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Carige alla prova del riassetto e degli Npl
–Luca Davi Martedí 23 Agosto 2016
Circa 1,8 miliardi di crediti “malati” da cedere, magari con il supporto di Atlante. Una rete da snellire, con oltre 100 sportelli da tagliare entro il 2017. E una banca da rimettere in moto, così da tornare sul sentiero della redditività e dei costi sostenibili. Il “cantiere” di Carige è aperto. E le sfide che attendono la banca nei prossimi mesi non mancano.
L’istituto che vede la famiglia Malacalza azionista di riferimento (17,59%) è alle prese con la messa a terra del nuovo piano industriale al 2020.È un business plan di ampio respiro, quello presentato lo scorso giugno. Una piano che punta a rifocalizzare la banca sui territori tradizionalmente serviti, ovvero Liguria e la Toscana settentrionale e a uscire dalle regioni considerate non core. Nel contempo, l’idea è di indirizzare il radar sulla clientela retail e delle piccole e medie imprese (a scapito del large corporate). Non si tratta di un compito facile, vista anche la crisi di fiducia con cui deve fare i conti la banca. Basti pensare che la raccolta diretta è scesa da 26,8 miliardi di fine 2014 ai 21,4 di marzo 2016. I segnali di recupero non mancano, come conferma il rialzo a 21,8 a fine giugno. Ma il lavoro da fare, cui è chiamato l’a.d. Guido Bastianini in un autentico turnaround, è tanto.
La cessione delle sofferenze
Il primo nodo da sciogliere riguarda la gestione dei non performing loans. La banca ha annunciato la dismissione di 1,8 miliardi di Npl. Come se già la cosa non fosse abbastanza difficile, a questo si è aggiunta la pressione della Bce,che ha chiesto di fare presto. Da qui la liquidazione del portafoglio in due tranche, una entro l’anno, l’altra nella seconda parte del 2017. Non è un segreto che la banca ritenga l’approccio di Francoforte troppo rigido, nelle richieste come nei tempi di esecuzione. Ma così è. Una riprova di quanto il rapporto con la Vigilanza Bce sia “dialettico” si è avuto all’ultimo giro di stress test, i cui risultati non sono stati resi pubblici, ma che - come rivelato dal Sole 24Ore - sono stati contestati dalla banca, critica verso le metodologie applicate. E non è un caso che la banca, anche in ottica dei nuovi requisiti Srep 2016, abbia chiesto a Francoforte di tenere «in seria considerazione la discontinuità che si è prodotta» dopo l’avvento del nuovo management, come indicato dallo stesso presidente Giuseppe Tesauro al Secolo XIX.
Sul dossier dei crediti deteriorati c’è intanto Banca Imi, che sta lavorando alla costruzione del primo portafoglio da 900 milioni. Sono attesi due o tre sotto-portafogli, per cui si aprirà l’asta tra settembre e ottobre così arrivare al closing entro l’anno. I3n questo quadro, Carige vede di buon occhio l’ipotesi di collaborare con Atlante. Ma anche in assenza di una cessione al veicolo “acquista-sofferenze” la road map non cambierebbe. L’intenzione è di ridurre al minimo l’impatto sul capitale, con una stima indicativa di rettifiche del 10%. Nel contempo il nuovo approccio alla gestione degli Npl ha richiesto il rafforzamento di una unità ad hoc (con 60 nuove persone) che avrà il compito di gestire le grandi sofferenze in portafoglio ed esternalizzare il recupero dei crediti più piccoli. Il lavoro si vedrà con il tempo. Nei piani, tuttavia, si intende ridurre il rapporto tra crediti deteriorati e totale crediti dall’attuale 27,8% al 19,9% nel giro di quattro anni. In parallelo, il management prosegue il lavoro anche sul fronte delle coperture: a valle di un’ispezione della Bce su circa 6 miliardi di crediti, la copertura sui deteriorati è salita dal 42,4% di fine dicembre al 45,6% di giugno. Così si spiega anche la perdita di 206 milioni accusata nel primo semestre.
Più efficienza
Accanto al dossier dei crediti malati c’è poi il tema dell’efficientamento operativo. Meno costi, è la parola d’ordine a Genova. Anzitutto, quindi, si guarda a tagliare 106 filiali entro il 2017: 45 da chiudere entro dicembre, le restanti nei mesi successivi. Realistico che, complice questa mossa, la banca si disimpegni da regioni come Puglia, Marche Umbria. Ma a finire nel mirino di Bastianini sarà in generale tutta la macchina operativa. Scenderanno le risorse, che passeranno dalle attuali 5mila a circa 4.500. Sarà rivisto il modello distributivo, con un potenziamento dei ruoli commerciali. E verrà parzialmente esternalizzata la struttura di Ict (Information e communication technology). Il lavoro non manca anche sul fronte dei ricavi: più digitalizzazione, più wealth management, più offerta di credito al consumo. Se tutto filerà liscio, a fine piano il rapporto tra costi e ricavi dovrebbe passare dal livello attuale (insostenibile) pari al 90,6% al 61,4%.