TRUFFA ETRURIA...!!!...CAP 5...Sperando sia conclusivo

Crac Banca Etruria,

una condanna a sei anni: assolti altri 23 imputati Tweet Banca Etruria, liquidazione Dg: il giudice archivia l'accusa di bancarotta a Pierluigi Boschi Crac Banca Etruria: 4 condanne a 10 mesi di carcere e 9 assoluzioni Banca Etruria, ribaltata sentenza di primo grado: ex vertici condannati per ostacolo alla vigilanza 01 ottobre 2021 Una condanna a sei anni, assolti gli altri 23 imputati del processo per il crac di Banca Etruria. Questa la sentenza emessa stamani dal tribunale di Arezzo. La condanna è stata inflitta al finanziere Alberto Rigotti, ex consigliere della banca. Tra gli assolti l'ex presidente dell'ultimo cda della banca Lorenzo Rosi. Nel gennaio del 2019 erano già stati condannati con rito abbreviato altri quattro imputati tra cui l'ex presidente Giuseppe Fornasari e l'ex direttore generale Luca Bronchi. I pm Lulia Maggiore e Angela Masiello, per il crac della banca aretina, avevano chiesto condanne da 1 anno a 6 anni e mezzo per i 24 imputati, uno dei quali deceduto la scorsa estate, accusati di bancarotta semplice o fraudolenta a seconda delle rispettive posizioni processuali.
 
Banca Etruria, 22 assoluzioni e una sola condanna
All’ex consigliere di amministrazione Alberto Rigotti è stata inflitta una pena di 6 anni di reclusione per il reato di bancarotta
1 ottobre 2021


Si è concluso con 22 assoluzioni (perchè il fatto non sussiste) su 23 imputati il maxi processo per il crac di Banca Etruria. È questa la sentenza emessa questa mattina dal Tribunale di Arezzo relativamente al filone principale di indagine sul dissesto dell’istituto di credito aretino. Il verdetto è stato pronunciato dal presidente del collegio, Gianni Fruganti. Unico condannato il finanziere trentino Alberto Rigotti, ex consigliere di amministrazione, a cui è stata inflitta una pena di 6 anni di reclusione per il reato di bancarotta.

La Procura di Arezzo aveva chiesto la condanna per tutti e 24 gli imputati (uno nel frattempo è deceduto nella scorsa estate), tra ex componenti dei consigli di amministrazione e dirigenti dell’istituto di credito, accusati, a vario titolo, dei reati banca rotta fraudolenta e banca rotta semplice. Nel corso della requisitoria i sostituti procuratori Julia Maggiore e Angela Masiello avevano chiesto pene che in totale assommavano a 64 anni di reclusione. Le pene richieste andavano da un massimo di 6 anni e 6 mesi (per Rigotti) ad un minimo di un anno. Le parti civili hanno già annunciato che presenteranno ricorso contro la sentenza di assoluzione.

l’ex presidente dell’ultimo cda della banca Lorenzo Rosi. Nel gennaio del 2019 erano già stati condannati con rito abbreviato altri quattro imputati tra cui l’ex presidente Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi.

Tra gli indagati dirigenti e consiglieri dell’istituto di credito aretino. Nel gennaio 2019 il gup, sempre per il crac della banca, aveva condannato con rito abbreviato, a 5 anni l’ex presidente Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi, a due anni e 6 mesi l’ex vicepresidente Alfredo Berni e un anno e 6 mesi l’ex consigliere Rossano Soldini.
 
CRONACA
Crac Banca Etruria: raffica di assoluzioni, Rigotti unico condannato
Erano oltre 20 gli imputati accusati di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice: secondo la Procura avevano dissipato il patrimonio. Il tribunale invece li ha prosciolti con varie formule. Tra loro Lorenzo Rosi, Natalino Guerrini, Giovanni Inghirami


La sede storica di Banca Etruria (foto d'archivio)

Giornalista
01 ottobre 2021 07:00
E'il giorno del verdetto per il maxi processo per il crac di Banca Etruria. Il procedimento, che ha preso il via nel settembre 2019, volge oggi al termine con la sentenza per gli oltre 20 imputati (uno è deceduto durante l'estate) che sarà pronunciata dal collegio presieduto dal giudice Giovanni Fruganti e composto dai giudici Ada Grignani e Claudio Lara.


Il collegio si è espresso: un solo condannato, Alberto Rigotti. La pena comminata è di 6 anni. Assolti con varie formule, visti i numerosi capi di imputazione, tutti gli altri imputati. Tra loro Lorenzo Rosi, Natalino Guerrini, Giovanni Inghirami.

Il processo

In questi due anni si sono succedute decine di udienze, sono state ascoltate decine di testimoni e sviscerate le vicende finanziare che hanno portato al tracollo dell'istituto di credito aretino. Un profondo rosso (200 milioni usciti da Banca Etruria e mai più rientrati) dal quale sarebbe stato impossibile risalire, anche se su questo molti dubbi sono stati sollevati in aula dai legali difensori che hanno riportato l'attenzione sulla opportunità di intervento del Fondo interbancario, paventata ma mai concretizzata. La parabola di Banca Etruria ha avuto così il suo epilogo con la liquidazione coatta amministrativa del fatidico 22 novembre del 2015, alla quale seguì, l'insolvenza dichiarata nel febbraio del 2016.

Durante il processo sono state ripercorse le varie tappe che hanno portato al crack: dallo yacht di lusso che non ha mai visto il mare, alla pratica Isoldi, fino al maxi affido per Villa San Carlo Borromeo, quello per l'outlet di Pescara o a quelle che il grande accusatore, ovvero il liquidatore Giuseppe Santoni, aveva definito "concessioni a società non ancora costituite". Operazioni rischiose e costose: almeno 200 milioni di euro, secondo la procura, che avrebbero prosciugato le casse dell'istituto di credito aretino. E fu lo stesso Santoni a parlare di una "Banca usata come bancomat".

Durante l'udienza preliminare sono stati già condannati con rito abbreviato l'ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari e l'ex direttore generale Luca Bronchi, per bancarotta fraudolenta, a 5 anni di reclusione, l'ex vice presidente Alfredo Berni a due anni per bancarotta fraudolenta e l'ex membro del cda Rossano Soldini a un anno per bancarotta semplice.

Lo scorso maggio le pm Julia Maggiore e Angela Masiello hanno avanzato pesanti richieste di condanna: si va da 6 anni e 6 mesi a un anno. Nel dettaglio, per Rigotti la pena rischiesta è stata 6 anni e 6 mesi, Guerrini 5 anni e 4 mesi, Baiocchi di Silvestri 5 anni e 4 mesi, Inghirami 4 anni e 9 mesi, Federici 4 anni, Rosi 3 anni e 9 mesi, Badiali 3 anni e 4 mesi, Lo Presti 3 anni e 4 mesi, Burzi 3 anni e 3 mesi, Arrigucci 3 anni e 2 mesi, Fumi 3 anni, Cerini e Crenca 2 anni e 4 mesi, Platania 2 anni e 2 mesi, Tezzon, Polci e Bonaiti un anno e 6 mesi, Neri e Bonolli 1 anno e 4 mesi, Bartolomei Corsi 1 anno e 2 mesi, Del Tongo e Borgheresi 1 anno. Un imputato, Enrico Fazzini, ex presidente dell'Ordine dei Commercialisti di Firenze è deceduto questa estate.


Al procedimento sono state ammesse oltre 2.000 parti civili ammesse. Tra loro c'è anche Lidia Di Marcantonio, vedova di Luigino D'Angelo, il risparmiatore di Civitavecchia che si tolse la vita il 28 novembre 2015 dopo aver affidato 110 mila euro in obbligazioni alla filiale locale della Bpel, e il Comune di Arezzo.
 
Scusate ma qualcuno è a conoscenza di qualche azionista B.E rimborsato con reddito oltre il limite o con beni oltre i 100k?
 
Scusate ma qualcuno è a conoscenza di qualche azionista B.E rimborsato con reddito oltre il limite o con beni oltre i 100k?

Prima devono finire il I binario. Poi cominceramnno a esaminare il II. Forse dicembre o addirittura gennaio ?

Si erano spinti a dire che a ottobre finivano il primo. Vedremo.
 
Un vero scandalo non solo nel fallimento, ma anche nella sentenza. la Procura deve necessariamente ricorrere in appello.

Assoluzioni Banca Etruria, l'amarezza dei risparmiatori: "Sentenza prevedibile, pronti all'appello"
La vedova D'Angelo: "I soldi non mi ridaranno mio marito, andrò fino in fondo: è una questione morale"

Nadia Frulli
01 ottobre 2021 17:00

C'è amarezza nelle parole dei risparmiatori. Disillusi, ma comunque combattivi, gli obbigazionisti vittime del default di Banca Etruria non demordono. La sentenza pronunciata questa mattina presso il tribunale di Arezzo, che vede una raffica di assoluzioni per gli imputati nel procedimento per il crac della Banca, era attesa e molto probabilmente verrà impugnata con un ricorso.

"Attendiamo le motivazioni - ha spiegato l'avvocato Lorenza Calvanese che rappresenta Angelo Caramazza e Mauro Moretti, obbligazionisti che si sono costituiti parte civile - per poi valutare il ricorso in appello. Questa vicenda merita di essere affrontata in tutti i tre gradi di giudizio: il processo non è finito".

Delusione emerge dalle parole di Caramazza, il risparmiatore che ha presenziato a tutte le udienze di tutti i procedimenti legati al dissesto dell'istituto di credito aretino: "L'esito del processo era nell'aria: ho seguito tutti i filoni processuali e avevo maturato grossi dubbi. La sentenza di oggi è stata la conferma. Vedremo adesso se e come la procura deciderà di muoversi, se ricorrerà in appello".

Granze amarezza anche per Lidia Di Marcantonio, vedova di Luigino D'Angelo, il risparmiatore di Civitavecchia che si tolse la vita il 28 novembre 2015 dopo aver affidato 110 mila euro in obbligazioni alla filiale locale della Bpel.

"Sono delusa e amareggiata - ha spiegato tramite il suo legale -, certo in caso di condanna i soldi non mi avrebbero mai ridato mio marito. Adesso leggeremo le motivazioni e vedremo il da farsi". Per la signora Lidia è ormai una questione morale, di principio. E' decisa ad andare fino in fondo, proprio in memoria di Luigino.

Anche la Federconsumatori interviene con una nota commentando la decisione del tribunale di Arezzo.

"E' una sentenza che lascia l'amaro in bocca. Un solo condannato, tutti gli altri assolti. Attenderemo le motivazioni della sentenza. Ma non possiamo non rilevare che i risparmiatori non hanno avuto la giustizia che si attendeva".

Una amarezza profonda, che mostra come tutte le aspettative riposte nel procedimento siano andate deluse: "Ci attendevamo che lo Stato con uno dei suoi poteri fondamentali, quello giudiziario, recepisse le istanze di giustizia dei risparmiatori. Uno stato civile deve dimostrare di avere gli anticorpi contro l' accaduto: quale sensazione potranno ricavare i cittadini di fronte a questa sentenza? Quale fiducia potranno avere nel sistema bancario? Una volta lette le motivazioni della sentenza confidiamo che la Procura ricorra in appello
 
Banca Etruria, consulenze d'oro: Boschi chiede l'esame in aula. Estromessa Intesa: non sarà responsabile civile
Il padre di Maria Elena Boschi potrebbe essere ascoltato e rispondere a domande di pm, giudice e parte civile


Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente di Banca Etruria
Nadia Frulli

06 ottobre 2021 17:00
Ha chiesto di essere sottoposto ad esame di fronte ai giudici. Pier Lugi Boschi, ex vicepresidente di Banca Etruria, padre dell'ex ministro Maria Elena, tramite i propri legali questa mattina avrebbe inoltrato la sua istanza al giudice Ada Grignani durante l'udienza dedicata al filone sulle "consulenze d'oro", nel quale è imputato insieme ad altre 13 persone. Non è ancora stata fissata una data

Intesa San Paolo esce dal processo
Durante l'udienza, che si è tenuta questa mattina presso il tribunale di Arezzo, sono stati ammessi tutti i testi ed è stata estromessa Intesa San Paolo in quanto non ci sarebbe legittimazione passiva. Il giudice Ada Grignani ha accolto dopo una breve camera di consiglio le richieste del legale Andrea Ranghino, e l'istituto di credito esce dal procedimento.


Consulenze per 4 milioni di euro
Le consulenze finite nel mirino dei magistrati sono quelle che furono affidate dall'istituto di credito per valutare, analizzare e poi avviare il processo di fusione con un istituto di elevato standing. Le autorità bancarie, infatti, avevano richiesto di approfondire la possibilità di una fusione con la Banca Popolare di Vicenza - operazione che poi non si concretizzò - e per farlo furono assegnati incarichi definiti dall'accusa "d'oro". Secondo la procura, infatti, per valutare la prospettiva di tale fusione, sarebbero stati spesi circa 4 milioni e mezzo di euro. I compensi sarebbero stati così suddivisi: 1,9 milioni per la consulenza della società Bain & Co, 532mila euro per un incarico di due mesi a Mediobanca - che aveva il ruolo di advisor del processo di aggregazione - poi ci sono gli studi professionali, quello legale che seguiva Gianni Agnelli a Torino, Franzo Grande Stevens, che ricevette 824 mila euro, quello dello studio romano De Gravio e Zoppini per 800 mila, e altre 200mila euro per lo studio Camuzzi, Portale e De Marco. Consulenze che secondo la procura furono non solo inutili ma anche "ripetitive", e che andarono a gravare ulteriormente sulla disastrosa situazione di Banca Etruria.
 
NUOVA UDIENZA SUL FILONE DELLE CONSULENZE D’ORO: 14 IMPUTATI TRA CUI PIERLUIGI BOSCHI
Crac Etruria, il grande accusatore Gatti in aula: le falle fin dal 2013
L’ispettore di Banca d’Italia ha ripercorso davanti al giudice la china che avrebbe portato al commissariamento
di DIEGO D’IPPOLITO

Emanuele Gatti: l’ispettore di Banca d’Italia già altre volte protagonista al processo
di Diego D’Ippolito


E’ stato Emanuele Gatti il protagonista dell’udienza di ieri sulle consulenze d’oro di Banca Etruria: uno dei filoni relativi al crac di quello che fu l’istituto di credito aretino. Fu proprio l’ispettore di Banca d’Italia che nel periodo a cavallo tra il 2012 e il 2013 a mettere sotto la lente i conti della Banca e a individuare le prime falle nell’operato della banca. Ed è proprio ripercorrendo l’esito delle ispezioni che Gatti ha ribadito ieri al giudice Ada Grignani, come per la banca si prospettasse a ridosso del 2014 la necessità di una fusione con un istituto di elevato standing. Tentativo che poi si dimostrò fallimentare. E’ per le consulenze elargite dal cda di Banca Etruria nel periodo di ricerca di un partner che in 14 tra consiglieri di amministrazione e dirigenti sono finiti a processo.

Quattro milioni e mezzo di consulenze sulle quali ha indagato la guardia di finanza. Troppi soldi spesi per non raggiungere alcun risultato. Nelle udienze di novembre sono stati sentiti tra i testimoni proprio gli uomini della guardia di finanza che hanno ripercorso le date e le cifre dei primi incarichi a tre diversi advisor (che non sono oggetto di contestazione), nei primi mesi del 2014, fino ad arrivare a quello assegnato a Mediobanca.

Incarico che, come raccontano, i finanzieri è stato sottoscritto nell’agosto del 2014. Da lì una serie di interventi di Mediobanca per documentare le azioni intraprese per la fusione in rispetto delle richieste di Banca d’Italia. Nel dicembre del 2014 terminano i tentativi senza successo, per Banca Etruria non c’è via d’uscita. Quello che è accaduto nel 2014 è ormai noto. Il 30 maggio 2014 come ha riferito di fronte al giudice il maresciallo La Scala, l’allora presidente Rosi annuncia al cda l’intenzione della popolare di Vicenza di lanciare un’opa su Banca Etruria. Viene presentata una offerta vincolante, ma tutto naufraga e il 17 giugno la Popolare di Vicenza fa prevenire la disdetta. Da quel momento la banca inizierà ad affidare una serie di consulenze, alcune delle quali oggetto del processo aggiornato a venerdì prossimo con l’attesa testimonianza di Giordano Di Veglia, la cui ispezione aprì le porte al commissariamento.
 
Il giudice ha preso un granchio. Non è possibile. Aspettiamo l' appello della Procura.

Banca Etruria, crac e truffa ma niente bancarotta. Le motivazioni della sentenza
(ansa)
Il primo ottobre il tribunale di Arezzo assolse 22 imputati su 23. Ecco il filo conduttore del verdetto
14 DICEMBRE 2021

Ci furono certamente finanziamenti che determinarono gravi perdite per Banca Etruria ma si trattò di operazioni rientranti nel normale rischio di mercato oppure di operazioni in cui la banca fu perfino truffata da chi aveva chiesto il prestito. Questo il filo conduttore delle motivazioni della sentenza con cui il primo ottobre il tribunale di Arezzo assolse 22 imputati dalle accuse di bancarotta fraudolenta e semplice, reati che per i giudici non furono compiuti. Il collegio, presieduto da Gianni Fruganti, condannò solo l'imprenditore Alberto Rigotti, a 6 anni.

La sentenza esamina, punto per punto, i passaggi dell'inchiesta: a partire dall'operazione su Villa San Carlo Borromeo, 21 milioni persi da Banca Etruria, dove, secondo l'analisi del tribunale, la banca fu vittima di una truffa da parte di Armando Verdiglione, che presentò un rating AA e conti della società poi clamorosamente smentiti. Ma questo all'epoca, si legge nella sentenza, gli amministratori finiti poi sotto accusa non potevano saperlo.

Ville, case e terreni, gli imputati assolti di Banca Etruria chiedono che siano dissequestrati
13 Ottobre 2021

Lo stesso per il finanziamento Privilege Yard, sulla costruzione di quello che avrebbe dovuto essere lo yacht più grande del mondo per il quale si parlò dell'interessamento di Brad Pitt e Angelina Jolie. I 25 milioni concessi presero la via dei paradisi fiscali ai Caraibi ma anche in questo caso gli amministratori della banca ne erano ignari.

Crac Banca Etruria, 22 assolti e una sola condanna a sei anni. I risparmiatori: "Bruciati 300 milioni ma per giudici non c'è reato"


Infine, la più grossa delle sofferenze di banca Etruria con 60 milioni in fumo: il prestito alla società cementiera Sacci. Anche in questo caso, secondo il tribunale, tutto ciò era imprevedibile all'epoca in cui fu deliberato il finanziamento.

L'unico degli ex consiglieri stigmatizzato nella sentenza è Rigotti, il solo condannato: "Si è continuato da parte di Rigotti ad asservire la banca ai propri interessi personali, schermandosi dietro altre società e loschi figuri".
 


Mettere il debito a carico delle liquidazioni vuol dire farlo gravare sugli azionisti delle banche venete il cui risparmio è invece tutelato dall’art. 47 della Costituzione.

Quello che hanno fatto si chiama FURTO di stato, o Bancarotta Fraudolenta di stato. Hanno violato una marea di articoli il 42- 45- 47 della costituzione.

Etruria a differenza di banca Marche era quotata. i Commissari hanno fatto delle cose indecenti, e non si capisce come sono finite le indagini. Hanno studiato un fallimento a tavolino, pur avendo delle attività.

IL SISTEMA (tutti d' accordo) hanno congegnato un esproprio senza "INDENNIZZO".
 
Auguri di buon anno a tutti i lettori,

e speriamo che la verità riesca a bucare il muro di gomma del "groviglio armonioso".
 
"La lettera di Banca d'Italia sulla fusione Etruria-Vicenza e la reazione inconsueta di Fornasari"
Va avanti il processo sulle consulenze d'oro di Banca Etruria. Oggi in aula l'ex capo della vigilanza di Banca d'Italia Carmelo Barbagallo


"Il concetto di aggregazione espresso da Banca d'Italia era incompatibile con quello di mantenimento dell'autonomia che invece voleva il cda di Banca Etruria". Carmelo Barbagallo ha chiuso così la sua deposizione in tribunale quest'oggi, durante una delle udienze cardine del processo per le consulenze d'oro nell'istituto di credito aretino. Chiamato dalla parte civile, incalzato dalle domande dell'avvocato Lorenza Calvanese, di fronte al giudice Ada Grignani ed al pm Luigi Niccacci, l'ex capo della vigilanza di Banca d'Italia ha ricostruito le fasi che precedettero la debacle, durante le quali Banca Etruria incaricò alcuni consulenti di svolgere analisi approfondite per valutare la possibile fusione con un altro istituto di credito, ovvero la Banca popolare di Vicenza.

Secondo quanto riportato da Barbagallo però tutte le attività per valutare questa fusione sarebbero state una sorta di paravento, perché in realtà "non ci sarebbe stata la volontà del cda di Banca Etruria di arrivare a una soluzione".

L'indicazione di aggregare l'istituto aretino con un'altra banca sarebbe stata scritta nero su bianco sulla "lettera d'intervento" scritta da Banca d'Italia dopo la valutazione della relazione stilata in seguito all'ispezione dell'istituto. Banca Etruria era uscita dalle verifiche con un giudizio particolarmente negativo e come sempre, in casi come questi, Banca d'Italia aveva tracciato le linee di intervento in una lettera.

"Come da prassi - ha affermato in aula Barbagallo - di fronte al cda ho letto la lettera e ci fu una reazione inaspettata: quella di Fornasari. Disse che non pensava che io dovessi leggere davanti a tutti: avrebbe voluto che consegnassi a lui la lettera e poi sarebbe stato suo compito riferire ai consiglieri".

Babragallo adesso non è più ai vertici di Banca d'Italia: dal novembre del 2019 è presidente dell'Autorità di informazione finanziaria (Aif) del Vaticano. Ha testimoniato anche nel maxi processo per la bancarotta di Banca Etruria e oggi è tornato in aula per questo filone nel quale sono imputate 14 persone. Tra loro anche Pierluigi Boschi.

Oggi sono stati ascoltati anche altri testimoni della parte civile. Dalla prossima udienza inizieranno a parlare gli imputati. Il primo in calendario sarà Luciano Nataloni, ex consigliere dell'istituto di credito aretino.

Le tesi dell'accusa
Il processo sulle consulenze ruota attorno ad una serie di consulenze che furono affidate ad importanti società con costi davvero enormi per un istituto di credito che versava già in drammatiche condizioni.

Secondo la procura (le tesi dell'accusa sono sostenute dalla pm Angela Masiello, oggi sostituita in aula da Niccacci) sarebbero stati spesi circa 4 milioni e mezzo di euro in consulenze definite "inutili" e "ripetitive" per valutare un'ipotesi di fusione con un altro istituto di credito. I compensi sarebbero stati così suddivisi: 1,9 milioni per la consulenza della società Bain & Co, 532mila euro per un incarico di due mesi a Mediobanca - che aveva il ruolo di advisor del processo di aggregazione - poi ci sono gli studi professionali, quello legale che seguiva Gianni Agnelli a Torino, Franzo Grande Stevens, che ricevette 824 mila euro, quello dello studio romano De Gravio e Zoppini per 800 mila, e altre 200mila euro per lo studio Camuzzi, Portale e De Marco.
 
Dopo una lunga attraversata nel deserto febbraio 2015, 18 marzo 2022 arrivato il bonifico questa mattina.:)

Il restante 70 % lo andremo a prendere dai processi e da una eventuale integrazione del FIR.

NON MOLLIAMO DI UN CENTIMETRO, LA GUERRA NON E' FINITA.
 
ancora in attesa dell'anticipo del 30%, ma non si molla !
troppi aspetti poco chiari o forse troppo chiari.....
dobbiamo tenere alta l'attenzione!!
 
Dopo una lunga attraversata nel deserto febbraio 2015, 18 marzo 2022 arrivato il bonifico questa mattina.:)

Il restante 70 % lo andremo a prendere dai processi e da una eventuale integrazione del FIR.

NON MOLLIAMO DI UN CENTIMETRO, LA GUERRA NON E' FINITA.

Fino davanti la Corte costituzionale ...
 
il FIR deve pagare gli ultimi rimasti del 1 e 2 binario, e partire subito con il secondo acconto.

La legge è del 2018 siamo nel 2022, alcuni nel frattempo saranno anche morti.

I soldi che avanzano sono notevoli. SI DIANO UNA MOSSA !!!
 
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