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L’uranio e la questione del nucleare
2 mesi fa -lunedì 3 luglio 2023
L’uranio è la materia prima essenziale per far funzionare i reattori che producono energia nucleare: una forma di energia che, nonostante le tensioni in Ucraina, sembra vivere una nuova giovinezza. Vale la pena investirci?
Grafici
Un andamento in controtendenza
Nello scorso numero (n° 1517) abbiamo visto come due delle principali fonti energetiche, petrolio e gas naturale, non abbiano registrato andamenti positivi in questa prima parte del 2023. Tutto il contrario è successo al prezzo dell’uranio, passato dai circa 48 dollari alla libbra di fine 2022 ai circa 56 dollari alla libbra dell’ultima rilevazione disponibile, un progresso di circa il 16%. Si tratta di un andamento differente anche rispetto a quello medio delle altre materie prime (in media in calo del 3,3% in dollari Usa) e superiore al progresso medio registrato dalle Borse mondiali nella prima parte del 2023 (in dollari e a dividendi inclusi il progresso è di circa il 13%). Cosa spiega questa corsa dei prezzi dell’uranio? E continuerà?
I prezzi dell’uranio sono quelli rilevati settimanalmente dalla società UxC – l’ultima rilevazione è del 26 giugno. Gli altri dati nell’analisi sono forniti da Refinitiv Datastream e fanno riferimento alla chiusura del 30 giugno.
Le ragioni a favore della corsa dell’uranio…
Tre le ragioni alla base della ripresa dei prezzi dell’uranio.
Prima: sempre più Paesi stanno considerando il ricorso all’energia nucleare per centrare i propri obiettivi in termini di riduzioni di emissioni nocive nell’atmosfera. Il caso più clamoroso è quello del Giappone (vista la tragedia di Fukushima di una decina di anni fa), ma recentemente anche la Svezia ha riaperto le porte a investimenti su nuove centrali. Si stima che alla fine del 2040 la capacità di generazione nucleare nel mondo possa risultare anche del 75% superiore a quella attuale, complici anche gli importanti investimenti della Cina.
Seconda: le tensioni geopolitiche. Per ora le forniture di uranio e di uranio arricchito da parte della Russia non sono state oggetto di sanzioni. Se, però, i flussi della materia prima dalla Russia dovessero iniziare a ridursi, si potrebbe creare uno squilibrio tra domanda e offerta tale da spingere in alto i prezzi della materia prima.
Terza: i prodotti finanziari legati all’uranio stanno lentamente aumentando e la materia prima, il cui andamento non solo risulta scarsamente correlato a quello delle altre materie prime, ma anche all’andamento generale delle Borse, potrebbe trovare più spazio in portafogli d’investimento diversificati dei professionisti del settore.
La popolazione svedese aveva votato nel 1980 per una progressiva uscita dal nucleare. Qualche anno fa sono stati chiusi alcuni vecchi reattori. Ora il nuovo Governo sembra voler investire anche sul nucleare come fonte energetica a basse emissioni.
… e gli elementi di rischio
Tutto questo presenta, però, dei rischi. In prima battuta, gli investimenti nelle centrali nucleari non sono semplici. Il piano di rilancio delle centrali in Giappone procede a rilento, mentre in altri Paesi si sono perse le competenze legate al nucleare. Insomma, nella peggiore delle ipotesi la capacità di generazione nucleare al 2040 potrebbe essere sostanzialmente allineata a quella attuale. La minore domanda rispetto a quella attesa farebbe sprofondare nuovamente i prezzi dell’uranio. In seconda battuta, non vanno trascurati i timori che ci sono ancora nelle popolazioni sui rischi legati a eventuali incidenti nelle centrali, rinnovate anche dalle tensioni sulla centrale di Zaporizhzhia in Ucraina, e allo smaltimento delle scorie (le opposizioni delle comunità locali potrebbero rallentare le nuove centrali). A ciò aggiungi che, seppur con prudenza, i progetti di estrazione stanno ripartendo – rischiando di far aumentare l’offerta – e che l’innovazione finanziaria sui prodotti legati all’uranio non è così semplice – la proposta di quotare un fondo che investe in partite fisiche d’uranio sulla Borsa Usa (al momento presente sulla Borsa canadese) è stato per il momento bocciato dalle autorità di controllo finanziarie statunitensi.
Il fondo che compra partite fisiche di uranio si chiama
Sprott Physical Uranium Trust (16,72 Cad;
Isin CA85210A1049). È quotato sulla Borsa canadese, ma, pur dovendo seguire da vicino l’andamento della materia prima, ha un po’ arrancato in questo inizio di 2023 (+8,2% in dollari Usa; sul periodo comparabile di rilevazione 9 gennaio - 26 giugno ha fatto +7,9% in dollari Usa contro il +11,8% del prezzo dell’uranio rilevato da UxC).
Come investire sull’uranio
Tiriamo le somme: i piani di investimento nell’energia nucleare stanno aumentando un po’ in tutto il mondo, ma i rischi che potrebbero far deragliare questi piani sono molteplici. Una scommessa sul nucleare e sulla crescita dei prezzi dell’uranio si può fare, ma deve essere riservata a chi sa di poter tollerare i rischi elevati dell’operazione (si può perdere molto e l’investimento deve essere compatibile con i tuoi principi etici). Come detto, investire direttamente sull’uranio non è semplice, bisogna necessariamente passare attraverso le società che estraggono e vendono uranio. Noi consigliamo l’Etf
Sprott uranium miners (6,4770 euro;
Isin IE0005YK6564): si acquista facilmente sulla Borsa italiana anche tramite la tua banca, ti permette di diversificare il rischio investendo su circa 35 tra le azioni delle principali società di estrazione di uranio nel mondo e in più, per poco meno di un quinto del patrimonio, investe sul fondo che compra fisicamente partite d’uranio di cui ti parlavamo nella pagina precedente. Attenzione: come detto è solo per chi si può permettere di correre dei rischi e deve occupare una parte limitata del tuo patrimonio.
Il fondo legato all’uranio ha sofferto verosimilmente per la bocciatura alla sua quotazione sui listini Usa. È una penalizzazione eccessiva, ma non puoi comprarlo facilmente: puoi farlo, però, indirettamente tramite l’Etf Sprott uranium miners.
Dall’inizio del 2023 l’Etf Sprott uranium miners ha guadagnato il 4,3% in euro, contro un risultato delle altre società del settore delle materie prime pari a +1% (in euro e dividendi inclusi). Le Borse mondiali sono andate meglio (+10% in euro e dividendi inclusi), ma trainate dai titoli tecnologici. Sulle società delle materie prime hanno inciso sia l’aumento dei costi, sia i timori per un rallentamento economico globale.
Il punto sugli investimenti in azioni dell’uranio
In passato, quando questo Etf non era disponibile sulla Borsa di Milano, ti avevamo suggerito anche una puntata diretta sulle azioni di due società dell’uranio. La prima era
Kazatomprom (26,85 Usd;
Isin US63253R2013), società dello Stato del Kazakistan, primo produttore di uranio al mondo. Nonostante i buoni risultati annunciati sia per il 2022 (vedi commento sul n° 1506), sia per le vendite registrate nel corso del 1° trimestre 2023 (molto più che raddoppiate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), le azioni hanno sofferto in questo avvio di 2023, per effetto delle tensioni legate al rapporto stretto che la società ha con la Russia – non solo è un cliente importante, ma molte delle forniture della società per altri Paesi passano dalla Russia. E non ha aiutato il fatto che, a sorpresa, il gruppo abbia rivelato di aver ceduto proprio alla Russia una fetta dei diritti di estrazione in una miniera del gruppo – anche se non ufficialmente confermato, sarebbe questo il motivo che ha portato alcuni vertici alle dimissioni e alla richiesta di votazione per l’elezione di nuovi vertici di cui probabilmente ti ha avvisato la banca nei giorni scorsi. Certo, la società sta già correndo ai ripari, siglando accordi, per esempio, con la Cina, ma i rischi sono elevati; quindi, limitati a
mantenere le azioni che già hai. La seconda era la canadese
Cameco (41,49 Cad;
Isin CA13321L1085) che, invece, dall’inizio dell’anno ha avuto un andamento brillantissimo. Tutti i timori che hanno gravato sulla
Kazatomprom non hanno fatto altro che avvantaggiare la
Cameco, che ha chiuso anche il 1° trimestre con risultati stellari e che, a differenza della collega kazaka, punta a un netto aumento dei volumi di produzione nel corso del 2023. Gli Stati Uniti hanno già aumentato di molto le importazioni di uranio dal Canada e potrebbero continuare a farlo, a tutto favore della
Cameco (secondo produttore di uranio al mondo). Le buone prospettive della società canadese ci sembrano, però, ormai pienamente scontate dai prezzi dei Borsa. Per questo limitati a mantenere le azioni che già hai, ma non acquistare ora.
Per le ragioni indicate nel paragrafo, dall’inizio del 2023 le azioni
Kazatomprom hanno ceduto il 4,6%, che diventa -6,7% in euro e dividendi inclusi; questo ha inciso sull’andamento dell’Etf
Sprott uranium miners di cui la
Kazatomprom fa parte. Al contrario, le azioni
Cameco hanno guadagnato il 35,2% (molto simile in euro) e fanno mangiare la polvere al resto delle azioni delle materie prime, ma anche alla media delle Borse mondiali – anche
Cameco fa parte dell’Etf. Per questo, alla luce di questa corsa, non è più il caso di acquistare queste azioni. Limitati a
mantenere sia le azioni
Cameco, sia le azioni
Kazatomprom.