gioco” e “individuare le aree di responsabilità da lasciare in eredità al prossimo Parlamento, che ripartirà da zero”. Se invece ci saranno elezioni anticipate, “allora si fermeranno alla nomina del presidente”. Per finire il lavoro servono “due anni almeno, se non un’intera legislatura”.

I senatori di Idea Andrea Augello, Luigi Compagna, Carlo Giovanardi e Gaetano Quagliariello, per velocizzare i tempi, annunciano la richiesta di un’audizione urgente di Ghizzoni e Marina Natale, la ex manager Unicredit a cui affidò la valutazione del dossier Etruria, nella commissione Finanze del Senato. “Non vi è alcuna necessità – spiegano – di attendere l’istituzione della commissione d’inchiesta sulle banche, anche perché alla luce delle ultime vicende c’è motivo di sospettare che essa non vedrà mai la luce”. “Peraltro – proseguono – il tema sollevato dal libro del dottor Ferruccio de Bortoli sul piano istituzionale ha a che fare con la correttezza e la trasparenza dei comportamenti e non con il diritto penale, dunque non c’è necessità dei poteri attribuiti alle commissioni di inchiesta per procedere nella sede opportuna all’audizione di chi senza dubbio può contribuire a fare chiarezza”.
 
Il nome Banca Etruria è diventato sinonimo di impresentabile spazzatura

Una serie di fatti, il primo dei quali è che chi a vario titolo ne ha avuto la guida ha pensato che le buone regole fossero fatte per i ******** e non per le persone di potere un sacco toghe come loro, hanno portato prima al fallimento e poi al cambio di nome per Banca […]
Gianni Brunacci
Gianni Brunacci
Invia per email | Stampa | 15 maggio 2017 9:09 | Pubblicato in Rubriche, Interventi d'autore, Punto G.




Una serie di fatti, il primo dei quali è che chi a vario titolo ne ha avuto la guida ha pensato che le buone regole fossero fatte per i ******** e non per le persone di potere un sacco toghe come loro, hanno portato prima al fallimento e poi al cambio di nome per Banca Etruria. Intendiamoci, su queste colonne virtuali lo avevamo scritto da tempo che quella del cambio di marchio sarebbe stata una delle prime mosse, ma l’attuale proprietà ha addirittura pensato che non si potevano aspettare nemmeno sette mesi (quelli utili al passaggio definitivo) per cambiarlo definitivamente. Ha considerato quel logo spazzatura talmente puzzolente da non poterla tenere in casa nemmeno un’ora.

Ecco a cosa è ridotto il nome che ad Arezzo ha goduto del maggior rispetto nell’ultimo secolo.
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Una razzumaglia di ignoranti avidi di soldi e potere ha contribuito (insieme al venerabile un tempo venerato), a fare dell’Etruria, e in definitiva di Arezzo, una terra considerata del malaffare, dell’intrallazzo.

E gli aretini sopra i cinquant’anni abbassano le orecchie, perché in gran parte sanno di aver più o meno contribuito, con il loro comportamento, alla disfatta di una banca e di una città.

Arezzo a suo modo è diventato l’involontario esempio di come l’idolatria del solo dio denaro porti alla perdizione, alla tragedia. L’esempio di come l’ignoranza possa fare danni inimmaginabili.

C’è chi si lamenta del nome provvisorio, Banca Tirrena, dato da UBI a quella spazzatura da riciclare. Il collega Sergio Rossi, su La Nazione, scrive di un nome fuori contesto rispetto a una città di certo poco legata al mare; ma è chiaro che si voleva evitare qualsiasi richiamo al territorio, oltre che al nome precedente dell’istituto. Anche Arezzo, infatti, è diventato un brand spazzatura, almeno in certi ambiti.

Un allenatore di calcio bergamaco, passato da Arezzo in altri tempi, ripeteva spesso due parole che aveva imparato in una piazza del sud: “Chisti simu…”

E ora c’è da rifarsi da zero, speriamo con la forza dei venti/trentenni di oggi, che non sono più gli spompati figli di papà che li hanno preceduti.

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Roberto Speranza @robersperanza

Su #BancaEtruria ancora nessuna chiarezza. Per ora solo attacchi personali a De Bortoli. Così unica strada sono le dimissioni della Boschi.
6:46 PM - 14 May 2017
 
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