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Donaldino, il catalogo è questo. Osservate, leggete con me...
Non c'è minimamente partita.
Trump 52,4% (più di tutti gli altri sommati insieme), secondo DeSantis staccatissimo al 15,5% che sta crollando ogni giorno sempre di più.
Non c’è mai stata nella storia americana del dopoguerra un’elezione in cui si presenta un ex presidente, plurindagato e superfavorito dai sondaggi. Se vince, prende tutto, perché sarà politicamente blindato. Ma se perde, cambia ogni cosa. Perché a quel punto scatterebbe quel meccanismo della politica americana che si chiama “momentum” e che assomiglia all’onda colta al punto giusto da un surfista: la spinta che farebbe decollare la narrazione di un Trump non più invincibile e di un avversario che ha le carte in regola per farcela.
E l’ulteriore elemento di sorpresa potrebbe essere il fatto che a cogliere l’onda non è detto che sia DeSantis. Come ha sottolineato il commentatore conservatore Ross Douthat, se il governatore della Florida si rivelasse poco convincente per l’elettorato, ci sarebbe già pronta un’alternativa: alle sue spalle in Iowa e altrove sta salendo nei sondaggi il senatore della South Carolina Tim Scott, l’unico afroamericano in corsa per la nomination repubblicana. Un politico ottimista e sorridente che si sta rivelando la novità delle ultime settimane e che piace anche a Vander Plaats. Anche nell’Iowa dei bianchi può succedere che vinca un nero: è accaduto nel 2008: si chiamava Barack Obama e la sua vittoria fu il primo segnale che la superfavorita, Hillary Clinton, era nei guai.
Colpito da diversi mesi da offensive giudiziarie (per l’ex presidente una caccia alle streghe e medaglie di “merito”) Donald Trump sembra essere sempre più inattaccabile come "number one" nelle primarie del partito Rep. Ogni nuovo rinvio a giudizio pare “energizzare” e rafforzare la sua candidatura. Infatti l’ultimo sondaggio del “The New York Times”, lo conferma. Il 54% degli americani rep lo vorrebbe regalandogli ben 37 punti di vantaggio su quello che doveva essere l’astro nascente della politica, Ron De Santis, il battagliero Governatore della Florida. E gli altri 13 concorrenti? Quasi non pervenuti poiché, sempre secondo l’ultimo sondaggio, hanno quasi tutti tra il 3%e il 2%. Come il suo ex vice presidente Mike Pence; il senatore Tim Scott, l'ex ambasciatore di Trump all'Onu Nikki Haley, Chris Christie, ex governatore del New Jersey e l'imprenditore Vivek Ramaswamy.
Secondo i sondaggi l’ex presidente è il leader indiscusso nelle primarie del partito repubblicano per le presidenziali di novembre del prossimo anno. Conduce con più di 40 punti di vantaggio sul governatore DeSantis, quasi 50 su Ramaswamy e Nikki Haley. Distacchi abissali che gli danno la sicurezza di ottenere la nomina del partito nonostante i quattro procedimenti penali che lo attendono.
Il suo dilemma non è se i repubblicani gli daranno il voto, ma se la stragrande fascia degli elettori, gli indipendenti, gli daranno i consensi per farlo tornare alla Casa Bianca. E per cercare di fare breccia tra loro ha cambiato tono su questioni cruciali come l’aborto, la guerra in Ucraina, i tassi di interesse e persino sugli sforzi del suo partito per mettere sotto impeachment il presidente Joe Biden.
Elezioni Usa 2024, Biden troppo vecchio e Trump no: il sondaggio
Diversa la situazione per Donald Trump, di soli tre anni più giovane di Biden e attualmente 'in fuga' nella corsa alla candidatura repubblicana secondo sondaggi e rilevazioni. Solo il 47% del campione considera l'età un problema per The Donald, che a giugno ha spento 77 candeline.
Nemmeno i problemi giudiziari, con le incriminazioni e i processi, sembrano ostacolare Trump. Nella marcia verso le primarie repubblicane, l'ex presidente è in testa con il 59% dei consensi.
Si affrontano due Americhe che non si parlano più. Gli Stati Uniti vivranno dunque un altro ciclo elettorale in un clima di ciò che può essere chiamata “guerra civile virtuale”. Ci si può persino chiedere se persisterà. Dopo tutto, i due terzi dei repubblicani sono convinti che le elezioni del novembre 2020 siano state truccate. Hanno manifestato la loro rabbia il 6 gennaio 2021 occupando il Congresso. Cosa accadrà se perderanno di nuovo alle elezioni del 2024, visto che affrontano lo scrutinio con una commistione di risentimento, di rabbia e di sfiducia? Risentimento per il 2020, rabbia soprattutto nel vedere il loro eroe vittima di quella che considerano come una persecuzione giudiziaria per impedirgli ancora una volta di andare alla Casa Bianca; sfiducia infine nei confronti di istituzioni che giudicano a servizio di élite disprezzate, fatto senza precedenti in un paese dove la Costituzione è tradizionalmente venerata.
Trump continua a canalizzare questa rivolta, la alimenta e la amplifica. Dal suo fallimento nel 2020, si è radicalizzato. E’ più violento e meno rispettoso che mai delle procedure democratiche: non solo continua a gridare al complotto, ma sta ora dalla parte dei rivoltosi del 6 gennaio e promette di concedere loro la grazia in caso di vittoria. I processi che lo tormentano e che gli conferiscono un’aura di martire costringono paradossalmente gli altri candidati repubblicani a sostenerlo per non inimicarsi i suoi elettori.