Per i nati nel dopoguerra la situazione è esattamente l'opposto di quella che descrivi.
E' vero che lavoravano, e forse alcuni si lamentavano meno, ma il problema è tutto legato alle aspettative. Chi iniziava una carriera, anche se pagato poco, aveva l'aspettativa che il proprio stipendio potesse crescere rapidamente. E con uno stipendio (comunque in media molto più sicuro di oggi) riusciva a costruire una famiglia, comprarsi una casa, ecc.
Chiaramente molti beni costavano più di oggi, ci si accontentava di più, ma quello è un passaggio naturale delle evoluzioni dei beni di consumo e della tecnologia.
Ma le prospettive facevano la differenza. Anche una persona della cosiddetta classe media, con un lavoro mediamente retribuito, riusciva ad avere uno stipendio che gli garantiva appunto un certo tenore di vita. Ancora diverso il discorso per chi ha studiato, dove una laurea 50 anni fa ti garantiva di accedere a retribuzioni che oggi sono alla portata di pochi.
Chi inizia oggi a lavorare, o ha iniziato pochi anni fa, sa che deve emergere dalla massa. Altrimenti è "condannato" a lavori con una retribuzione che non cresce negli anni, o comunque che cresce meno del costo della vita, e sa che mediamente sarà difficile risparmiare per comprarsi una casa adatta a una famiglia, soprattutto se si è soli. E ancora più difficile è pensare di poter dare a dei figli un futuro, sapendo che rischiano di trovarsi in una situazione addirittura peggiore.
Sono considerazioni con molte sfaccettature, impossibile ridurle a “si stava meglio” o simili.
La classe media era molto meno estesa di ora.
La parte del leone la facevano la classe operaia ed impiegatizia, che non avevano tutto questo gran potere di acquisto… ma che se la cavavano stando attenti alle spese ed agli sprechi. E lavorando.
Chi aveva un diploma o una laurea trovava spalancate tutte le porte, questo sì. Purtroppo oggi molte più persone si diplomano e a miriadi si laureano, specie in facoltà che non offrono sbocchi lavorativi, e finiscono così a ciondolare insoddisfatti nel mondo del precariato e del “Le mie competenze non sono valorizzate”.
Prima avevano, questo sì, una prospettiva di stabilità lavorativa che oggi manca, ma erano anche meno pretenziosi: il frigorifero, la televisione (una in tutta la casa), il telefono (uno per tutta la famiglia), la macchina (la Fiat 500 o 600, non la Maserati spider per fare colpo: quella roba era appannaggio solo di chi certe cose se le poteva permettere) e l’elenco sarebbe ancora molto lungo.
La vacanza era di 15 giorni in Italia. Mio padre portava il resto della famiglia al lido di Jesolo, ci scaricava là e tornava a prenderci alla fine perchè nel frattempo aveva il negozio cui badare.
Il problema oggi è l’enorme vetrina di generi e stili di vita voluttuari, a disposizione di tutti.. a patto di svenarsi. Il ventenne vuole il viaggio a Katmandu, la venticinquenne esige un compagno che le garantisca cose che anche solo 30 anni fa erano appannaggio dei ricchi… questo è, poi possiamo anche parlare d’altro ma questi sono i bisogni indotti di oggi.
La conseguenza principale è che in queste condizioni, con un precariato lavorativo ben più esteso di quanto non sia mai stato in passato e con queste pretese più o meno latenti, risparmiare e mettere da parte soldi è praticamente impossibile, visto che ne servono troppi per mantenere un tenore di vita che non sta in piedi, se non si è già benestanti in partenza.
Di qui la generale insoddisfazione di molte fasce di popolazione.