Gli alberi

Bellissimo thread.

Ci tengo però a precisare come la robinia sia purtroppo anche molto invasiva, sfuggita facilmente dal suo ambito ornamentale ha soppiantato sopratutto in ambito collinare molti boschi autoctoni in pochi decenni :(
 
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LA ROBINIA

Fu importata in Europa dal Nord America all’inizio del XVII secolo da Jean Robin, erborista del re Enrico IV di Francia, da cui prese il nome. In Italia apparve alla fine del XVIII secolo, prima come pianta ornamentale, poi per rassodare i terreni e gli argini delle strade e delle ferrovie.
In Italia la robinia è diffusa in tutte le regioni, ma quelle dove si produce miele in modo consistente sono il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, l’Emilia-Romagna, la Toscana, l’Abruzzo e la Campania.
Tra i diversi tipi di miele quello di robinia è senza dubbio il più estesamente conosciuto ed apprezzato in Italia. E' la qualità uniflorale più diffusa nei punti vendita della grande distribuzione; la produzione nazionale è largamente insufficiente a soddisfare le richieste e ogni anno ne vengono importati grandi quantitativi dai Paesi dell' Est Europeo
Gli apicoltori ungheresi possono beneficiare via via di più di varietà selezionate per incrementare la produzione unitaria di nettare e allungare la durata della fioritura. L'importanza della robinia come essenza boschi potrebbe essere meglio compresa anche in Italia, se l'apicoltura, che nella fattispecie ha la responsabilità di gestire un frutto pendente occulto di grande valore, contribuisse a chiarire quale è il reddito unitario fornito dal miele uniflorale di robinia.
 
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LA SUGHERA
Albero di terza grandezza, alto sino a 15 (25) m. il legno è molto duro, va soggetto
a spaccarsi e imbarcarsi, per cui trova un impiego limitato a lavori idraulici.
Il prodotto principale della Sughera è il sughero, cioè la sua corteccia che viene
periodicamente asportata con turni da 7 a 14 anni.
Il sughero si usa per la preparazione dei turaccioli , e come materiale isolante del calore
e del suono.
 
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Gli alberi sono sempre stati venerati come potenti compagni d'anima
e alleati umani. Hanno donato il gusto per la vita, la forza e la chiarezza
o hanno sostenuto come guaritori delicati con sofferenza fisica.
Tuttavia, gran parte della sua natura curativa è stata ora dimenticata.
Ogni albero ha ancora il suo dono per noi di portare corpo e mente in armonia.
 
magari la prossima volta misurare la superficie in metri quadri :D
 
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FITOLACCA

Nel nostro paese la Fitolacca si è naturalizzata solo nell’isola di Salina,
cioè nelle Eolie, tra 0 e 300 metri sul livello del mare.
E’ un albero adatto a climi dolci, che tollera terreno poveri,
la siccità prolungata, il caldo intenso ed è in grado di sopportare
i venti salmastri.
Non può tollerate temperature inferiori a -4°C e teme le gelate tardive.
 
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CAPITOZZARE GLI ALBERI NON FUNZIONA
Se lo scopo è di contenere le dimensioni dell'albero, la capitozzatura non funziona. Un albero deciduo, dopo la capitozzatura, aumenta il tasso di crescita, nel tentativo di rimpiazzare rapidamente la superficie fogliare perduta, necessaria per fornire nutrimento al fusto ed alle radici. E non rallenterà la crescita fino a quando non avrà raggiunto più o meno la stessa grandezza di prima della capitozzatura: vale a dire pochi anni!
 
Vedi l'allegato 2750122
Vedi l'allegato 2750123

CAPITOZZARE GLI ALBERI NON FUNZIONA
Se lo scopo è di contenere le dimensioni dell'albero, la capitozzatura non funziona. Un albero deciduo, dopo la capitozzatura, aumenta il tasso di crescita, nel tentativo di rimpiazzare rapidamente la superficie fogliare perduta, necessaria per fornire nutrimento al fusto ed alle radici. E non rallenterà la crescita fino a quando non avrà raggiunto più o meno la stessa grandezza di prima della capitozzatura: vale a dire pochi anni!

Capitozzare è una delle mode degli ultimi anni.
Gli scienziati ( leggi manutentori del verde) la usano nel tentativo di ridurre la manutenzione(potature).Che deficienti!
 
Se un albero cade in una foresta e nessuno lo sente, fa rumore?

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Contrariamente a quanto si pensa, il dilemma dell’albero non è una riflessione zen, bensì è stato formulato da George Berkeley, un vescovo irlandese del '700. La filosofia di Berkeley negava la materia e, in particolare, il significato che ad essa attribuivano i filosofi contemporanei. Nella sua critica alla scienza, Berkeley sosteneva che gli oggetti esistono solo in quanto percepiti. Dunque, se un albero cade in una foresta e nessuno lo sente, non fa rumore.

A dare una spiegazione scientifica ci aveva già pensato la rivista Scientific American nel 1884, che dimostrò razionalmente che l’albero che cade, in effetti, non fa rumore, poiché è vero che la caduta produce le suddette vibrazioni dell’aria, ma solo con un sistema uditivo, può assorbire le vibrazioni, attraverso l’orecchio, e trasdurle in suoni, grazie al cervello.il Mondo, come lo percepiamo, è solo il frutto di una nostra personale interpretazione

Il mondo, come lo percepiamo, è solo il frutto di una nostra personale interpretazione.
"Ciò significa che il Mondo, come lo percepiamo, è solo il frutto di una nostra personale interpretazione." Così conclude Stelicious nel suo blog. Non chiedetemi chi sia, l’ho trovato grazie a Google.

Ma a me piace di più la versione nella quale Roberto Marias, protagonista del libro “Il silenzio dell’onda” (Gianrico Carofiglio) si sente fare la stessa domanda dal suo psichiatra nel corso di una seduta: "Se un albero cade in una foresta e nessuno lo sente, fa rumore?"

Carofiglio fa dire al medico che “E’ un antico problema zen. La funzione dei problemi zen – koan si chiamano – è di porre l’allievo di fronte alla contraddittorietà del reale, al suo carattere paradossale. Servono ad attirare l’attenzione sulla molteplicità delle possibili risposte ai problemi dell’esistenza e mirano a risvegliare la consapevolezza. Pensare alla questione dell’albero nella foresta deserta può indurla a riflettere”.

Risvegliare la consapevolezza
Roberto, il paziente, allora chiede: “E cosa significa?”

La risposta che ottiene non è quella che sperava: “Difficilmente un maestro zen risponde a una domanda così diretta. L’idea è che l’allievo, cercando la risposta esatta, raggiunga sé stesso. Cioè, appunto, la consapevolezza.”

Ognuno - in questa storia - ci veda quello che ritiene più appropriato. Ad ogni modo, lo zen e il vescovo irlandese concordano sulla risposta: non fa rumore.
 
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