Spezzo, non dico una lancia, ma almeno una 500
per Gentilini, che senz'altro preferirei a Guttuso. Gli altri (Guttuso compreso, per me) erano zombi fatti vivere da scosse elettriche ben manovrate. Per me anche 30 anni fa consideravo costoro addirittura dannosi, e non ci aggiungo solo i Brindisi o i Cantatore, ma anche i Murer, gli Spazzapan, gli Attardi, i Ferroni i Purificato gli Omiccioli e i Cazzaniga. Ecc ecc.
Peraltro dimentichiamo artisti come Leonardo Castellani, a suo tempo considerato IL rivale di Morandi, come l'incensatissimo e non proprio orribile Emilio Greco, così come Manzù. Questi sono nomi che rimarranno come minori, ma rimarranno perché almeno cercarono di essere seri ed avevano una certa cultura.
E ora faccio notare che questi tre, così come Marino, sono artisti quasi più del bianco e nero che del colore, e infatti tre dei quattro sono scultori. E l'unico grande "pittore" che resiste di cui ora mi venga in mente il nome è Afro - ce ne saranno altri, ma ora concludo.
La domanda è: la ricchezza degli anni 60 ha portato ad un maggiore uso del colore
, e allora, non è che gli artisti italiani, proprio di fronte al colore, siano caduti in massa nella trappola della facilità? Perché macchiare di colori e coloracci è più facile, a prima vista, che impegnarsi in una costruzione disegnata o più elaborata. Il colore può essere una scorciatoia tremenda per ignorare i problemi della creazione. Pittori come Montanarini e il sunnominato Spazzapan ne sono la dimostrazione. E poi molti altri.
Breve: sedotti e abbandonati dalle apparenti facilità del colore (espressione, ripeto, della nuova ricchezza)?
Perché poi in quelli "buoni", tipo Afro o Music, non è che di colori, nel senso di colori brillanti, squillanti, ve ne siano tanti, anzi: quante terre!