Cos'è un economista

@ EnricoR

Ti chiedo perdono se non ho letto attentamente tutto il chilometrico post iniziale. Se ho frainteso ovviamente niente di quello che dirò in seguito vale più.

Da una lettura sommaria e superficiale ho desunto che per "economista" intendiamo "colui che ha una carriera di tipo universitario nella facoltà di economia". Pare infatti (da quello che ho letto) che per fregiarsi del titolo di economista occorra essere più o meno in pari con uno in regola per fare il concorso di professore associato.
Ci vuole un dottorato di ricerca, ci vogliono le pubblicazioni, ci vogliono i seminari, e, dulcis in fundo ci vuole di aver insegnato nei seminari.
Un mio amico è professore associato (di altro) ed ha fatto tutta questa trafila.

Mi pare una definizione un pò troppo accademica e restrittiva di economista, ma se vogliamo accettarla, vediamo anche il rovescio della medaglia.

Nelle facoltà di economia non si fa vera ricerca. Nelle facoltà di ecinomia si venera la teoria neoclassica. Nel campo della finanza per esempio la fa da padrone la teoria del valore atteso di Von Neumann e Morgenstern.

Siccome mi piace fare il bastian contrario propongo qui un pochetto di "dubbi"...

In soldoni tale teoria dice che a determinate condizioni è possibile trovare una funzione di utilità che lega un qualunque "paniere" di lotterie a un fetentissimo numero reale. E che tale funzione è unica a meno di una funzione LINEARE. e che esiste un coefficiente di avversione al rischio calcolabile per ogni soggetto che non cambia con una trasformazione lineare della funzione. Molto peggio dunque della classica teoria dell'utilità che si studia in microeconomia dove tale funzione è unica al meno di una qualunqie funzione MONOTONA CRESCENTE. e non esiste il concetto di avversione al rischio
Occhio che è una dimostrazione, mica un assioma.
Gli assiomi sono altri (e ovviamente sono parecchio discutibili)...
si ipotizza la solita relazione di preferenza debole, fra (ATTENZIONE!) tutti i panieri di lotterie ESISTENTI E POSSIBILI.
si fa il solito assioma di razionalità, ossia proprietà riflessiva, transitiva e simmetrica.
L'assioma di razionalità nel mercato dei beni fa rabbrividire, ma in questo caso poichè parliamo di numeri magari la cosa ha un suo blando perchè.
Ovviamente nessuno ci garantisce che una qualche banca ci proponga una fetentissima combinazione fra le lotterie che vale un fetentissimo numero diverso dalla media dei suoi componenti (in genere minore) e che noi non ce ne accorgiamo, ma insomma la borsa è fatta per separare gli ****** dai loro quattrini e nel medio periodo ci si aspetta che lo faccia con una certa efficienza e lasci in piedi solo gli operatori che sono davvero razionali.
Turiamoci il naso e lasciamo perdere le critice all'assioma di razionalità che in genere sono più che sufficienti per buttare al tapppeto la funzione di utilità nel mercato dei beni.
Si suppone inoltre che se uno preferisca una lotteria a una lotteria b preferisca fra due combinazioni c1 e c2 di a e b quella che contiene una parte maggiore della sua lotteria preferita. è un passaggio meno scontato di quello che si crede in quanto magari una combinazione fra a e b si avvicina al rapporto fra rischio e rendimento dell'operatore in maniera "migliore" sia di a che di b...
poi abbiamo il solito elemento che fa da unità di misure e la solita ipotesi di chiusura del dominio.
Fin quì le stesse condizioni del mercato dei beni.
Nel mercato dei beni tali assiomi sono al di fuori del mondo.
Però siccome parliamo di numeri, ossia di qualcosa che per definizione è calcolabile, facciamo finta che, magari non un uomo, ma un algoritmo (tipo le macchinette...) possa operare rispettando questi assiomi.
Il problema è nell'ultima ipotesi, ossia che le lotterie devono essere stocasticamente indipendenti.
Stocasticamente indipendenti significa che gli elementi "base" delle lotterie (Attenzione non i panieri!) fra di lorosono scorrelati.
Si potrebbe dire che gli elementi base non sino quelli che noi compriamo in quanto (per esempio) un titolo azionario si può vedere come un paniere, ma le grandezze base (tipo oro e petrolio e le altre ********* alla base dell'economia come livello di produttività, tassazione media e via discorrendo) SONO FRA LORO INDIPENDENTI.
Se queste condizioni si verificano allora vale l'idea della funzione di utilità unica al meno di una trasformazione lineare (e i grafici con le rette significano qualcosa...) e per chiunque abbia una funzione di utilità si può calcolare un coefficiente di avversione al rischio.
A mio avviso è tutta roba buona per le corse dei cavalli, con la variante che siccome i rendimenti delle corse dei cavalli sono mediamente negativi ne consegue dunque che si dovrebbe giocare ai cavalli solo se si è propensi al rischio. Nel lungo periodo infatti si perde. Si paga dunque per giocare.
Però siccome l'economia è interconnessa, lo sono anche le lotterie. E siccome non sono stocasticamente indipendenti tutta la teoria di Von Neumann e Morgenstern va a donnine di facili costumi...

Un economista dunque è uno che studia qualcosa che non esiste. E per definizione dell'operatore logico implicazione quando la premessa è falsa l'implicazione è sempre vera, in quanto la relazione fra premessa e conseguenza non è smentibile.
Un economista dunque è molto più simile a un prete che a uno scenziato, e il fatto di usare (a vuoto) uno strumento quale la matematica in se non lo eleva al rango di scenziato, in quanto si incaponisce nello studio di un sistema economico che non è il nostro.
E un economista che si occupi di finanza è anche peggio, in quanto applica un sistema buono per (convincersi a non giacare al) le corse dei cavalli all'economia.

Come ti hanno fatto notare il mix è deleterio, in quanto mettere un economista in posizioni di comando in genere non porta a niente di buono (vedi monti o tremonti...)
 
Ultima modifica:
OK!

"Michele Boldrin
16 agosto alle ore

Ignorando chi vi ripete continuamente che sappiamo pochissimo di come funzionano i sistemi economici e non abbiamo ricette salvifiche in tasca, perche' non esistono, *****!

quindi la solita sbrodolata arrogante per dire che lui studia però non viene preso in considerazione abbastanza? Fa l'offeso?
Bah, dice anche cose interessanti in economia, ma poi parte per la tangente, sembra un po' lo sgarbi delle scienze economiche.
 
@ EnricoR

Ti chiedo perdono se non ho letto attentamente tutto il chilometrico post iniziale. Se ho frainteso ovviamente niente di quello che dirò in seguito vale più.

Da una lettura sommaria e superficiale ho desunto che per "economista" intendiamo "colui che ha una carriera di tipo universitario nella facoltà di economia". Pare infatti (da quello che ho letto) che per fregiarsi del titolo di economista occorra essere più o meno in pari con uno in regola per fare il concorso di professore associato.
Ci vuole un dottorato di ricerca, ci vogliono le pubblicazioni, ci vogliono i seminari, e, dulcis in fundo ci vuole di aver insegnato nei seminari.
Un mio amico è professore associato (di altro) ed ha fatto tutta questa trafila.

Mi pare una definizione un pò troppo accademica e restrittiva di economista, ma se vogliamo accettarla, vediamo anche il rovescio della medaglia.

Nelle facoltà di economia non si fa vera ricerca. Nelle facoltà di ecinomia si venera la teoria neoclassica. Nel campo della finanza per esempio la fa da padrone la teoria del valore atteso di Von Neumann e Morgenstern.

Siccome mi piace fare il bastian contrario propongo qui un pochetto di "dubbi"...

In soldoni tale teoria dice che a determinate condizioni è possibile trovare una funzione di utilità che lega un qualunque "paniere" di lotterie a un fetentissimo numero reale. E che tale funzione è unica a meno di una funzione LINEARE. e che esiste un coefficiente di avversione al rischio calcolabile per ogni soggetto che non cambia con una trasformazione lineare della funzione. Molto peggio dunque della classica teoria dell'utilità che si studia in microeconomia dove tale funzione è unica al meno di una qualunqie funzione MONOTONA CRESCENTE. e non esiste il concetto di avversione al rischio
Occhio che è una dimostrazione, mica un assioma.
Gli assiomi sono altri (e ovviamente sono parecchio discutibili)...
si ipotizza la solita relazione di preferenza debole, fra (ATTENZIONE!) tutti i panieri di lotterie ESISTENTI E POSSIBILI.
si fa il solito assioma di razionalità, ossia proprietà riflessiva, transitiva e simmetrica.
L'assioma di razionalità nel mercato dei beni fa rabbrividire, ma in questo caso poichè parliamo di numeri magari la cosa ha un suo blando perchè.
Ovviamente nessuno ci garantisce che una qualche banca ci proponga una fetentissima combinazione fra le lotterie che vale un fetentissimo numero diverso dalla media dei suoi componenti (in genere minore) e che noi non ce ne accorgiamo, ma insomma la borsa è fatta per separare gli ****** dai loro quattrini e nel medio periodo ci si aspetta che lo faccia con una certa efficienza e lasci in piedi solo gli operatori che sono davvero razionali.
Turiamoci il naso e lasciamo perdere le critice all'assioma di razionalità che in genere sono più che sufficienti per buttare al tapppeto la funzione di utilità nel mercato dei beni.
Si suppone inoltre che se uno preferisca una lotteria a una lotteria b preferisca fra due combinazioni c1 e c2 di a e b quella che contiene una parte maggiore della sua lotteria preferita. è un passaggio meno scontato di quello che si crede in quanto magari una combinazione fra a e b si avvicina al rapporto fra rischio e rendimento dell'operatore in maniera "migliore" sia di a che di b...
poi abbiamo il solito elemento che fa da unità di misure e la solita ipotesi di chiusura del dominio.
Fin quì le stesse condizioni del mercato dei beni.
Nel mercato dei beni tali assiomi sono al di fuori del mondo.
Però siccome parliamo di numeri, ossia di qualcosa che per definizione è calcolabile, facciamo finta che, magari non un uomo, ma un algoritmo (tipo le macchinette...) possa operare rispettando questi assiomi.
Il problema è nell'ultima ipotesi, ossia che le lotterie devono essere stocasticamente indipendenti.
Stocasticamente indipendenti significa che gli elementi "base" delle lotterie (Attenzione non i panieri!) fra di lorosono scorrelati.
Si potrebbe dire che gli elementi base non sino quelli che noi compriamo in quanto (per esempio) un titolo azionario si può vedere come un paniere, ma le grandezze base (tipo oro e petrolio e le altre ********* alla base dell'economia come livello di produttività, tassazione media e via discorrendo) SONO FRA LORO INDIPENDENTI.
Se queste condizioni si verificano allora vale l'idea della funzione di utilità unica al meno di una trasformazione lineare (e i grafici con le rette significano qualcosa...) e per chiunque abbia una funzione di utilità si può calcolare un coefficiente di avversione al rischio.
A mio avviso è tutta roba buona per le corse dei cavalli, con la variante che siccome i rendimenti delle corse dei cavalli sono mediamente negativi ne consegue dunque che si dovrebbe giocare ai cavalli solo se si è propensi al rischio. Nel lungo periodo infatti si perde. Si paga dunque per giocare.
Però siccome l'economia è interconnessa, lo sono anche le lotterie. E siccome non sono stocasticamente indipendenti tutta la teoria di Von Neumann e Morgenstern va a donnine di facili costumi...

Un economista dunque è uno che studia qualcosa che non esiste. E per definizione dell'operatore logico implicazione quando la premessa è falsa l'implicazione è sempre vera, in quanto la relazione fra premessa e conseguenza non è smentibile.
Un economista dunque è molto più simile a un prete che a uno scenziato, e il fatto di usare (a vuoto) uno strumento quale la matematica in se non lo eleva al rango di scenziato, in quanto si incaponisce nello studio di un sistema economico che non è il nostro.
E un economista che si occupi di finanza è anche peggio, in quanto applica un sistema buono per (convincersi a non giacare al) le corse dei cavalli all'economia.

Come ti hanno fatto notare il mix è deleterio, in quanto mettere un economista in posizioni di comando in genere non porta a niente di buono (vedi monti o tremonti...)

Ottimo post, vedo che mi hai citato nella parte finale.Aggiungi pure Padoan Schioppo e Saccomanni e vedi un po' che **** che abbiamo avuto 😂😂😂😂😂
 
quindi la solita sbrodolata arrogante per dire che lui studia però non viene preso in considerazione abbastanza? Fa l'offeso?
Bah, dice anche cose interessanti in economia, ma poi parte per la tangente, sembra un po' lo sgarbi delle scienze economiche.

un povero arrogante seguito da un gregge di beoti, però accademici.
 
Il top resta il caxx.iatone della regina Elisabetta ai professoroni della London school of economics
nel 2008 facendogli una semplice domanda: "why no one of you saw the credit crunch coming?" :bow:
 
@ EnricoR

Ti chiedo perdono se non ho letto attentamente tutto il chilometrico post iniziale. Se ho frainteso ovviamente niente di quello che dirò in seguito vale più.

Da una lettura sommaria e superficiale ho desunto che per "economista" intendiamo "colui che ha una carriera di tipo universitario nella facoltà di economia". Pare infatti (da quello che ho letto) che per fregiarsi del titolo di economista occorra essere più o meno in pari con uno in regola per fare il concorso di professore associato.
Ci vuole un dottorato di ricerca, ci vogliono le pubblicazioni, ci vogliono i seminari, e, dulcis in fundo ci vuole di aver insegnato nei seminari.
Un mio amico è professore associato (di altro) ed ha fatto tutta questa trafila.

Mi pare una definizione un pò troppo accademica e restrittiva di economista, ma se vogliamo accettarla, vediamo anche il rovescio della medaglia.

Nelle facoltà di economia non si fa vera ricerca. Nelle facoltà di ecinomia si venera la teoria neoclassica. Nel campo della finanza per esempio la fa da padrone la teoria del valore atteso di Von Neumann e Morgenstern.

Siccome mi piace fare il bastian contrario propongo qui un pochetto di "dubbi"...

In soldoni tale teoria dice che a determinate condizioni è possibile trovare una funzione di utilità che lega un qualunque "paniere" di lotterie a un fetentissimo numero reale. E che tale funzione è unica a meno di una funzione LINEARE. e che esiste un coefficiente di avversione al rischio calcolabile per ogni soggetto che non cambia con una trasformazione lineare della funzione. Molto peggio dunque della classica teoria dell'utilità che si studia in microeconomia dove tale funzione è unica al meno di una qualunqie funzione MONOTONA CRESCENTE. e non esiste il concetto di avversione al rischio
Occhio che è una dimostrazione, mica un assioma.
Gli assiomi sono altri (e ovviamente sono parecchio discutibili)...
si ipotizza la solita relazione di preferenza debole, fra (ATTENZIONE!) tutti i panieri di lotterie ESISTENTI E POSSIBILI.
si fa il solito assioma di razionalità, ossia proprietà riflessiva, transitiva e simmetrica.
L'assioma di razionalità nel mercato dei beni fa rabbrividire, ma in questo caso poichè parliamo di numeri magari la cosa ha un suo blando perchè.
Ovviamente nessuno ci garantisce che una qualche banca ci proponga una fetentissima combinazione fra le lotterie che vale un fetentissimo numero diverso dalla media dei suoi componenti (in genere minore) e che noi non ce ne accorgiamo, ma insomma la borsa è fatta per separare gli ****** dai loro quattrini e nel medio periodo ci si aspetta che lo faccia con una certa efficienza e lasci in piedi solo gli operatori che sono davvero razionali.
Turiamoci il naso e lasciamo perdere le critice all'assioma di razionalità che in genere sono più che sufficienti per buttare al tapppeto la funzione di utilità nel mercato dei beni.
Si suppone inoltre che se uno preferisca una lotteria a una lotteria b preferisca fra due combinazioni c1 e c2 di a e b quella che contiene una parte maggiore della sua lotteria preferita. è un passaggio meno scontato di quello che si crede in quanto magari una combinazione fra a e b si avvicina al rapporto fra rischio e rendimento dell'operatore in maniera "migliore" sia di a che di b...
poi abbiamo il solito elemento che fa da unità di misure e la solita ipotesi di chiusura del dominio.
Fin quì le stesse condizioni del mercato dei beni.
Nel mercato dei beni tali assiomi sono al di fuori del mondo.
Però siccome parliamo di numeri, ossia di qualcosa che per definizione è calcolabile, facciamo finta che, magari non un uomo, ma un algoritmo (tipo le macchinette...) possa operare rispettando questi assiomi.
Il problema è nell'ultima ipotesi, ossia che le lotterie devono essere stocasticamente indipendenti.
Stocasticamente indipendenti significa che gli elementi "base" delle lotterie (Attenzione non i panieri!) fra di lorosono scorrelati.
Si potrebbe dire che gli elementi base non sino quelli che noi compriamo in quanto (per esempio) un titolo azionario si può vedere come un paniere, ma le grandezze base (tipo oro e petrolio e le altre ********* alla base dell'economia come livello di produttività, tassazione media e via discorrendo) SONO FRA LORO INDIPENDENTI.
Se queste condizioni si verificano allora vale l'idea della funzione di utilità unica al meno di una trasformazione lineare (e i grafici con le rette significano qualcosa...) e per chiunque abbia una funzione di utilità si può calcolare un coefficiente di avversione al rischio.
A mio avviso è tutta roba buona per le corse dei cavalli, con la variante che siccome i rendimenti delle corse dei cavalli sono mediamente negativi ne consegue dunque che si dovrebbe giocare ai cavalli solo se si è propensi al rischio. Nel lungo periodo infatti si perde. Si paga dunque per giocare.
Però siccome l'economia è interconnessa, lo sono anche le lotterie. E siccome non sono stocasticamente indipendenti tutta la teoria di Von Neumann e Morgenstern va a donnine di facili costumi...

Un economista dunque è uno che studia qualcosa che non esiste. E per definizione dell'operatore logico implicazione quando la premessa è falsa l'implicazione è sempre vera, in quanto la relazione fra premessa e conseguenza non è smentibile.
Un economista dunque è molto più simile a un prete che a uno scenziato, e il fatto di usare (a vuoto) uno strumento quale la matematica in se non lo eleva al rango di scenziato, in quanto si incaponisce nello studio di un sistema economico che non è il nostro.
E un economista che si occupi di finanza è anche peggio, in quanto applica un sistema buono per (convincersi a non giacare al) le corse dei cavalli all'economia.

Come ti hanno fatto notare il mix è deleterio, in quanto mettere un economista in posizioni di comando in genere non porta a niente di buono (vedi monti o tremonti...)

Perchè sostieni che non si faccia vera ricerca?

Le istituzioni che fanno ricerca innovativa ed importante non saranno la maggioranza, ma ci sono (soprattutto in u.s.)

ps: hai letto un pò di sviluppi della ricerca in materia di finanza comportamentale (behavioural finance)?
 
Finanza comportamentale
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La finanza comportamentale e l'economia comportamentale sono campi di studio strettamente legati, che applicano la ricerca scientifica nell'ambito della psicologia cognitiva alla comprensione delle decisioni economiche e come queste si riflettano nei prezzi di mercato e nell'allocazione delle risorse. Entrambe si interessano della razionalità, o meglio della sua mancanza, da parte degli agenti economici. I modelli studiati in questi campi tipicamente integrano risultati della psicologia cognitiva con l'economia neoclassica.

Metodologia[modifica | modifica wikitesto]
All'inizio le teorie dell'economia e della finanza comportamentali vennero sviluppate quasi esclusivamente partendo da osservazioni sperimentali e da risposte a sondaggi, anche se in anni più recenti i dati del mondo reale hanno assunto una posizione più importante. Anche la risonanza magnetica funzionale è stata usata per determinare quali aree del cervello sono attive durante i vari passi dei processi decisionali economici. Esperimenti che simulano situazioni di mercato come le contrattazioni del mercato azionario e le aste, sono considerate particolarmente utili in quanto possono essere impiegate per isolare gli effetti di una inclinazione a un particolare comportamento. Tipicamente i comportamenti osservati sul mercato possono essere spiegati in diversi modi, esperimenti attentamente pianificati possono aiutare a ridurre l'insieme delle spiegazioni plausibili. Gli esperimenti sono progettati per essere compatibili con gli incentivi, in cui transazioni vincolanti che prevedono l'uso di vero denaro sono la norma.

Osservazioni chiave[modifica | modifica wikitesto]
Ci sono tre temi principali nella finanza e nell'economia comportamentali (Shefrin, 2002):

Euristica: La gente spesso prende decisioni basate su regole empiriche approssimative, non seguendo analisi strettamente razionali. Si veda anche pregiudizi cognitivi e razionalità limitata.
Inquadramento: Il modo in cui un problema o una decisione viene presentata influenza le azioni di chi deve scegliere.
Inefficienze di mercato: Esistono spiegazioni per esiti di mercato osservati, che sono contrari alle spiegazioni razionali e all'efficienza del mercato. Queste comprendono, valutazione errata del prezzo, processi decisionali non razionali, e anomalie sul ritorno. Richard Thaler, in particolare, ha scritto una lunga serie di documenti che descrivono specifiche anomalie di mercato da una prospettiva comportamentale.
Le anomalie a livello di mercato non possono in genere essere spiegate con individui affetti da pregiudizi cognitivi, in quanto un pregiudizio individuale spesso non produce un effetto sufficiente da cambiare i prezzi e i ritorni di mercato. Inoltre, i pregiudizi individuali possono potenzialmente annullarsi l'un l'altro. I pregiudizi cognitivi hanno effetti anomali reali solo se esiste una contaminazione sociale con un forte contenuto emotivo (paura o avidità collettiva), portando a un fenomeno più diffuso come il comportamento del gregge e il pensiero di gruppo. La finanza e l'economia comportamentali fanno affidamento sulla psicologia sociale quanto sulla psicologia individuale.

Esistono due eccezioni a questa affermazione generale. Primo, può darsi il caso che abbastanza individui mostrino comportamenti preconcetti (ovvero, diversi dalle aspettative razionali) che tale comportamento sia la norma e quindi abbia effetti a livello dell'intero mercato. Inoltre, alcuni modelli comportamentali dimostrano esplicitamente che un gruppo anomalo, piccolo ma significativo, può avere effetti a livello dell'intero mercato (ad esempio, Fehr e Schmidt, 1999).

Argomenti della finanza comportamentale[modifica | modifica wikitesto]
Osservazioni chiave hanno fatto sì che la letteratura della finanza comportamentale includesse la mancanza di simmetria tra le decisioni di acquisire e mantenere delle risorse, chiamata colloquialmente "paradosso dell'uccello nel cespuglio", e la forte avversione alla perdita o l'angoscia collegata ad ogni decisione in cui alcune risorse emotivamente preziose (ad esempio, la casa) potrebbero venire completamente perse. L'avversione alla perdita appare manifestarsi nel comportamento dell'investitore come una mancanza di volontà di vendere azioni o altri titoli, se fare ciò costringe l'investitore a realizzare una perdita nominale (Genesove e Mayer, 2001). Può anche aiutare a spiegare perché i prezzi del mercato delle abitazioni non si aggiustano verso il basso durante periodi di scarsa richiesta.

Applicando una versione della teoria del prospetto, Benartzi e Thaler (1995) sostengono di aver risolto l'equity premium puzzle (enigma del premio associato alle azioni), qualcosa che i convenzionali modelli finanziari non sono stati in grado di fare.

Modelli di finanza comportamentale[modifica | modifica wikitesto]
Alcuni modelli finanziari usati nella gestione del denaro e nella valutazione degli asset, usano parametri di finanza comportamentale, ad esempio:

Il modello di Thaler della reazione dei prezzi alle informazioni, con tre fasi, sottoreazione -aggiustamento - sovrareazione, che creano una tendenza di prezzo
Il coefficiente di immagine azionaria
Critiche alla finanza comportamentale[modifica | modifica wikitesto]
I critici della finanza comportamentale, come Eugene Fama, sostengono tipicamente la teoria dell'efficienza di mercato. Essi sostengono che la finanza comportamentale è più un insieme di anomalie che una vera branca della finanza, e che queste anomalie verranno alla fine prezzate fuori dal mercato o spiegate appellandosi ad argomentazioni di microstruttura dei mercati. Comunque, si deve evidenziare una distinzione tra pregiudizi individuali e pregiudizi sociali; i primi possono essere mediati solo dal mercato, mentre gli altri possono creare un ciclo di retroazione che spinge il mercato sempre più lontano dall'equilibrio del "giusto prezzo".

Un esempio specifico di tale critica si trova in alcune tentate spiegazioni dell'equity premium puzzle. Si è sostenuto che il puzzle nasca semplicemente a causa di barriere all'ingresso (sia pratiche che psicologiche) che hanno tradizionalmente impedito l'ingresso nel mercato azionario da parte di singoli individui, e che i ritorni tra azioni e obbligazioni dovrebbero stabilizzarsi grazie alle risorse informatiche che aprono il mercato azionario a un maggior numero di investitori (Si veda, Freeman 2004 per un resoconto). In risposta, altri sostengono che molti dei fondi di investimento personale sono gestiti attraverso fondi pensione, quindi l'effetto di queste presunte barriere all'ingresso sarebbe minimo. Inoltre, gli investitori professionali e i gestori di fondi sembrano detenere più obbligazioni di quanto ci si aspetterebbe dati i differenziali di ritorno.

Argomenti di economia comportamentale[modifica | modifica wikitesto]
I modelli di economia comportamentale sono tipicamente indirizzati ad una particolare anomalia di mercato osservata e modificano i modelli neoclassici standard descrivendo i decision maker come utilizzanti l'euristica e come influenzati da effetti di inquadramento. In generale l'economia comportamentale rientra nell'ambito dell'economia neoclassica, anche se l'assunzione standard del comportamento razionale viene spesso sfidata.

Euristica

Teoria dei prospetti
Avversione alla perdita
Pregiudizio dello status quo
Fallacia dello scommettitore
Pregiudizio di autocompiacenza
Inquadramento

Inquadramento
Contabilità mentale
Utilità di riferimento
Ancoramento
Anomalie

Effetto disposizione
Effetto dotazione
Equity premium puzzle
Illusione monetaria
Problema del dividendo
Giustizia (Avversione all'ingiustizia)
Ipotesi del salario efficiente
Reciprocità
Consumo intertemporale
Preferenze influenzate dal presente
Ipotesi comportamentale del ciclo di vita
Viscosità dei salari
Viscosità dei prezzi
Visceral influences
Curva di Earle dell'affidabilità predittiva
Limiti all'arbitraggio
Reddito e felicità
Effetto momentum
 
quindi la solita sbrodolata arrogante per dire che lui studia però non viene preso in considerazione abbastanza? Fa l'offeso?
Bah, dice anche cose interessanti in economia, ma poi parte per la tangente, sembra un po' lo sgarbi delle scienze economiche.

Diciamo che a volte, per farsi capire, deve scendere al livello degli interlocutori (quelli descritti-->il 90-95(?)% degli utenti di fb che commentano)...

Per gli altri ci sono i dibattiti seri e papers economici (per chi ha gli strumenti per leggerli in maniera proficua)-->Michele Boldrin
 
Da una lettura sommaria e superficiale ho desunto che per "economista" intendiamo "colui che ha una carriera di tipo universitario nella facoltà di economia". Pare infatti (da quello che ho letto) che per fregiarsi del titolo di economista occorra essere più o meno in pari con uno in regola per fare il concorso di professore associato.
Ci vuole un dottorato di ricerca, ci vogliono le pubblicazioni, ci vogliono i seminari, e, dulcis in fundo ci vuole di aver insegnato nei seminari.
Un mio amico è professore associato (di altro) ed ha fatto tutta questa trafila.

Mi pare una definizione un pò troppo accademica e restrittiva di economista

:yes:

Questo è quello che penso anch'io. :yes:

Il problema di pretendere di dare "definizioni" di questo genere è che si entra nel solito circolo chiuso, in cui their main skill is capacity to pass exams written by people like them.

Non capisco come Boldrin possa affermare ciò che afferma: accanto a persone che la pensano - giustamente - come lui, il mondo accademico è pieno, strapieno, di persone che al contrario pretendono di sapere. Molto spesso stupidaggini.

Seguendo le teorie dei quali, negli ultimi decenni, sono stati creati innumerevoli disastri. Cosa che peraltro è Boldrin stesso a dire e ad insegnare.

Il pericolo viene precisamente da chi, ignorante, pretende di imporre al mondo la sua visione, perchè gli altri ignoranti non capiscono, e quindi devono essere guidati.
Niente affatto da chi la impone, in sostanza, a sè stesso.

Forse un giorno capirà realmente come funziona concettualmente il "mercato", cioè come istituzionalizzazione del riconoscimento dell'ignoranza, a favore di meccanismi di test, prova, errore, selezione che permettano di ridurre, progressivamente, l'ignoranza stessa.
Mercato fatto di persone autonome, non di pedine con cui giocare.

Tutto il contrario della verità unica imposta dall'alto con grossolana sopravvalutazione scientista del livello di conoscenza stesso, anche in tema di vaccini.
 
Perchè sostieni che non si faccia vera ricerca?

Le istituzioni che fanno ricerca innovativa ed importante non saranno la maggioranza, ma ci sono (soprattutto in u.s.)

ps: hai letto un pò di sviluppi della ricerca in materia di finanza comportamentale (behavioural finance)?

in US non so come siano messi.

Posso dirti solo che (eoni fa, quando ancora i valar giravano fra i mortali), quando feci io la tesi di laurea gli unici dipartimenti che facevano della ricerca come si deve, ossia senza preconcetti, erano quelli di matematica finanziaria.

Se per finanza comportamentale intendi la "prospect teory di Kahneman e Tversky so che cosa è. Se intendi altro sono fuori dal giro da troppo tempo per sapere di che parli.
Ha l'indubbio pregio rispetto alla teoria del valore atteso di porsi come una teoria descrittiva e non come una teoria normativa, e l'altro pregio di partire da dati certi (appunto i prospetti) e quindi essere in astratto falsificabile e quindi scientifica in senso stretto.
Effetto di Isolazione, effetto di pseudocertezza o in generali "framing effects" intesi come lo specchio deformante che si pone fra il decisore e i prospetti sono un punto di vista sicuramente più interessante del solito assioma di razionalità in un insieme chiuso di lotterie stocasticamente indipendente, e soprattutto, ripeto, sono scientifiche. Per scientifiche intendo che l'esperimento è ripetibile e che in astratto potrebbe dare un risultato che potrebbe in astratto falsificare la teoria.
Il fatto che profitti e perdite siano per il decisore trattati in maniera specularmente diversa (nelle perdite l'investitore si trasforma letteralmente in un giocatore d'azzardo...) sembra spiegare tanti post del fol...
Chiaramente non è la bibbia e chiaramente tanta acqua deve passare sotto i ponti, ma è un inizio.

Questa roba (o altra roba similare) però la trovi nei dipartimenti di matematica (sempre della facoltà di economia), mica in quelli di economia, dove le tesi in genere sono la solita raccolta dati fine a se stessa in maniera da evitare al barone di turno di perdere troppo tempo a raccogliere i dati quando pubblica il suo solito illuminato parere...

Sarà perchè il matematico ha per forza di cose una curiosità scientifica o sarà perché chi insegna economia politica applica a pappagallo formulette di cui non conosce (o non gli importa) la portata...
Non te lo so dire...
D'altro canto nei dipartimenti di economia sono più pragmatici mentre spesso nei dipartimenti di matemetica amano cincischiare con i dettagli...

Inoltre c'è da dire che molto dipende da come è congegnata la facoltà di Economia. Lo sbocco principe delle nostre facoltà di economia non è la figura dell'economista, ma quella del dottore commercialista.

Nella formazione del dottore commercialista sono molto più importanti lo strumento tecnico (la ragioneria) e il diritto. Poi come è funziona il mondo economico è una cosa secondaria.

Se nel frattempo sono cambiate cose o se la scuola anglosassone (che in certe cose è sempre avanti) ha in serbo cose più interessanti non saprei dirti...
 
Ultima modifica:
oggi è arrivato in hotel Carlo Cottarelli, mi sembra sia economista....la moglie ha prenotato con booking ed a cena hanno speso 99 euro....
 
oggi è arrivato in hotel Carlo Cottarelli, mi sembra sia economista....la moglie ha prenotato con booking ed a cena hanno speso 99 euro....

Beh la privacy è un tuo marchio di fabbrica vedo. Anche io ho avuto sotto mano i dati sensibili di calciatori, politici (grillini) e attori, ma non li spiattello su un forum.

Comunque non vedo cosa ci sia di male a prenotare su booking. Io ho a che fare con gente che ha difficoltà a leggere due righe di fattura e non comprende la data di emissione rispetto alla data di erogazione del servizio. Ci sono casi umani che passano ore a smuovere mari e monti mandando mail alla propria banca, al papa, al wwf pensando che li abbiamo truffati. Il tutto per pochi euro e perchè non sanno leggere tre righe di fattura.

Però scommetto che molti di questi sono convinti di aver capito come gira il mondo, l'economia, la politica...
 
Se prenoti su booking sei un pezzente, nel nostro settore è cosa nota.Adesso voglio vedere se lascia un euro di mancia questo grande economista....
 
Se prenoti su booking sei un pezzente, nel nostro settore è cosa nota.Adesso voglio vedere se lascia un euro di mancia questo grande economista....

Invece i dipendenti che s*******no online i clienti del proprio datore di lavoro sono dei modelli da cui prendere esempio e che tutti vorrebbero avere tra i piedi. E' cosa nota.
 
Un economista è un esperto nel predire il passato....ma probabilmente sarà già stato detto....
 
se sono così bravi questi economisti,perchè la nostra economia e nella m......a?:wall:
 
Invece i dipendenti che s*******no online i clienti del proprio datore di lavoro sono dei modelli da cui prendere esempio e che tutti vorrebbero avere tra i piedi. E' cosa nota.

Non ho comunicato nessun dato sensibile,ripassa un 'altra volta!!!!
 
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