Il girotondo del papà più bello del mondo

Ciao Diago...quella di Melanie è una famiglia veramente talentuosa e charmant.:clap:




Daddy è singolo estratto dall’album Everyday Life della band di Chris Martin.
Il brano dei Coldplay , è accompagnato da un emozionante video animato diretto da Asa Lucander che ha
per protagonista una bambina in mezzo al mare e una simpatica balena:

Papà, sei là fuori?
papà, perché non vieni a giocare?
papà, non ti interessa?
non c’è niente che mi vuoi dire?Lo so
che anche tu stai soffrendo
ma ho bisogno di te, davvero
papà, se sei là fuori
papà, voglio solo dire sei così lontano
Oh, sei così lontano
Ok, tutto a posto
sto bene papà, sei là fuori?
papà, perché sei fuggito?
Papà, stai bene?
Guarda papà, abbiamo gli stessi capelli
E papà, è il mio compleanno
E tutto ciò che voglio dire è che sei molto lontano
Oh, sei molto lontano
Ok, tutto a posto
Ok Ooh ooh ooh ooh
Sei così lontano non verrai e non resterai?
Ti prego, oh, per favore resta
non verrai e non resterai?
Un giorno, un giorno soltanto

Coldplay - Daddy (Official Video)


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“Sono sempre combattuto se parlare in maniera del tutto onesta di alcuni piccoli ostacoli che sono riuscito a superare diventando papà,
perché oltre a rischiare di essere eccessivamente retorico mi rendo conto che la nostra condizione di privilegio, agli occhi di molti, possa
mettere in secondo piano praticamente qualsiasi problema. Credetemi quando vi dico che*i soldi non potranno mai essere la panacea
di tutti i vostri mali.
Mesi fa durante una visita di controllo mi è stata riscontrata “una piccola anomalia”*che avrebbe potuto preannunciare un male più grande,
di quelli con cui ci devi convivere tutta la vita purtroppo (è tutto sotto controllo). Questo evento però, più che terrorizzarmi mi ha portato
ad interrogarmi su una serie di domande riguardanti le priorità della mia vita
e su come stessi impiegando parte preponderante del mio tempo.
E se inizi a farti delle domande, le risposte di solito non tardano ad arrivare. Piano piano ho iniziato ad affrontare le mie giornate con piccolo
mantra:*“Cosa faresti se questa giornata fosse l’ultima della tua vita?”*Da lì in poi è stato tutto in divenire”.
Sembra stupido, ma vorrei riuscire a trasmettervi che*il vero lusso nella vita è riuscire a ritagliarsi un mese intero da dedicare al proprio figlio.
*Tutto il resto può essere bellissimo, ma non indispensabile.
Ho rincorso i miei sogni, il successo e i soldi e mentirei se vi dicessi che non è stato bello. Ma rincorrere Lello è tutta un'altra storia!
Cercate qualcosa (o meglio qualcuno) da rincorrere che vi renda realmente felici e non sarà tempo sprecato. Scusate l’asciugata”.


* FEDEZ


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Il papà di Alessandro Borghese, il produttore cinematografico Luigi Borghese, se n'è andato due anni fa.
*Alessandro Borghese*parla così del papà: «Da buon napoletano, ha fatto davvero tutti i lavori: prima venditore porta a porta,
poi banditore d'aste e infine imprenditore. Lui però è anche colui che mi ha fatto scoprire l'amore per la cucina: era un cuoco
della domenica, ma sapeva cucinare davvero bene.
Era davvero un uomo d'altri tempi, non amava comprare cose nuove, aveva sempre gli stessi mocassini e li faceva risuolare.
Ricordo che ordinava maniacalmente gli abiti secondo i colori e amava le cravatte, gliene regalavo sempre una per il compleanno».


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«Lui era il mio supereroe. Mi piaceva molto viaggiare in macchina con lui, gli facevo da co-pilota. Papà veniva da una famiglia
con una grande tradizione motoristica:
mio nonno, Vincenzo Alessandro, che purtroppo non ho mai conosciuto, aveva anche
una scuderia motociclistica. Papà mi insegnò anche a guidare la macchina quando avevo nove anni: la spostava fuori dal garage
e se sbagliavo a mettere la prima e farla partire, se ne riparlava la settimana successiva…(Mia madre)Senza dubbio una
donna eccentrica, ma non era brava in cucina come papà. So che quando si erano conosciuti e lei voleva conquistarlo, decise
di prenderlo per la gola e gli fece il pollo con la marmellata. Papà parlò con la domestica e le chiese di impedirle di cucinare.
Però era brava con i dolci, nascondeva i biscotti in casa e partiva sempre una sorta di caccia al tesoro per trovarli».
(Alessandro Borghese)


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Elke Mascha Blankenburg

«Quando ho deciso di studiare per divenire direttrice d’orchestra mio padre mi ha detto se un giorno vuoi essere infelice scegli questa professione.
Perché mai troverai un lavoro, tu conosci un’altra direttrice? No. Allora se non esiste una direttrice d’orchestra come potrai diventarlo?»
Così racconta la sua infanzia: «Mia madre era pianista, così sono cresciuta nella sua pancia con la musica. Mio padre mi ha insegnato cinquanta poemi,
ha letto per me pezzi di teatro, mia nonna era cantante, morì quando avevo 12 anni, cantava operette nella città di nascita. Era la sua professione.
Così la mia adolescenza era molto ricca di arte, anche i miei genitori quando non hanno avuto tanti soldi, hanno comprato arte, altri quadri, più dei
vestiti, come un nuovo mantello" .
In seguito preferisce specializzarsi in musica sacra come doppio legame empatico con la spiritualità: la musica per lei è amore, è incontro con gli altri,
è fusione di anime, è dono dell’emozione, della bellezza, da realizzare attraverso l’orchestra per gli ascoltatori.
«Nella musica sacra la direzione del coro è molto importante e il mio professore mi disse che avevo un grande talento per la direzione...Ai miei primi
concerti in Germania, ero sempre presentata come la prima e sola direttrice d’orchestra, questo trenta anni fa».

Diplomata nel 1969 in musica sacra, direzione di coro e direzione d’orchestra presso i conservatori di Heidelberg e Colonia, perfezionandosi a Vienna con Hans Swarowski


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“Ciao,*papà...
sai, mi ricordo una vita fa... quando ero poco più alto di un metro, pesavo al massimo 30 chili, ma ero ancora tuo figlio.
Quei sabati mattina che andavo a lavorare col mio papà e salivo su quel grande camion verde. Mi sembrava che quello
fosse il camion più grande dell'universo, papà. Mi ricordo quant'era importante il lavoro che facevamo... e che, se non
era per noi, la gente sarebbe morta di freddo. Per me tu eri l'uomo più forte del mondo, papà.
Ti ricordi quei filmini quando mamma si vestiva come Loretta Young? E i gelati, le partite di football, Wayne e Tonno?
Il giorno che partii per la California per poi tornare a casa con l'FBI che mi dava la caccia, e quell'agente dell'FBI che
dovette mettersi in ginocchio per mettermi le scarpe, e tu dicesti 'Quello è il tuo posto figlio di *******: ad allacciare
le scarpe a George'. Quella si che fu bella... Fu veramente speciale. Ricordi, papà? E quella volta che mi dicesti che i
soldi non sono la realtà? Beh, vecchio mio, oggi ho 42 anni, e alla fine ho capito quello che tentavi di dirmi... tanti anni fa...
ora finalmente l'ho capito... Sei il migliore, papà. Avrei solo voluto faredi più per te. Avrei voluto avere più tempo...
Comunque... Che tu possa avere il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto
a danzare con le stelle... Ti voglio bene, papà. Un bacio.
George.”


JOHNNY DEPP- George Jung

George Jacob Jung, noto anche con lo pseudonimo di Boston George o El Americano (Weymouth, 6 agosto 1942), è un criminale statunitense.
Fu uno dei maggiori trafficanti di cocaina degli Stati Uniti negli anni settanta ed ottanta nonché uno dei pilastri del cartello di Medellín.
La sua vita e la sua carriera criminale sono state raccontate nel film del 2001 ****, diretto dal regista Ted Demme, con Johnny Depp nei panni di Jung.


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C'era una volta una bambina adorata da suo padre. La amava talmente tanto da esaudire ogni suo desiderio,
come crearle dal nulla un vero e proprio unicorno facendo attaccare un corno di mucca alla fronte di un cavallo,
o riempirle una stanza intera di milioni di dollari. Fin quando non morì.
Quel papà si chiamava Pablo Escobar e quella bambina era sua figlia Manuela.
Se lei voleva una giraffa o le piaceva un personaggio della televisione, il padre glieli faceva portare a casa. Non solo.
Escobar costrinse ad abortire una donna che aveva messo incinta, perché aveva giurato alla figlia che lei sarebbe stata l’ultima discendente.
Le aveva fatto credere che il topolino dei denti era milionario e per questo le lasciava valigie con batuffoli di dollari in cambio di un dente da latte.


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Escobar, amava talmente la figlia che una volta, quando si trovavano nascosti in una casa sulle montagne vicino Medellìn
circondata dalla polizia,*bruciò due milioni di dollari*per evitare che lei sentisse freddo, perché altro non avevano in casa.
Così come si racconta che la*sanguinosa guerra tra i cartelli della droga*si deve in parte alla bomba messa nel 1988 nel
palazzo dove viveva Escobar, che lasciò quasi sorda Manuela. Episodio per il quale giurò vendetta e di uccidere tutti i colpevoli.
Con lei era molto*affettuoso e giocoso. Un uomo ben lontano da quello che il resto del mondo conosceva
.


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Dopo la morte di suo padre, Pablo Escobar, Manuela con la madre e il fratello si trasferirono in Argentina cambiando nome, lei come*
Juana Manuela Marroquín Santos*e suo fratello Juan Pablo come*Sebastián.
Grazie all’anonimato vissero alcuni anni tranquilli, riuscendo a entrare anche in una buona scuola di Buenos Aires, vivendo come tutti
gli altri ragazzi e amici. Fin quando nel 1999, l’assessore alla cultura di Buenos Aires non volle che Manuela, dotata di grande talento per cantare,
partecipasse al suo coro, rivelando che i fratelli Marroquin erano in realtà i figli di Pablo Escobar.
Di colpo tutta la vita costruita fino a quel momento cambiò e la madre e il fratello di Manuela furono arrestati e incarcerati per 15 mesi.
Dopo questo episodio la ragazza non ha più voluto uscire per strada né tornare a scuola, facendo venire i professori a casa per lezioni private.
Per Manuela scoprire di chi era figlia si rivelò*un grave colpo.
Per lei il padre era l’uomo più buono del mondo, quasi un*supereroe. Adorava
talmente il padre che dopo la sua morte dormiva con la camicia
che indossava il giorno della morte e conservava un pezzo della sua barba sotto il cuscino. Scoprire ciò che aveva fatto le provocò una profonda
depressione, tanto da tentare il suicidio.
Mentre suo fratello oggi è un personaggio pubblico, e non ha avuto problemi a scrivere un libro sulla sua vita, Manuela, oggi Juana Marroquin, ha
cercato di vivere il più possibile lontana dai riflettori.
E se lei e la sua famiglia hanno dovuto convivere in questi anni con l’ingombrante eredità della figura di Escobar, in Colombia il suo mito continua a resistere.


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Il 7 agosto 1941 all’aeroporto di Pisa moriva il capitano pilota*Bruno Mussolini, terzogenito figlio amatissimo di*Benito Mussolini e Rachele Guidi.
Da pochi mesi era comandante della 274ma Squadriglia Bombardamento a Grande Raggio inquadrata nel 46° Stormo, con sede a Pisa.
Da poco erano stati assegnati i nuovi quadrimotori Piaggio P.108B, e fu proprio al comando di uno di questi bombardieri che Bruno Mussolini
perse la vita, quando i motori si piantarono in fase di atterraggio e lui non riuscì a riprendere quota.
Volontario in Spagna e in Africa, dove si ricoprì di gloria, Bruno effettuò numerose trasvolate e ottenne numerose ricompense al Valore militare e aeronautico...
Come racconta Benito Mussolini nel suo straziante libro*Parlo con Bruno, scritto poco dopo la morte del pilota, Bruno fin da piccolo era attratto dalla velocità,
dallo sport,dalla vita avventurosa.
Secondo il padre, Bruno fu indelebilmente colpito dalla passione del volo all’età di sette anni, quando ebbe il suo battesimo dell’aria sul lago di Varese.

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Scrive il*Duce:

“Ti rimase di quel volo un’impressione incancellabile.
Ricordavi quel volo sempre con emozione. Era una grande novità
sopraggiunta nella tua vita. La tua infanzia aveva già affrontato un rischio.
Avevi sentito la bellezza del volo.
Da quel giorno ti sentisti diverso dagli altri, poiché avevi solcato le vie
inconsuete al resto degli uomini.
Ci sono uomini che sono negati al volo.
Ci sono uomini che hanno le ali. Tu avevi le ali”
.**


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“Eri uno dei tanti”, scrive ancora Benito Mussolini nel suo struggente libro.
Nel capitolo*Presentimenti Benito Mussolini ricorda gli ultimi giorni prima della morte del figlio.
“Ora, ripensando ai giorni di questa estate ormai finita, molti episodi e dettagli e impressioni mi tornano alla mente. Talvolta guardandoti
avevo l’impressione che qualche tristezza ti angustiasse l’animo”.
Si parla dei primi giorni dell’agosto 1941, pochissimi giorni prima che l’aereo si schiattasse.
“Talvolta rimanevi silenzioso e assorto. Mi sembrava che tu stessi per dire addio alla tua bella giovinezza, che era fiorita nella forza,
nell’ardimento in pace e in guerra...quando l’irreparabile succede, c’è qualcosa nell’aria che lo preannuncia. Gli uomini affaccendati
non ci badano, se ne ricordano dopo. V’è dunque un mondo del soprasensibile che noi non abbiamo ancora esplorato e che forse
non possiamo esplorare? Mai le mie notti furono così lunghe come nell’ultima estate. Mi sembrava che non finissero mai. Di giorno,
qualche volta, una specie di inesprimibile angoscia mi afferrava, qualche cosa che non riuscivo a spiegare”
.**


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L'ultima pagina del libro di Benito Mussolini , intitolata*Congedo.

“Il nome dei Mussolini – di quelli che furono, di quelli che saranno – ha avuto dal tuo vivere e dal tuo morire il sigillo
di una nobiltà imperitura. Nelle molte generazioni dei Mussolini c’è ora un giovane capitano che veramente, fascisticamente
sdegnava la vita comoda, che di tutte le attività scelse la più rischiosa, che servì in pace e in guerra l’Italia e che
nell’adempimento del suo dovere morì”.

E il Duce finisce così:
“Prendo congedo da te, Bruno.Quanto tempo dovrà trascorrere prima che io discenda nella cripta di San Cassiano per
dormire accanto a te il sonno senza fine? Ecco un interrogativo che non mi turba (…) Tu sei uno dei tanti. E non volesti essere che uno dei tanti
”.**


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IL FIGLIO DEL DUCE È STATO UN GRANDE MUSICISTA JAZZ
La storia di Romano Mussolini, il figlio più giovane del Duce che si appassionò al jazz nonostante la politica culturale di regime.

Romano iniziò a suonare il pianoforte accompagnando il padre che strimpellava il violino. Certamente Mussolini non immaginava
che quel bimbo, proprio suonando impunemente quella stessa tastiera, avrebbe da lì a poco rappresentato una contraddizione
vivente per la politica culturale del regime. Sì, perché nel ventennio il "giazzo" (o jazz, come lo chiamiamo ora che non ci terrorizza
il meticciato linguistico) era bandito, i locali che lo suonavano venivano chiusi con una certa violenza, e le persone che ne promuovevano
la diffusione venivano spesso "intimate" a smettere di farlo.


ll figlio del Duce e stato un grande musicista jazz - articolo

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Romano Mussolini iniziò a suonare il pianoforte da autodidatta, talvolta per accompagnare il padre, violinista dilettante.
Diciassettenne, ascoltava con interesse Radio Tevere, emittente di propaganda occulta nata nel 1944 che, tra falsi bollettini di guerra e informazioni ingannevoli sullo svolgimento degli eventi bellici, trasmetteva molta musica jazz. Conobbe anche alcuni jazzisti in auge, fra i quali Duke Ellington, che gli sarebbe restato amico anche in seguito.

La mattina del 17 aprile 1945 suo padre, mentre lasciava Villa
Feltrinelli sul lago di Garda per trasferirsi a Milano, vide Romano suonare al pianoforte alcune note della Vedova
allegra gli disse con voce bassa e malinconica : «Ciao Romano, continua a suonare».

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, cercando di superare impegnative difficoltà economiche e relazionali (che lo indussero a esibirsi sotto falso nome, ma anche a cercare lavori saltuari), si unì al quintetto di Ugo Calise, che si esibiva nella zona di Napoli e che aveva incontrato a Ischia, mandato al confino nel 1945 insieme a sua madre Rachele e alla sorella Anna Maria; poi cominciò a suonare insieme a Lino Patruno e Carlo Loffredo, coi quali avrebbe in seguito consolidato il legame professionale e dai quali avrebbe mutuato alcune venature popolaresche e dixie che sarebbero divenute caratteristiche del suo modo musicale.

Negli anni cinquanta, convinto dai suoi amici a non usare più pseudonimi (uno di questi era Romano Full), si esibì con il suo gruppo: i "Romano Mussolini All Stars"; nel 1958 incise un album per la RCA Italiana
 

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Vittorio Mussolini, anche conosciuto con lo pseudonimo artistico, anagramma del suo nome e cognome, Tito Silvio Mursino (Milano, 27 settembre 1916 – Roma, 13 giugno 1997), è stato uno sceneggiatore e produttore cinematografico italiano.
Vittorio Mussolini era uno dei cinque figli di Benito e di Rachele Guidi.
Di mestiere risultava sceneggiatore e produttore cinematografico, attività che non svolse alacremente e che nello stesso modo proseguì dopo la caduta del Regime usando lo pseudonimo anagrammato di Tito Silvio Mursino.
La passione per la musica a suo fratello Romano la inculcò lui, perchè aveva un grammofono a manovella e dischi di musica jazz.
Dopo la morte di suo padre, non ebbe alcun fastidio dal governo democratico. E il suo lungo soggiorno in Argentina fu del tutto volontario. Se anche fosse tornato prima del 1960 nessuno gli avrebbe torto un capello. Eppure non fu un figlio semplice, come a esempio Romano, ma un figlio graduato. Partecipò, aviatore insieme al fratello Bruno, alla guerra d’Etopia.
Nel 1937 tentò di instaurare un legame dell’industria italiana con il mondo di Hollywood. Ma alla MGM neppure lo vollero ricevere.
Vittorio si assunse il compito di essere la "memoria storica della famiglia", che esercitò scrivendo libri sul padre di tipo "revisionistico", combattendo le calunnie e le offese alla sua memoria.

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Vittorio era un ragazzo buono, leale, semplice, un po' indolente. Era cresciuto nella strada e con il padre, fino a quell'autunno, aveva avuto scarsi contatti. Dalla modesta casa di Milano, in via Foro Bonaparte, dove aveva vissuto gli anni dell'infanzia, non sempre facili, era capitato adesso a Roma, nella dimora principesca di Villa Torlonia e in una condizione che, presto, lo avrebbe esposto a favori e piaggerie.
Dotato di una intelligenza acuta, di un attento spirito critico, di una percezione precisa dell'indole – e delle intenzioni – del prossimo, egli tollerava per pigrizia quelle manifestazioni di servilismo, ma aveva finito col concepire per gli uomini un disprezzo che, a differenza di quello del padre, era indulgente e bonario. (Ruggero Zangrandi)


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Ospite del "Red Watch Talk" di Facebook, condotto dalla moglie*Jada Pinkett Smith, Will*Smith
ha concesso molte confessione intime e*lati inediti della sua storia privata.

"Sono cresciuto in una famiglia, in cui l’aggressione fisica era concessa. Ho riportato cicatrici esteriori,
ma anche interiori.*Ho anche visto che mio padre picchiava mia madre. Sono eventi che in qualche
modo ti feriscono emotivamente..
.Tutto sommato ho amato la mia famiglia, ma so che non sarei mai
stato come mio padre,*spesso in preda ad attacchi di ira. Io ero un bambino educato e gentile, nonostante
questo sono stato schiaffeggiato e picchiato...Quando mio padre si arrabbiava, si trasformava nella persona
più stupida che abbia mai incontrato. Nonostante tutto, oggi,*non provo rancore nei suoi confronti.*
Mio padre non era convinto dell’importanza della scuola, nonostante tutto ci sono andato e ho imparato
tantissimo perché è fondamentale che qualsiasi cosa uno faccia debba farla bene”.


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Will Smith si è commosso parlando delle sensazioni che ha provato quando è tornato a casa con il suo primo figlio
(Willard Carroll “Trey” Smith III è nato nel 1992), avuto con l’ex moglie:
Ero terrorizzato. Ho pianto così tanto. Pensavo: ‘Non posso farcela. Non sono la persona giusta.*
(...) *Diverse volte sono stato ferito nella vita, ma credo sia nulla al confronto, quando divorzi e ti allontani da un
figlio di due anni. Sono stati anni difficili”.
Jade sua moglie, ha avuto per il marito parole piene di stima e d'amore:
Sei davvero un grande padre. Sei stato un ottimo partner. Non è stato facile per te essere papà, ma ne è valsa decisamente la pena”.*


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Non ho un podio su cui salire
Ma Dio mi ha dato un palco, una chitarra e una canzone
Mio padre mi ha detto: “Figlio, non farti coinvolgere
da politica, religioni, liti di altre persone”
Dipingerò l’immagine, lasciami preparare la scena
So che quando avrò figli sapranno cosa significa
E trasmetterò le cose che la mia famiglia mi ha dato
Solo amore e comprensione, positività
Potremmo cambiare questo mondo con un pianoforte
Aggiungi un basso, un po’ di chitarra, prendi un ritmo e partiremo
Sono solo un ragazzo con uno spettacolo personale
Niente università, niente laurea, ma il signore lo sa
Tutti parlano di “crescita esponenziale”
E il crollo del mercato azionario e i loro portafogli
Mentre io starò seduto qui con una canzone che ho scritto
Canto, l’amore potrebbe cambiare il mondo in un momento

ED SHEERAN


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4 ANNI: Il mio papà sa fare tutto.
5 ANNI: Il mio papà sa tante cose.
6 ANNI: Il mio papà è più bravo del tuo.
8 ANNI: Mio papà non sa proprio tutto.
10 ANNI: Ai vecchi tempi quando è cresciuto mio papà le cose erano sicuramente diverse.
12 ANNI: Oh, bè, naturalmente papà non sà niente di questo. E’ troppo vecchio per ricordarsi della sua infanzia.
14 ANNI: Non badare a mio padre. E’ così all’antica!
21 ANNI: Lui? Oddio, è inguaribilmente antiquato.
25 ANNI: Papà ne sa qualcosa, ma per forza, è da tantissimo che è al mondo.
30 ANNI: Forse dovremmo domandare a papà cosa ne pensa. Dopo tutto, ha molta esperienza.
35 ANNI: Non farò niente prima di averne parlato con papà.
40 ANNI: Chissà come si sarebbe comportato papà.
50 ANNI: Darei qualunque cosa perchè papà fosse qui adesso per parlarne con lui. Che peccato non aver capito
quanto fosse in gamba. Avrei potuto imparare molto da lui.

(Tratto da “Brodo caldo per l’anima.”)
 

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