Tschabalala Self

Stefano Perrini

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Ciao a tutti.
Ho visitato al Kunstmuseum di San Gallo in Svizzera la personale dell’artista americana Tschabalala Self, che resterà visitabile fino al 18 giugno (qui il link al sito della mostra). Cercando nel Forum, ho visto che più volte qualcuno ne aveva parlato, in tempi lontani. Anche se magari quei forumisti non seguono più o non hanno più voglia di scrivere, mi sembra che l’artista meriti una discussione a parte. Se poi magari finirà nel limbo come tante altre, non importa.

L’artista è nata nel 1990 a Harlem e ha studiato arte a Yale. Ha un bel sito internet, quindi rimando a quello per molte informazioni e immagini:

TSCHABALALA SELF

È trattata da importanti gallerie a New York, Londra e qui a Zurigo.

Oltre alle personali in galleria, può già vantare mostre in importanti musei, come l’ICA di Boston e il Museo di Baltimora.

Secondo il ranking calcolato da Artfacts (sulla bontà del quale si è ampiamente discusso qui), Tschabalala Self è al 282° posto in ambito americano ed è al 1.024° posto su scala mondiale.

Per quanto riguarda il mercato secondario, ci sono stati in tutto 48 passaggi in asta di sue opere, con un record che supera i 400k euro, realizzato nel 2020 da Phillips. Ci sono diversi risultati molto alti, ma in alcune misure contenute o alcune tecniche meno apprezzate dal mercato sono anche state aggiudicate opere a meno di 25k euro.

Nel seguito, condivido un po’ di immagini della mostra sangallese, a mio avviso molto ben riuscita.
 
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Attendo eventuali vostri commenti.
Buona notte a tutti!
 
Ciao Stefano e grazie per la condivisione!
Si, qui sul forum se n'è parlato in passato e il gruppo dei nostri amici collezionisti dell'Underdog Collection l'hanno comperata diversi anni fa a cifre estremamente modeste, direi sicuramente che sono stati degli apripista, e tanto di cappello!

Personalmente non seguo molto le tendenze del contemporaneo e pur conoscendola non ho approfondito perchè non ho coltivato gli strumenti necessari essendo una tipologia di opere distante da ciò con cui sono più in sintonia e con cui ho maggiore familiarità.

Non ho problemi ad ammettere di avere alcuni preconcetti quando improvvisamente vengono posti alla ribalta alcuni artisti su presupposti legati a provenienze, etnie, orientamenti, genere. Anche se pare che oggi funzioni così.
Ricordo in passato quando ci fu la riscoperta degli artisti cinesi, poi dei cubani e ora è il turno degli africani, domani chissà.

Evidentemente all'interno di questi "filoni" che diventano un po' anche delle mode legate al mercato, gli artisti realmente validi e che resteranno sono solo una manciata.
Tschabalala Self potrebbe essere tra questi.
Esteticamente però è molto lontana da ciò che è nelle mie corde.
 
Ciao Stefano e grazie per la condivisione!
Si, qui sul forum se n'è parlato in passato e il gruppo dei nostri amici collezionisti dell'Underdog Collection l'hanno comperata diversi anni fa a cifre estremamente modeste, direi sicuramente che sono stati degli apripista, e tanto di cappello!

Personalmente non seguo molto le tendenze del contemporaneo e pur conoscendola non ho approfondito perchè non ho coltivato gli strumenti necessari essendo una tipologia di opere distante da ciò con cui sono più in sintonia e con cui ho maggiore familiarità.

Non ho problemi ad ammettere di avere alcuni preconcetti quando improvvisamente vengono posti alla ribalta alcuni artisti su presupposti legati a provenienze, etnie, orientamenti, genere. Anche se pare che oggi funzioni così.
Ricordo in passato quando ci fu la riscoperta degli artisti cinesi, poi dei cubani e ora è il turno degli africani, domani chissà.

Evidentemente all'interno di questi "filoni" che diventano un po' anche delle mode legate al mercato, gli artisti realmente validi e che resteranno sono solo una manciata.
Tschabalala Self potrebbe essere tra questi.
Esteticamente però è molto lontana da ciò che è nelle mie corde.
Grazie per il commento. Ho dato un'occhiata al sito dell'Underdog Collection e mi pare che loro abbiano in collezione Zandile Tshabalala. È un'artista sudafricana di Soweto, con buone quotazioni, ma non con i record che ho ricordato per Tschabalala Self. Ti riferisci poi "agli africani", quindi credo che la quasi-omonimia ti abbia fatto confondere.
Il resto delle tue considerazioni rimane valido. Anche nel mio caso, si tratta di un'artista non nelle mie corde, ma riconosco che è molto brava, che è seguita molto bene e che la mostra vale la pena di essere vista.
 
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Grazie per il commento. Ho dato un'occhiata al sito dell'Underdog Collection e mi pare che loro abbiano in collezione Zandile Tshabalala. È un'artista sudafricana di Soweto, con buone quotazioni, ma non con i record che ho ricordato per Tschabalala Self. Ti riferisci poi "agli africani", quindi credo che la quasi-omonimia ti abbia fatto confondere.
Il resto delle tue considerazioni rimane valido. Anche nel mio caso, si tratta di un'artista non nelle mie corde, ma riconosco che è molto brava, che è seguita molto bene e che la mostra vale la pena di essere vista.
Mi correggo anche io, nell'Underdog Collection ci sono anche due carte di Tschabalala Self che mi erano sfuggite. Comunque, lei è americana di New York. Insomma, non bisogna confondersi. Chiedo scusa.
 
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Mi correggo anche io, nell'Underdog Collection ci sono anche due carte di Tschabalala Self che mi erano sfuggite. Comunque, lei è americana di New York. Insomma, non bisogna confondersi. Chiedo scusa.
Si, confermo che gli Underdog hanno in collezione proprio Tschabalala Self.
Hai ragione, lei è americana ma le sue origini familiari e culturali penso siano africane, per questo nella mia personale - e certamente limitata - visione la associo al filone dell'arte africana che è ora molto in tendenza, anche se il suo focus è quello dei "Black Americans".
 
Di quel che vedo qui trovo più interessanti le sculture, ma non comprerei nulla di lei, ne andrei a cercare appositamente sue esposizioni ma sono una persona curiosa per cui se capitasse una mostra la andrei anche a vedere ... Di cosa resterà tra 50 o 100 anni della sua arte, e di tanta arte sostenuta da importanti gallerie ecc. non lo so, inutile stupirsi, anche per uno sprovveduto come me, dei passaggi in asta a quasi mezzo milione ...
Visto che si è parlato di Africa, vado un po' OT per segnalare la mostra "Il mito dell’arte africana nel 900" a Trieste.
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Di quel che vedo qui trovo più interessanti le sculture, ma non comprerei nulla di lei, ne andrei a cercare appositamente sue esposizioni ma sono una persona curiosa per cui se capitasse una mostra la andrei anche a vedere ... Di cosa resterà tra 50 o 100 anni della sua arte, e di tanta arte sostenuta da importanti gallerie ecc. non lo so, inutile stupirsi, anche per uno sprovveduto come me, dei passaggi in asta a quasi mezzo milione ...
Visto che si è parlato di Africa, vado un po' OT per segnalare la mostra "Il mito dell’arte africana nel 900" a Trieste.
Ciao eSide e grazie. Devo confessare che anche io ero andato a San Gallo solo per la personale di Sheila Hicks (come hai visto, avendo tu già commentato, ho aperto una discussione anche su di lei), ma sono molto contento di avere visto anche quest’altra mostra. Dai commenti ricevuti finora, mi sento di dire che, com’è normale che sia, la sentiamo come un’arte distante da noi, che fatichiamo a capire fino in fondo. La domanda di ricchi afroamericani, che giustamente collezionano arte di questo tipo perché loro la sentono prossima e la possono capire meglio, è probabilmente sufficiente a sostenere certe cifre sul mercato.

Ecco: mi sembra un esercizio salutare anche per noi italiani. Quanta arte nostrana che a noi piace e che capiamo “parla” a qualcuno anche all’estero? Perché all’estero dovrebbero comprare certi nostri artisti? Meglio chiederselo, perché nel nostro caso la sola domanda italiana in genere non basta a raggiungere e a mantenere certe cifre.
 
Ecco: mi sembra un esercizio salutare anche per noi italiani. Quanta arte nostrana che a noi piace e che capiamo “parla” a qualcuno anche all’estero? Perché all’estero dovrebbero comprare certi nostri artisti? Meglio chiederselo, perché nel nostro caso la sola domanda italiana in genere non basta a raggiungere e a mantenere certe cifre.
Sono molto d'accordo con questa tua ultima osservazione. Si vede a prima vista, anche per uno sprovveduto come me (lo ribadisco sempre a scanso di equivoci) perché artisti come Tschabalala Self o (cambiando completamente genere) come Lynette Yiadom-Boakye (di cui invece un'opera metterei volentieri in casa) abbiano una cifra "internazionale" che i giovani artisti italani faticano ad avere. La risposta che mi sono dato è la solita, noi (sia artisti che appassionati) veniamo da Giotto, il Rinascimento e via dicendo e, soprattutto quando si usa la pittura, facciamo fatica a resettare tutto, ma visto che il mercato si fa altrove, almeno in quest'epoca storica, non è per nulla un vantaggio. Basta vedere quanto scetticismo ci sia qui in Italia a "sdoganare" la pittura figurativa nel contemporaneo, quando all'estero moltissimi degli artisti più pagati fanno e hanno sempre fatto la pittura che noi definiamo figurativa (e che io potendo collezionerei molto volentieri).
Poi c'è il discorso economico, finché in Italia compri un artista che ha fatto magari 4 o 5 biennali di Venezia e altre in giro per il mondo a 2-3 mila euro, 10 mila nei capolavori, o uno come Ugo La Pietra a 2500 + diritti in un'opera significativa degli anni '70, ti chiedi perché spenderne 100 o 200 mila (o più) per una delle opere che hai fotografato.
 
Sono molto d'accordo con questa tua ultima osservazione. Si vede a prima vista, anche per uno sprovveduto come me (lo ribadisco sempre a scanso di equivoci) perché artisti come Tschabalala Self o (cambiando completamente genere) come Lynette Yiadom-Boakye (di cui invece un'opera metterei volentieri in casa) abbiano una cifra "internazionale" che i giovani artisti italani faticano ad avere. La risposta che mi sono dato è la solita, noi (sia artisti che appassionati) veniamo da Giotto, il Rinascimento e via dicendo e, soprattutto quando si usa la pittura, facciamo fatica a resettare tutto, ma visto che il mercato si fa altrove, almeno in quest'epoca storica, non è per nulla un vantaggio. Basta vedere quanto scetticismo ci sia qui in Italia a "sdoganare" la pittura figurativa nel contemporaneo, quando all'estero moltissimi degli artisti più pagati fanno e hanno sempre fatto la pittura che noi definiamo figurativa (e che io potendo collezionerei molto volentieri).
Poi c'è il discorso economico, finché in Italia compri un artista che ha fatto magari 4 o 5 biennali di Venezia e altre in giro per il mondo a 2-3 mila euro, 10 mila nei capolavori, o uno come Ugo La Pietra a 2500 + diritti in un'opera significativa degli anni '70, ti chiedi perché spenderne 100 o 200 mila (o più) per una delle opere che hai fotografato.
Però io volevo estendere il discorso anche agli “storicizzati”. Mi spiego meglio. Anche artisti che magari hanno fatto 4 o 5 Biennali e che per noi italiani sono importantissimi (non lo dico in senso ironico o spregiativo, ma sul serio: artisti imprescindibili per la storia dell’arte italiana), non è detto che siano conosciuti all’estero, dove magari oggi appariranno come “nuovi”. Anche loro devono essere apprezzati e capiti. Faccio un esempio, provando a non fare nomi, perché non è un discorso simpatico. Ho in mente diversi artisti post-cubisti e/o informali che sono ottimi artisti e che sono stati fondamentali per la nostra storia (per svecchiarla, per metterla al passo con la scena internazionale, ecc.). Ogni tanto ci diciamo che sono "sottovalutati". Però in Francia, Germania, Austria, Olanda, Stati Uniti, ecc. ecc. hanno i loro artisti post-cubisti e/o informali, che noi conosciamo magari poco perché (anche loro) passano nelle aste locali. Perché il mercato estero dovrebbe privilegiare i nostri artisti, quando i collezionisti trovano in casa qualcosa di simile e più vicino al loro sentire? Ci sono (per fortuna) artisti che parlano a tutti e che tutti desiderano, perché sono unici e non sono “sostituibili” (passatemi il termine orrendo): questi diventano ciò che chiamiamo “artisti internazionali”. Sempre IMHO.
 
Però io volevo estendere il discorso anche agli “storicizzati”. Mi spiego meglio. Anche artisti che magari hanno fatto 4 o 5 Biennali e che per noi italiani sono importantissimi (non lo dico in senso ironico o spregiativo, ma sul serio: artisti imprescindibili per la storia dell’arte italiana), non è detto che siano conosciuti all’estero, dove magari oggi appariranno come “nuovi”. Anche loro devono essere apprezzati e capiti. Faccio un esempio, provando a non fare nomi, perché non è un discorso simpatico. Ho in mente diversi artisti post-cubisti e/o informali che sono ottimi artisti e che sono stati fondamentali per la nostra storia (per svecchiarla, per metterla al passo con la scena internazionale, ecc.). Ogni tanto ci diciamo che sono "sottovalutati". Però in Francia, Germania, Austria, Olanda, Stati Uniti, ecc. ecc. hanno i loro artisti post-cubisti e/o informali, che noi conosciamo magari poco perché (anche loro) passano nelle aste locali. Perché il mercato estero dovrebbe privilegiare i nostri artisti, quando i collezionisti trovano in casa qualcosa di simile e più vicino al loro sentire? Ci sono (per fortuna) artisti che parlano a tutti e che tutti desiderano, perché sono unici e non sono “sostituibili” (passatemi il termine orrendo): questi diventano ciò che chiamiamo “artisti internazionali”. Sempre IMHO.
Tema molto interessante che si presta a molti spunti.
Ne metterei lì due:
- di fondo nasciamo tutti un po' "campanilisti" per non dire "nazionalisti", semplicemente perchè ognuno di noi tende ad identificarsi con ciò che più frequentemente ha occasione di vedere (mostre, musei, eventi, fiere, gallerie, ecc...) o che si avvicina alla sua cultura (in questo caso non solo cultura nel senso di tradizione ma anche di ciò che si apprende nel tempo). Vale per un abitante di Roma, uno di Pechino o uno di Sydney, o uno che non si è mai mosso dal paesino in cui abita e per lui l'artista locale è quello famoso.
- per noi italiani un artista per essere "internazionale" basta che abbia esposto a New York (anche se a NY ci sono migliaia di gallerie e vi gravitano decine di migliaia di artisti). E' come se uno nato a NY già fosse internazionale di default. Già questo la dice lunga sull'egemonia americana nel settore, perchè se uno espone a in più tappe a Singapore, Hong Kong, Shanghai, Tokyo viene percepito meno internazionale di uno che ha fatto una mostra in un luogo "x" di New York, o al limite che ha avuto un passaggio in asta a Londra.

Chiudo l'OT con due parole sull'arte africana:
da anni ormai quando vado a Londra per la settimana di Frieze approfitto per la tappa all'African Art Fair, che trovo sempre interessante per quanto personalmente non amo questo tipo di "categorizzazioni" perchè trovo che in astratto sia un po' ghettizzante o come se la provenienza geografica possa essere un cappello messo sopra qualche presunta qualità o bravura o altro. Insomma, una generalizzazione che secondo me a conti fatti ha poco senso se non quello di cercare di promuovere una tendenza di mercato.
Fatta questa premessa, e aggiungendo quella che non sono un conoscitore degli artisti africani, in mezzo a tante opere che non stimolano minimamente il mio interesse, trovo sempre qualcosa che mi piace. E tendenzialmente si tratta di qualcosa di non figurativo, o di sculture. Opere con caratteristiche che tra l'altro non hanno quasi mai una matrice "africana" particolarmente calcata, anche se poi magari approfondendo ce l'hanno ma diciamo non così evidente sulla superficie.

Chiedo scusa per questo doppio OT! :-)
 
Però io volevo estendere il discorso anche agli “storicizzati”. Mi spiego meglio. Anche artisti che magari hanno fatto 4 o 5 Biennali e che per noi italiani sono importantissimi (non lo dico in senso ironico o spregiativo, ma sul serio: artisti imprescindibili per la storia dell’arte italiana), non è detto che siano conosciuti all’estero, dove magari oggi appariranno come “nuovi”. Anche loro devono essere apprezzati e capiti. Faccio un esempio, provando a non fare nomi, perché non è un discorso simpatico. Ho in mente diversi artisti post-cubisti e/o informali che sono ottimi artisti e che sono stati fondamentali per la nostra storia (per svecchiarla, per metterla al passo con la scena internazionale, ecc.). Ogni tanto ci diciamo che sono "sottovalutati". Però in Francia, Germania, Austria, Olanda, Stati Uniti, ecc. ecc. hanno i loro artisti post-cubisti e/o informali, che noi conosciamo magari poco perché (anche loro) passano nelle aste locali. Perché il mercato estero dovrebbe privilegiare i nostri artisti, quando i collezionisti trovano in casa qualcosa di simile e più vicino al loro sentire? Ci sono (per fortuna) artisti che parlano a tutti e che tutti desiderano, perché sono unici e non sono “sostituibili” (passatemi il termine orrendo): questi diventano ciò che chiamiamo “artisti internazionali”. Sempre IMHO.
Qui ti seguo meno. E' vero che tutti gli artisti che hanno avuto una cifra più unica e distintiva e saputo esprimere, con la loro arte, un linguaggio più "universale" diventano prima o poi artisti internazionali, ma questi per me sono pochissimi, mentre non penso sia vero il contrario, ovvero che tutti gli artisti conosciuti e scambiati nel mercato a livello internazionale abbiano quelle caratteristiche (il passaporto e altre circostanze favorevoli contano). Oltre al fatto che se oggi "tutti" vogliono Accardi e Boetti, anche nelle opere minori, ha molto più a che fare coi meccanismi di questo mercato che non con la loro cifra artistica (su questo non cambio idea anche se qualcuno vorrà convincermi del contrario).
Infine, non penso che il mercato estero debba privilegiare i nostri artisti, è quello nazionale innanzi tutto (insieme a tutto il sistema dell'arte nazionale) che li dovrebbe valorizzare (quelli che meritano), e in questo modo, forse, anche in Europa e magari oltre, prima o poi qualcuno si accorgerà di loro. So che il nostro mercato vale solo per lo 0.8% ecc. ecc. ma di soldi in Italia ce ne sono, magari meno distribuiti che altrove, ma qualche risorsa c'è
 
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Qui ti seguo meno. E' vero che tutti gli artisti che hanno avuto una cifra più unica e distintiva e saputo esprimere, con la loro arte, un linguaggio più "universale" diventano prima o poi artisti internazionali, ma questi per me sono pochissimi, mentre non penso sia vero il contrario, ovvero che tutti gli artisti conosciuti e scambiati nel mercato a livello internazionale abbiano quelle caratteristiche (il passaporto e altre circostanze favorevoli contano). Oltre al fatto che se oggi "tutti" vogliono Accardi e Boetti, anche nelle opere minori, ha molto più a che fare coi meccanismi di questo mercato che non con la loro cifra artistica (su questo non cambio idea anche se qualcuno vorrà convincermi del contrario).
Infine, non penso che il mercato estero debba privilegiare i nostri artisti, è quello nazionale innanzi tutto (insieme a tutto il sistema dell'arte nazionale) che li dovrebbe valorizzare (quelli che meritano), e in questo modo, forse, anche in Europa e magari oltre, prima o poi qualcuno si accorgerà di loro. So che il nostro mercato vale solo per lo 0.8% ecc. ecc. ma di soldi in Italia ce ne sono, magari meno distribuiti che altrove, ma qualche risorsa c'è
Per non andare del tutto OT, torno a Tschabalala Self. Ci siamo espressi in tre e in tre abbiamo detto (in pratica, ma se ho capito male correggetemi) che non vorremmo sue opere a casa nostra.

Non voglio entrare nella testa degli altri, ma secondo me giocano due fattori: la difficoltà a creare una connessione profonda con l’opera (presumo che siamo tre maschi bianchi italiani; ci saranno sicuramente anche in Italia profondi conoscitori della cultura nera di Harlem, ma è sicuramente un’élite); il fatto che, anche a prescindere dalle quotazioni attuali e perfino dal nostro gusto personale, per la nostra conoscenza dell’arte italiana siamo in grado di trovare degli artisti italiani che preferiamo a Tschabalala Self (cioè che faremmo entrare in collezione prima di lei), artisti che potremmo appunto chiamare, mutuando dall’Economia un termine brutto, “sostituti”.
Giusto per esemplificare, prima di Tschabalala Self, se mi piacesse un simile genere di quadri, io metterei prima in casa Enrico Baj e Valerio Adami, per citare i primi nomi che mi vengono in mente.

Ecco, secondo me è un esercizio utile anche al contrario. Quando sento dire che Tizio “costerà un milione” (quindi sarà comprato anche fuori dall’Italia) o che Caio “è sottovalutato”, mi chiedo se siano artisti con cui molti possano “connettersi” e se non ci siano validi “sostituti”. Naturalmente sarebbero comunque condizioni necessarie, ma non sufficienti ad avere quotazioni alte e solide.

Gli esempi che fai tu non mi sembrano controesempi, anzi! Un Boetti l’abbiamo solo noi (come un Fontana). Accardi secondo me è addirittura una conferma di questa teoria: da noi molti ne contestano le quotazioni, proprio perché hanno in mente un “sostituto” che le preferiscono (Sanfilippo), ma il fatto è proprio che all’estero non lo conoscono abbastanza da “vederlo” nella propria collezione prima di lei.
 
Per non andare del tutto OT, torno a Tschabalala Self. Ci siamo espressi in tre e in tre abbiamo detto (in pratica, ma se ho capito male correggetemi) che non vorremmo sue opere a casa nostra.

Non voglio entrare nella testa degli altri, ma secondo me giocano due fattori: la difficoltà a creare una connessione profonda con l’opera (presumo che siamo tre maschi bianchi italiani; ci saranno sicuramente anche in Italia profondi conoscitori della cultura nera di Harlem, ma è sicuramente un’élite); il fatto che, anche a prescindere dalle quotazioni attuali e perfino dal nostro gusto personale, per la nostra conoscenza dell’arte italiana siamo in grado di trovare degli artisti italiani che preferiamo a Tschabalala Self (cioè che faremmo entrare in collezione prima di lei), artisti che potremmo appunto chiamare, mutuando dall’Economia un termine brutto, “sostituti”.
Giusto per esemplificare, prima di Tschabalala Self, se mi piacesse un simile genere di quadri, io metterei prima in casa Enrico Baj e Valerio Adami, per citare i primi nomi che mi vengono in mente.

Ecco, secondo me è un esercizio utile anche al contrario. Quando sento dire che Tizio “costerà un milione” (quindi sarà comprato anche fuori dall’Italia) o che Caio “è sottovalutato”, mi chiedo se siano artisti con cui molti possano “connettersi” e se non ci siano validi “sostituti”. Naturalmente sarebbero comunque condizioni necessarie, ma non sufficienti ad avere quotazioni alte e solide.

Gli esempi che fai tu non mi sembrano controesempi, anzi! Un Boetti l’abbiamo solo noi (come un Fontana). Accardi secondo me è addirittura una conferma di questa teoria: da noi molti ne contestano le quotazioni, proprio perché hanno in mente un “sostituto” che le preferiscono (Sanfilippo), ma il fatto è proprio che all’estero non lo conoscono abbastanza da “vederlo” nella propria collezione prima di lei.
Concordo sul tuo discorso sul "sottovalutato" italiano, infatti quando leggo questi commenti per artisti che costano già abbastanza, ma di cui ci si lamenta che non costano diverse centinaia di migliaia di euro, resto abbastanza perplesso. Il mio riferimento ad Accardi e Boetti era per sostenere che sono altri i meccanismi che spingono da un anno all'altro le quotazioni rispetto all'unicità e universalità del linguaggio artistico, non per dare un giudizio di merito (se sia giusto o meno che la Accardi costi più o meno di un altro, italiano o non). Ci sono molti artisti stranieri e internazionali che metterei volentieri in casa, ma non me li posso permettere, alcuni che mi posso permettere li ho presi, poi la Tschabalala Self non è tra questi, ma come si vede le sue quotazoni non ne risentono minimamente :D.
 
Concordo sul tuo discorso sul "sottovalutato" italiano, infatti quando leggo questi commenti per artisti che costano già abbastanza, ma di cui ci si lamenta che non costano diverse centinaia di migliaia di euro, resto abbastanza perplesso. Il mio riferimento ad Accardi e Boetti era per sostenere che sono altri i meccanismi che spingono da un anno all'altro le quotazioni rispetto all'unicità e universalità del linguaggio artistico, non per dare un giudizio di merito (se sia giusto o meno che la Accardi costi più o meno di un altro, italiano o non). Ci sono molti artisti stranieri e internazionali che metterei volentieri in casa, ma non me li posso permettere, alcuni che mi posso permettere li ho presi, poi la Tschabalala Self non è tra questi, ma come si vede le sue quotazoni non ne risentono minimamente :D.
Con tanto denaro dietro, si può probabilmente arrivare ad “imporre” l’idea che un certo artista sia unico e insostituibile, anche quando probabilmente non sarebbe del tutto vero. Ogni tanto qualcuno con scarsi mezzi ci prova lo stesso, con risultati invero un po’ ridicoli. Ma qui entriamo in territorio scivoloso…
 
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