L’origine dei fondi dichiarata all’apertura del conto dev’essere un dato strutturale, non contingente. Un rentier non deve dimostrare l’origine del suo patrimonio: è sufficiente che mostri la consistenza e stabilità del medesimo, per un tempo più o meno risalente a seconda della prudenza della banca. La quale, in ogni caso, ha sempre completa discrezionalità nel decidere se tenerti o no come cliente; pertanto le sue decisioni sono in tal senso inappellabili, se non nei rari casi di comprovato quanto poco dimostrabile comportamento vessatorio.
Diverso il percorso di un’eventuale segnalazione di operazione sospetta alla UIF, che è una “rogna” che le banche cercano per l’appunto di prevenire sfoltendo i clienti che non sembrano inquadrabili in una posizione economica stabile e cristallina, e che è nell’interesse dello stesso cliente evitare chiarendo il più possibile la regolarità della propria posizione. Quindi, almeno in teoria, più racconti gli affari tuoi, meno hai ragione di temere imprevisti.
Alla base, però, c’è un diverso scrupolo da porsi: questo tipo di dubbi dovrebbe venire prima di aprire un conto, specie se superfluo per le proprie esigenze o con un istituto di cui non ci fidiamo troppo; non dopo. La grande disinvoltura con cui sul FOL si condivide l’apertura o la chiusura di un conto come modello di smartness, non percependo neppure l’importanza del passaggio di un’emittente da IMEL a banca (perché “tanto dei tuoi dati cosa vuoi che facciano”?) a mio avviso non educa alla consapevolezza delle responsabilità, non solo delle utilities, connesse all’apertura di un conto. Ben vengano come elemento di consapevolezza questi chiari di luna, purché, come apprezzabilmente avviene qui e con DB, con un congruo preavviso che non renda indisponibile la liquidità durante i tempi dell’indagine; cosa che purtroppo vediamo occorrere, in modo piuttosto ricorrente e tranchant a giudicare dalle esperienze riferite, in molte emittenti estere.