Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD)

Fondo di Tutela dei Depositi e copertura per conto corrente cointestato

Salve. Non riesco a trovare riferimenti certi sulla normativa del Fondo di Tutela dei Depositi.

Volevo capire, se per un conto corrente con due intestatari, il FTD copre fino ad una giacenza massima di € 200.000 (centomila euro per ciascuno).

Mentre se la stessa persona ha due conti con lo stesso istituto, la copertura è fino a € 100.000.

E' così?
 
Ti ringrazio Leo. Non so destreggiarmi bene e non trovavo discussioni aperte. Vado a leggere.
 
Fine della garanzia fino a 100.000 euro ?

“la Verità”
Un vecchio adagio recita che «il diavolo si nasconde nei dettagli». Ed è proprio ai piccoli particolari che occorre prestare attenzione, perché molto spesso celano conseguenze importanti. Pensiamo al bail in, la procedura di risoluzione della banche approvata dal Parlamento quasi in sordina nel maggio del 2014, quando al governo c' era Matteo Renzi. Due anni dopo, l' ex premier pianse lacrime di coccodrillo (il bail è «un disastro per la credibilità e la fiducia», ebbe a dire in un' intervista), ma ormai il latte era versato.
Durante l' ultima riunione dell' Ecofin, svoltasi martedì a Bruxelles, sono stati compiuti dei «significativi passi in avanti verso l' unione bancaria», come ha affermato Hartwig Löger, ministro delle finanze dell' Austria e attuale presidente dell' Ecofin. Il pacchetto licenziato dai ministri dell' Economia, come peraltro largamente previsto, è totalmente sbilanciato sul piano della riduzione dei rischi, più che sulla loro condivisione.
Un orientamento caro ai Paesi nordici, Germania in testa. Questi Stati, infatti, prima di esporsi ai pericoli derivanti dalla convivenza con altri partner ad alto rischio di azzardo morale (Italia, Grecia e Portogallo, tanto per citarne tre a caso), vogliono cautelarsi acquisendo più garanzie possibili. Una sorta di contratto prematrimoniale, nel quale uno dei contraenti non si decide a fare il grande passo senza che la controparte fornisca la certezza di essere immune da rischi di cadute finanziarie.
Lo diciamo chiaro e tondo per i pochi che si erano ancora illusi: nell' Europa di oggi c' è molto spazio per le regole (spesso astruse e di difficile applicazione), ma ben poco per la solidarietà. La pia illusione è che, a seguito dell' entrata in vigore di norme ancora più stringenti sul rischio, i «falchi» finalmente si decidano a dare il loro benestare allo schema europeo di assicurazione dei depositi (Edis), l' altro pilastro dell' unione bancaria. Contro questa visione, nel maggio scorso, si era schierato piuttosto duramente il nostro esecutivo.
Fonti del Mef, a margine dell' Ecofin svoltosi in quel periodo, avevano espresso insofferenza per tutti quegli anni spesi a elaborare «numerose misure per ridurre il rischio mentre non sono stati mossi passi sufficienti per condividerlo». Stavolta, invece, dalle parti di Via XX Settembre regna il totale silenzio. Eppure all' interno dell' accordo siglato questa settimana dai colleghi di Giovanni Tria c' è un aspetto dell' intesa che dovrebbe destare particolare preoccupazione. Si tratta del cosiddetto moratorium tool, vale a dire quella misura che consente al regolatore europeo di sospendere i pagamenti da parte di una banca quando questa è colpita da una procedura di risoluzione (ovvero il bail in).
I lettori più attenti della Verità ricorderanno che abbiamo già trattato questo argomento più di un anno fa. A novembre del 2017, infatti, a seguito di richiesta della Consiglio europeo e del Parlamento, la Banca centrale europea pubblicò un parere sulle proposte di riforma della normativa che regola il bail in. Proviamo a immaginarci l' eventualità nella quale una banca finisce nel mirino del regolatore. Nel concreto, è molto probabile che a seguito di ripetuti crolli sui mercati azionari oppure di indiscrezioni trapelate a mezzo stampa, scatti il cosiddetto bank run, cioè la corsa agli sportelli da parte dei correntisti allo scopo di salvare i propri risparmi.
Una situazione dalla quale la liquidità di un istituto può risultare fortemente compromessa. È per questo motivo che, in quell' occasione, Francoforte si era raccomandata di introdurre una finestra temporale utile a «prevenire il grave deterioramento del bilancio di un istituto di credito». Ecco dunque spiegata la ratio del moratorium tool, un periodo di tempo seppur breve (2 giorni) durante il quale il regolatore si arroga il «superpotere» di ridurre al minimo i prelievi dallo sportello o al bancomat.
C' è di più: fino a oggi, la procedura di risoluzione ha escluso da ogni intervento i correntisti che risultano titolari di rapporti con saldo inferiore ai 100.000 euro. La Bce, tuttavia, in fase consultiva ha suggerito di considerare nella moratoria anche i depositi cosiddetti «garantiti», un' indicazione poi recepita dal Parlamento europeo lo scorso giugno proprio durante la discussione per la modifica del bail in.
Tra i documenti pubblicati a margine dell' Ecofin di martedì scorso, non risulta disponibile il testo finale della bozza, che dovrà passare il vaglio di Consiglio e Parlamento. Tutto fa pensare, però, che da questo vero e proprio «pre bail in» non rimarranno esclusi i conti che sulla carta dovrebbero invece essere oggetto di tutela.
Se da un lato è comprensibile che il nostro governo si trovi in una fase nella quale la priorità è smorzare i toni con le istituzioni europee, d' altro canto il silenzio su questa faccenda non fa ben sperare. Proprio come avvenuto con la liquidazione delle quattro banche a novembre del 2016, a rimetterci in futuro potrebbero essere ancora una volta i risparmiatori.
Antonio Grizzuti per “la Verità”
 
“la Verità”
Un vecchio adagio recita che «il diavolo si nasconde nei dettagli». Ed è proprio ai piccoli particolari che occorre prestare attenzione, perché molto spesso celano conseguenze importanti. Pensiamo al bail in, la procedura di risoluzione della banche approvata dal Parlamento quasi in sordina nel maggio del 2014, quando al governo c' era Matteo Renzi. Due anni dopo, l' ex premier pianse lacrime di coccodrillo (il bail è «un disastro per la credibilità e la fiducia», ebbe a dire in un' intervista), ma ormai il latte era versato.
Durante l' ultima riunione dell' Ecofin, svoltasi martedì a Bruxelles, sono stati compiuti dei «significativi passi in avanti verso l' unione bancaria», come ha affermato Hartwig Löger, ministro delle finanze dell' Austria e attuale presidente dell' Ecofin. Il pacchetto licenziato dai ministri dell' Economia, come peraltro largamente previsto, è totalmente sbilanciato sul piano della riduzione dei rischi, più che sulla loro condivisione.
Un orientamento caro ai Paesi nordici, Germania in testa. Questi Stati, infatti, prima di esporsi ai pericoli derivanti dalla convivenza con altri partner ad alto rischio di azzardo morale (Italia, Grecia e Portogallo, tanto per citarne tre a caso), vogliono cautelarsi acquisendo più garanzie possibili. Una sorta di contratto prematrimoniale, nel quale uno dei contraenti non si decide a fare il grande passo senza che la controparte fornisca la certezza di essere immune da rischi di cadute finanziarie.
Lo diciamo chiaro e tondo per i pochi che si erano ancora illusi: nell' Europa di oggi c' è molto spazio per le regole (spesso astruse e di difficile applicazione), ma ben poco per la solidarietà. La pia illusione è che, a seguito dell' entrata in vigore di norme ancora più stringenti sul rischio, i «falchi» finalmente si decidano a dare il loro benestare allo schema europeo di assicurazione dei depositi (Edis), l' altro pilastro dell' unione bancaria. Contro questa visione, nel maggio scorso, si era schierato piuttosto duramente il nostro esecutivo.
Fonti del Mef, a margine dell' Ecofin svoltosi in quel periodo, avevano espresso insofferenza per tutti quegli anni spesi a elaborare «numerose misure per ridurre il rischio mentre non sono stati mossi passi sufficienti per condividerlo». Stavolta, invece, dalle parti di Via XX Settembre regna il totale silenzio. Eppure all' interno dell' accordo siglato questa settimana dai colleghi di Giovanni Tria c' è un aspetto dell' intesa che dovrebbe destare particolare preoccupazione. Si tratta del cosiddetto moratorium tool, vale a dire quella misura che consente al regolatore europeo di sospendere i pagamenti da parte di una banca quando questa è colpita da una procedura di risoluzione (ovvero il bail in).
I lettori più attenti della Verità ricorderanno che abbiamo già trattato questo argomento più di un anno fa. A novembre del 2017, infatti, a seguito di richiesta della Consiglio europeo e del Parlamento, la Banca centrale europea pubblicò un parere sulle proposte di riforma della normativa che regola il bail in. Proviamo a immaginarci l' eventualità nella quale una banca finisce nel mirino del regolatore. Nel concreto, è molto probabile che a seguito di ripetuti crolli sui mercati azionari oppure di indiscrezioni trapelate a mezzo stampa, scatti il cosiddetto bank run, cioè la corsa agli sportelli da parte dei correntisti allo scopo di salvare i propri risparmi.
Una situazione dalla quale la liquidità di un istituto può risultare fortemente compromessa. È per questo motivo che, in quell' occasione, Francoforte si era raccomandata di introdurre una finestra temporale utile a «prevenire il grave deterioramento del bilancio di un istituto di credito». Ecco dunque spiegata la ratio del moratorium tool, un periodo di tempo seppur breve (2 giorni) durante il quale il regolatore si arroga il «superpotere» di ridurre al minimo i prelievi dallo sportello o al bancomat.
C' è di più: fino a oggi, la procedura di risoluzione ha escluso da ogni intervento i correntisti che risultano titolari di rapporti con saldo inferiore ai 100.000 euro. La Bce, tuttavia, in fase consultiva ha suggerito di considerare nella moratoria anche i depositi cosiddetti «garantiti», un' indicazione poi recepita dal Parlamento europeo lo scorso giugno proprio durante la discussione per la modifica del bail in.
Tra i documenti pubblicati a margine dell' Ecofin di martedì scorso, non risulta disponibile il testo finale della bozza, che dovrà passare il vaglio di Consiglio e Parlamento. Tutto fa pensare, però, che da questo vero e proprio «pre bail in» non rimarranno esclusi i conti che sulla carta dovrebbero invece essere oggetto di tutela.
Se da un lato è comprensibile che il nostro governo si trovi in una fase nella quale la priorità è smorzare i toni con le istituzioni europee, d' altro canto il silenzio su questa faccenda non fa ben sperare. Proprio come avvenuto con la liquidazione delle quattro banche a novembre del 2016, a rimetterci in futuro potrebbero essere ancora una volta i risparmiatori.
Antonio Grizzuti per “la Verità”

puoi fare un riassunto?
 
“la Verità”
Un vecchio adagio recita che «il diavolo si nasconde nei dettagli». Ed è proprio ai piccoli particolari che occorre prestare attenzione, perché molto spesso celano conseguenze importanti. Pensiamo al bail in, la procedura di risoluzione della banche approvata dal Parlamento quasi in sordina nel maggio del 2014, quando al governo c' era Matteo Renzi. Due anni dopo, l' ex premier pianse lacrime di coccodrillo (il bail è «un disastro per la credibilità e la fiducia», ebbe a dire in un' intervista), ma ormai il latte era versato.
Durante l' ultima riunione dell' Ecofin, svoltasi martedì a Bruxelles, sono stati compiuti dei «significativi passi in avanti verso l' unione bancaria», come ha affermato Hartwig Löger, ministro delle finanze dell' Austria e attuale presidente dell' Ecofin. Il pacchetto licenziato dai ministri dell' Economia, come peraltro largamente previsto, è totalmente sbilanciato sul piano della riduzione dei rischi, più che sulla loro condivisione.
Un orientamento caro ai Paesi nordici, Germania in testa. Questi Stati, infatti, prima di esporsi ai pericoli derivanti dalla convivenza con altri partner ad alto rischio di azzardo morale (Italia, Grecia e Portogallo, tanto per citarne tre a caso), vogliono cautelarsi acquisendo più garanzie possibili. Una sorta di contratto prematrimoniale, nel quale uno dei contraenti non si decide a fare il grande passo senza che la controparte fornisca la certezza di essere immune da rischi di cadute finanziarie.
Lo diciamo chiaro e tondo per i pochi che si erano ancora illusi: nell' Europa di oggi c' è molto spazio per le regole (spesso astruse e di difficile applicazione), ma ben poco per la solidarietà. La pia illusione è che, a seguito dell' entrata in vigore di norme ancora più stringenti sul rischio, i «falchi» finalmente si decidano a dare il loro benestare allo schema europeo di assicurazione dei depositi (Edis), l' altro pilastro dell' unione bancaria. Contro questa visione, nel maggio scorso, si era schierato piuttosto duramente il nostro esecutivo.
Fonti del Mef, a margine dell' Ecofin svoltosi in quel periodo, avevano espresso insofferenza per tutti quegli anni spesi a elaborare «numerose misure per ridurre il rischio mentre non sono stati mossi passi sufficienti per condividerlo». Stavolta, invece, dalle parti di Via XX Settembre regna il totale silenzio. Eppure all' interno dell' accordo siglato questa settimana dai colleghi di Giovanni Tria c' è un aspetto dell' intesa che dovrebbe destare particolare preoccupazione. Si tratta del cosiddetto moratorium tool, vale a dire quella misura che consente al regolatore europeo di sospendere i pagamenti da parte di una banca quando questa è colpita da una procedura di risoluzione (ovvero il bail in).
I lettori più attenti della Verità ricorderanno che abbiamo già trattato questo argomento più di un anno fa. A novembre del 2017, infatti, a seguito di richiesta della Consiglio europeo e del Parlamento, la Banca centrale europea pubblicò un parere sulle proposte di riforma della normativa che regola il bail in. Proviamo a immaginarci l' eventualità nella quale una banca finisce nel mirino del regolatore. Nel concreto, è molto probabile che a seguito di ripetuti crolli sui mercati azionari oppure di indiscrezioni trapelate a mezzo stampa, scatti il cosiddetto bank run, cioè la corsa agli sportelli da parte dei correntisti allo scopo di salvare i propri risparmi.
Una situazione dalla quale la liquidità di un istituto può risultare fortemente compromessa. È per questo motivo che, in quell' occasione, Francoforte si era raccomandata di introdurre una finestra temporale utile a «prevenire il grave deterioramento del bilancio di un istituto di credito». Ecco dunque spiegata la ratio del moratorium tool, un periodo di tempo seppur breve (2 giorni) durante il quale il regolatore si arroga il «superpotere» di ridurre al minimo i prelievi dallo sportello o al bancomat.
C' è di più: fino a oggi, la procedura di risoluzione ha escluso da ogni intervento i correntisti che risultano titolari di rapporti con saldo inferiore ai 100.000 euro. La Bce, tuttavia, in fase consultiva ha suggerito di considerare nella moratoria anche i depositi cosiddetti «garantiti», un' indicazione poi recepita dal Parlamento europeo lo scorso giugno proprio durante la discussione per la modifica del bail in.
Tra i documenti pubblicati a margine dell' Ecofin di martedì scorso, non risulta disponibile il testo finale della bozza, che dovrà passare il vaglio di Consiglio e Parlamento. Tutto fa pensare, però, che da questo vero e proprio «pre bail in» non rimarranno esclusi i conti che sulla carta dovrebbero invece essere oggetto di tutela.
Se da un lato è comprensibile che il nostro governo si trovi in una fase nella quale la priorità è smorzare i toni con le istituzioni europee, d' altro canto il silenzio su questa faccenda non fa ben sperare. Proprio come avvenuto con la liquidazione delle quattro banche a novembre del 2016, a rimetterci in futuro potrebbero essere ancora una volta i risparmiatori.
Antonio Grizzuti per “la Verità”

questo dovrebbe essere il nocciolo della questione se non erro, se passa il provvedimento anche i cc inferiori ai 100.000€ non saranno piu' garantiti in caso di banca insolvente
 
questo dovrebbe essere il nocciolo della questione se non erro, se passa il provvedimento anche i cc inferiori ai 100.000€ non saranno piu' garantiti in caso di banca insolvente

E' lo stesso discorso dell'anno scorso che sta andando avanti... comunque nessuno sta dicendo che i conti fino a 100000 euro non saranno più garantiti, stanno dicendo che anche loro rientrerebbero nella moratoria, cioè potrebbero essere bloccati per qualche giorno, finita la moratoria comunque i conti sotto 100k resterebbero garantiti, il resto sarebbe soggetto ad eventuale bail-in esattamente come avviene oggi.
 
E' lo stesso discorso dell'anno scorso che sta andando avanti... comunque nessuno sta dicendo che i conti fino a 100000 euro non saranno più garantiti, stanno dicendo che anche loro rientrerebbero nella moratoria, cioè potrebbero essere bloccati per qualche giorno, finita la moratoria comunque i conti sotto 100k resterebbero garantiti, il resto sarebbe soggetto ad eventuale bail-in esattamente come avviene oggi.

si in effetti ......
 
articolo che non aggiunge assolutamente nulla a quello che gia' si sa
 
Grattiamoci ampiamente i gioielli per almeno 40-50 minuti:

NUOVI LIMITI AI DEPOSITI | Eugenio Benetazzo ..::.. Global Economics
""""Lo scorso anno è uscito Principles, un saggio economico di Raymond Dalio che consiglio vivamente di leggere con avidità: stiamo parlando del fondatore e gestore di uno dei più grandi fondi hedge al mondo, Bridgewater Associates. In queste settimane sta girando per la Spagna, visto che sua moglie è originaria della nazione iberica, rilasciando interviste ai principali quotidiani nazionali. Il suo outlook macroeconomico prevede verso il 2020 in prossimità delle nuove elezioni statunitensi una nuova crisi finanziaria mondiale molto simile a quella degli anni Trenta. La sua macroanalisi è corroborata dalle analogie di quell’epoca con i giorni odierni: eccesso di debito a livello retail con sovrapproduzione industriale, banche centrali ormai prive di efficaci strumenti monetari ed ascesa trasversale del populismo in tutte le economie avanzate. Proprio l’Unione Europea è uscita dalla Grande Recessione del 2008/2009 con un assetto istituzionale rafforzato, tuttavia incompleto ed incapace di far fronte ad uno scenario di pesante contrazione economica. Ne siamo piuttosto certi di questo, in quanto dopo il famoso “whatever it takes” di Mario Draghi nel 2012 sono state concepite delle reti di protezione finanziaria che hanno contenuto l’aggressione ai debiti sovrani ed alle banche sistemiche europee, ma non hanno portato a quella che doveva essere la meta finale della road map concepita in quell’epoca ossia l’unione politica e fiscale dell’Europa.

Non dimentichiamo in tal senso che nell’estate del 2015 andava in scena la tragedia greca con il noto referendum indetto da Tsipras, a dimostrazione di uno stato complessivo di perenne fragilità. Ulteriore conferma del nostro stato di debilità è dovuto alla mancata formalizzazione degli eurobond che potrebbero rafforzare significativamente tutti i paesi europei o la nomina di un super ministro per l’economia europea con poteri in taluni casi superiori a quelli dei rispettivi primi ministri nazionali (con le dovute cautele e limitazioni di intervento). Il Dipartimento di Studi di Politica Economica Europea della London School of Economics ritiene che la prossima crisi finanziaria rappresenterà un bivio per l’Unione Europea e soprattutto l’euro: o si rafforzerà al punto tale da diventare invincibile oppure collasserà su se stessa trascinandosi dietro l’incognita euro. L’attuale establishment europeo sta lavorando alacremente per intensificare gli sforzi al fine di raggiungere la tanto agognata Unione Bancaria Europea, la quale consentirebbe di aumentare le difese e protezioni degli istituti di credito europeo a livello internazionale. Sono soprattutto Germania e Francia, per voce di Merkel e Macron, che stanno facendo pressing in tal senso. Tuttavia visto l’attuale consenso elettorale sia il primo che il secondo rischiano di essere messi in disparte molto presto a seguito del colpo di spugna che avrà la nuova composizione politica del parlamento europeo all’inizio del secondo semestre del 2019.

Unione Bancarie e Politica rimangono pertanto ancora nel limbo solo per pochi mesi: successivamente potrebbero essere completamente essere fronteggiate da forze populiste che presidieranno in maggioranza i seggi in Parlamento a Bruxelles. Lo hanno battezzato l’italian nightmare ossia il fatto che quanto accaduto in Italia durante la prima metà dell’anno si possa concretizzare anche in Europa, con un cambio di governance nelle istituzioni sovranazionali inaspettato sino a qualche anno fa. In parallelo ci sarà anche il cambio della guardia alla guida della BCE con la nomina di un falco (forse il tedesco Jens Weidmann). Tra le tante misure innovative che presuppone l’Unione Bancaria in Europa vi il meccanismo di intervento a protezione dei depositi che prevede un abbassamento consistente degli attuali livelli di garanzia (scordatevi i 100.000 euro che saranno invece sostituiti da un massimo di 30.000 euro). Lo scopo di questa misura è limitare il rischio bancario per ogni ecosistema bancario a livello nazionale, spostando pertanto sui correntisti e depositanti l’onore di affidarsi a banche il più possibile solvibili e patrimonialmente solide. Questo aspetto produrrà infatti una naturale selezione di mercato che premierà la raccolta delle banche considerate più sicure e farà emergere quelle più deboli e critiche che saranno successivamente invitate a fondersi con altre nelle medesime condizioni o a ricapitalizzarsi.

Questo pressing inoltre favorirebbe l’ulteriore stabilizzazione delle banche sistemiche che dovrebbero pertanto, al fine di essere ben viste da analisti e società di revisione, dare avvio ad una strutturata dismissione degli attivi considerati ancora tossici oltre al contenimento all’interno del proprio portafoglio degli strumenti di debito nazionale. Vale a dire incentivare lo smobilizzo delle poste di bilancio di difficile remissione e razionalizzare la detenzione di titoli di stato riconducibile al rischio paese: evitare pertanto la concentrazione di debito pubblico all’interno di un singolo istituto di credito, su questo tema il nostro paese è ancora molto vulnerabile. Visto con un occhio critico e non polemico, questo darebbe avvio ad un circolo virtuoso che produrrebbe un rafforzamento strutturale di tutto il sistema bancario nazionale. Un ulteriore passaggio in avanti presuppone anche la caduta delle barriere di ingresso al mercato: vale a dire che una banca italiana potrebbe agilmente iniziare ad operare sul mercato spagnolo, tanto quanto una banca portoghese su quello francese. Le attività trasfrontaliere consentirebbero pertanto alle banche europee di sgravarsi dalle dinamiche congiunturali negative della propria nazione di appartenenza. Se le banche europee iniziano ad integrarsi nei rispettivi mercati nazionali questo produrrà un sensibile miglioramento ed efficientamento nel mercato dei capitali favorendo il finanziamento alle piccole e medie imprese."""
 
.....Questo aspetto produrrà infatti una naturale selezione di mercato che premierà la raccolta delle banche considerate più sicure e farà emergere quelle più deboli e critiche che saranno successivamente invitate a fondersi con altre nelle medesime condizioni o a ricapitalizzarsi.

Mah, finora è accaduto così, per le banche venete, banca marche, spoleto, banca dinamica, iwbank: sono state tutte assorbite a default praticamente avvenuto. Non vedo perché non debba continuare ad essere così
 
.....Questo aspetto produrrà infatti una naturale selezione di mercato che premierà la raccolta delle banche considerate più sicure e farà emergere quelle più deboli e critiche che saranno successivamente invitate a fondersi con altre nelle medesime condizioni o a ricapitalizzarsi.

Mah, finora è accaduto così, per le banche venete, banca marche, spoleto, banca dinamica, iwbank: sono state tutte assorbite a default praticamente avvenuto. Non vedo perché non debba continuare ad essere così
concordo OK!
:bye:
 
già la fiducia nelle banche è ai minimi termini, con una misura del genere ci sarebbe il fuggi fuggi... il deposito non può essere messo alla stregua di un investimento, ma stiamo scherzando?
 
.....Questo aspetto produrrà infatti una naturale selezione di mercato che premierà la raccolta delle banche considerate più sicure e farà emergere quelle più deboli e critiche che saranno successivamente invitate a fondersi con altre nelle medesime condizioni o a ricapitalizzarsi.

Mah, finora è accaduto così, per le banche venete, banca marche, spoleto, banca dinamica, iwbank: sono state tutte assorbite a default praticamente avvenuto. Non vedo perché non debba continuare ad essere così

Questo vale per le banche reali, mentre qui sul FOL generalmente si vincola a tassi buoni su ex-finanziarie o banchette locali, quindi il discorso potrebbe non valere e pertanto una piccola realtà potrebbe essere lasciata fallire tranquillamente (e poi subentrerà qualche furbetto a comprarsi la licenza bancaria già bella e pronta).
 
No, io credo che valga il contrario: piccole banche si salvano facilmente e si salva anche la sacralitá del risparmio evitando la corsa agli sportelli
 
Esatto... la convenzione FIDT 100.000 Euro resta ed è valida...!!! ;)
 
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