maf@lda
il bello, il buono, il giusto
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Noi mangiavamo un giorno per diletto
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate la faraona in salsa ci sospinse
ma solo il coscio fu quel che ci vinse.
Quando scorgemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’lo spiedo profumato di ramerino:
da quel giorno più non mangiammo avante
il panforte di Siena come dessert".
(Dante, rivisto e rivisitato da Maf@lda)
Cosa mangiava a tavola Dante Alighieri?
L'Università di Bologna, città molto cara a Dante e da lui frequentata prima come studente e poi come esule, ha rinvenuto nei suoi archivi un codice manoscritto del '300 con piatti che pare fossero tra i suoi preferiti in ambito gastronomico.Tra i piatti preferiti di Dante, pare che a dominare fosse la carne selvatica, maiale, ovini, preferibilmente allo spiedo - poiché non esistevano forni - umidi e carni in salsa. Oltre al pane completavano la tavola orzo, avena, farro, miglio. Nelle otri vi era birra senza luppolo.
Dante a tavola si accontentava di poco. Lo dice Boccaccio, il suo biografo più informato:
«Nel cibo e nel poto (bere) fu modestissimo sì in prenderlo all’ore ordinate e sì in non trapassare il segno della necessità».
Nel Trattatello in laude di Dante l’autore del Decameron aggiunge che il morigerato poeta non aveva alcun uzzolo gastronomico: mangiava per vivere e lo infastidivano non da poco coloro che vivevano per mangiare.
Biasimava talmente il peccato di gola che sbatté nell’Inferno l’ingordo Ciacco (il nome è sinonimo di porco) e mandò perfino un papa, Martino IV a ripulirsi l’anima in purgatorio perché goloso di anguille del lago di Bolsena che abbinava a un buon bicchiere di vernaccia: «...ebbe la santa Chiesa e le sue braccia/ daTorso fu, e purga per digiuno/ l’anguille di Bolsena e la Vernaccia».