Sempre nel tema ludopatia
Francesco e il baratro del gioco: "Ho perso tutto, circa 2 milioni di euro..."
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iorni, mesi, anni passati a scommettere, perdendo milioni di euro per finire poi sul lastrico, in mano agli strozzini. E' la storia di un giocatore incallito - Francesco, 67 anni - . Ex giocatore d’azzardo, o come preferisce definirsi lui stesso "ex scommettitore su qualunque cosa", anche su un "anziano ipovedente che un giorno attraversò la strada in via Stalingrado" perdendo "un milione in meno di 60 secondi", per 38 anni è stato in balia della dipendenza da gioco. L'uomo ha iniziato a scommettere a 23 anni, con cento lire puntate su una corsa all’ippodromo una sera d’estate con gli amici. Da lì non si è più fermato.
Le sue "passioni"? Prima i cavalli, poi i dadi, il poker e i casinò. Disponendo di un patrimonio familiare ingente non aveva alcun problema: "Scommettevo su tutto – Se parliamo di lire ho perso circa 1 miliardo, e in euro alcuni milioni. Avevo un capitale importante grazie a una famiglia agiata e un’azienda, ma il patrimonio è finito quasi tutto lì, nel gioco. La prima scommessa non è stata niente di che, ma la seconda mi è piaciuta, e così ho iniziato. Nulla nella vita mi ha mai dato quella sensazione, quell’emozione, e man mano che passava il tempo allargavo la cerchia. Dopo qualche anno ero nel vortice, pienamente consapevole di quanto stava accadendo, così come del fatto che senza gioco non potevo più vivere".
Francesco andava in vacanza alle Maldive, aveva una barca, un’impresa e tutto era intestato a lui, così come i conti correnti che la moglie non controllava mai. "Avevo tutto quello che si può desiderare, ma quando andavo in ferie l’unica preoccupazione era sapere se vicino c’era un casinò o un posto dove giocare – sottolinea –. A casa a Bologna, invece, dicevo a mia moglie che andavo in azienda e uscivo al solito orario, ma in realtà prendevo un aereo e andavo in qualche bisca in Italia. A Napoli ad esempio, o a Milano. In questo caso avevo sempre tutto programmato, rientravo nel pomeriggio e alle otto ero a tavola per cena, come se niente fosse nonostante le ingenti cifre perse. E il giorno dopo uguale, con un volo o un treno in giornata raggiungevo qualsiasi luogo. Ormai conoscevo tutti in quel giro, persone normali e famose".
Oggi l'uomo è riuscito ad uscire dal tunnel del gioco d'azzardo. Ha preso coscienza del suo problema e ha smesso. Tutto questo grazie all'aiuto della moglie e dell'Associazione giocatori anonimi. E oggi racconta: "Ogni giorno senza gioco è una vittoria, e così è iniziata la mia seconda vita, che spero duri a lungo. Sono felice perché oggi posso guardarmi allo specchio senza vergogna. Si può uscire da questa malattia solo chiedendo aiuto, perché per la patologia del gioco d’azzardo non esistono cure o medicine. Per questo mi rivolgo a tutti coloro che sono ancora in quel baratro: conosco bene quell’adrenalina e quella sensazione unica che dà il gioco, ma solo con un supporto si può smettere. E' possibile. Se ce l’ha fatta uno come me, puo farcela chiunque a guarire dalla malattia del gioco".
Francesco e il baratro del gioco: "Ho perso tutto, circa 2 milioni di euro..."
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iorni, mesi, anni passati a scommettere, perdendo milioni di euro per finire poi sul lastrico, in mano agli strozzini. E' la storia di un giocatore incallito - Francesco, 67 anni - . Ex giocatore d’azzardo, o come preferisce definirsi lui stesso "ex scommettitore su qualunque cosa", anche su un "anziano ipovedente che un giorno attraversò la strada in via Stalingrado" perdendo "un milione in meno di 60 secondi", per 38 anni è stato in balia della dipendenza da gioco. L'uomo ha iniziato a scommettere a 23 anni, con cento lire puntate su una corsa all’ippodromo una sera d’estate con gli amici. Da lì non si è più fermato.
Le sue "passioni"? Prima i cavalli, poi i dadi, il poker e i casinò. Disponendo di un patrimonio familiare ingente non aveva alcun problema: "Scommettevo su tutto – Se parliamo di lire ho perso circa 1 miliardo, e in euro alcuni milioni. Avevo un capitale importante grazie a una famiglia agiata e un’azienda, ma il patrimonio è finito quasi tutto lì, nel gioco. La prima scommessa non è stata niente di che, ma la seconda mi è piaciuta, e così ho iniziato. Nulla nella vita mi ha mai dato quella sensazione, quell’emozione, e man mano che passava il tempo allargavo la cerchia. Dopo qualche anno ero nel vortice, pienamente consapevole di quanto stava accadendo, così come del fatto che senza gioco non potevo più vivere".
Francesco andava in vacanza alle Maldive, aveva una barca, un’impresa e tutto era intestato a lui, così come i conti correnti che la moglie non controllava mai. "Avevo tutto quello che si può desiderare, ma quando andavo in ferie l’unica preoccupazione era sapere se vicino c’era un casinò o un posto dove giocare – sottolinea –. A casa a Bologna, invece, dicevo a mia moglie che andavo in azienda e uscivo al solito orario, ma in realtà prendevo un aereo e andavo in qualche bisca in Italia. A Napoli ad esempio, o a Milano. In questo caso avevo sempre tutto programmato, rientravo nel pomeriggio e alle otto ero a tavola per cena, come se niente fosse nonostante le ingenti cifre perse. E il giorno dopo uguale, con un volo o un treno in giornata raggiungevo qualsiasi luogo. Ormai conoscevo tutti in quel giro, persone normali e famose".
Oggi l'uomo è riuscito ad uscire dal tunnel del gioco d'azzardo. Ha preso coscienza del suo problema e ha smesso. Tutto questo grazie all'aiuto della moglie e dell'Associazione giocatori anonimi. E oggi racconta: "Ogni giorno senza gioco è una vittoria, e così è iniziata la mia seconda vita, che spero duri a lungo. Sono felice perché oggi posso guardarmi allo specchio senza vergogna. Si può uscire da questa malattia solo chiedendo aiuto, perché per la patologia del gioco d’azzardo non esistono cure o medicine. Per questo mi rivolgo a tutti coloro che sono ancora in quel baratro: conosco bene quell’adrenalina e quella sensazione unica che dà il gioco, ma solo con un supporto si può smettere. E' possibile. Se ce l’ha fatta uno come me, puo farcela chiunque a guarire dalla malattia del gioco".
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