Truffa Etruria..!!!

le opposizioni devono trovare una Breccia dove inserirsi, una potrebbe essere far dimettere la Boschi, oppure convincere V

il problema che si rischia scioglimento camere e i signorini, maggioranza e opposizione, questo non lo vogliono almeno fino a fine anno
 
convincerlo ovviamente, con un tornaconto politico.
 
Era ora, meglio tardi che mai, chissà che non ne arrivino altri di SEQUESTRI CONSERVATIVI


Banca Etruria, arriva la richiesta del sequestro dei beni
Nuova svolta dopo l’iscrizione di Boschi e altri consiglieri nel registro degli indagati. La Procura chiede di confiscare al direttore generale Bronchi la somma di 1,2 milioni


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21/03/2016
gianluca paolucci

Il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, ha chiesto il sequestro della somma percepita dall’ex Dg di Banca Etruria, Luca Bronchi, al momento della sua uscita dall’istituto aretino nel 2014. Dopo l’iscrizione al registro degli indagati per concorso in bancarotta di una serie di componenti dell’ultimo consiglio dell’istituto, tra i quali l’ex vicepresidente Pierluigi Boschi, l’inchiesta conosce una nuova accelerazione.



La richiesta di sequestro, per 1,2 milioni di euro, sarebbe attualmente al vaglio del gip. La somma è quella che il consiglio di Etruria, allora presieduto da Lorenzo Rosi e con Pierluigi Boschi - padre del ministro Maria Elena Boschi - come vicepresidente, deliberò di concedere a Bronchi nella seduta del 30 giugno 2014. In quell’occasione votò a favore della «buonuscita» tutto il cda, con l’eccezione di Giovanni Grazzini (astenuto).



La risoluzione del rapporto con Bronchi, una delle operazioni contestate da Bankitalia ai consiglieri di Banca Etruria, è anche all’esame di procura e Guardia di Finanza nel filone d’indagine relativo alla bancarotta dell’istituto aretino. La Gdf sta svolgendo accertamenti specifici su questa e altre operazioni che possono aver concorso al dissesto dell’istituto, dichiarato insolvente dopo un buco da 1,1 miliardi di euro.



Al vaglio dei finanziari del nucleo tributario di Arezzo e Firenze, che hanno ricevuto la delega dal procuratore capo di Arezzo Roberto Rossi, anche la vicenda delle consulenze pagate dall’istituto. Come quella per la riorganizzazione degli aspetti di «corporate governance, controllo interno, modello organizzativo dgls 231 (quella che si occupa della prevenzione dei reati dentro le aziende, ndr.), operazioni in conflitto d’interesse, privacy e antiriciclaggio» di Banca Etruria. Assegnato a due studi legali diversi nello stesso periodo di tempo. O gli 85.700 euro per una consulenza volta ad esplorare «aspetti di business» in Kazakistan e Kirghizistan pagata alla Daf Service srl. Senza che le prestazioni siano state rendicontate, se non con «lettere di presentazione e relazioni da cui si evince solo visite e incontri effettuati». Una commissione di 1,3 milioni di euro alla Jci Capital per l’aumento di capitale del 2013, finita chissà perché nella «riserva da utili» dell’istituto. Poi una serie di consulenze prima pagate e poi approvate, o pagate per importi superiori a quelli deliberati, non censite nel sistema informatico, non rendicontate correttamente. Un totale di 17 milioni di euro in tre anni, anche questi già finiti nel mirino della vigilanza di Bankitalia.



Altro capitolo degli accertamenti in corso è quello che riguarda le operazioni in conflitto d’interesse compiute da componenti del cda. Alcune di queste - relative a Rosi e all’ex consigliere Luciano Nataloni - sono oggetto di uno specifico procedimento. Ma la «massa» delle operazioni è ben più ampia: 198 posizioni di fido, per 185 milioni di euro complessivi di fidi che hanno rigurdato 13 ex consiglieri e 5 membri del cda. Un numero enorme, anche in considerazione del fatto che di questi affidi oltre 82 milioni sono finiti tra incagli e sofferenze.



Accanto agli sviluppi sulla bancarotta, prosegue il lavoro sugli altri filoni D’indagine. Il primo, relativo all’ostacolo alla vigilanza è già arrivato in aula e vede imputati l’ex presidente Giuseppe Fornasarai, l’ex dg Luca Bronchi e il dirigente Davide Canestri, la prossima udienza è prevista per il 13 aprile. Il secondo filone sulle false fatturazioni è chiuso e in attesa di richieste di giudizio mentre il lavoro è ancora in fase di ulteriori accertamenti per il terzo filone sul conflitto di interesse e il quarto sulla truffa a carico degli ex risparmiatori ascoltati in queste settimane dal pool di magistrati della procura aretina guidati da Roberto Rossi.
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convincerlo ovviamente, con un tornaconto politico.

per ora non si dimette nessuno e Renzi non ne parla come se non gli interessi nulla. Insomma possono pure condannare, condannare ho detto non avvisare, il padre della Boschi, il padre di Renzi e Renzi stesso, ma il suo governo resiste e non cambia di un virgola il programma, quindi o lo fai fuori o non ti devi aspettare nulla sia per gli azionisti che per gli obbligazionisti. Questo se ne frega di tutto e tutti. E' peggio di un dittatore.
 
Era ora, meglio tardi che mai, chissà che non ne arrivino altri di SEQUESTRI CONSERVATIVI


Banca Etruria, arriva la richiesta del sequestro dei beni
Nuova svolta dopo l’iscrizione di Boschi e altri consiglieri nel registro degli indagati. La Procura chiede di confiscare al direttore generale Bronchi la somma di 1,2 milioni


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21/03/2016
gianluca paolucci

Il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, ha chiesto il sequestro della somma percepita dall’ex Dg di Banca Etruria, Luca Bronchi, al momento della sua uscita dall’istituto aretino nel 2014. Dopo l’iscrizione al registro degli indagati per concorso in bancarotta di una serie di componenti dell’ultimo consiglio dell’istituto, tra i quali l’ex vicepresidente Pierluigi Boschi, l’inchiesta conosce una nuova accelerazione.



La richiesta di sequestro, per 1,2 milioni di euro, sarebbe attualmente al vaglio del gip. La somma è quella che il consiglio di Etruria, allora presieduto da Lorenzo Rosi e con Pierluigi Boschi - padre del ministro Maria Elena Boschi - come vicepresidente, deliberò di concedere a Bronchi nella seduta del 30 giugno 2014. In quell’occasione votò a favore della «buonuscita» tutto il cda, con l’eccezione di Giovanni Grazzini (astenuto).



La risoluzione del rapporto con Bronchi, una delle operazioni contestate da Bankitalia ai consiglieri di Banca Etruria, è anche all’esame di procura e Guardia di Finanza nel filone d’indagine relativo alla bancarotta dell’istituto aretino. La Gdf sta svolgendo accertamenti specifici su questa e altre operazioni che possono aver concorso al dissesto dell’istituto, dichiarato insolvente dopo un buco da 1,1 miliardi di euro.



Al vaglio dei finanziari del nucleo tributario di Arezzo e Firenze, che hanno ricevuto la delega dal procuratore capo di Arezzo Roberto Rossi, anche la vicenda delle consulenze pagate dall’istituto. Come quella per la riorganizzazione degli aspetti di «corporate governance, controllo interno, modello organizzativo dgls 231 (quella che si occupa della prevenzione dei reati dentro le aziende, ndr.), operazioni in conflitto d’interesse, privacy e antiriciclaggio» di Banca Etruria. Assegnato a due studi legali diversi nello stesso periodo di tempo. O gli 85.700 euro per una consulenza volta ad esplorare «aspetti di business» in Kazakistan e Kirghizistan pagata alla Daf Service srl. Senza che le prestazioni siano state rendicontate, se non con «lettere di presentazione e relazioni da cui si evince solo visite e incontri effettuati». Una commissione di 1,3 milioni di euro alla Jci Capital per l’aumento di capitale del 2013, finita chissà perché nella «riserva da utili» dell’istituto. Poi una serie di consulenze prima pagate e poi approvate, o pagate per importi superiori a quelli deliberati, non censite nel sistema informatico, non rendicontate correttamente. Un totale di 17 milioni di euro in tre anni, anche questi già finiti nel mirino della vigilanza di Bankitalia.



Altro capitolo degli accertamenti in corso è quello che riguarda le operazioni in conflitto d’interesse compiute da componenti del cda. Alcune di queste - relative a Rosi e all’ex consigliere Luciano Nataloni - sono oggetto di uno specifico procedimento. Ma la «massa» delle operazioni è ben più ampia: 198 posizioni di fido, per 185 milioni di euro complessivi di fidi che hanno rigurdato 13 ex consiglieri e 5 membri del cda. Un numero enorme, anche in considerazione del fatto che di questi affidi oltre 82 milioni sono finiti tra incagli e sofferenze.



Accanto agli sviluppi sulla bancarotta, prosegue il lavoro sugli altri filoni D’indagine. Il primo, relativo all’ostacolo alla vigilanza è già arrivato in aula e vede imputati l’ex presidente Giuseppe Fornasarai, l’ex dg Luca Bronchi e il dirigente Davide Canestri, la prossima udienza è prevista per il 13 aprile. Il secondo filone sulle false fatturazioni è chiuso e in attesa di richieste di giudizio mentre il lavoro è ancora in fase di ulteriori accertamenti per il terzo filone sul conflitto di interesse e il quarto sulla truffa a carico degli ex risparmiatori ascoltati in queste settimane dal pool di magistrati della procura aretina guidati da Roberto Rossi.
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si ok, ma gli vogliono secoli poi per avere ricadute positive
 
Adesso che il PROCURATORE ROSSI è giustamente partito con i sequestri

conservativi, potrebbe in collaborazione con la PROCURA DI VICENZA,

procedere al SEQUESTRO dell' azienda vinicola di Zonin, a TUTELA E

GARANZIA DI TUTTI GLI AZIONISTI CHE HANNO COMPRATO LE AZIONI IN

SEGUITO ALLA SUA FINTA OPA E HANNO SUBITO UN DANNO, E A TUTELA

DI TUTTI GLI AZIONISTI DELLA BANCA POPOLARE DI VICENZA, CHE HANNO

TIRATO FUORI I SOLDI NON PER COMPRARE BANCA ETRURIA COME

DICHIARAVA PUBBLICAMENTE, MA PER ALTRI FINI CHE LA PROCURA DI

VICENZA STA ACCERTANDO.
 
Adesso che il PROCURATORE ROSSI è giustamente partito con i sequestri

conservativi, potrebbe in collaborazione con la PROCURA DI VICENZA,

procedere al SEQUESTRO dell' azienda vinicola di Zonin, a TUTELA E

GARANZIA DI TUTTI GLI AZIONISTI CHE HANNO COMPRATO LE AZIONI IN

SEGUITO ALLA SUA FINTA OPA E HANNO SUBITO UN DANNO, E A TUTELA

DI TUTTI GLI AZIONISTI DELLA BANCA POPOLARE DI VICENZA, CHE HANNO

TIRATO FUORI I SOLDI NON PER COMPRARE BANCA ETRURIA COME

DICHIARAVA PUBBLICAMENTE, MA PER ALTRI FINI CHE LA PROCURA DI

VICENZA STA ACCERTANDO.

chi sono i propietari dell'azienda vinicola di zonin ?
 
chi sono i propietari dell'azienda vinicola di zonin ?

andrebbero fatte delle visure catastali precise per capire chi è il proprietario,

ma credo che per un magistrato che ha voglia un po di scavare, non credo

sia così difficile collegare eventuali Srl, prestanomi, soci fittizzi, soci occulti,

teste di legno alla persona di Zonin. Tieni presente che esiste l' azione

revocatoria, quindi tutti i giochini che può avere fatto come cessioni,

donazioni, fondo patrimoniali ecc, sono tutti revocabili se in pregiudizio dei

creditori o danneggiati.
 
interessante e recente sentenza qualora dovessero aprire il fascicolo per

associazione a delinquere, in pratica diventa più facile sequestrare dopo

questa sentenza che fa giurisprudenza.

SSO
PENALE e PROCESSO
confisca per equivalente | 24 Novembre 2015
Il profitto del reato di associazione per delinquere è sequestrabile in via autonoma

Il delitto di associazione per delinquere può essere considerato in sé idoneo a generare un profitto, che è sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente, in via del tutto autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fine.

(Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 46162/15; depositata il 23 novembre)




Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46162, depositata il 23 novembre 2015.
Il caso. Nei confronti di una società per azioni veniva emesso decreto di sequestro preventivo per equivalente ritenuta configurabile una responsabilità per illecito amministrativo dipendente da reato (art. 416 c.p., artt. 3 e 4 l. n. 146/2006). Davanti alla Suprema Corte si pone, dunque, il tema del rapporto tra reati tributari e responsabilità degli enti ai sensi del d.lgs. n. 231/2001. I Giudici di legittimità, infatti, nella pronuncia in oggetto hanno affrontato la questione dell’ammissibilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di un ente, imputato per associazione per delinquere connotata dalla transnazionalità ed avente come reati scopo dei delitti di natura fiscale. La conclusione dei Giudici è stata per l’accoglimento del ricorso proposto dalla società imputata contro il decreto di sequestro a suo carico, sostenendo che i Giudici di merito avrebbero dovuto motivare in ordine all’esistenza dell’associazione ed in particolare in merito agli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 416 c.p., nonché in ordine alla non ipotizzabilità di un concorso continuato nei reati fiscali.

L’autonomo profitto del reato di associazione per delinquere. Nell’accogliere il ricorso per tali motivi, però, la Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento consolidato in giurisprudenza (Corte Cass. n. 26721/2015) in base al quale «il delitto di associazione per delinquere può essere considerato in sé idoneo a generare un profitto, che è sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente , in via del tutto autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fine, e che è costituito dal complesso dei vantaggi direttamente conseguiti dall’insieme di questi ultimi, siano essi attribuibili ad uno o più associati».

Sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente… A norma dell’art. 5 del d.lgs. n. 231/2001, sostiene la Corte, l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio ed ai sensi dell’art. 19, nei confronti dell’ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca. Trai i reati per i quali è configurabile l’illecito amministrativo dell’ente, è compreso l’art. 416 c.p.. Quanto al reato associativo transnazionale contestato, per il quale è prevista la responsabilità amministrativa dell’ente, l’art. 11 stabilisce che, qualora la confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non sia possibile, il giudice ordina la confisca per equivalente.

…per la responsabilità amministrativa dell’ente. Correttamente, pertanto, conclude la Corte, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente è stato applicato in relazione al reato di cui agli artt. 416 c.p., 3 e 4 l. n. 146/2006 ed altrettanto correttamente il Tribunale ha ritenuto che il profitto conseguito andasse individuato in quello derivante dai reati di frode fiscale rientranti nel programma associativo dell’organizzazione criminale transnazionale.

In base ai principi richiamati, quindi, non è condivisibile la tesi sostenuta dalla ricorrente secondo la quale non sarebbe ammessa la possibilità di imputare direttamente al reato associativo il profitto dei reati-fine. Come si è detto, infatti, la giurisprudenza di legittimità, ha avuto modo di affermare che «il profitto dei reati fine ben può essere direttamente considerato come profitto del reato associativo».
 
si sono proprio dovuti IMPEGNARE PER SFASCIARE UNA BANCA.

anche impegnandosi duramente è veramente difficile riuscirci, loro ci sono

riusciti.........



Banca Etruria, arriva la richiesta del sequestro dei beni
Nuova svolta dopo l’iscrizione di Boschi e altri consiglieri nel registro degli indagati. La Procura chiede di confiscare al direttore generale Bronchi la somma di 1,2 milioni


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21/03/2016
gianluca paolucci

Il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, ha chiesto il sequestro della somma percepita dall’ex Dg di Banca Etruria, Luca Bronchi, al momento della sua uscita dall’istituto aretino nel 2014. Dopo l’iscrizione al registro degli indagati per concorso in bancarotta di una serie di componenti dell’ultimo consiglio dell’istituto, tra i quali l’ex vicepresidente Pierluigi Boschi, l’inchiesta conosce una nuova accelerazione.



La richiesta di sequestro, per 1,2 milioni di euro, sarebbe attualmente al vaglio del gip. La somma è quella che il consiglio di Etruria, allora presieduto da Lorenzo Rosi e con Pierluigi Boschi - padre del ministro Maria Elena Boschi - come vicepresidente, deliberò di concedere a Bronchi nella seduta del 30 giugno 2014. In quell’occasione votò a favore della «buonuscita» tutto il cda, con l’eccezione di Giovanni Grazzini (astenuto).



La risoluzione del rapporto con Bronchi, una delle operazioni contestate da Bankitalia ai consiglieri di Banca Etruria, è anche all’esame di procura e Guardia di Finanza nel filone d’indagine relativo alla bancarotta dell’istituto aretino. La Gdf sta svolgendo accertamenti specifici su questa e altre operazioni che possono aver concorso al dissesto dell’istituto, dichiarato insolvente dopo un buco da 1,1 miliardi di euro.



Al vaglio dei finanziari del nucleo tributario di Arezzo e Firenze, che hanno ricevuto la delega dal procuratore capo di Arezzo Roberto Rossi, anche la vicenda delle consulenze pagate dall’istituto. Come quella per la riorganizzazione degli aspetti di «corporate governance, controllo interno, modello organizzativo dgls 231 (quella che si occupa della prevenzione dei reati dentro le aziende, ndr.), operazioni in conflitto d’interesse, privacy e antiriciclaggio» di Banca Etruria. Assegnato a due studi legali diversi nello stesso periodo di tempo. O gli 85.700 euro per una consulenza volta ad esplorare «aspetti di business» in Kazakistan e Kirghizistan pagata alla Daf Service srl. Senza che le prestazioni siano state rendicontate, se non con «lettere di presentazione e relazioni da cui si evince solo visite e incontri effettuati». Una commissione di 1,3 milioni di euro alla Jci Capital per l’aumento di capitale del 2013, finita chissà perché nella «riserva da utili» dell’istituto. Poi una serie di consulenze prima pagate e poi approvate, o pagate per importi superiori a quelli deliberati, non censite nel sistema informatico, non rendicontate correttamente. Un totale di 17 milioni di euro in tre anni, anche questi già finiti nel mirino della vigilanza di Bankitalia.



Altro capitolo degli accertamenti in corso è quello che riguarda le operazioni in conflitto d’interesse compiute da componenti del cda. Alcune di queste - relative a Rosi e all’ex consigliere Luciano Nataloni - sono oggetto di uno specifico procedimento. Ma la «massa» delle operazioni è ben più ampia: 198 posizioni di fido, per 185 milioni di euro complessivi di fidi che hanno rigurdato 13 ex consiglieri e 5 membri del cda. Un numero enorme, anche in considerazione del fatto che di questi affidi oltre 82 milioni sono finiti tra incagli e sofferenze.



Accanto agli sviluppi sulla bancarotta, prosegue il lavoro sugli altri filoni D’indagine. Il primo, relativo all’ostacolo alla vigilanza è già arrivato in aula e vede imputati l’ex presidente Giuseppe Fornasarai, l’ex dg Luca Bronchi e il dirigente Davide Canestri, la prossima udienza è prevista per il 13 aprile. Il secondo filone sulle false fatturazioni è chiuso e in attesa di richieste di giudizio mentre il lavoro è ancora in fase di ulteriori accertamenti per il terzo filone sul conflitto di interesse e il quarto sulla truffa a carico degli ex risparmiatori ascoltati in queste settimane dal pool di magistrati della procura aretina guidati da Roberto Rossi.
 
ati In primo piano
Banca Etruria, indagato l’ultimo cda. C’è anche Pier Luigi Boschi. L’accusa: bancarotta fraudolenta. Faro su prestiti «sospetti»

di Sara Monaci
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Argomenti: Maria Elena Boschi | Luca Bronchi | Banca d'Italia | Pier Luigi Boschi | Lorenzo Rosi | Giuseppe Fornasari | Banca Etruria | Roberto Rossi | Struttura delle società
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AREZZO - Tutti i componenti dell'ultimo cda di Banca Etruria - quello presieduto da Lorenzo Rosi - sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Arezzo. L'accusa è di concorso in bancarotta fraudolenta, l'ultimo dei fascicoli aperti dal procuratore capo Roberto Rossi.

L'indagine riguarda in realtà gli ultimi due cda, cioè sia quello Rosi che quello presieduto da Giuseppe Fornasari, e concerne le attività più critiche già messe in evidenza da Bankitalia nell'ultima ispezione: la politica delle remunerazioni (dalla buonuscita dell'ex dg Luca Bronchi ai premi produttività), le consulenze da 17 milioni, i prestiti con mancate comunicazioni di conflitto di interessi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti ci sarebbero anche una quindicina di prestiti “sospetti”, con vari importi, che potrebbero essere stati concessi senza seguire il previsto iter di controllo.
Al momento si procede tecnicamente per gradi con la prima tranche di indagati.
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Sotto la lente ci sarebbe in questa fase la politica di remunerazione e la buonuscita all'ex dg. A ricevere un avviso di garanzia saranno quindi gli ultimi componenti del cda, durato in carica meno di un anno. Tra questi figura l'ex vicepresidente Pier Luigi Boschi, padre della ministra Maria Elena Boschi.

Poi lo sguardo si allargherà anche agli altri membri del consiglio di amministrazione degli ultimi 10 anni e i procuratori faranno una valutazione. Trovano dunque conferma le indiscrezioni di stampa di oggi sull’estensione dell'indagine a tutto il cda.
Bankitalia intanto ha già sanzionato gli ultimi 2 cda, per le stesse ragioni condivise poi dalla procura nelle loro indagini. L’ammontare della multa è di 2,2 milioni. Il padre della ministra dovra' pagare 122mila euro.
 
Banca Etruria, pool pm esamina delibera buonuscita ex dg
Affidata delega di indagine a guardia di finanza su verbali cda
Banca Etruria © ANSA
Banca Etruria © ANSA/ANSA
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Redazione ANSA
20 marzo 201614:07
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Il pool di pm guidato dal procuratore di Arezzo Roberto Rossi ha affidato una delega di indagine alla Guardia di finanza per verificare i verbali della seduta del cda di Banca Etruria del 30 giugno 2014 nella quale fu deliberata una buonuscita del direttore generale Luca Bronchi per un milione e 200mila euro. In quella riunione tutto il cda si espresse a favore con un solo astenuto, il consigliere Giovanni Grazzini. Dalla procura di Arezzo, al momento, non emergono conferme dell'apertura di un nuovo fascicolo, che sarebbe il quinto filone d'inchiesta su bancarotta fraudolenta.

Si sa solo che la Guardia di finanza di Arezzo insieme ai colleghi di Firenze, in base alla delega, sta effettuando un supplemento di indagine su quella liquidazione da un milione e 200 mila euro concessa proprio dall'ultimo consiglio, presieduto da Lorenzo Rosi e del quale era vicepresidente Pierluigi Boschi.
 
Home Siena - Arezzo << Indietro Banca Etruria, Possibile: “Renzi riferisca sui risarcimento ai truffati” 18 marzo 2016 18:42 Politica e Opinioni Arezzo (foto gonews.it) (foto gonews.it) “Adesso che la Commissione Europea ha riconosciuto che “l’erogazione di risarcimenti ai risparmiatori è compatibile con la normativa europea sugli aiuti di Stato” il governo si sbrighi a trovare le risorse necessarie per il risarcimento degli obbligazionisti danneggiati dai crac di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti, ed emani i decreti per far partire gli arbitrati”. Lo affermano i deputati di Alternativa Libera-Possibile, Marco Baldassarre, Pippo Civati, Massimo Artini, Luca Pastorino, Samuele Segoni, Eleonora Bechis, Beatrice Brignone, Tancredi Turco, Andrea Maestri e Toni Matarrelli. “Sono passati 98 giorni da quando Matteo Renzi ha annunciato che sarebbe stata costituita una Commissione d’inchiesta per fare luce sulla bancarotta delle quattro banche, ma questo organismo non è ancora stato costituito. Nel frattempo però – aggiungono – il governo è riuscito a togliere all’Autorità Nazionale Anticorruzione, che si dovrebbe occupare degli arbitrati, ben 1,5 milioni di euro l’anno, per darli alla Presidenza del Consiglio per pagare indennità aggiuntive ai suoi dipendenti. Mentre il padre del ministro Boschi, ex vicepresidente di Banca Etruria, ha ricevuto una seconda multa dalla Banca d’Italia a causa delle sua condotta quando era al vertice dell’Istituto aretino”. “Considerato tutto ciò – concludono – è dovere del presidente del Consiglio venire in Parlamento a spiegare cosa abbia intenzione di fare per risarcire gli obbligazionisti delle quattro banche sottoposte a procedura di risoluzione e come abbia intenzione di risolvere i conflitti d’interesse in materia bancaria di alcuni membri del suo governo che stanno evidentement

Leggi questo articolo su: [ Arezzo ] Banca Etruria, Possibile: “Renzi riferisca sui risarcimento ai truffati” | gonews.it
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Sempre più grottesco, compreso il sequestro beni a chi ha provveduto ad alienarli.
Sono passati ben 6 mesi dai fatti e i ladroni hanno avuto tutto il tempo per mettersi a posto.
Piuttosto anche il ladrone Boschi ha agito ugualmente alienando ogni bene?
Che dice la figlioletta? che è un gran bravo papà?

CHE VERGOGNA SOLO IN ITALIA SUCCEDE QUESTO!

LE VITTIME? CORNUTE E MAZZIATE
 
NON HANNO SCAMPO E' TUTTO SCRITTO NEI VERBALI ASSEMBLEARI DEL CDA

uria: ecco il verbale che inchioda il padre della BoschiCOMMENTA
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ARGOMENTI:banca etruriaGoverno RenziMaria Elena Boschipierluigi boschi
mariaelenaboschi

Scritto da: Marco Tringali

I vertici di Banca Etruria, tra i quali anche il vicepresidente di fresca nomina, Pier Luigi Boschi (padre del ministro Boschi), nel mese di maggio 2014, come si evidenzia anche nella ‘Relazione sulle politiche di remunerazione’ della stessa banca, già attenzionata da ispettori di Bankitalia, e dalla Procura di Arezzo che indaga per bancarotta l’ex cda di Etruria, con incluso il papà del ministro, redassero un verbale che di fatto inchioderebbe il padre del ministro Boschi.

L'articolo prosegue dopo il video


Nel verbale del cda di Banca Etruria, come si legge in un articolo pubblicato da ‘Il Giornale’ si legge che ‘In caso di cessazione anticipata del rapporto di amministrazione (dimissioni, licenziamento/revoca senza giusta causa o cessazione del rapporto a seguito di un’offerta pubblica d’acquisito) non sono stati stipulati accordi aventi ad oggetto indennità né forme di remunerazione basate su strumenti finanziari (come ad esempio, stock option). Per il 2014 non è previsto di attivare alcun sistema di incentivazione relativo alle figure di vertice aziendale’.
Nonostante il verbale vieti forme di indennità e remunerazione, il consiglio di amministrazione di Banca Etruria deliberò l’esatto contrario, liquidando con 1 milione e 200mila euro il direttore generale Luca Bronchi (anche lui indagato).

Nel corso della riunione datata 30 giugno 2014 si decise, quasi all’unanimità, la ricca buonuscita che avrebbe dovuto percepire il direttore generale. Il pool di magistrati guidati dal procuratore di Arezzo Roberto Rossi ha delegato alla Guardia di Finanza il compito di verificare le incongruenze tra il premio al dg Bronchi e le regole sulle remunerazioni che sono state fissate dalla stessa Banca Etruria. Solo il commercialista Giovanni Grazzini si astenne nel corso della votazione. Lo stesso Grazzini, nel corso di un incontro pubblico ebbe modo di chiarire, come riportato dal ‘Giornale’, come andarono davvero le cose: ‘C’era bisogno di dare un segno di discontinuità rispetto alla gestione precedente e tutti convergemmo su una soluzione consensuale del rapporto con Bronchi, ormai demansionato. Al momento di votare la delibera però io fui l’unico che in coscienza decisi di non votare a favore della buonuscita. Feci mettere a verbale che quella cifra era comunque elevata e che poteva diventare un pericoloso precedente, visto che era comunque prevista una operazione di dimagrimento del management, altri quindi avrebbero potuto vantare grosse cifre come liquidazione‘.
 
NON HANNO SCAMPO E' TUTTO SCRITTO NEI VERBALI ASSEMBLEARI DEL CDA

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mariaelenaboschi

Scritto da: Marco Tringali

I vertici di Banca Etruria, tra i quali anche il vicepresidente di fresca nomina, Pier Luigi Boschi (padre del ministro Boschi), nel mese di maggio 2014, come si evidenzia anche nella ‘Relazione sulle politiche di remunerazione’ della stessa banca, già attenzionata da ispettori di Bankitalia, e dalla Procura di Arezzo che indaga per bancarotta l’ex cda di Etruria, con incluso il papà del ministro, redassero un verbale che di fatto inchioderebbe il padre del ministro Boschi.

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Nel verbale del cda di Banca Etruria, come si legge in un articolo pubblicato da ‘Il Giornale’ si legge che ‘In caso di cessazione anticipata del rapporto di amministrazione (dimissioni, licenziamento/revoca senza giusta causa o cessazione del rapporto a seguito di un’offerta pubblica d’acquisito) non sono stati stipulati accordi aventi ad oggetto indennità né forme di remunerazione basate su strumenti finanziari (come ad esempio, stock option). Per il 2014 non è previsto di attivare alcun sistema di incentivazione relativo alle figure di vertice aziendale’.
Nonostante il verbale vieti forme di indennità e remunerazione, il consiglio di amministrazione di Banca Etruria deliberò l’esatto contrario, liquidando con 1 milione e 200mila euro il direttore generale Luca Bronchi (anche lui indagato).

Nel corso della riunione datata 30 giugno 2014 si decise, quasi all’unanimità, la ricca buonuscita che avrebbe dovuto percepire il direttore generale. Il pool di magistrati guidati dal procuratore di Arezzo Roberto Rossi ha delegato alla Guardia di Finanza il compito di verificare le incongruenze tra il premio al dg Bronchi e le regole sulle remunerazioni che sono state fissate dalla stessa Banca Etruria. Solo il commercialista Giovanni Grazzini si astenne nel corso della votazione. Lo stesso Grazzini, nel corso di un incontro pubblico ebbe modo di chiarire, come riportato dal ‘Giornale’, come andarono davvero le cose: ‘C’era bisogno di dare un segno di discontinuità rispetto alla gestione precedente e tutti convergemmo su una soluzione consensuale del rapporto con Bronchi, ormai demansionato. Al momento di votare la delibera però io fui l’unico che in coscienza decisi di non votare a favore della buonuscita. Feci mettere a verbale che quella cifra era comunque elevata e che poteva diventare un pericoloso precedente, visto che era comunque prevista una operazione di dimagrimento del management, altri quindi avrebbero potuto vantare grosse cifre come liquidazione‘.

io finché non li carcerano non ci credo è solo ammuina
 
ottima definizione governo cieco e sordo.

fraudolenta incomprensibile cecità ed ostilità del Governo,verso 130.000 famiglie espropriate

(Adusbef) - A 4 mesi dal cosiddetto salvataggio di CariChieti, CariFerrara, Banca Marche e Banca Etruria, Adusbef e Federconsumatori, che pur avevano accolto alcune piccole aperture dal vice ministro dell'Economia Enrico Zanetti dopo il presidio davanti al Mef, per segnalare i ritardi negli adeguati provvedimenti tesi a restituire ai risparmiatori espropriati da Bankitalia e dallo Stato quanto dovuto, denunciano la cieca ostilità del governo verso le vittime truffate, che hanno diritto ai risarcimenti dei loro risparmi cancellati con un colpo di penna.Il Governo ammetta il gravissimo errore, compiuto con il decreto del 22 novembre 2015 di esproprio criminale del risparmio, chiamando in causa le precise responsabilità oggettive della Banca d’Italia, ben consapevole che su 623 miliardi di bon bancari circolanti al 31 ottobre 2015, ben 67 miliardi erano titoli subordinati espropriabili con il bail-in, per il 46,1%, ossia 31 miliardi di euro nei portafogli delle famiglie, senza che intervenisse doverosamente per evitare tale gravissima truffa a danno di 130.000 espropriati delle 4 banche in risoluzione.

Adusbef e Federconsumatori, che da tempo hanno trovato le coperture per risarcire integralmente gli obbligazionisti espropriati per un valore di 329 milioni di euro, mentre per i piccoli azionisti forzati di titoli illiquidi, diventati tali pena la mancata concessione di prestiti, mutui o affidamenti, analoghi risarcimenti integrali anche tramite warrant legati alle performance delle nuove banche, che hanno zero sofferenze, ma fiducia e reputazione sotto zero, assieme ad eventuali incentivi fiscali, non riescono a comprendere l'ottusità di governo e maggioranza nel totale disprezzo verso famiglie espropriate, cadute nella disperazione ed indigenza, dopo aver risparmiato per una vita di lavoro e sacrifici, per un futuro meno amaro.

Se disprezzo ed ostilità del governo e di alcuni ministri, dovessero essere dovuti alle battaglie delle vittime per affermare i loro diritti ai risarcimenti integrali, sappiano che non riusciranno a fermare le lotte. Al sit-in organizzato da Adusbef e Federconsumatori lo scorso 16 marzo, al quale si erano uniti gli aderenti al gruppo ‘vittime del Salva-banche, arrivati a Roma in treno, pullman ed auto proprie sotto la sede del Mef, i manifestanti hanno preso di mira come bersagli prediletti i membri del Governo: il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il titolare del Mef Per Carlo Padoan e il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, ed hanno scandito slogan “Ladri, ladri”, il grido più gettonato, ed esibito cartelli tra i quali ‘si arbitrano le partite di pallone, non i diritti delle persone. Capito, Cantone?’ e ‘Governatore Visco, meglio analfabeti che ladri di risparmi’. Altri cartelli e striscioni esposti a Roma da un folto gruppo di manifestanti composto dagli “azzerati” (azionisti e obbligazionisti subordinati) delle vecchie Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, le cui sorti sono state segnate dallo scorso 22 novembre, scandivano: “Risparmi persi tra i Boschi”, “Rivogliamo i nostri soldi”, “Truffati dalle banche, traditi dal Governo”, ‘nella terra rossa, vi siete scavati la fossa’. L'ennesima odierna tegola giudiziaria sugli ex amministratori di Banca Etruria, dovrebbe indurre il governo a non perdere più tempo per risarcire le vittime, sempre più arrabbiate. Adusbef e Federconsumatori, che lanciano l'ennesimo appello ad un governo cieco e sordo, che continua ad eseguire i desiderata di Bankitalia e dei banchieri su Bad Bank, mutui con 18 rate non pagate con case direttamente espropriate dalle banche senza passare per giudizi di legittimità, è l'ultima porcata del ripristino dell'anatocismo legalizzato, spacciato per una sua definitiva cancellazione da ingannevole réclame, continueranno le battaglie anche in sede civile e penale, per far affermare diritti e legalità e far ottenere ai truffati, i rimborsi integrali dei sudati risparmi, cancellati con un colpo di penna.Adusbef e Federconsumatori, aspettano che i risparmiatori vengano indennizzati al più presto, essendo intollerabile che governo e Parlamento, giochino a scaricabarile sulla pelle di 130.000 famiglie espropriate, alle quali il decreto del governo ha sottratto risparmi e sacrifici di intere vite di lavoro.

20 marzo 2016 ©
 
ottima definizione governo cieco e sordo.

fraudolenta incomprensibile cecità ed ostilità del Governo,verso 130.000 famiglie espropriate

(Adusbef) - A 4 mesi dal cosiddetto salvataggio di CariChieti, CariFerrara, Banca Marche e Banca Etruria, Adusbef e Federconsumatori, che pur avevano accolto alcune piccole aperture dal vice ministro dell'Economia Enrico Zanetti dopo il presidio davanti al Mef, per segnalare i ritardi negli adeguati provvedimenti tesi a restituire ai risparmiatori espropriati da Bankitalia e dallo Stato quanto dovuto, denunciano la cieca ostilità del governo verso le vittime truffate, che hanno diritto ai risarcimenti dei loro risparmi cancellati con un colpo di penna.Il Governo ammetta il gravissimo errore, compiuto con il decreto del 22 novembre 2015 di esproprio criminale del risparmio, chiamando in causa le precise responsabilità oggettive della Banca d’Italia, ben consapevole che su 623 miliardi di bon bancari circolanti al 31 ottobre 2015, ben 67 miliardi erano titoli subordinati espropriabili con il bail-in, per il 46,1%, ossia 31 miliardi di euro nei portafogli delle famiglie, senza che intervenisse doverosamente per evitare tale gravissima truffa a danno di 130.000 espropriati delle 4 banche in risoluzione.

Adusbef e Federconsumatori, che da tempo hanno trovato le coperture per risarcire integralmente gli obbligazionisti espropriati per un valore di 329 milioni di euro, mentre per i piccoli azionisti forzati di titoli illiquidi, diventati tali pena la mancata concessione di prestiti, mutui o affidamenti, analoghi risarcimenti integrali anche tramite warrant legati alle performance delle nuove banche, che hanno zero sofferenze, ma fiducia e reputazione sotto zero, assieme ad eventuali incentivi fiscali, non riescono a comprendere l'ottusità di governo e maggioranza nel totale disprezzo verso famiglie espropriate, cadute nella disperazione ed indigenza, dopo aver risparmiato per una vita di lavoro e sacrifici, per un futuro meno amaro.

Se disprezzo ed ostilità del governo e di alcuni ministri, dovessero essere dovuti alle battaglie delle vittime per affermare i loro diritti ai risarcimenti integrali, sappiano che non riusciranno a fermare le lotte. Al sit-in organizzato da Adusbef e Federconsumatori lo scorso 16 marzo, al quale si erano uniti gli aderenti al gruppo ‘vittime del Salva-banche, arrivati a Roma in treno, pullman ed auto proprie sotto la sede del Mef, i manifestanti hanno preso di mira come bersagli prediletti i membri del Governo: il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il titolare del Mef Per Carlo Padoan e il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, ed hanno scandito slogan “Ladri, ladri”, il grido più gettonato, ed esibito cartelli tra i quali ‘si arbitrano le partite di pallone, non i diritti delle persone. Capito, Cantone?’ e ‘Governatore Visco, meglio analfabeti che ladri di risparmi’. Altri cartelli e striscioni esposti a Roma da un folto gruppo di manifestanti composto dagli “azzerati” (azionisti e obbligazionisti subordinati) delle vecchie Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, le cui sorti sono state segnate dallo scorso 22 novembre, scandivano: “Risparmi persi tra i Boschi”, “Rivogliamo i nostri soldi”, “Truffati dalle banche, traditi dal Governo”, ‘nella terra rossa, vi siete scavati la fossa’. L'ennesima odierna tegola giudiziaria sugli ex amministratori di Banca Etruria, dovrebbe indurre il governo a non perdere più tempo per risarcire le vittime, sempre più arrabbiate. Adusbef e Federconsumatori, che lanciano l'ennesimo appello ad un governo cieco e sordo, che continua ad eseguire i desiderata di Bankitalia e dei banchieri su Bad Bank, mutui con 18 rate non pagate con case direttamente espropriate dalle banche senza passare per giudizi di legittimità, è l'ultima porcata del ripristino dell'anatocismo legalizzato, spacciato per una sua definitiva cancellazione da ingannevole réclame, continueranno le battaglie anche in sede civile e penale, per far affermare diritti e legalità e far ottenere ai truffati, i rimborsi integrali dei sudati risparmi, cancellati con un colpo di penna.Adusbef e Federconsumatori, aspettano che i risparmiatori vengano indennizzati al più presto, essendo intollerabile che governo e Parlamento, giochino a scaricabarile sulla pelle di 130.000 famiglie espropriate, alle quali il decreto del governo ha sottratto risparmi e sacrifici di intere vite di lavoro.

20 marzo 2016 ©

OK!:clap: Invece proclami e frasi gettate al vento
 
Banca Etruria: obbligazionisti truffati ancora senza rimborso. CdA in bancarotta fraudolenta

Il buco di tre miliardi di euro che ha sancito il crollo e il successivo commissariamento di Banca Etruria sembrava avesse come uniche vittime gli investitori, che hanno visto azzerati i loro risparmi, per un totale di 340 milioni di euro.

Nella giornata di ieri è invece arrivata l’iscrizione ufficiale al registro degli indagati della procura di Arezzo per Pier Luigi Boschi e gli altri membri del CdA di Banca Etruria.

Il padre del ministro Maria Elena Boschi e gli altri componenti del consiglio di amministrazione dell’istituto non risultano più solo indagati. L’ultimo CdA avuto dalla banca, che durò in carica meno di un anno, è stato ufficialmente accusato di concorso in bancarotta fraudolenta dal procuratore capo Roberto Rossi.

Sotto accusa proprio le politiche remunerative dei membri del consiglio di amministrazione e i buonuscita che si erano assicurati, in una logica che li ha visti arricchirsi a fronte di un prosciugamento dei conti dei risparmiatori, tutt’ora in attesa di un rimborso.
Banca Etruria, rimborsi finalmente in arrivo?

Le associazioni dei consumatori sono intervenute sollecitando i tempi nei confronti dell’esecutivo per varare i decreti necessari all’avvio degli arbitrati. Tuttavia, pare che i tempi per il ricevimento dei rimborsi si siano ampliati fino alla fine di questo mese allo scopo di permettere un aumento della somma rimborsata ai risparmiatori.

La legge di stabilità prevede la possibilità di attingere ai rimborsi dal fondo interbancario per la tutela dei depositi. L’iniziale ammontare di 100 milioni di euro, previsto in sostituzione dei 340 milioni di euro azzerati, potrebbe infatti essere aumentato.

Si attende ora il via libera della Comunità Europea per questa correzione al rialzo della somma rimborsata. Dovendo essa provenire dai mercati interbancari è infatti necessario l’ok della UE, dopo il no dato per l’ipotesi di ricorso ai fondi pubblici.

I tempi di attesa si protraggono dallo scorso novembre e le luci dei riflettori sembrano essersi spostate più sulle incriminazioni dei membri del CdA che sui risparmiatori truffati. Forse (l’amara) consolazione per questi ultimi è finalmente destinata ad arrivare.
 
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