Investire in artisti emergenti - Parte II

ma che cavolo ci fai alle moto?
Megalomane:p

Bella ! Ma preferisco questi accessori image.jpeg
 
Così "accessoriata" di sicuro riesci a venderla anche customizzata!!! :p

Altrimenti punterei su "Affari di famiglia"!!! :o:D
 
Può darsi che accipicchia abbia ragione.
Io acquisto assai più di due o tre opere all'anno, ma il mio spirito è esattamente quello di arcange. Lei mi conosce e lo sa.
A mio modo di vedere, non è il "quanto" a determinare l'obiettivo, ma lo spirito con cui si fa una cosa. I soldi che spendo in borsa, sono esclusivamente per investimento (è ovvio), o comunque per preservare o almeno sperare di aumentare di qualcosa il loro valore. Quelli per l'arte li spendo per emozionarmi, soddisfare le mie ricerche dopo studi faticosi, trovare al mio ritorno a casa "qualcuno" (non ho famiglia) che mi faccia vibrare. Se il valore di un'opera si rivaluterà di tanto sarò ANCHE molto felice che la scelta artistica si sia accompagnata al fiuto dell'investitore, non lo nego; se si rivaluterà di poco non mi sposterà nulla, se resterà immutato o calerà di poco idem, se si azzererà proverò lo stesso disappunto di quando ogni tanto vado al casinò, mi sarò divertito, avrò provato adrenalina e se avrò perso peccato ma anche chi se ne frega.
Se perdo denaro in borsa, l'amarezza è molta di più e ha pure un sapore diverso.
Un aspetto accomuna le due spese: in entrambi i casi non farò drammi, perchè spendo in questi due settori il "di più", sicuramente non ciò che mi serve per vivere dignitosamente.
 
Non capisco la frequente contrapposizione testa/cuore o razionalità/emozione quando per la maggior parte di noi penso entrino in gioco, magari in % diverse entrambi gli aspetti.

Anche il termine "investimento" non lo interpreto tanto in termini "aggressivi", sperando in difficili rivalutazioni, quanto piuttosto "difensivi", ridurre il rischio e non perderci più di tanto; l'eventuale "gap" anche negativo è comunque in un certo senso compensato dal ritorno in termini di "piacere" dato dalla convivenza con l'opera prescelta. Conoscendomi penso anzi che incontrando qualcosa che mi piace davvero sarei anche capace di decidere di impulso, mentre vivrei con difficoltà il separarmi da un oggetto con cui ho trascorso un pezzo di vita.

Il paragone emergenti/consolidati rientra nella logica di una maggiore protezione dati i maggiori elementi oggettivi, legati a curriculum, esposizioni, risultati ottenuti... evidentemente sempre nell'ambito di autori che mi soddisfano e mi fa piacere avere vicino; le tante esitazioni derivano anche dal "non sentirmi padrona del gioco", è un ambiente/mercato che conosco poco e vivo generalmente con difficoltà le situazioni in cui non sono io a dare le carte!
 
“Il mito dell’incomprensione dell’arte moderna, dell’arte attuale, è l’estrema difesa di un sistema e di una politica culturale che esattamente intendono impedire l’attuarsi di un dialogo, che sarebbe un dialogo sulla contestazione del sistema stesso. Tanto è vero che l’incomprensione supposta come limite “metafisico” e soltanto invece una sostanziale mancanza di informazione, di partecipazione nozionale, di conoscenza insomma.”



E. CRISPOLTI, Arte e società: interventi, in “L’uomo e l’arte”, n. 2, maggio 1971

maggio 1971, chiaro?:o
 
“Il mito dell’incomprensione dell’arte moderna, dell’arte attuale, è l’estrema difesa di un sistema e di una politica culturale che esattamente intendono impedire l’attuarsi di un dialogo, che sarebbe un dialogo sulla contestazione del sistema stesso. Tanto è vero che l’incomprensione supposta come limite “metafisico” e soltanto invece una sostanziale mancanza di informazione, di partecipazione nozionale, di conoscenza insomma.”


E. CRISPOLTI, Arte e società: interventi, in “L’uomo e l’arte”, n. 2, maggio 1971

maggio 1971, chiaro?:o

Sarà stato pure precursore ma se per capire ed acquisire conoscenze occorre fare l'analisi del periodo di una frase, dopo averla letta 8 volte... Povera me!!!! Nemmeno da qui all'eternità :wall::wall::wall:
 
A mio modo di vedere, non è il "quanto" a determinare l'obiettivo, ma lo spirito con cui si fa una cosa. I soldi che spendo in borsa, sono esclusivamente per investimento (è ovvio), o comunque per preservare o almeno sperare di aumentare di qualcosa il loro valore. Quelli per l'arte li spendo per emozionarmi, soddisfare le mie ricerche dopo studi faticosi, trovare al mio ritorno a casa "qualcuno" (non ho famiglia) che mi faccia vibrare. Se il valore di un'opera si rivaluterà di tanto sarò ANCHE molto felice che la scelta artistica si sia accompagnata al fiuto dell'investitore, non lo nego; se si rivaluterà di poco non mi sposterà nulla, se resterà immutato o calerà di poco idem, se si azzererà proverò lo stesso disappunto di quando ogni tanto vado al casinò, mi sarò divertito, avrò provato adrenalina e se avrò perso peccato ma anche chi se ne frega.
Se perdo denaro in borsa, l'amarezza è molta di più e ha pure un sapore diverso.
Un aspetto accomuna le due spese: in entrambi i casi non farò drammi, perchè spendo in questi due settori il "di più", sicuramente non ciò che mi serve per vivere dignitosamente.

:bow::bow::bow:

“l’oggetto artistico continua a dar piacere a chi lo contempla. E un piacere che da illusioni, dunque non appartiene al rango dei sentimenti politici. E un piacere che si vende, dunque non ha nulla di seriamente contestativo. E un piacere puro, e basta, una pausa vuota tra un momento e l’altro del nostro impegno politico quotidiano.”

A. ASOR ROSA, Vendere liberta, in “Senzamargine”, n. 1, anno I, 1969
 
Alla fine comunque ritorna il tema della "consapevolezza" di Acci, nel mio caso dei miei limiti di conoscenza e non solo che condizionano la mia capacità di scelta, nel caso di J. Neskeens delle aspettative che può nutrire in termini di puro piacere o anche di risultato economico rispetto ai propri acquisti... il vero pb. è per chi invece investe in arte con le premesse di chi "si reca al casinò", ma con la convinzione di una vincita quasi certa!! :no:
 
“Il mito dell’incomprensione dell’arte moderna, dell’arte attuale, è l’estrema difesa di un sistema e di una politica culturale che esattamente intendono impedire l’attuarsi di un dialogo, che sarebbe un dialogo sulla contestazione del sistema stesso. Tanto è vero che l’incomprensione supposta come limite “metafisico” e soltanto invece una sostanziale mancanza di informazione, di partecipazione nozionale, di conoscenza insomma.”



E. CRISPOLTI, Arte e società: interventi, in “L’uomo e l’arte”, n. 2, maggio 1971

maggio 1971, chiaro?:o

Neanche dopo un acido riuscirei a fare un ragionamento del genere :eek:
 
Può darsi che accipicchia abbia ragione.
Io acquisto assai più di due o tre opere all'anno, ma il mio spirito è esattamente quello di arcange. Lei mi conosce e lo sa.
A mio modo di vedere, non è il "quanto" a determinare l'obiettivo, ma lo spirito con cui si fa una cosa. I soldi che spendo in borsa, sono esclusivamente per investimento (è ovvio), o comunque per preservare o almeno sperare di aumentare di qualcosa il loro valore. Quelli per l'arte li spendo per emozionarmi, soddisfare le mie ricerche dopo studi faticosi, trovare al mio ritorno a casa "qualcuno" (non ho famiglia) che mi faccia vibrare. Se il valore di un'opera si rivaluterà di tanto sarò ANCHE molto felice che la scelta artistica si sia accompagnata al fiuto dell'investitore, non lo nego; se si rivaluterà di poco non mi sposterà nulla, se resterà immutato o calerà di poco idem, se si azzererà proverò lo stesso disappunto di quando ogni tanto vado al casinò, mi sarò divertito, avrò provato adrenalina e se avrò perso peccato ma anche chi se ne frega.
Se perdo denaro in borsa, l'amarezza è molta di più e ha pure un sapore diverso.
Un aspetto accomuna le due spese: in entrambi i casi non farò drammi, perchè spendo in questi due settori il "di più", sicuramente non ciò che mi serve per vivere dignitosamente.

OK! Concordo. Ci accomuna lo stesso spirito nel collezionare e la visione di investimento.
 
piaccia o non piaccia
Paola Pivi si muove bene
"Signora"
Dallas contemporaneo, Stati Uniti
Aprile 16-21 agosto 2016
 

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"Non è un caso che M’Horò sia considerato dai critici l’erede di Angelo Brescianini, l’artista palazzolese"

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