Eni - solo news - n.3

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Siamo a circa il 51% (BuyBack Seconda Tranche)
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ENI: LANCIA IL NUOVO ENI.COM PER RACCONTARE L'ENERGIA E LA TRANSIZIONE​

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Roma, 30 nov - Eni lancia la nuova versione di eni.com, ridisegnando il proprio sito web con l'obiettivo di raccontare la transizione energetica e tecnologica in una maniera sempre piu' chiara, efficace e accessibile. Nel contesto in continuo cambiamento in cui l'energia e' un tema di stringente attualita', il nuovo eni.com, spiega la nota, risponde alle esigenze di Eni di comunicare integralmente la propria strategia di decarbonizzazione caratterizzata dallo sviluppo e impiego di tecnologie proprietarie per fornire energia sicura e sempre piu' pulita e dalla diversificazione delle fonti energetiche.
Il sito web e' stato ideato per permettere agli utenti di scoprire e comprendere Eni attraverso una struttura narrativa che si declina in Visione, Azioni, Prodotti. Il nuovo eni.com unisce e crea una connessione chiara tra la visione strategica della societa' per traguardare il Net Zero al 2050, le azioni concrete - quali l'ottimizzazione del portafoglio upstream attraverso la progressiva decarbonizzazione, abbinata all'espansione dei business bio, rinnovabili e di economia circolare - e i servizi e prodotti che ne sono il risultato.
Il nuovo portale si pone gli stessi obiettivi di Eni: essere sempre piu' sostenibile, efficiente e accessibile. Presenta un'interfaccia ridisegnata seguendo i principi di semplificazione del linguaggio e della navigazione, contribuendo a ridurre le emissioni, attraverso l'ottimizzazione delle immagini e degli elementi di design per creare pagine piu' leggere ed efficienti nel caricamento.
Com-Sim
(RADIOCOR) 30-11-23 16:13:59
 

IDROGENO, IL 2023 È STATO UN ANNO DI SVOLTA PER IL SETTORE​

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(Teleborsa) - L' Assemblea Generale di H2IT – Associazione Italiana Idrogeno, tenutasi oggi presso la sede milanese di Assolombarda, ha rappresentato un'occasione fondamentale per analizzare il progresso della filiera dell'idrogeno nel 2023 e delineare le prospettive future del settore. L'incontro ha evidenziato ulteriormente l'importanza strategica dell'idrogeno sia nel contesto europeo che in quello italiano, e ha definito le direttive per il suo sviluppo. Per la prima volta, l'Assemblea ha visto anche l'intervento di un attore istituzionale chiave, Fabio Scoccimarro, Assessore alla difesa dell'ambiente, energia e sviluppo sostenibile della Regione Friuli-Venezia Giulia, regione che ha puntato sul vettore idrogeno per attirare investimenti ed essere leader sull'innovazione.

"Il 2023 è stato un anno di trasformazioni significative per il settore dell'idrogeno - ha commentato Alberto Dossi, Presidente di H2IT. Siamo di fronte a un'opportunità fondamentale per consolidare l'idrogeno come pilastro della transizione energetica. Per questo abbiamo lavorato ponendoci un obiettivo preciso: creare un ecosistema collaborativo in cui industria, ricerca, politica e territori lavorano insieme per un futuro più pulito e sostenibile anche grazie a questo vettore. L'Europa ha messo l'H2 al centro della sua politica energetica e ci sta indicando la strada da seguire. Anche l'Italia, grazie ai fondi del PNRR, si è dimostrata ricettiva. Tuttavia, occorre lo sviluppo di una strategia nazionale sull'idrogeno per non rischiare di vanificare anni di investimenti da parte delle aziende. È necessario, inoltre, ricercare una crescita armonica, sostenibile ma senza ripensamenti. Viviamo un momento in cui la collaborazione è un fattore prioritario e sappiamo che investimenti e condivisione del know-how possono fare dell'Italia un'eccellenza in questo comparto altamente tecnologico. Siamo orgogliosi che il nostro lavoro stia ottenendo il successo sperato, come dimostra anche l'intervento dell'Assessore Scoccimarro, che ringrazio per aver creduto, con i fatti, nel nostro settore".

In Europa, il 2023 è stato decisivo per il settore. Durante la Hydrogen Week a Bruxelles, Ursula Von Der Leyen, Presidente della Commissione Europea, ha annunciato le aste della Banca Europea dell'Idrogeno per il 2024, allocate per 2,2 miliardi di euro, stabilendo un nuovo quadro di mercato allineato con gli interventi dei Paesi Membri. Inoltre, è stato introdotto l'obbligo per gli Stati Membri di sviluppare Piani Strategici Nazionali Idrogeno, confermando l'importanza industriale del vettore e la sua centralità nel Green Deal europeo e nell'agenda politica internazionale. Hydrogen Europe ha monitorato 924 progetti di produzione di idrogeno pulito in Europa, evidenziando che l'82% di essi si trova attualmente solo in fase di sviluppo iniziale, come concept o studio di fattibilità. Questo dato sottolinea due aspetti: da un lato, la pipeline di progetti è vasta e promettente, dimostrando l'enorme interesse e il potenziale del settore; dall'altro, emerge la necessità urgente di implementare misure che possano accelerare il percorso di questi progetti verso la fase di investimento finale, assicurando così che l'idrogeno possa svolgere pienamente il suo ruolo nella transizione energetica.

In Italia, il settore ha ricevuto un forte impulso dal PNRR, che prevede investimenti per 3,64 miliardi per sviluppare la filiera idrogeno. In particolare, 450 milioni sono destinati alla realizzazione di 54 Hydrogen Valleys in tutto il territorio nazionale; 1 miliardo per l'introduzione dell'idrogeno per iniziare il percorso di decarbonizzazione dei settori Hard-to-abate; 250 milioni per lo sviluppo di stazioni di rifornimento stradale e 200 milioni per i piani industriali dedicati alla produzione di elettrolizzatori e alla loro componentistica. In aggiunta, è stata pubblicata la prima versione del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima 2030) che stabilisce obiettivi per l'idrogeno in linea con la Direttiva Rinnovabili 3 (RED III) dell'Unione Europea. Infine, è stata proposta una revisione del PNRR che include il capitolo Repower EU, enfatizzando ulteriormente l'importanza strategica dell'idrogeno nel contesto energetico nazionale e allineandosi con le direttive europee.

Esattamente come il settore che rappresenta, anche per H2IT il 2023 è stato un anno di grande crescita. A maggio è stato realizzato il primo Italian Hydrogen Summit, un momento essenziale per mettere in contatto mondo aziendale, della ricerca e della politica con l'obiettivo di trovare soluzioni comuni per lo sviluppo della filiera. L'Associazione ha posto una particolare attenzione al tema degli incentivi per l'idrogeno, focalizzandosi sulla copertura dei costi operativi e sull'apertura del mercato. Un lavoro sfociato, a luglio 2023, in un report dettagliato che H2IT ha condiviso con il MASE e il MIMIT. Il report mette in luce i casi reali in Italia, analizza il gap di costo che limita la fattibilità dei progetti e propone strategie per ridurre tale divario. Questo impegno sottolinea l'importanza di comprendere e superare le barriere economiche che attualmente rallentano l'adozione dell'idrogeno. In aggiunta, H2IT ha lavorato per rafforzare la filiera dell'idrogeno attraverso iniziative volte a promuovere il dialogo e il networking. Queste attività sono essenziali per stimolare la creazione di nuove partnership e rafforzare le collaborazioni esistenti. Ad oggi, l'associazione conta 147 membri (tre anni fa erano poco più di 40), segno evidente della crescita e dell'espansione del settore dell'idrogeno.

(TELEBORSA) 01-12-2023 17:42
 

ENI: ADERISCE A FONDO BANCA MONDIALE PER RIDUZIONE EMISSIONI METANO E GAS FLARING​

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Roma, 04 dic - Eni, nell'ambito della Cop28, annuncia la propria adesione in qualita' di donatore al fondo fiduciario Global Flaring and Methane Reduction (GFMR), iniziativa avviata dalla Banca Mondiale volta a supportare Governi e operatori nei Paesi in via di sviluppo nell'eliminare il flaring derivante dalle attivita' ordinarie (routine flaring), nonche' nel ridurre vicino allo zero le emissioni di metano dal settore oil&gas entro il 2030. Il fondo e' finalizzato a fornire assistenza tecnica, consentire riforme politiche e normative, rafforzare le istituzioni e mobilitare finanziamenti per sostenere l'azione di governi e operatori.
L'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha dichiarato: 'Si tratta di un'iniziativa molto importante, che abbiamo supportato fin dalle fasi iniziali. Riconosciamo la necessita' prioritaria di procedere velocemente all'abbattimento delle emissioni di metano e del gas flaring, e stiamo lavorando per ampliare il nostro supporto all'iniziativa e andare oltre al contributo economico, pur fondamentale, mettendo a disposizione le nostre competenze ed esperienza nell'abbattimento delle emissioni di metano per creare sinergie operative con le iniziative che verranno attivate. In Paesi come Algeria ed Egitto, per esempio, stiamo supportando progetti eccellenti in questo senso'.
com-ale
(RADIOCOR) 04-12-23 17:16:22
 
Continua il buyback, siamo a circa il 57% (BuyBack Seconda Tranche)

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qualcuno del forum a una spiegazione perche' ENI continua a comprarsi le azioni? Poi tutte questo mese. Se qualcuno mi illumina lo ringrazio.(y)8-)
 
qualcuno del forum a una spiegazione perche' ENI continua a comprarsi le azioni? Poi tutte questo mese. Se qualcuno mi illumina lo ringrazio.(y)8-)
In che senso scusa? E' arcinoto che ENI abbia varato un buyback (e non è il primo) e lo stia eseguendo ... Intendi qualcos'altro che non colgo nella tua domanda?
 
In che senso scusa? E' arcinoto che ENI abbia varato un buyback (e non è il primo) e lo stia eseguendo ... Intendi qualcos'altro che non colgo nella tua domanda?
il motivo del buy back ,perchè compra le sue azioni? io penso che abbia paura di un opa,oppure vuole far salire di piu' il valore delle azioni.
 
il motivo del buy back ,perchè compra le sue azioni? io penso che abbia paura di un opa,oppure vuole far salire di piu' il valore delle azioni.
Le aziende quando hanno un bel giro di denaro contante (Cash Flow) e non sanno dove investirlo perchè hanno già ampiamente investito in piani di sviluppo, diminuito il debito e non ci sono aziende del settore da acquistare, optano per riacquistare le proprie azioni specialmente se ritengono che siano sottovalutate.
Insomma hanno la fresca in tasca ... non ci sono opportunità invitanti sul mercato, remunerano il socio con lauti dividendi e indirettamente cercano di dare valore al socio riacquistando le proprie azioni.


Forse ti conviene leggere un pò le basi.

N.b. Eni è una società controllata indirettamente dallo stato che detiene quote tramite CdP .
De Scalzi (amministratore delegato) viene rinnovato indirettamente in carica dal Governo.
Se durante il suo mandato porta Eni a valere 20 euro, sarà impopolare destituirlo da qualsiasi governo di qualuque colore, non credi?
 
Ultima modifica:
Buongiorno,
nessuno ha però fatto presente che il buyback, quando non utilizzato per altri scopi (remunerazione del management), interessa principalmente gli azionisti perché, quando le azioni oggetto di questa operazione verranno annullate (obiettivo finale), si produrrà un forte beneficio nei loro confronti in quanto gli utili futuri, anche a valori invariati, verranno distribuiti a un monte azioni inferiore e l'ammontare unitario (dividendo) sarà quindi superiore. Si tratta pertanto di un'operazione da considerare come un futuro beneficio per tutti gli azionisti. Per questo motivo, quando una società decide queste operazioni, le reazioni in borsa del titolo sono quasi sempre positive.
 
Ultima modifica:
Ci riguarda indirettamente...

Petrolio, i due colossi australiani Woodside e Santos si preparano a un’operazione di m&a da 52 miliardi di dollari​

di Guido Marzetti

Se l’accordo andasse in porto, il testimone passerebbe all’antirust. Nel settore energetico tira aria di fusioni&acquisizioni: lo testimoniano le recenti operazioni Exxon-Pioneer e Chevron-Hess


Un gigante energetico a livello mondiale. È questa l’idea a cui starebbero lavorando due società di petrolio e gas australiane Woodside Energy e Santos, che giovedì 7 hanno annunciato di essere in trattative per formare un conglomerato che vale 80 miliardi di dollari australiani (52 miliardi di dollari americani), in un contesto di mercato in cui i grandi player tendono a concentrarsi.

La fusione di queste due grandi compagnie rappresenterebbe la più grande operazione societaria in Australia degli ultimi anni. Tra le sfide comuni, c’è ovviamente la decarbonizzazione. Woodside, la maggiore delle due, ha detto che le trattative con Santos sono solo alle battute iniziali. Woodside, la più grande con una capitalizzazione di mercato che si attesta sui 56,9 miliardi di dollari australiani, alla borsa di Sydney ha chiuso la giornata del 7 (alle 16:10 ora locale) in rialzo dello 0,44%. In progresso anche Santos, +0,74%, con una capitalizzazione di 22,18 miliardi.

La parola all’antitrust

Per la sua portata, una fusione tra le due società sarebbe soggetta all’approvazione dell’antitrust australiana, che ha aumentato la sua stretta nei confronti di operazioni di concentrazione in industrie già concentrate.

«L'Accc è a conoscenza dei report pubblici relativi alla potenziale transazione», ha dichiarato un portavoce dell’antitrust. «Se la potenziale transazione dovesse avanzare, valuterà se è necessaria una revisione per valutare l'impatto sulla concorrenza».

Sulle orme di altre big

La potenziale fusione segue il sentiero che altre big del petrolio e gas hanno tracciato. Per fare degli esempi, ad ottobre Exxon ha acquisito Pioneer, in un accordo del valore di 59,5 miliardi di dollari che ha reso il nuovo conglomerato uno dei più grandi produttori statunitensi di petrolio. Nello stesso mese il colosso Chevron ha invece chiuso un deal per acquistare Hess per 53 miliardi di dollari, al fine di potenziare e diversificare il portafoglio. (riproduzione riservata)

Orario di pubblicazione: 07/12/2023 14:20
Ultimo aggiornamento: 07/12/2023 14:38
 

Azioni, Citi ai Big Oil: siate audaci, meno dividendi più M&A. Due buy per il 2024​

di Francesca Gerosa
tempo di lettura 4 min

L'industria petrolifera globale ha trascorso gli ultimi anni seguendo diligentemente la richiesta del mercato: ritorni più elevati per gli azionisti. Ma questa strategia non ha funzionato, secondo Alastair R Syme, analista di Citi, il quale nota che i multipli di valutazione sono gli stessi del quarto trimestre del 2019, fatta eccezione per ConocoPhillips. La capacità inutilizzata un fardello. Quali azioni acquistare e quali no in vista del prossimo anno



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L'industria petrolifera globale ha trascorso gli ultimi anni seguendo diligentemente le richieste del mercato di ritorni più elevati per gli azionisti. Ma questa strategia non ha funzionato, secondo Alastair R Syme, analista di Citi, il quale nota che i multipli di valutazione sono essenzialmente gli stessi di quelli del quarto trimestre del 2019, fatta eccezione per ConocoPhillips che ha scelto, attraverso operazioni di M&A, di “costruire”. Il messaggio è chiaro: è stata premiata la creazione di business, chi non lo ha fatto non è stato premiato. «Sembra che sia giunto il momento che l'industria sia più audace e il livello record di leva finanziaria del settore dovrebbe offrire un vantaggio mentre altri - soprattutto nel settore delle Nuove Energie - stanno affrontando un aumento del costo del debito», tuona Alastair R Syme.

2024, un altro anno di deflazione dei prezzi dell'energia

I prezzi del petrolio e del gas sono diminuiti del 35% nel 2023 e l’esperto di Citi si aspetta ulteriori riduzioni, con i prezzi del petrolio che probabilmente scenderanno sotto quota 70 dollari al barile entro la fine del 2024 a fronte di una crescente capacità inutilizzata. L'Opec+ probabilmente agirà per limitare l'entità della deflazione dei prezzi, ma si trova in un circolo vizioso: sacrifica quote di mercato per difendere un prezzo che, a giudicare dall'aumento dell'offerta, è ancora superiore ai costi.

La capacità inutilizzata un fardello per le azioni petrolifere

Inoltre, Alastair R Syme vede capacità inutilizzata per oltre 4 milioni di barili al giorno nel 2024. Dal 2000, in 9 casi su 10 in cui la capacità inutilizzata è stata superiore a 3 milioni di barili al giorno, le azioni petrolifere hanno registrato performance inferiori al mercato. La connessione è logica, spiega l’analista di Citi, «non c’è bisogno di un'inarrestabile inflazione dei prezzi delle materie prime o degli asset in un contesto di eccedenza. Detto questo, ogni sotto-performance del settore nel 2024 dovrebbe essere modesta, protetta dalla politica dell'Opec+ e dalla leva finanziaria che è solo un terzo di quella del mercato».

Citi: è il momento di essere audaci

Come se non bastasse, dal punto di vista della valutazione, i multipli a cui tratta il settore petrolifero sono in gran parte invariati rispetto a quattro anni fa. Di conseguenza, «riteniamo che sia giunto il momento per il settore di resistere alle richieste del mercato di distribuire di più agli azionisti, semplicemente basandosi sul fatto che questa strategia non ha funzionato. Segni di cambiamento stanno emergendo, soprattutto negli Stati Uniti. La bassa leva finanziaria dà all'industria un vantaggio per accelerare e/o cercare opportunità nelle fusioni e acquisizioni», suggerisce Alastair R Syme.

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Dall'ultimo trimestre del 2019, l’equity value delle international oil company globali è aumentato di circa il 15%. Ma quello che è realmente accaduto è che i prezzi elevati delle materie prime hanno consentito al gruppo di attuare un deleverage, con un calo del 45% del debito netto. Il confronto tra i multipli attualizzati di oggi e quelli del quarto trimestre del 2019 - entrambi in contesti simili di prezzi delle materie prime - indica che il gruppo ha subito una svalutazione di circa il 5% nel periodo, precisa l’analista di Citi. In particolare, c'è stata una notevole svalutazione delle società di media capitalizzazione (cioè Equinor, Galp, Repsol) «perché sono meno rilevanti per il peso dell'indice e quindi sono state relativamente trascurate nei portafogli».
Negli ultimi quattro anni il focus incessante del mercato per questo settore è stato di aumentare i ritorni per gli azionisti, cioè di aumentare dividendi e buyback. Il gruppo ha fatto ciò che il mercato ha chiesto, ma non è stato premiato con multipli più elevati. L’unico che è stato rivalutato, ConocoPhillips, è stato rivalutato del 30% ed è l'unico che ha aumentato in modo significativo i suoi asset nel periodo con operazioni di M&A che hanno accresciuto il valore del gruppo.

Forse il "pendolo” del mercato sta iniziando a spostarsi dalla mania di distribuire il capitale agli investimenti. C'è qualche evidenza di questo cambiamento, almeno negli Stati Uniti. «Notiamo che quest'anno ConocoPhillips non è stato penalizzata grazie all’aumento rilevante del capex. Alcuni delle principali società europee del settore devono cercare di aumentare le risorse nel loro core business di petrolio e gas, potenzialmente attraverso fusioni e acquisizioni. Il problema è, tuttavia, la mancanza di opportunità al di fuori degli Stati Uniti, inoltre per la maggior parte delle società europee sembra ancora esserci una riluttanza a investire nello shale statunitense. L'eccezione è Bp che, attraverso la sua controllata statunitense Bpx, ha un veicolo attraverso il quale potrebbe espandersi», precisa Alastair R Syme.

Forse la vera opportunità per l'Europa di accelerare la spesa si trova nello spazio della transizione energetica. Le società ben capitalizzate potrebbero riuscire a cogliere l'occasione. «Continuiamo a credere che la vera opportunità dell'industria nella transizione energetica si trovi al di fuori dello spazio delle energie rinnovabili, che affronta ancora una forte concorrenza, e invece nell'ambito della bioenergia, della ricarica per veicoli elettrici e dell’idrogeno blu, dove le politiche sono ancora molto favorevoli», continua l’analista di Citi.

I due buy di Citi per il 2024

Citi consiglia, dunque, di acquistare (buy) Bp (target price a 610 pence) che offre anche una credibile storia sulle Nuove Energie e può attirare capitale. In più la nomina di un nuovo ceo, prevista entro febbraio, è un potenziale catalizzatore per l’azione. E anche ConocoPhillips (target price a 140 dollari): «riteniamo che ci sia ancora molto da guadagnare data la valutazione del titolo e la prospettiva di crescita, supportata dal settore dello shale, che può superare quella dei concorrenti. Invece, abbiamo un rating sell su Equinor (target price a 265 corone norvegesi, ndr)».

Orario di pubblicazione: 07/12/2023 09:27
Ultimo aggiornamento: 07/12/2023 10:31
 
Le aziende quando hanno un bel giro di denaro contante (Cash Flow) e non sanno dove investirlo perchè hanno già ampiamente investito in piani di sviluppo, diminuito il debito e non ci sono aziende del settore da acquistare, optano per riacquistare le proprie azioni specialmente se ritengono che siano sottovalutate.
Insomma hanno la fresca in tasca ... non ci sono opportunità invitanti sul mercato, remunerano il socio con lauti dividendi e indirettamente cercano di dare valore al socio riacquistando le proprie azioni.


Forse ti conviene leggere un pò le basi.

N.b. Eni è una società controllata indirettamente dallo stato che detiene quote tramite CdP .
De Scalzi (amministratore delegato) viene rinnovato indirettamente in carica dal Governo.
Se durante il suo mandato porta Eni a valere 20 euro, sarà impopolare destituirlo da qualsiasi governo di qualuque colore, non credi?
grazie ,credo di aver capito,
 

Insieme con Repsol tratta con l'ente statale Pdvsa per importare gas e petrolio​

Energia, Eni punta al Venezuela​

di Nicola Carosielli
tempo di lettura 2 min

Caracas pronta a riprendere la produzione dopo la fine delle sanzioni Usa del 2019. Parte la corsa delle big oil per una torta da 303 miliardi di barili e 5 miliardi di mc di gas


Anche per il prossimo decennio, con buone probabilità, l'America Latina sarà la regina del petrolio. A differenza degli ultimi anni, però, potrà contare sul ritorno del Venezuela sui mercati internazionali dopo la decisione dell'amministrazione Biden di stoppare le sanzioni al Paese in vigore dal 2019. L'accordo, condizionato in sostanza allo svolgimento di elezioni trasparenti e democratiche entro il 2024, consentirà al Venezuela di aprire i suoi rubinetti e quindi di quella che è la riserva più grande al mondo, che sotto i suoi piedi ha 303 miliardi di barili e oltre 5 miliardi di piedi cubi di gas naturale.

Un'occasione imperdibile per le grosse major internazionali, che hanno avviato una vera e propria corsa. Tra queste, secondo quanto riferito da Bloomberg, vi sono anche Eni e Repsol che in questi giorni starebbero definendo i termini di un contratto con la Petróleos de Venezuela Sa (Pdvsa), la compagnia di proprietà statale. I dialoghi sarebbero in fase molto avanzata, tanto da far supporre l'accordo possa essere raggiunto entro la fine del mese. In questo modo le due major possono ambire ad esportazioni su uno dei più grandi giacimenti di gas offshore del Sudamerica.
Non è la prima volta che negli ultimi mesi si parla di trattative che vede coinvolte Eni e Repsol con il Venezuela. E non solo perché Eni gestisce cinque compagnie petrolifere nel Paese e Repsol quattro, ma perché a fine agosto si era parlato dell'estensione dell'accordo “petrolio-per-debito” con il Venezuela con il placet degli Stati Uniti, con l'obiettivo di fornire prodotti raffinati al Pdvsa e aumentare le forniture di petrolio all'Europa. Allo scoppio delle sanzioni Usa, Eni e Repsol avevano ricevuto dal Dipartimento di Stato americano l'autorizzazione a prelevare il greggio venezuelano e a lavorarlo nelle raffinerie europee, solo per recuperare il debito accumulato e i dividendi delle loro joint venture nel Paese sudamericano. Non era però consentito lo scambio di petrolio né i pagamenti in contanti a Pdvsa.
Inoltre mercoledì 6 dicembre indiscrezioni hanno riportato che Pdvsa ha assegnato finestre di carico questo mese a due navi dirette in India, nell'ambito di accordi spot sul greggio con Eni e Chevron. Intanto, il gruppo guidato da Claudio Descalzi, secondo indiscrezioni di questa estate, sarebbe anche in trattative con Pdvsa per aumentare la produzione nel progetto congiunto (gestito dalla jv Petrosucre) in acque poco profonde Corocoro, con l'obiettivo di riprendere le esportazioni in un giacimento che prima delle sanzioni del 2019 produceva circa 24mila barili di petrolio al giorno.
Ovviamente le altre major non stanno a guardare. Almeno 12 società hanno stabilito intese di massima, dalla francese Maurel et Prom – che riprenderà le sue operazioni nel lago di Maracaibo – a China Petroleum e Indian Oil, che stanno firmando le concessioni per alcuni siti. Trinidad ha in corso trattative per lo sfruttamento congiunto del Dragon Campus, gestito da Shell, mentre Mitsubishi ha intenzione di riprendere il progetto petrolchimico Metanolo de Oriente. Ma anche la colombiana Ecopetrol ha confermato di avere contatti per piani comuni di petrolio e gas mentre, la brasiliana Petrobras e Indian Reliance hanno mostrato interesse senza però specificare su quali progetti vorrebbero orientarsi.
Una corsa che il Venezuela sfrutterà ma che potrebbe aiutare in parte anche l'Europa visto che Caracas, con i suoi 800 mila barili prodotti quotidianamente, può compensare il vuoto creato dalla Russia. Nonostante sia ancora lontana dai 3 milioni di barili che estraeva ogni giorno, la Pdvsa stima di poter incrementare la sua produzione di altri 300mila barili raggiungendo l'obiettivo di 1,2 milioni entro la fine del prossimo anno.

MF - Numero 241 pag. 11 del 08/12/2023
 

Insieme con Repsol tratta con l'ente statale Pdvsa per importare gas e petrolio​

Energia, Eni punta al Venezuela​

di Nicola Carosielli
tempo di lettura 2 min

Caracas pronta a riprendere la produzione dopo la fine delle sanzioni Usa del 2019. Parte la corsa delle big oil per una torta da 303 miliardi di barili e 5 miliardi di mc di gas


Anche per il prossimo decennio, con buone probabilità, l'America Latina sarà la regina del petrolio. A differenza degli ultimi anni, però, potrà contare sul ritorno del Venezuela sui mercati internazionali dopo la decisione dell'amministrazione Biden di stoppare le sanzioni al Paese in vigore dal 2019. L'accordo, condizionato in sostanza allo svolgimento di elezioni trasparenti e democratiche entro il 2024, consentirà al Venezuela di aprire i suoi rubinetti e quindi di quella che è la riserva più grande al mondo, che sotto i suoi piedi ha 303 miliardi di barili e oltre 5 miliardi di piedi cubi di gas naturale.

Un'occasione imperdibile per le grosse major internazionali, che hanno avviato una vera e propria corsa. Tra queste, secondo quanto riferito da Bloomberg, vi sono anche Eni e Repsol che in questi giorni starebbero definendo i termini di un contratto con la Petróleos de Venezuela Sa (Pdvsa), la compagnia di proprietà statale. I dialoghi sarebbero in fase molto avanzata, tanto da far supporre l'accordo possa essere raggiunto entro la fine del mese. In questo modo le due major possono ambire ad esportazioni su uno dei più grandi giacimenti di gas offshore del Sudamerica.
Non è la prima volta che negli ultimi mesi si parla di trattative che vede coinvolte Eni e Repsol con il Venezuela. E non solo perché Eni gestisce cinque compagnie petrolifere nel Paese e Repsol quattro, ma perché a fine agosto si era parlato dell'estensione dell'accordo “petrolio-per-debito” con il Venezuela con il placet degli Stati Uniti, con l'obiettivo di fornire prodotti raffinati al Pdvsa e aumentare le forniture di petrolio all'Europa. Allo scoppio delle sanzioni Usa, Eni e Repsol avevano ricevuto dal Dipartimento di Stato americano l'autorizzazione a prelevare il greggio venezuelano e a lavorarlo nelle raffinerie europee, solo per recuperare il debito accumulato e i dividendi delle loro joint venture nel Paese sudamericano. Non era però consentito lo scambio di petrolio né i pagamenti in contanti a Pdvsa.
Inoltre mercoledì 6 dicembre indiscrezioni hanno riportato che Pdvsa ha assegnato finestre di carico questo mese a due navi dirette in India, nell'ambito di accordi spot sul greggio con Eni e Chevron. Intanto, il gruppo guidato da Claudio Descalzi, secondo indiscrezioni di questa estate, sarebbe anche in trattative con Pdvsa per aumentare la produzione nel progetto congiunto (gestito dalla jv Petrosucre) in acque poco profonde Corocoro, con l'obiettivo di riprendere le esportazioni in un giacimento che prima delle sanzioni del 2019 produceva circa 24mila barili di petrolio al giorno.
Ovviamente le altre major non stanno a guardare. Almeno 12 società hanno stabilito intese di massima, dalla francese Maurel et Prom – che riprenderà le sue operazioni nel lago di Maracaibo – a China Petroleum e Indian Oil, che stanno firmando le concessioni per alcuni siti. Trinidad ha in corso trattative per lo sfruttamento congiunto del Dragon Campus, gestito da Shell, mentre Mitsubishi ha intenzione di riprendere il progetto petrolchimico Metanolo de Oriente. Ma anche la colombiana Ecopetrol ha confermato di avere contatti per piani comuni di petrolio e gas mentre, la brasiliana Petrobras e Indian Reliance hanno mostrato interesse senza però specificare su quali progetti vorrebbero orientarsi.
Una corsa che il Venezuela sfrutterà ma che potrebbe aiutare in parte anche l'Europa visto che Caracas, con i suoi 800 mila barili prodotti quotidianamente, può compensare il vuoto creato dalla Russia. Nonostante sia ancora lontana dai 3 milioni di barili che estraeva ogni giorno, la Pdvsa stima di poter incrementare la sua produzione di altri 300mila barili raggiungendo l'obiettivo di 1,2 milioni entro la fine del prossimo anno.

MF - Numero 241 pag. 11 del 08/12/2023
per noi piccoli azionisti e' una notizia positiva o negativa secondo te?
 
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IL CONTO DELLA COMPAGNIA PDVSA​

Il conto maturato dalla jv nei confronti di Pdvsa è di oltre 1,4 miliardi di dollari: Repsol deve rientrare di ben 750 milioni di dollari, mentre Eni ha cumulato crediti per 690 milioni di dollari. Secondo fonti locali, la jv matura crediti mensili per 60 milioni dalle forniture di gas a Pdvsa, destinate al mercato domestico.

(dati del 2019)

Eni, Repsol e non solo. Che cosa succede al petrolio del Venezuela e alla compagnia Pdvsa? - Startmag

Mentre per conoscere la situazione Venezuela più aggiornata :

Exclusive: Eni, Repsol to upgrade oil-for-debt deal with Venezuela
 
1 milione di azioni al giorno di buy back acquistate, verso metà gennaio finiscono gli acquisti
 

Eni: entra a far parte dell'Osservatorio Branded Entertainment​

MILANO (MF-NW)--Eni e' entrata a far parte di Obe - Osservatorio Branded Entertainment, l'associazione che studia e promuove la diffusione sul mercato italiano del branded entertainment come leva strategica per la comunicazione integrata di marca. Lo si apprende da una nota. com/ann (fine) MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

11/12/2023 12:11
 
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