Unicredit: solo news n. 4

La banca è un affare? Ecco quali azioni sono cresciute di più in Piazza Affari e perché potrebbero crescere ancora

di Luca Gualtieri

La corsa dei fondi a comprare Mps conferma il momento d’oro degli istituti di credito. Malgrado i rialzi in borsa quotano ancora a sconto rispetto al patrimonio, ma attenzione agli effetti negativi dei costi della raccolta e della crescita dei crediti deteriorati


Gli ultimi 18 mesi sono stati un periodo d’oro per le banche italiane. Come gran parte dei competitor europei e americani gli istituti tricolore hanno macinato profitti grazie al rialzo dei tassi e hanno remunerato gli azionisti con dividendi e piani miliardari di buyback.

Il boom dei titoli

L’ottimismo si è riflesso nelle valutazioni: dai minimi dell’estate 2022, quando sono partiti i rialzi dei tassi Bce, l’indice Ftse Italia Banche ha quasi raddoppiato il proprio valore, con un rialzo del 95%, sorpassando ampiamente il Ftse Mib che nello stesso periodo è cresciuto solo del 41%. Al punto che, lunedì 20 novembre, il Tesoro ha deciso di non perdere il momento d’oro e di avviare la privatizzazione di Mps vendendo il 25%. Una scelta quanto mai azzeccata, come dimostrano i 920 milioni incassati in appena qualche ora.

Se il rally deve molto ai floridi risultati economici degli istituti, molti analisti osservano che le banche partivano da valutazioni più penalizzate rispetto agli altri settori.

Dopo la crisi del 2008 la mediana del multiplo prezzo/patrimonio netto è scesa da 1,85 volte a 0,5 volte stabilizzandosi per oltre un decennio in quest’area. Non si tratta di un fenomeno limitato all’Italia.

Nell’intera Eurozona le valutazioni delle banche sono state zavorrate dai tassi bassi o negativi che per anni hanno compresso il margine di interesse, principale fonte di reddito per gli intermediari tradizionali. Un ulteriore elemento di debolezza è stato lastretta regolatoria che, con l’entrata in vigore del meccanismo di vigilanza unico, ha imposto alle banche di detenere capitale in eccesso rispetto ai requisiti minimi fissati dal cosiddetto Primo Pilastro, penalizzando così la redditività.

Il rialzo dei tassi

Con i rialzi dei tassi da parte della Bce il contesto è cambiato. Se negli anni scorsi il ritorno del capitale (roe) delle banche italiane è sempre stato ridotto al lumicino, oggi si vedono percentuali a doppia cifra comprese tra il 13% di Bper e il 16% di Unicredit. I titoli pertanto hanno riguadagnato terreno, anche se ancora oggi tutti i grandi e medi istituti commerciali quotano al di sotto del patrimonio.

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La situazione migliore è quella di Intesa Sanpaolo che ha un price to book di 0,82 volte, a pari merito con la spagnola Bbva e di poco inferiore alla svizzera Ubs. Unicredit si attesta invece a 0,77 volte, pur avendo messo a segno il recupero più significativo. Dall’estate del 2022 a oggi le azioni del gruppo di piazza Gae Aulenti hanno quasi triplicato il proprio valore, balzando da 8,45 a 25,12 euro e guadagnandosi la maglia rosa tra i bancari italiani. Sono migliorate in misura consistente anche le valutazioni dellaPopolare di Sondrio, il cui multiplo prezzo/patrimonio si attesta oggi a 0,71 volte mentre le altre banche medie quotano tra 0,4 e 0,6 volte i mezzi propri. C’è spazio per correre ancora? Gli analisti sono convinti di sì.

Le ragioni di una crescita ulteriore

In primo luogo la crescita della redditività potrebbe durare ancora qualche trimestre. Quasi tutte le banche hanno migliorato le stime per i risultati di fine anno: Intesa ha alzato l’asticella dei profitti da 7 a oltre 7,5 miliardi, mentre Unicredit ha promesso di superare 7,25 miliardi rispetto ai 6,5 miliardi stimati a maggio. Banco Bpm invece si aspetta un utile sopra gli 1,2 miliardi in confronto agli 1,1 miliardi della previsione precedente. L’aspettativa dei banchieri è che sui tassi la Bce non invertirà troppo rapidamente la rotta e che i rincari della raccolta non metteranno a rischio i profitti.

La politica di dividendi

Per gli azionisti il contesto è ideale. Oggi i dividend yield vanno dal 3,51% di Bper al 9,15% di Intesa. La banca guidata da Carlo Messina ha recentemente confermato la generosa politica verso i soci, annunciando un acconto dividendi cash da 2,6 miliardi a valere sui risultati del 2023. A questo dovrebbe aggiungersi un’ulteriore distribuzione da quantificare quando verranno approvati i risultati del 2023. Anche Unicredit ha fatto aperture riguarda ad acconti sul dividendo e a buyback straordinari, specie se nei prossimi mesi non ci saranno operazioni straordinarie.

A guardare i conti queste strategie appaiono sostenibili: utili più elevati, uniti a un buon controllo delle spese, costo del credito inferiore e dinamiche favorevoli nella qualità degli asset stanno sostenendo una generazione organica di capitale robusta ed elevati coefficienti patrimoniali (Cet1). Un dato quest’ultimo confermato dai risultati risultati dell’ultimo stress test Eba che ha visto diverse banche italiane tra le più solide a livello continentale.

Anche la qualità dell’attivo per ora non sembra destare preoccupazioni. Al contrario nel terzo trimestre e nei primi nove mesi gli accantonamenti per perdite sui prestiti sono diminuiti anno su anno. Il costo medio annualizzato del rischio nei primi nove mesi inoltre è stato più basso rispetto al periodo 2019-2022 e, sebbene le banche prevedano un leggero aumento per l'intero esercizio, il livello dovrebbe mantenersi al di sotto di quello degli anni precedenti.

Le prospettive di m&a

Un altro elemento che potrebbe sostenere le quotazioni dei titoli bancari sono le sempre più concrete prospettive di m&a. Lunedì 20 novembre il governo ha collocato con successo il 25% di Mps, avviando così la privatizzazione del gruppo senese nazionalizzato nel 2016. Le grandi manovre attorno a Siena potrebbero tradursi in un più ampio rimescolamento delle geografie del settore finanziario, con effetti anche al di fuori dal comparto creditizio. Se un’operazione straordinaria di Intesa Sanpaolo in Italia è improbabile dopo l’acquisizione di Ubi Banca, gli occhi degli investitori sono puntati sulla rivale Unicredit che punta ad aumentare le proprie quote di mercato nel paese, e sui due pesi medi del settore, cioè Banco Bpm e Bper.

Meno probabili sono operazioni straordinarie all’estero, sia per le difficoltà di carattere regolamentare, sia perché le sinergie di costo e di ricavo non sono scontate su mercati lontani da quello italiano. Anche in questo ambito però alcuni dossier non hanno smesso di circolare nelle investment bank, da quello della tedesca Commerzbank a quello dell’olandese Abn sulle quali potrebbe presto tornare ad affacciarsi una banca tricolore.

Gli elementi di incertezza

Tutti questi elementi possono insomma giocare a favore di un’ulteriore aumento delle quotazioni per i titoli bancari. L’ottimismo degli investitori però non è generalizzato. Alcuni analisti finanziari per esempio puntano il dito su alcune problematiche che nei prossimi trimestri potrebbero rovinare la festa al settore. In primo luogo c’è il costo della raccolta, a partire da quello dei depositi. Finora la crescita dei ricavi degli istituti ha beneficiato di una forbice dei tassi molto ampia, ma lo scenario sta cambiando.

Nella Bank Lending Survey di ottobre Bce spiega che l’impatto positivo degli aumenti dei tassi sui margini di interesse «dovrebbe gradualmente diminuire». È in crescita la quota di istituti che stanno pagando il rialzo dei tassi a causa della riduzione dei prestiti e dell’aumento delle perdite su credito. Le stesse tendenze sul credito sono visibili anche in Italia, secondo i dati della Banca d’Italia.

Il secondo elemento sotto osservazione è la qualità del credito. La prolungata stretta monetaria e i suoi effetti sul credito rischiano di tradursi in un aumento dei flussi di default che negli ultimi anni sono sempre stati contenuti. Sebbene gli istituti siano attrezzati per affrontare una nuova ondata di npl, un peggioramento della qualità del credito finirebbe per zavorrare i conti economici e per interrompere la crescita dei profitti.

Un’ulteriore incognita per la redditività è rappresentata dall’aumento delle unrealized losses, le perdite potenziali non contabilizzate in bilancio. La crisi di Svb ha evidenziato come il rapido aumento dei tassi faccia allargare queste perdite, incidendo sulla solvibilità e sulla posizione di liquidità delle banche. Un caso isolato? Sì, almeno sinora.

Milano Finanza - Numero 232 pag. 8 del 25/11/2023
 
... e quest'altro:

Banche italiane, la redditività arriverà al picco quest’anno. Bankitalia si aspetta un calo nei prossimi due

di Francesco Ninfole

Peserà l’aumento del costo della raccolta e delle rettifiche su credito. Ma il roe resterà ampiamente positivo. Intanto i piccoli istituti superano lo stress test


Le banche italiane sono vicine al picco in materia di redditività. Il roe, cioè il rendimento del capitale, supererà nel 2023 quello dell’anno prima. Nei prossimi due anni la redditività resterà «ampiamente positiva» ma ci sarà una discesa legata all’aumento del costo della raccolta e delle rettifiche su credito. Sono queste le stime della Banca d’Italia incluse nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria.

Secondo gli ultimi dati di Via Nazionale, il roe del settore al netto delle componenti straordinarie ha toccato il 13,2% a metà 2023, un livello che si confronta con il 9% dell’anno prima. L’incremento è legato soprattutto all’aumento del margine di interesse (+45%) sulla scia dei rialzi dei tassi della Bce. Un contributo positivo è arrivato dalle minori rettifiche sul credito (-35%).
La redditività è stata ancora più elevata nelle cinque maggiori banche che, secondo i dati elaborati da Value Partners (si veda Milano Finanza dell’11 novembre), hanno aumentato gli utili del 77% nei primi nove mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo di un anno fa (da 8,9 a 15,8 miliardi). L’aumento del margine di interesse è stato del 57%, mentre le rettifiche su crediti si sono dimezzate. Unicredit ha ottenuto profitti per 6,7 miliardi (+68%), Intesa per 6,1 miliardi (+85%), Bper per 1,1 miliardi (-26% dovuto anche all’avviamento negativo per Carige), Banco Bpm per 943 milioni (+94%), Mps per 929 milioni (dalla perdita di 334 milioni dei nove mesi di un anno fa).

Le nubi all’orizzonte

Questo quadro roseo potrebbe in parte cambiare a causa di alcuni fattori. Innanzitutto il costo marginale della raccolta delle banche è in aumento e crescerà ulteriormente: era pari a zero a fine 2021 ed è ora poco sopra il 2%. L’incremento riflette la diminuizione del funding (-7% in 12 mesi) che ha riguardato fonti di liquidità a basso costo per le banche, come i depositi dei clienti e i rifinanziamenti Bce. Le famiglie italiane hanno ridotto i conti correnti a vista di 50 miliardi, mentre la loro esposizione sui titoli di Stato è aumentata di 100 miliardi grazie ai tassi più alti dei Btp che hanno fatto concorrenza a quelli offerti dalle banche. Nel resto d’Europa c’è stato un minore afflusso verso i bond sovrani e maggiore verso altri tipi di depositi con rendimenti più alti di quelli a vista.

Nei prossimi mesi così il graduale adeguamento degli interessi sui depositi avrà un effetto negativo sulla redditività. Gli istituti devono inoltre restituire 152 miliardi alla Bce, di cui la metà entro marzo 2024. Ma Bankitalia non è preoccupata grazie alla liquidità in eccesso che è pari a 192 miliardi. Gli indici di liquidità del settore sono largamente oltre il minimo del 100%, anche se in calo: quello a breve (Lcr) è al 175%, quello a lungo termine (Nsfr) al 134%. La solidità della raccolta dei gruppi italiani rende molto improbabile una crisi in stile Silicon Valley Bank poiché gli istituti, in caso di tensioni sui mercati, non avrebbero bisogno di cedere asset in perdita.
Un altro fattore in grado di abbassare i roe è il possibile aumento dei crediti deteriorati e di conseguenza delle rettifiche. Lo scenario è per ora positivo sui prestiti problematici: il divario delle banche italiane rispetto a quelle europee si è «sostanzialmente azzerato», ha osservato Bankitalia. Anche il tasso di deterioramento è salito in modo lieve all’1,1%, lontano dal 6% toccato durante la crisi del debito sovrano. Ma secondo le proiezioni della banca centrale il valore potrebbe salire al 3,2% nel 2025.
«L’andamento degli indicatori anticipatori del deterioramento non evidenzia particolari segnali di peggioramento della qualità del credito», ha rilevato Via Nazionale. Tuttavia «gli effetti del rialzo dei tassi di interesse e del quadro macroeconomico meno favorevole, non ancora interamente dispiegati, potrebbero incidere sulla futura capacità di rimborso dei debitori con una quota rilevante di prestiti a tasso variabile». La stretta Bce, che finora ha favorito le banche, peserà sempre più su famiglie e imprese e alla fine avrà anche conseguenze negative per gli istituti. Un altro rischio evidenziato da Bankitalia riguarda possibili gravi incidenti cibernetici: ce ne sono stati 20 nel primo semestre 2023, contro i 13 in tutto il 2022.

Le piccole banche superano lo stress test di Bankitalia

Lo scenario è nel complesso positivo anche per le piccole banche (Lsi o less significant institutions). Il comparto ha superato lo stress test di Via Nazionale su 112 istituti: «Le Lsi italiane mostrano un’adeguata capacità di tenuta nello scenario avverso, con un Cet1 ratio medio finale dell’11,1%». Alla riduzione dal 16% di capitale di partenza contribuirebbero soprattutto la crescita degli oneri di gestione per l’inflazione e l’aumento del rischio di credito.
«Nel confronto con lo stress test condotto a livello europeo, considerando le sole Lsi con operatività tradizionale, la riduzione del patrimonio è maggiore di quella osservata per le banche italiane significative dell’1,5%», ha rilevato Bankitalia. Le piccole banche nell’esame hanno sofferto più delle grandi per rischio di credito e costi operativi ma hanno beneficiato di una maggiore crescita del margine di interesse. La Vigilanza ha evidenziato che «le banche che nello scenario avverso non sarebbero in grado di rispettare almeno uno dei requisiti prudenziali sono già da tempo all’attenzione della Banca d’Italia, anche attraverso l’adozione di interventi correttivi».

Milano Finanza - Numero 232 pag. 12 del 25/11/2023
 
Di ieri...

Unicredit: resta ben al di sopra di requisiti patrimoniali dopo revisione buffer Bankitalia​

MILANO (MF-NW)--Il buffer di capitale O-SII (other systemically important institutions) di Unicredit a partire dal 1* gennaio 2024 e' fissato all'1,50%, a seguito della comunicazione ricevuta dalla Banca d'Italia in relazione alla revisione metodologica dei gruppi bancari italiani. L'istituto di credito puntualizza in una nota che non vi e' alcun impatto sulle ambizioni di distribuzione agli azionisti di Unicredit per il 2023 o per il futuro, sul funding plan o sugli obiettivi di capitale. Al 30 settembre 2023, i coefficienti patrimoniali di Unicredit su base consolidata erano pari a: 17,19% Cet 1 ratio, fully loaded; 17,5% Cet 1 ratio, transitorio; 19,17% Rapporto Tier 1, transitorio; 22,24% Total Capital ratio, transitorio. com/alb alberto.chimenti@mfnewswires.it (fine) MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

24/11/2023 18:28
 
Purtroppo ci siamo anche noi...

Banche, Julius Baer conferma l’esposizione per 606 milioni ad un gruppo europeo. I mercati temono in un default di Signa​

di Elena Dal Maso

La banca svizzera conferma che gli accantonamenti per perdite su crediti contabilizzati all'inizio di novembre riguardano soprattutto un cliente. Si teme sia Signa, gruppo austriaco che venerdì ha presentato domanda di insolvenza al Tribunale di Berlino su una controllata


Il titolo Julius Baer cedeva in avvio il 2,33% a 45,66 franchi svizzeri per 9,39 miliardi di capitalizzazione alla Borsa di Zurigo per poi passare in guadagno (+0,5%), dopo che la banca ha confermato che il gli accantonamenti per perdite su crediti contabilizzati all'inizio di novembre riguardano soprattutto un cliente che ha preso in prestito 606 milioni franchi.

«L'esposizione complessiva verso questo gruppo di clienti è garantita da molteplici pacchetti di garanzie relativi a immobili commerciali e retail nel segmento del lusso e ora è soggetta a una ristrutturazione a lungo termine», ha spiegato Julius Baer in una nota.

La banca svizzera, che ha appena venduto l’italiana Kairos, ha aggiunto che, se necessario, adotterà ulteriori disposizioni coprire l’esposizione, dopo aver accantonato 70 milioni di franchi agli inizi di novembre. Il gestore patrimoniale non ha ancora fatto il nome del cliente sul debito in questione, che ora è soggetto a una ristrutturazione a lungo termine. Ha però detto che si tratta di prestiti a tre diverse società che fanno parte di un gruppo europeo.

Quanto peserebbe un default del gruppo Signa

Bloomberg e Reuters hanno scritto che il cliente è il gruppo austriaco Signa in mano al magnate Rene Benko, in forti difficoltà economiche dopo la corsa al rialzo dei tassi da parte della Bce da luglio 2022 a oggi e che l’autorità svizzera di regolamentazione, la Finma, stava già monitorando l’esposizione. Julius Baer è la seconda banca svizzera in difficoltà dopo che il governo di Berna è dovuto intervenire nei mesi scorsi per salvare Credit Suisse e fonderlo in Ubs.
Una controllata di Signa venerdì non a caso ha presentato istanza di insolvenza al tribunale di Berlino, spiegando che gli sforzi per salvare il gruppo stanno vacillando. Una vera e propria insolvenza da parte di Signa Prime potrebbe rappresentare uno shock per i mercati immobiliari europei dal momento che Signa Prime e Signa Development, un'altra controllata, hanno valutato i loro asset oltre 23 miliardi di euro a fine 2022.

Il maggior debitore privato del gruppo

Signa, scrive Reuters, rappresenta il maggiore prestito per cliente privato nel portafoglio della banca, che a fine ottobre ammontava, nel complesso, a 1,5 miliardi di franchi. «Se e quando opportuno, il gruppo resterà prudente nel contabilizzare ulteriori aggiustamenti di valutazione come richiesto», ha scritto Julius Baer. Secondo gli analisti Vontobel, la questione fondamentale ora è: quali garanzie detiene la banca e quanto valgono ancora?

La scorsa settimana, le azioni Julius Baer sono crollate ai minimi dell'anno (-15% da gennaio), dal momento che la banca ha tagliato le attese sull’utile dopo accantonamenti su prestiti per 82 milioni di franchi svizzeri. E di questi 82 milioni di franchi, 70 milioni sono stati contabilizzati nel portafoglio crediti dopo il 31 ottobre 2023, senza identificare i crediti in questione. «La qualità complessiva del portafoglio prestiti e del bilancio rimane inalterata, con una capitalizzazione forte e un'elevata liquidità che forniscono ampia capacità di assorbire eventuali rischi derivanti dalle attività del gruppo», ha affermato Julius Baer nell’aggiornamento ai mercati relativo ai primi 10 mesi del 2023.

Orario di pubblicazione: 27/11/2023 09:13
Ultimo aggiornamento: 27/11/2023 09:55
 
Banche, Unicredit non è più banca sistemica globale. I vincitori e i vinti su dividendi, buyback e bond AT1 dopo la revisione di Bankitalia
Banche, Unicredit non è più banca sistemica globale. I vincitori e i vinti su dividendi, buyback e bond AT1 dopo la revisione di Bankitalia
Andrea Orcel, Unicredit

Banche, Unicredit non è più banca sistemica globale. I vincitori e i vinti su dividendi, buyback e bond AT1 dopo la revisione di Bankitalia

di Elena Dal Maso

Lunedì 27 il Financial Stability Board ha tolto Unicredit dall’elenco delle banche sistemiche globali. Banca d’Italia, poi, ha identificato le istituzioni a rilevanza sistemica nazionale (O-SII) per il 2024 e definito l’apposita riserva di capitale che dovranno rispettare. Le novità sono diverse e inattese, secondo gli analisti. Il punto su Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper Banca e Mps


Dolcetto o scherzetto? In una nota dai toni un po’ pungenti, dal titolo Banks - Black Friday scam, gli analisti di MediobancaResearch scrivono che, dopo «il Thanksgiving Day e il Black Friday, le autorità di regolamentazione italiane hanno appena pubblicato i nuovi requisiti in materia di O-SII (D-SIFI), ovvero i requisiti patrimoniali per le banche sistemiche a livello nazionale».

Banca d’Italia ha infatti identificato le istituzioni bancarie a rilevanza sistemica nazionale (O-SII) per il 2024 e definito l’apposita riserva di capitale che dovranno rispettare. La valutazione è stata effettuata sulla base delle indicazioni dell’EBA, tenendo in considerazione la metodologia Bce per quanto riguarda la valutazione sull’appropriatezza di capitale per le O-SII.

FSB: Unicredit non è più banca sistemica globale

A questo si aggiunga che lunedì 27 novembre il Financial Stability Board (FSB) ha cancellato UniCredit dall'elenco delle banche di importanza sistemica globale. Il gruppo milanese era l'unico in Italia tra quelli ritenuti di rilevanza sistemica globale dal FSB.
Insieme a Unicredit, Credit Suisse è stato rimosso dall'elenco ed è stata aggiunta per la prima volta China's Bank of Communications, portando il numero totale di banche da 30 nel 2022 a 29. UBS ha fatto un balzo in avanti dopo aver rilevato all'inizio di quest'anno Credit Suisse nella prima fusione di due banche di importanza sistemica.

Secondo gli analisti di Bloomberg Intelligence Unit, «il capitale in eccesso pro forma di Unicredit potrebbe avvicinarsi a 700 punti base e consentire una certa flessibilità strategica, compresi rendimenti sul capitale nel biennio 2023-24 di oltre 13 miliardi di euro. Sono possibili anche ulteriori acquisizioni, a seguito del recente accordo con Alpha Services and Holdings».

I cambiamenti nei requisiti

Ecco, in sostanza, come cambiano i requisiti delle banche italiane dopo la revisione di Bankitalia secondo la ricostruzione fatta da Equita Sim:
- Unicredit: 150 punti base per il 2024-25 dalla precedente indicazione di 100 punti base (Cet1 al 30 settembre del 16,3% pro forma, Srep 2023 al 9,21%);
- Intesa Sanpaolo: 125 punti base per il 2024-25 dalla precedente indicazione di 75 punti base (Crt1 al 30 settembre del 13,6%, Srep 2023 all'8,88%);
- Banco Bpm: 50 punti base per il 2024-25 dalla precedente indicazione di 25 punti base (Cet 1 al 30 settembre al 14,9% pro forma, Srep 2023 all'8,7%);
- Bper Banca: 12,5 punti base per il 2024 e 25 punti base per il 2025 (Cet1 al 30 settembre al 14,9%, Srep 2023 all'8,47%);
- Mediobanca: 12,5 punti base per il 2024 e 25 punti base per il 2025 (Cet del primo trimestre 2024 al 15,5%, Srep al 7,95%);
- ICCREA: 12,5 punti base per il 2024 e 25 punti base per il 2025 (Cet1 30 settembre al 20,8%, Srep 2023 all'8,58%).
Mps, ricorda Equita, invece non viene più considerata come istituzione a rilevanza sistemica nazionale. Alla luce della solida posizione patrimoniale delle banche italiane e dei buffer considerevoli rispetto al requisito SREP, «non riteniamo che l’incremento della riserva O-SII comporterà variazioni alle politiche distributive degli istituti», scrive la Sim milanese.

Due le sorprese dalla revisione di Bankitalia

Due le sorprese che escono dal pacco dono, secondo Mediobanca: i requisiti minimi richiesti «stanno aumentando», inoltre Banca d’Italia ha «effettuato un rimpasto dei nomi interessati, con l'uscita di Mps e l'ingresso di Mediobanca, Iccrea e Bnl. Per Unicredit e Intesa Sanpaolo si prevede un’erosione di 50 punti base (circa 1,5 miliardi di euro ciascuna), 25 punti base nel caso di Banco Bpm e Bper Banca e un minor impatto invece di 25 punti base per Mps», scrivono gli analisti.

E quindi, aggiungono, «nessuna tragedia, ma nemmeno offerte speciali per il Black Friday!». Nonostante in base agli attuali livelli di solidità bancaria in capo al Cet1 l’impatto paia sopportabile, i requisiti richiesti ora a livello nazionale, ragiona MediobancaResearch, «non sono più trascurabili», hanno addirittura superato i «requisiti SIFI (legati alle banche sistemiche, ndr) globali nel caso di Unicredit».

Il ragionamento degli esperti poi prosegue, sottolineando che, «dopo lo spavento, seguito dall'elusione dell'imposta bancaria (sulle plusvalenze derivanti dall’aumento dei tassi, ndr), sembra che l'autorità di regolamentazione si stia accaparrando il capitale in eccesso distribuibile agli azionisti (un'erosione di 50 punti base del Cet 1 derivante dall'imminente piano di buyback di Intesa Sanpaolo che sarà annunciato con i risultati dell'anno fiscale 2023)».
Mediobanca Research conferma lunedì il giudizio outperform su Unicredit, Banco Bpm, Bper Banca, e neutral su Intesa Sanpaolo, Credem, Banca Popolare di Sondrio.

Quali sono le implicazioni sui bond At1 emessi dalle banche?

A prima vista, l’aumento dei requisiti di riserva a partire dallo Srep rappresenta «uno sviluppo positivo per gli investitori nel debito bancario, significa che le banche devono avere un Cet 1 più elevato», scrive Mediobanca. Tuttavia se gli istituti di credito decidessero di mantenere l’attuale politica di remunerazione degli azionisti composta da dividendi più buyback e decidessero di ridurre gli attuali cuscinetti sull’MDA, questo potrebbe inviare un segnale di mercato negativo agli investitori AT1», scrivono gli esperti. MDA sta per Importo Massimo Distribuibile (MDA) per le banche europee, rappresenta l'importo massimo disponibile per i pagamenti di dividendi, distribuzioni di cedole AT1 o remunerazioni variabili.

Intesa Sanpaolo

Mediobanca Research ritiene che i bond AT1 collocati «da Intesa Sanpaolo (attuale Cet1 Fully Loaded al 13,6%, MDA buffer di 480 punti base) probabilmente subiranno un impatto negativo, in particolare il nuovo ISPIM 9,125 Perp 29 (prezzo 105, rendimento 8%)». Inoltre ritengono che la banca milanese «annuncerà un buyback (per un ammontare di 50 punti base di Cet 1) nel quarto trimestre portando il Cet 1 al 13%. Ne approfittiamo anche per chiudere la preferenza al bond ISPIM 5.5 Perp 28 (prezzo 89, rendimento 8,7%)».

Unicredit

Gli analisti pensano poi che gli AT1 emessi da Unicredit «difficilmente subiranno un impatto significativo dato l’elevato rapporto Cet1 Fully Loaded (17,2%) e gli enormi cuscinetti sull’MDA (746 punti base)». Si aspettano poi che la banca potrebbe «non emettere AT1 nel prossimo futuro (e potrebbe semplicemente utilizzare il capitale per richiamare i suoi AT1 nei prossimi due anni)».
Gli esperti ritengono che la banca richiamerà il «bond Unicredit Usd 8 Perp 24 (call 24 giugno, prezzo attorno a 99) e potenzialmente non sostituirà né rifinanzierà questa obbligazione»

Banco Bpm

L'aumento dei requisiti di buffer su Banco Bpm «non è enorme (solo 25 punti base), rispetto al suo Cet1 Fully Loaded al 14,9% e al buffer MDA di 620 punti base» In tal senso, il bond emesso di recente Banco Bpm 9.5 Perp 28 si è «comportato molto bene ed è ora scambiato a 103,25, con un rendimento dell’8,6%».
Considerata la recente performance degli AT1 delle banche italiane, «potrebbe essere il momento di prendere profitto e passare agli AT1 emessi da altre banche dell'Eurozona che sono ancora scambiati con un rendimento superiore al 10%», concludono gli analisti.

Orario di pubblicazione: 27/11/2023 11:53
Ultimo aggiornamento: 27/11/2023 14:00
 
I libri in tribunale...


Immobiliare, il colosso tedesco da 27 miliardi Signa porta i libri in tribunale. Ecco tutte le banche che rischiano di scottarsi
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Immobiliare, il colosso tedesco da 27 miliardi Signa porta i libri in tribunale. Ecco tutte le banche che rischiano di scottarsi​

di Luca Gualtieri

La branch di Berlino presenta istanza di fallimento. Nel gruppo attività per 27 miliardi. In vista altri default. Julius Baer esposta per 600 milioni. Tra i creditori Unicredit, Reiffeisen e le Landesbank


Il dossier Signa, uno dei colossi del real estate tedesco, è finito in tribunale e potrebbe creare seri problemi alla finanza di Francoforte.

La filiale tedesca Signa Real Estate Management Germany ha presentato istanza ufficiale di fallimento presso il tribunale distrettuale di Berlino Charlottenburg e altre controllate dell’impero fondato dal tycoon bavarese René Benko potrebbero fare lo stesso nei prossimi giorni. Fonti di mercato segnalano che già oggi potrebbe arrivare la dichiarazione di fallimento dell’intero gruppo.

Lo spettro del default

Di certo da qualche settimana la situazione finanziaria di Signa è molto tesa, come dimostra anche il clima che si respira tra i suoi grandi creditori. Fondato in Austria nel 2000 da Benko, il gruppo è diventato il maggior proprietario di centri commerciali nell'Europa centrale con oltre 46 mila dipendenti, partecipazioni per 27 miliardi e progetti in fase di sviluppo per 25 miliardi.

La crescita e la caduta

L’impetuosa crescita del colosso real estate (che è anche co-proprietario del grattacielo Chrysler di New York e dei grandi magazzini Selfridges di Londra) è avvenuta a debito ed è stata sostenuta da alcuni dei principali istituti austriaci e tedeschi. Per il momento non circolano ancora dati ufficiali sull’esposizione debitoria.

Tutte le banche coinvolte

Secondo Reuters alle sole Unicredit (attraverso Bank Austria) e Raiffeisen Bank International sarebbero riconduciblii debiti per quasi 1,5 miliardi, mentre l’esposizione complessiva verso le banche austriache si attesterebbe a 2,2 miliardi. Il player svizzero di private banking e asset management Julius Baer è esposta per di 606 milioni di franchi svizzeri, notizia che ieri ha fatto cadere del 2,29% il titolo alla borsa di Zurigo. Anche diverse landesbank tedesche rischiano di scottarsi sul dossier immobiliare. In questo ambiti i nomi che circolano sono quelli della Hessen-Thüringen (Helaba), della Nord LB, della Bayern LB Monaco e della LBBW Stoccarda. Nella partita sarebbe poi coinvolta la DZ Bank, l’istituto centrale delle banche tedesche di credito cooperativo.

Le manovre di emergenza

Il conto finale però potrebbe essere significativamente più alto, anche perchè sul mercato circolano ancora diversi obbligazioni emesse da Signa negli anni scorsi. Sul salvataggio è al lavoro il manager esperto di ristrutturazioni Arndt Geiwitz a favore del quale nelle scorse settimane Benko ha rinunciato alla presidenza del gruppo. Per evitare il baratro Signa ha annunciato una ristrutturazione del portafoglio complessivo di attività e ha avviato sondaggi sul mercato per ottenere un ulteriore finanziamento fino a circa due miliardi. Tra gli interlocutori contatti ci sarebbe stato il fondo Elliott con il quale perà non sono stati ancora raggiunti accordi. Le tensioni finanziarie si sono peraltro ampiamente riflesse sulle attività industriali del gruppo. Diversi progetti di Signa, tra cui la costruzione di un grattacielo in Germania, si sono arenati, rendendo gli investitori sempre più nervosi.

La crisi di Signa si inserisce nella brusca frenata del settore immobiliare austriaco e, soprattutto, tedesco su cui Bce ha puntato i riflettori. A ottobre in Germania il 22,2% delle aziende edili ha riportato progetti e ordini cancellati, in peggioramento dal dato di settembre del 21,4%. Un dato che segue un trend ben delineato: ad agosto la percentuale era del 20,7%, a luglio del 18,9%.

Queste difficoltà si stanno riverberando nei conti delle banche che in passato hanno finanziato generosamente il settore. Il tasso di default dei prestiti starebbe crescendo e potrebbe mantenersi elevato per i prossimi 12 mesi con una crescita annuale dello stock di non performing loan intorno al 20-25%. Molti istituti hanno già messo in campo contromisure, riducendo il portafoglio crediti sia stringendo i rubinetti che cedendo posizioni a operatori specializzati prima della classificazione a default.

MF - Numero 233 pag. 3 del 28/11/2023
 

Il colosso Signa presenta istanza di insolvenza. È il maggiore crack nella storia recente europea. Coinvolta anche Unicredit​

di Luca Gualtieri
tempo di lettura 2 min

Signa Holding, la capogruppo dell’impero con partecipazioni per 27 miliardi di euro, ha presentato istanza di insolvenza a Vienna. Parte l’auto-amministrazione. Tra le banche esposte anche l’italiana Unicredit, oltre a Reiffeisen e Julius Baer


Mercoledì 29 novembre Signa Holding, la capogruppo del colosso immobiliare austriaco fondato dal miliardario austriaco René Benko e con partecipazioni per 27 miliardi di euro, ha presentato istanza di procedura di insolvenza a Vienna.

L’annuncio del gruppo

In una dichiarazione, il gruppo fortemente indebitato ha affermato di aver presentato domanda di auto-amministrazione, una procedura prevista dal diritto societario austriaco che consente a una società di ristrutturarsi, senza affidare il pieno controllo del processo a un amministratore esterno.

«Nonostante i notevoli sforzi compiuti nelle ultime settimane, non è stato possibile garantire la liquidità necessaria per un processo di ristrutturazione extragiudiziale e quindi Signa Holding ha ora presentato domanda per una procedura di riorganizzazione», ha dichiarato Signa.

Tremano le banche

La dichiarazione sta già sollevando forti preoccupazioni tra le dozzine di banche europee, esposte a Signa. Alle sole Unicredit (attraverso Bank Austria) e Raiffeisen Bank International sarebbero riconducibili debiti per quasi 1,5 miliardi, mentre l'esposizione complessiva verso le banche austriache si attesterebbe a 2,2 miliardi. Il player svizzero di private banking e asset management Julius Baer è esposta per di 606 milioni di franchi svizzeri con 70 milioni già accantonati. Martedì 28 è emerso anche il coinvolgimento dell’americana Citi, parte di un consorzio che ha concesso un prestito da 100 milioni.

Anche diverse Landesbank tedesche rischiano di scottarsi sul dossier immobiliare. In questo ambiti i nomi che circolano sono quelli della Hessen-Thüringen (Helaba), della Nord LB, della Bayern LB Monaco e della Lbbw Stoccarda. Nella partita sarebbe poi coinvolta la DZ Bank, l'istituto centrale delle banche tedesche di credito cooperativo.

La caccia alla liquidità

Non sono andati a buon fine i tentativi di evitare l’insolvenza. Il gruppo immobiliare ha cercato di raccogliere fino a 600 milioni di euro, per soddisfare le esigenze di liquidità a breve termine e sono in corso contatti con diversi fondi di investimento tra cui Elliott. L'esito dei colloqui però si è rivelato alquanto interlocutorio.

Già all'inizio della settimana la filiale tedesca Signa Real Estate Management Germany ha presentato istanza ufficiale di fallimento presso il tribunale distrettuale di Berlino Charlottenburg.

Orario di pubblicazione: 29/11/2023 13:09
Ultimo aggiornamento: 29/11/2023 13:36
 
Unicredit, cosa dice il ceo Andrea Orcel sui 10 miliardi per M&A & co. JP Morgan e Mediobanca fanno il punto su Signa
Unicredit, cosa dice il ceo Andrea Orcel sui 10 miliardi per M&A & co. JP Morgan e Mediobanca fanno il punto su Signa
Andrea Orcel

Unicredit, cosa dice il ceo Andrea Orcel sui 10 miliardi per M&A & co. JP Morgan e Mediobanca fanno il punto su Signa​

di Elena Dal Maso

Non più banca sistemica mondiale, fra gli istituti che hanno erogato credito al colosso Signa in via di default, in realtà Unicredit ha mezzi per fare un’operazione straordinaria. O per alzare la remunerazione degli azionisti, già ai massimi in Europa. Tanto che il rendimento totale dell’azione (dividendo + buyback) è del 16,7%


Unicredit al centro della scena. La banca italiana, guidata dall’ad Andrea Orcel, è uscita nei giorni scorsi dall’elenco degli istituti sistemici mondiali ed è fra i gruppi creditori del colosso immobiliare austriaco Signa che ha fatto istanza di fallimento. Giovedì 30 novembre il titolo cede lo 0,45% a 25,21 euro a Piazza Affari per 45 miliardi di capitalizzazione, mentre il Ftse Mib sale dello 0,4%.

JP Morgan alza il target price, per Mediobanca è best pick

Nel frattempo, gli analisti di JP Morgan hanno confermato il rating Overweight sul titolo e alzato oggi il prezzo obiettivo da 34 a 39 euro, sottolineando che il titolo rende come total yield (dividendo + buyback) il 16,7% trattando a 0,7 volte il rapporto TBV (tangible book value) e con margini (NII) «più resilienti di quanto atteso».
Mediobanca Research ha confermato Unicredit nel gruppo delle 5 banche europee preferite accanto a Santander, Deutsche Bank, Bnp Baribas e Hsbc. Equita Sim, dal canto suo, ha confermato il rating buy e il prezzo obiettivo di 31 euro su Unicredit.

Signa Holding ha comunicato di aver avviato una procedura di insolvenza al tribunale di Vienna, presentando domanda di auto-amministrazione per poter ristrutturare le attività del gruppo.Tra i creditori del gruppo austriaco ci sarebbero numerose banche fra cui anche Unicredit (presente con Hypovereinsbank). Secondo MF-Milano Finanza, l’esposizione di Unicredit sarebbe limitata a 600 milioni e non sarebbe direttamente nei confronti della holding, quanto di singoli progetti immobiliari con asset di elevata qualità a garanzia dei prestiti stessi.

Secondo gli analisti di Equita, « Unicredit è assolutamente nella condizione di assorbire eventuali perdite relative ai progetti finanziati, senza impatti sui target e sulle politiche distributive (considerando anche l’ulteriore buffer di protezione garantito da 1,8 miliardi di overlays (strategie di protezione, ndr) e dalla forte generazione organica di utile della banca».
Dall’altro lato gli analisti riconoscono «come l’insolvenza di Signa, che ha partecipazioni per 27 miliardi di euro, possa contribuire ad aumentare le tensioni sia in ambito finanziario che economico, soprattutto qualora questa si dimostrasse non essere un caso isolato».

Gli analisti di Mediobanca Research, dal canto loro, sottolineano che Unicredit ha di recente confermato i target sul costo del rischio. E che il settore immobiliare commerciale è nel radar di analisti, operatori di mercato e della stessa Bce «da molti mesi… mentre Unicredit ha appena ribadito un messaggio positivo sul costo del rischio 2023 e 2024, assicurato anche da overlays di 1,8 miliardi di euro».

L’intervista del ceo Orcel sui 10 miliardi disponibili per operazioni

L’ad di Unicredit, Andrea Orcel, ha rilasciato un’intervista a Bloomberg Tv con Francine Lacqua facendo il punto del suo piano Unlocked 2024 e sulla disponibilità per operazioni. Fra i punti toccati, la riduzione della burocrazia, la chiusura delle linee di business deboli, lo spostamento delle risorse verso attività più redditizie e la riduzione dell’organico di 10.000 persone.
Unicredit ha previsto un piano di remunerazione degli azionisti molto generoso, anzi, il più generoso in Europa, una distribuire almeno 6,5 miliardi di euro nel 2023 tramite dividendi e riacquisti di azioni. Questo ha contribuito a quasi triplicare il prezzo delle azioni, passate da 8,9 euro di aprile 2022 a 25,21 euro oggi.

Durante l’intervista è stato toccato anche il tema della disponibilità per operazioni straordinarie, 10 miliardi di euro e il suo possibile uso, fra ipotesi di M&A oppure ulteriore remunerazione degli azionisti.
Nell'aprile 2021 Orcel è tornato in Unicredit sostituendo Jean Pierre Mustier, per far rinascere una banca «che aveva perso fiducia in sé stessa e credibilità all’esterno», le parole del ceo. Oggi «il sogno è rispondere alla domanda di Henry Kissinger quando disse: Se voglio parlare con l'Europa, chi chiamo? Vorremmo far parte di quella chiamata».

Interpellato direttamente su grandi operazioni transfrontaliere, l’ad Orcel ha ricordato che non esiste ancora una normativa unica in Europa e questo frena i progetti, che acquisizioni effettuate in Paesi dove si è già presenti di fatto sono sempre forme di M&A che la banca considera a livello nazionale. Ma che ogni operazione deve portare valore: «Se non sono i termini giusti, se non è il modo giusto, è meglio non farla». Ma «se dovessimo fare qualcosa, siamo estremamente fiduciosi di poterne ricavare valore».

A questo si aggiunga che un’acquisizione importante a breve sarebbe difficile, perché la «valutazione di Unicredit in borsa è inferiore a quella della maggior parte dei concorrenti». Orcel ha poi ricordato che l’Europa ha bisogno di banche con capitalizzazioni di mercato superiori a 100 miliardi di dollari se vogliamo che questo blocco economico regga nei confronti degli Stati Uniti o della Cina.

Il piano industriale Unlocked finisce al termine del 2024, mentre il consiglio di amministrazione scade con l’approvazione del bilancio 2023 nella primavera del 2024 fra fine marzo e gli inizi di aprile.

Orario di pubblicazione: 30/11/2023 10:35
Ultimo aggiornamento: 30/11/2023 13:12
 

Unicredit: investe in fintech tedesca Banxware​

MILANO (MF-NW)--UniCredit ha investito nella fintech Banxware, fornitrice di servizi di embedded lending con sede a Berlino, nell'ambito dell'ultimo round azionario promosso dalla societa'. La banca, informa una nota, auspica a collaborare con la fintech in Germania e su altri mercati, come parte del suo obiettivo di espandere l'offerta di credito ai clienti aziendali esistenti, oltre che ad attingere a una nuova base di clienti. Banxware consente a 30 piattaforme in Germania e nei Paesi Bassi di offrire finanziamenti ai propri clienti aziendali, occupando uno spazio cruciale in un segmento di servizi finanziari alle pmi poco sviluppato. I clienti di Banxware sono piattaforme come Worldline (Payone), JustEat Takeaway (Lieferando), Qonto, SumUp, Agicap e altre. Nell'ambito degli obiettivi del piano industriale, UniCredit effettua investimenti diretti in aziende che possono accelerare il suo percorso di trasformazione. Il gruppo si concentra su operatori con tecnologia all'avanguardia, che forniscono capacita' digitali e implementano nuovi modelli di business per servire meglio i clienti e attirarne di nuovi, migliorare le pratiche interne e accelerare il raggiungimento degli obiettivi. L'operazione con Banxware e' stata gestita dal nuovo strategic investment team, parte di Group Strategy & Esg, che esplora le opportunita' di investimento. com/bem (fine) MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

30/11/2023 17:02
 

Unicredit: con due operazioni sale a 50% di Incontra Assicurazioni​

MILANO (MF-NW)--UniCredit ha completato due operazioni, tra loro contestuali, finalizzate a semplificare l'attuale assetto della bancassicurazione. La prima, informa una nota, riguarda l'acquisto da UnipolSai Assicurazioni di una quota del 51% di Incontra Assicurazioni. Mentre la seconda riguarda la vendita ad Allianz di una quota del 50% di Incontra. A seguito di tali operazioni, la partecipazione detenuta da UniCredit nel capitale sociale di Incontra e' passata dal 49% al 50%. com/bem (fine) MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

01/12/2023 08:35
 

UNICREDIT NOMINATA "GLOBAL BANK OF THE YEAR 2023" DA THE BANKER​

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(Teleborsa) - UniCredit è stata nominata "Banca dell'anno 2023" a livello globalealla cerimonia annuale dei The Banker's Awards a Londra, oltre ad essere stata nominata "Banca dell'anno in Europa occidentale", "Banca dell'anno in Italia" e "Banca dell'anno in Bulgaria". È la prima volta che UniCredit ottiene il riconoscimento di Banca dell'anno a livello globale. Considerati tra i principali standard del settore per l'eccellenza bancaria, i "Bank of the Year Awards" di The Banker valutano le principali istituzioni finanziarie del mondo in base alla loro capacità di generare rendimenti, ottenere un vantaggio strategico e servire i propri mercati.


The Banker, parte del Financial Times Group, fornisce informazioni economiche e finanziarie per il settore finanziario mondiale e si è costruito una reputazione per il reporting obiettivo e approfondito sin dalla sua nascita nel 1926.

"UniCredit rappresenta un'impressionante storia di turnaround, registrando un aumento di oltre il 200% dei profitti durante l'intero anno in esame, riducendo la base dei costi e – ha affermato Joy Macknight, direttrice di The Banker – ottenendo i migliori risultati di sempre nel primo trimestre del 2023. È sulla buona strada per realizzare il suo Piano strategico 2022-2024 'UniCredit Unlocked', facendo anche meglio ad oggi delle sue previsoni. La banca si trova nella seconda fase della sua trasformazione industriale, dopo aver effettuato investimenti significativi nel digitale e nei dati. Oltre a rinnovare la propria architettura IT tramite API e infrastruttura cloud, UniCredit sta investendo nella digitalizzazione di tutti i suoi processi, per migliorare l'esperienza dei dipendenti. I suoi impegni ESG sono all'avanguardia ed in particolare i suoi sforzi per rafforzare l'attenzione sulle questioni sociali. Le sue partnership con Allianz e Azimut illustrano la lungimiranza della banca nel fornire un servizio e un'offerta eccellenti ai clienti".

Negli ultimi due anni, dal lancio del piano strategico UniCredit Unlocked, la banca ha lavorato incessantemente alla propria trasformazione culturale e industriale, razionalizzando i propri sistemi, aumentando le proprie capacità digitali e di raccolta ed analisi dei dati ed incorporando i principi ESG in tutte le sue attività, al fine di diventare una banca fondamentalmente migliore e più forte per le comunità che serve.

"Siamo immensamente orgogliosi di questi risultati, che – ha dichiarato Andrea Orcel, Group CEO e Responsabile Italia di UniCredit – dimostrano la forza delle nostre tredici banche in Europa e di come sappiano mettere il cliente al centro della nostra attività. Tutto ciò è stato reso possibile dal lavoro di squdra dei nostri colleghi, che sono impegnati a sostenere la nostra strategia e la cultura dell'eccellenza che abbiamo promosso all'interno della banca. Continueremo ad agire per alzare il livello del nostro servizio, a nome dei nostri
clienti e delle comunità in cui operiamo, in un percorso volto a trasformarci nella banca per il futuro dell'Europa. All'inizio di quest'anno, UniCredit è stata anche nominata Migliore Banca per l'Innovazione nel Digital Banking, Europa Occidentale e Migliore Banca per i Pagamenti, sempre da The Banker, nell'ambito dei suoi programmi di "Innovation in Digital Banking" e "Transaction Banking Awards".
I nuovi riconoscimenti rappresentano un ulteriore e significativo attestato dello slancio di UniCredit verso la sua continua trasformazione, già testimoniato dagli Euromoney Awards for Excellence di quest'anno, quando la banca è stata nominata Migliore Banca dell'Europa Centrale e Orientale, Migliore Banca e Migliore Banca d'Investimento in Italia, e Miglior Banca in altri quattro paesi in cui UniCredit è presente.

(TELEBORSA) 01-12-2023 11:53
 
Banche, ecco perché l’outlook 2024 di Moody’s è negativo. Cosa può cambiarlo
Banche, ecco perché l’outlook 2024 di Moody’s è negativo. Cosa può cambiarlo


Banche, ecco perché l’outlook 2024 di Moody’s è negativo. Cosa può cambiarlo​

di Francesca Gerosa

La ridotta liquidità e la capacità di rimborsi più limitata comprimeranno la qualità dei prestiti delle banche a livello globale, aumentando i rischi sugli attivi, avverte l’agenzia di rating, preoccupata per il rallentamento economico in Cina e per l'esposizione degli istituti al settore immobiliare commerciale negli Stati Uniti e in Europa


L’outlook di Moody’s sulle banche globali nel 2024 è negativo. Il perché è presto detto: le politiche monetarie più restrittive delle banche centrali hanno portato a una crescita del Pil più bassa. «La ridotta liquidità e la capacità di rimborsi più limitata comprimeranno la qualità dei prestiti, aumentando i rischi sugli attivi degli istituti di credito», avverte l’agenzia di rating statunitense. Al contempo, la redditività probabilmente diminuirà a causa dei maggiori costi di finanziamento, della minor crescita dei prestiti e delle riserve accumulate.

Il capitale delle banche rimarrà stabile

Tuttavia, il capitale delle banche rimarrà stabile, beneficiando della generazione organica di capitale e di una moderata crescita dei prestiti, mentre alcune delle più grandi banche statunitensi accumuleranno capitale, prevede Moody’s. In particolare, «le banche in Europa manterranno ampi buffer al di sopra dei minimi regolamentari. Negli Stati Uniti (rating Aaa e outlook negativo), alcune delle più grandi banche aumenteranno il capitale a causa dei cambiamenti normativi. Nell'Asia-Pacifico, la generazione organica di capitale e i dividendi prudenti garantiranno la stabilità del capitale».

La liquidità rimarrà scarsa

Il contesto operativo si deteriorerà sotto le politiche monetarie restrittive. «Le principali banche centrali inizieranno a tagliare i tassi, ma la liquidità rimarrà scarsa, portando a una crescita del Pil più bassa nel 2024», prosegue Moody’s. Certo, l'inflazione sta rallentando, ma rimangono rischi geopolitici (guerra in Ucraina e in Medio Oriente) e climatici. E anche la crescita economica della Cina (rating A1 e outlook stabile) è destinata a rallentare a causa della limitata spesa privata, delle esportazioni deboli e della crisi del mercato immobiliare.

Maggiori rischi sugli attivi delle banche

La qualità dei prestiti sarà compressa dalla bassa liquidità e da una capacità di rimborsi più limitata. Gli aumenti precedenti dei tassi di interesse porteranno a maggiori rischi sugli attivi e accumuli di riserve. E ancora. L'aumento della disoccupazione nelle economie avanzate indebolirà la performance dei prestiti. Senza contare, aggiunge Moody’s, che «l'esposizione al settore immobiliare commerciale (CRE) negli Stati Uniti e in Europa rappresenta un rischio crescente; nell'Asia-Pacifico, mercati immobiliari specifici sono sotto stress. Le banche cinesi stanno affrontando alcuni rischi legati a una crescita economica più lenta e agli impatti di secondo ordine derivanti da un prolungato calo nel mercato immobiliare. La redditività delle banche, quindi, diminuirà a causa dei maggiori costi di finanziamento, della minor crescita dei prestiti e delle esigenze di copertura delle perdite sui prestiti».

I maggiori costi di finanziamento ridurranno i margini di interesse


Così ì profitti degli ultimi due anni probabilmente inizieranno a diminuire, ma rimarranno solidi, assicura Moody’s. I maggiori costi di finanziamento ridurranno i margini di interesse delle banche, mentre la produzione di prestiti continuerà a indebolirsi poiché gli aumenti dei tassi limitano la domanda e si stringono gli standard di credito. Le spese per le coperture seguiranno gli aumenti dei rischi sugli attivi, mentre le spese operative affronteranno maggiori investimenti in tecnologia e nuovi costi regolamentari. La crescita dei depositi rallenterà, mentre i depositi si sposteranno su conti più costosi o usciranno dai sistemi bancari. Infine, la carenza di valuta straniera metterà sotto pressione la liquidità in alcuni mercati di frontiera.

Cosa può cambiare l’outlook di Moody’s a stabile e a positivo

Moody’s ha anche evidenziato cosa può cambiare il suo outlook negativo sulle banche a stabile: una più marcata diminuzione dell'inflazione consente una politica monetaria espansiva e una ripresa della crescita economica. Migliori prospettive economiche della Cina in grado di limitare il rischio di un contagio ad altre regioni. Le preoccupazioni per il finanziamento e la liquidità si attenuano con tassi più bassi. L'attività commerciale si intensifica, consentendo alla crescita di compensare la flessione della redditività e i limitati aumenti nelle coperture per le perdite sui prestiti. Il rischio di deterioramento della qualità degli attivi di

Sei, invece, gli spunti che potrebbero far cambiare l’outlook di Moody’s sulle banche a positivo: la crescita del Pil più forte del previsto e l’inflazione che si porta sui target delle banche centrali; le autorità cinesi che gestiscono efficacemente le pressioni economiche, sociali e ambientali; il finanziamento e la liquidità che traggono beneficio dai tassi più bassi; la redditività che aumenta grazie a una maggior domanda di prestiti e costi di finanziamento più contenuti; pochi crediti deteriorati, riserve abbondanti, crescita prudente dei prestiti; miglioramento dei livelli di capitale. (riproduzione riservata)

Orario di pubblicazione: 04/12/2023 14:26
Ultimo aggiornamento: 04/12/2023 15:16
 
Unicredit, chi sarà presidente dopo Padoan? Fino a dove può correre il titolo secondo JP Morgan e Morgan Stanley
Unicredit, chi sarà presidente dopo Padoan? Fino a dove può correre il titolo secondo JP Morgan e Morgan Stanley
Andrea Orcel

Unicredit, chi sarà presidente dopo Padoan? Fino a dove può correre il titolo secondo JP Morgan e Morgan Stanley​

di Elena Dal Maso

Il board starebbe lavorando per individuare un nuovo candidato già a gennaio al ruolo di presidente che possa succedere a Carlo Padoan, il cui mandato è in scadenza nella primavera 2024. Lo scopo è di riavvicinare l’istituto al governo Meloni dopo il fallimento con il capitolo Mps. I possibili candidati e il punto degli analisti sulla potenzialità del titolo


Mercoledì 6 dicembre il titolo Unicredit sale dello 0,8% a 24,46 euro per 45,44 miliardi di capitalizzazione, mentre il Ftse Mib sale dello 0,5%.
Il board della banca milanese starebbe lavorando per individuare un nuovo candidato a breve al ruolo di presidente che possa succedere a Carlo Padoan, il cui mandato è in scadenza nella primavera 2024. Un nome da presentare alla prossima assemblea dei soci. Anche perché Padoan è un economista vicino alla sinistra, è stato ministro delle Finanze sotto i premier Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Nel frattempo, pare confermato il ruolo di amministratore delegato di Andrea Orcel per un secondo mandato.

Secondo Reuters, alla scelta di un nuovo presidente da identificare entro inizio gennaio, ci sarebbe il desiderio della banca milanese di migliorare i rapporti con l’ambiente governativo, incrinati dopo il mancato accordo sull’acquisizione di Mps, anche se il governo in carica all’epoca era diverso da quello attuale.

I possibili presidenti

La possibilità di un avvicendamento al ruolo di presidente di Unicredit era già stata anticipata nei mesi scorsi da MF-Milano Finanza. Fonti di Reuters escludono che la posizione possa essere ricoperta da Pier Francesco Saviotti (ex ceo del Banco Popolare, oltre che ex collega del ceo Orcel all’epoca di Merrill Lynch) e dall’attuale presidente di Banco Bpm Massimo Tononi. Nomi che, scrive oggi Equita Sim, «avrebbero potuto far ipotizzare a un avvicinamento tra Unicredit e Banco Bpm». Gli analisti confermano il rating buy e il target price di 31 euro su Unicredit.

Tra i potenziali candidati alla presidenza della banca milanese, secondo Reuters, ci sarebbe l'attuale capo del comitato per la corporate governance e le nomine di Unicredit, Lamberto Andreotti. Si tratta dell'ex amministratore delegato di Bristol-Myers Squibb e figlio di uno dei politici più longevi nonché più volte premier Giulio Andreotti.

Unicredit a settembre ha assunto due società di ricerca per aiutare il consiglio di amministrazione a selezionare i candidati per il rinnovo. Normalmente la banca vorrebbe che il futuro presidente lavori al processo di selezione del consiglio, cosa che sarebbe possibile con Andreotti visto che è già nel consiglio. Padoan è diventato membro del board prima di essere nominato presidente e ha lavorato con i cacciatori di teste per selezionare i candidati del board.

Anche Daniele Franco, che è stato ministro dell'Economia con il predecessore della premier Meloni, Mario Draghi, «costituisce un'opzione possibile ma le sue possibilità sono scarse», scrive Reuters. Ex funzionario della Banca d'Italia, Franco è attualmente uno dei cinque candidati a diventare il prossimo presidente della Banca europea per gli investimenti (Bei), ma deve battere la concorrenza del ministro delle Finanze spagnolo Nadia Calvino, il candidato favorito. Anche se ha buoni rapporti con il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, i legami di Franco con i vertici dell'ufficio di Meloni sono considerati deboli.

Unicredit rende (total yield) il 16,7%. Quanto può crescere ora il titolo

Gli analisti di Mediobanca Research scrivono oggi che un nuovo presidente di Unicredit dovrebbe essere caratterizzato da «posizione e relazioni internazionali, che faciliti i legami della banca all’estero». In un report di fine novembre sulle banche italiane, JP Morgan conferma il rating overweight su Unicredit (target price a 34 euro), un titolo caratterizzato dal 16,7% di total yield l’anno (ovvero rendimento da buyback + dividendo), che passa di mano attorno a 0,7 volte il rapporto prezzo/rapporto tangibile (BTV) e «margini di interesse (NII) più resilienti delle attese».

Per Morgan Stanley (report di fine novembre), Unicredit è overweight con un prezzo obiettivo di 36 euro (rispetto al prezzo attuale si tratta di un potenziale di rialzo di quasi il 20%). Gli analisti vedono la banca «generare in maniera organica 950 punti di free capital flow agli azionisti nel periodo 2023-2026 che permetterebbe una distribuzione complessiva di circa 27 miliardi di euronei quattro anni compresi se si tiene conto di un payout ratio del 35-40% in contanti e di un payout del 65-60% legato al buyback calcolato sugli utili netti consolidati».
Secondo gli analisti della banca americana, Unicredit è sulla strada per battere gli obiettivi previsti dal piano industriale Unlocked «con ulteriore spazio per esplorare un’opzione di uso di capitale in eccesso nel 2024».

Orario di pubblicazione: 06/12/2023 11:42
Ultimo aggiornamento: 06/12/2023 13:47
 
Unicredit accelera sulla lista per il nuovo cda, che arriverà entro febbraio. Ecco tutti i nomi al vaglio del board
Unicredit accelera sulla lista per il nuovo cda, che arriverà entro febbraio. Ecco tutti i nomi al vaglio del board
SEDE UNICREDIT TOWER

Unicredit accelera sulla lista per il nuovo cda, che arriverà entro febbraio. Ecco tutti i nomi al vaglio del board​

di Luca Gualtieri

La formazione dovrebbe essere pronta con largo anticipo rispetto alla scadenza. Bis in vista per il ceo Orcel. Per la presidenza in alternativa a Padoan, Franco, Tononi o Andreotti (che però dovrebbe lasciare la guida del comitato nomine). Ma al vertice potrebbe anche salire una donna oggi nel cda


Il board di Unicredit accelera sulla definizione della lista per il nuovo vertice. La rosa dovrebbe essere approvata in forma definitiva entro l’inizio del mese di febbraio, contestualmente o pochi giorni dopo il via libera alle Linee guida per la nomina dei nuovi amministratori, il documento che definirà l’iter seguito per la candidature.

La tabella di marcia prevista

Se questa tabella di marcia sarà rispettata, la banca si muoverà con ampio anticipo rispetto alla scadenza prevista dallo statuto. La lista deve infatti essere approvata 40 giorni prima dell’assemblea, quindi presumibilmente per l’inizio di marzo visto che l’assise si tiene quasi sempre tra il 15 e il 30 aprile.

L’accelerazione va ricondotta alla volontà del board di condividere con il mercato le scelte fatte e di avviare così un dialogo con gli investitori e i soci storici in vista del voto. Peraltro il lavoro sulla rosa è in corso già da diverse settimane. In settembre Unicreditha selezionato gli head hunter Spencer Stuart ed Egon Zehnder, mentre la scrematura dei profili è già in atto.

Gran parte delle scelte sarà all’insegna della continuità. Da un lato il ceo Andrea Orcel si è detto disponibile per un nuovo mandato e, forte dei risultati economici portati sinora (nei nove mesi l’utile netto ha raggiunto la cifra record di 6,7 miliardi), dovrebbe essere confermato.

Dall’altro lato gran parte degli attuali consiglieri sono ricandidabili, a partire dal vice presidente Lamberto Andreotti che ha dato un contributo prezioso alle attività del board e che oggi sta coordinando con il presidente Pier Carlo Padoan i lavori sulla lista del cda. Solo l’austriaco Alexander Wolfgring (ex manager di Bank Austria) ha raggiunto il limite massimo dei tre mandati e non potrà quindi correre per un quarto.

Resta aperta la partita presidenza

Qui le opzioni al vaglio del cda sono molteplici e tutte ancora aperte. Una riconferma dell’uscente Padoan non viene esclusa. Entrato nel board nell’ottobre del 2020 l’ex ministro dell’Economia dei governi Renzi e Gentiloni, è diventato presidente con il rinnovo del 2021 e ha lavorato per tre anni al fianco di Orcel. Per gli alleati di Padoan non si sono motivazioni forti per mettere in discussione il tandem, anche se al vaglio del cda ci sono altre opzioni. Ieri per esempio Reuters ipotizzava una salita alla presidenza dello stesso Andreotti.

Al vertice di Unicredit dal 2018 l’ex numero uno della Bristol-Myers Squibb ha molti alleati sia all’interno del gruppo che nelle istituzioni. Qualcuno fa però osservare che il suo ruolo di presidente del comitato Corporate Governance & Nomination potrebbe risultare in conflitto con una candidatura.

Altri due nomi forti spendibili per la presidenza sono quello dell’attuale presidente di Banco Bpm Massimo Tononi, apprezzato da Orcel per la profonda esperienza in ambito bancario e finanziario, e quello di Daniele Franco. L’ex direttore generale della Banca d'Italia e ministro dell’Economia del governo Draghi è uno dei candidati per il nuovo vertice della Bei, anche se per l’incarico appare favorita la vicepremier e ministro dell'Economia spagnola, Nadia Calviño. Ecco perché oggi il nome viene speso per la presidenza di Unicredit.

L’ipotesi femminile

Da ultimo in piazza Gae Aulenti non si esclude una soluzione al femminile per il vertice. Nella rosa per la presidenza, si confida una fonte, potrebbe entrare l’attuale consigliere Elena Carletti, ordinario di finanza alla Bocconi e molto stimata in banca per la sua preparazione. Nonostante le speculazioni delle scorse settimane, viene invece esclusa una candidatura dell’attuale numero uno della Crt Fabrizio Palenzona. Opzione peraltro impraticabile per l’attuale normativa sull’interlocking tra fondazioni e banche conferitarie.

MF - Numero 240 pag. 11 del 07/12/2023
 
Azioni, 5 titoli long e 5 titoli short fra banche e assicurazioni. Il consenso su Intesa Sanpaolo e Unicredit
Azioni, 5 titoli long e 5 titoli short fra banche e assicurazioni. Il consenso su Intesa Sanpaolo e Unicredit
Piazza Affari

Azioni, 5 titoli long e 5 titoli short fra banche e assicurazioni. Il consenso su Intesa Sanpaolo e Unicredit​

di Elena Dal Maso

Gli analisti di Mediobanca Research hanno rivisto il portafoglio finanziario europeo long-short in vista dei movimenti di fine anno. Ecco i cambiamenti e l’aggiornamento Bloomberg sul consenso delle due maggiori banche italiane fra Goldman Sachs, JP Morgan, Societe Generale, Autonomous...


Mediobanca Research ha aggiornato la sua nota sul settore finanziario europeo rivedendo il portafoglio dei titoli. Intanto giovedì 6 dicembre il Ftse Mib viaggia in leggero calo a 30.300 punti, il volume delle contrattazioni è ridotto a causa della festività di Sant’Ambrogio a Milano.

Nel mese di novembre il portafoglio di investimento finanziario di Mediobanca ha visto il rendimento calare leggermente (-1%), con un contributo negativo da parte di ogni partecipazione, spiegano gli analisti di Piazzetta Cuccia. Le contrattazioni che riguardano le banche spagnole (la coppia Santander- CaixaBank -0,6%), gli istituti italiani ( Unicredit- Intesa Sanpaolo -3%), inglesi (Standard Chartered-Barclays -0,4%) e francesi/del Benelux (Ing- Societe Generale -0,6%), hanno tutti chiusi in calo il mese di novembre.

Per quanto riguarda dicembre, invece, gli analisti restano «cauti nei confronti dei fattori tecnici fino a fine anno e preferiscono stare abbinati (paired), privilegiando i titoli che effettuano buyback». E di conseguenza effettuano un rolling sul trading legato alle coppie Unicredit- Intesa Sanpaolo e Ing- Societe Generale. Il rollover significa uscire da un contratto e acquistare il contratto con la scadenza successiva più lunga, in modo da mantenere una posizione con scadenza costante.

A questo si aggiungono tre nuovi titoli assicurativi. Gli analisti sono lunghi su Hannover Rück in attesa del Capital Markets Day, abbinata a Munich Re (short), in riferimento alla quale si aspettano contrattazioni laterali. Inoltre giocano la coppia Allianz-Zurich grazie al programma di riacquisto di azioni «più stabile» del gruppo assicurativo tedesco. Infine, introducono la coppia Tryg A/S (compagnia scandinava)- GFJ.

Titoli Long

ING: interessante attività di buyback fino a fine anno.

Unicredit: il programma di riacquisto di azioni proprie in corso e« i solidi fondamentali scambiati a multipli modesti continueranno a sostenere la performance».

Hannover Rück: gli analisti si aspettano che il Capital Markets Day del 12 dicembre «rinforzi il messaggio di conservazione e ribalti la sottoperformance del 10% rispetto alla concorrente Munich Re».

Allianz: gli analisti vedono un «caso di investimento più chiaro e un buyback solido (con un rendimento totale del 7%) oltre ad una buona performance partita nel terzo trimestre che dovrebbe proseguire».

Tryg A/S: buyback in corso (1% della capitalizzazione di mercato, termina il 31 gennaio) dovrebbe sostenere gli acquisti dopo una debolezza da inizio anno.

Titoli Short

Societe Generale: il titolo esce da un rally da +11% dopo i minimi toccati nel terzo trimestre 2023 e gli analisti ritengono che non ci siano grandi driver ora per sostenere la corsa.

Intesa Sanpaolo: la valutazione pare ragionevole.

Munich Re: l’oulook per il 2024 (sarà illustrato il 15 dicembre) è atteso in linea con il consenso a 5 miliardi di euro, il titolo dovrebbe muoversi lateralmente.

Zurich: gli obiettivi per il 2025 non sono lontani dal consenso e i riacquisti dopo i risultati 2023 «saranno un po’ incerti». Di conseguenza, gli analisti si aspettano che il programma di buyback «più costante di Allianz venga ricompensato meglio».

GFJ: i target del Capital Markets Day sono più alti delle attese, gli analisti prevedono un andamento laterale a dicembre del titolo dopo la forte performance dell'ultimo mese.

Unicredit – Intesa Sanpaolo, che cosa dice il consenso Bloomberg

Intesa Sanpaolo, 23 rating buy su Bloomberg, 6 hold. Ecco gli ultimi dieci giudizi per ordine temporale di pubblicazione:
  1. Autonomous, neutral, target price 3,08 euro (6 dicembre 2023)
  2. Mediobanca, neutral, 3,00 euro (5 dicembre 2023)
  3. Equita Sim, buy, 3,60 euro (1 dicembre 2023)
  4. Goldman Sachs, buy, overweight, 3,60 euro (30 novembre 2023)
  5. JP Morgan, buy, 3,90 euro (29 novembre 2023)
  6. Societe Generale, buy, 3,40 euro (27 novembre 2023)
  7. Jefferies, buy, 3,90 euro (27 novembre 2023)
  8. ISS-EVA, overweight, / (21 novembre 2023)
  9. HSBC, buy, 3,50 euro (20 novembre 2023)
  10. Berenberg, hold, 3,00 euro (17 novembre 2023)

Unicredit, 25 rating buy su Bloomberg, 2 hold. Ecco gli ultimi dieci giudizi per ordine temporale di pubblicazione:
  1. Equita Sim, buy, 31,00 euro (6 dicembre 2023)
  2. Autonomous, outperform, 31,3 euro (6 dicembre 2023)
  3. Mediobanca, outperform, 34,00 euro (5 dicembre 2023)
  4. Goldman Sachs, buy, 34,00 euro (30 novembre 2023)
  5. Intesa Sanpaolo, buy, 30,00 euro (29 novembre 2023)
  6. JP Morgan, overweight, 39,00 euro (27 novembre 2023)
  7. Societe Generale, buy, 29,00 euro (27 novembre 2023)
  8. Morgan Stanley, overweight, 36,00 euro (27 novembre 2023)
  9. Jefferies, buy, 39,90 euro (24 novembre 2023)
  10. Alpha Value, buy, 36,70 euro (24 novembre 2023)

Intesa, il ceo Messina: tassi negativi, un mondo sbagliato

«Quello dei tassi negativi era un mondo sbagliato. È giusto, invece, che il costo del denaro oscilli tra il 2 e il 4%. Non so dire se la Bce abbia sbagliato la tempistica nell'aumentare i tassi, ma il livello attuale mi pare corretto rispetto all'inflazione, la cui riduzione mi sembra a portata di mano». Lo ha detto nel corso di un’intervisra l'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, parlando della stretta monetaria avviata l'anno scorso dalla Bce per riportare l'inflazione verso l'obiettivo del 2%.

A proposito della tassa sugli extraprofitti delle banche, Messina ha ricordato che «a maggio sono stato l'unico a dire che se la extra tassazione fosse stata usata contro le disuguaglianze, la banca sarebbe stata a favore. Sono convinto che sia giusto soprattutto a fronte di utili che superano anche le aspettative. E per questo abbiamo lanciato un piano da 1,5 miliardi in 5 anni: sarebbe giusto che lo facessero tutte le aziende che hanno molti utili. La remunerazione degli azionisti è fondamentale, ma sono gli azionisti stessi ad apprezzare l'impegno sociale delle imprese. Senza che siano altri a chiederlo. Purtroppo si vedono poche aziende che agiscono in questo modo. Così come vanno alzati gli stipendi».

Quanto alle scelte della banca, «noi faremo più di 7,5 miliardi di utile netto di fronte a una richiesta di aumento di 435 lordi al mese come faccio a dire di no? Bisogna dimostrare alle proprie persone che ci si prende cura di loro. Sono loro che ci permettono di fare questi utili. E pazienza se gli economisti dicono che l'aumento dei salari fanno aumentare l'inflazione», ha concluso Messina.

Orario di pubblicazione: 07/12/2023 09:21
Ultimo aggiornamento: 07/12/2023 11:04
 
Mercati, c’è una mina pronta a esplodere nel 2024. Ecco quale secondo Jp Morgan Am
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La sede di Jp Morgan

Mercati, c’è una mina pronta a esplodere nel 2024. Ecco quale secondo Jp Morgan Am​

di Marco Capponi
tempo di lettura 2 min

A partire dal prossimo anno verrà meno una serie di cuscinetti, dai mutui al credito alle imprese, che finora hanno fatto resistere l’economia ai venti contrari. Ma la politica fiscale rimarrà espansiva. Come investire al meglio con azioni, bond e asset alternativi


C’è una mina pronta a esplodere sui mercati finanziari mondiali. Un elefante in cristalleria che finora è stato domato, ma che potrebbe essere sul punto di cadere rovinosamente. A partire dal prossimo anno è previsto infatti un boom di scadenze di bond finanziati con i tassi a zero precedenti alle maxi-strette di Fed e Bce del biennio 2022-23, che dovranno essere rifinanziati con i nuovi tassi alti. A lanciare l’avvertimento è Maria Paola Toschi, global market strategist di Jp Morgan Am, nell’ambito dell’outlook 2024della società di gestione, ramo di asset management della più grande banca di investimento al mondo.

Attenti a cantar vittoria

Il titolo dell’outlook è quanto mai emblematico. «Troppo presto per cantare vittoria». Una prima spia da monitorare è quella dei mutui. «Quelli contratti prima dei rialzi, a tasso fisso, hanno finora assorbito l’aumento dei costi», ha spiegato la strategist, segnalando però al contempo un crollo importante delle richieste, sia negli Stati Uniti sia in Europa, in coincidenza con il picco dei tassi.

E poi ci sono le scadenze del credito. Il rifinanziamento delle società diventerà gradualmente più caro, tanto più che a partire dal prossimo anno scadrà un numero importante di bond, sia investment grade sia high yield. Già nei prossimi 12 mesi Jp Morgan Am prevede che circa l’8% delle imprese dei relativi indici dovrà rifinanziarsi, quota che passerà intorno al 10-12% nel 2025 e addirittura 14-16% nel 2026.

Supporto fiscale, continuerà?

In questo contesto, la casa di gestione prevede che la politica fiscale rimarrà espansiva, a cominciare dal forte impatto previsto dal Recovery Fund europeo (e dal relativo Pnrr in Italia). «La politica fiscale è stata molto generosa in periodo Covid e poi nelle fasi di rischio energetico del 2022, e questa tendenza dovrebbe rimanere», ha precisato Toschi. «Al contempo, i pagamenti dei vari Recovery potrebbero essere più lenti rispetto a quanto previsto inizialmente».

In questo contesto resta il nodo inflazione: posto che quella dei beni, negli Stati Uniti, è già intorno all’1%, il vero rebus è capire dove andrà quella dei servizi. «Questa componente dell’inflazione fa più fatica a scendere», ha precisato Toschi, «anche per una componente psicologica che si è riflessa, dopo il Covid, soprattutto sulle attività ricreative, i cui costi rimangono elevati». Il tutto in una cornice di mercato lavoro che, va detto, rimane molto forte sia negli Usa sia in Europa.

In portafoglio i bond restano importanti

Poste queste premesse, dove investire nei prossimi 12 mesi? Posto che, per Toschi, costruire un portafoglio 60% azioni e 40% obbligazioni resta «una logica di partenza corretta», va considerato che i bond «torneranno a essere buoni diversificatori e potranno proteggere dagli shock di inflazione». Considerando vari scenari di rendimento dei tassi, i Treasury decennali potrebbero apprezzarsi da un minimo del 5% (se i tassi restano invariati) a un massimo del 30% se ci dovesse essere una sforbiciata ai tassi di 300 punti base.

Lato azioni, invece, seppur con margini di profitto visti in calo, Jp Morgan Am invita a guardare alle valutazioni a sconto («Anche nell’S&P 500, esclusi i 10 titoli a più alta capitalizzazione, le valutazioni degli altri 490 restano interessanti», ha detto Toschi), ma con un occhio di riguardo al tema della qualità, «prescindendo da logiche geografiche e settoriali».

Orario di pubblicazione: 11/12/2023 11:21
Ultimo aggiornamento: 11/12/2023 12:52
 
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