Ma quanto son belle le parole italiane?
Lo sapevi che, secondo uno studio, la lingua italiana è la seconda più “visibile” al mondo, dopo l’inglese?
Questo perché, a partire dalla fine del 19° secolo, moltissimi italiani sono andati a cercar fortuna fuori dai nostri confini, formando qua e là delle piccole comunità che, col tempo, si sono espanse e integrate ai nuovi contesti culturali.
Ora se sei all’estero e cerchi su Google Maps “Italian Restaurant”, i risultati sono decine, se non centinaia.
Questo amore per la cultura italiana ha innalzato il marchio del “made in Italy”, che all’estero viene percepito come sinonimo di estrema qualità.
Fuori dai nostri confini hanno compreso talmente bene questa percezione che hanno pensato: “ma perché non cominciamo a creare anche noi dei prodotti italiani?”
Letta così non ha senso, è fisicamente impossibile che ciò avvenga.
È stato perciò utilizzato uno stratagemma: i prodotti creati all’estero sono e rimangono esteri, quello che sembra italiano è il nome.
Nasce così il formaggio tedesco Cambozola (una sorta di gorgonzola) o la pasta Sudafricana Bellissimo.
Questo fenomeno si chiama “Italian Sounding”, ossia l’utilizzo su etichette e confezioni di riferimenti geografici, immagini, colori e marchi che evocano l’Italia e alcuni dei suoi prodotti tipici più famosi.
E vi dirò di più: i suoni italiani piacciono talmente tanto che nei Paesi Bassi molte mamme stanno decidendo di chiamare i propri figli con dei nomi che SEMBRANO italiani.
È così che vediamo fiorire bambini di nome Milano, Gitano, Auroro, Divano.
Insomma, la percezione della cultura e delle parole italiane fuori dai nostri confini è incredibilmente positiva e possiamo dire che è un po’ come la Settimana Enigmistica: vanta innumerevoli tentativi di imitazione.
Fonte Mattia Marangon